24 ottobre 2011

Il classico è di moda: Vogue in edwardian style

Vi ricordate l'anno scorso, quando pubblicai quel post su Yulia Tymoshenko? Ex Primo Ministro ucraino e, a giudicare dai suoi look, sponsor ufficiale del neo-vittorianesimo?La Nuova Vittoriana, l'avevo chiamata e molti erano stati d'accordo.Bene, pare che il suo stile quest'anno sia di tendenza.
O le grandi maison hanno finito le idee o quest'anno va il country, almeno secondo Vogue e, secondo le esperte di moda, Vogue è il massimo al riguardo, la pietra miliare, il faro nell'oscurità, nella bolgia di opinioni contrastanti.
Decretato lo stile dell'anno: il british che si rifà alla caccia e al primo Novecento, con qualche influenza più antica proveniente dal XIX secolo.

Ecco cosa dice il sito della famosa rivista riguardo la nuova tendenza:

Come ha fatto Madonna, anno 2001: indossando una mini scozzese nel “Drowned World Tour” di Madonna, per poi sposare Guy Ritchie, in Scozia, a dicembre. L’idea di base è di rieditare sofisticazione vittoriana, immerse nell’Inghilterra più british e più avvezza alla caccia che altro, noi più aristocratiche che mai.

Tartan e fiocchi, e poi ruches a incorniciare il collo, e a rendere regale il blu della giacca sciancrata, sinuoso avvitamento di future-retrò. Lo siete anche voi, dalla testa ai piedi, a partire appunto dalla pettinatura, passando per tutti i colori della terra, che sfoggiate nel fiocco e tra i quadretti, guanti compresi, calze e scarpe pure, in un concerto di sfumature. Oppure, giocate con il classico: con il rosso della camicia, con l’abbinata tartan/cappello da uomo, gli stivali a riportarvi sulla scia, del country più tipico che ci sia.

Eccentriche losanghe e profonda scollatura a v: ascisse e ordinate dell’abito, reso ancor più sexy dal foulard, che finge pudore, aumentando l’ardore. Da alternare al genere perbene e imperiale, polsi in pelliccia a misurarne il segnale, del cappotto che porta il tartan ovunque, trascinandolo dalla campagna più eccentrica alla più visionaria delle serate di città: da dominare come in una scacchiera, quella che indossate, ovunque, la mossa è comunque vincente.
Questa signora al cafè sembra una donna di prima della guerra, ma con un indiscutibile fascino, forse dato dalla posa o dal foulard vezzoso, dal basco portato sulle ventitré o dalla sigaretta che fuma dal lungo stelo, piuttosto che dal bicchiere di vino rosé.
Potrebbe essere la protagonista di un giallo di Poirot, l'investigatore della Christie: una perfetta signora al capanno di caccia il cui marito è morto in misteriose circostanze.
La modella della fotografia sembra poco british d'aspetto, ma molto di modi. La tazza, per altro vuota, sembra di troppo, ma la mise sfoggiata è a mio avviso graziosa, parzialmente ispirata ai colletti a ruche di Maria Antonietta, poi ripresi anche nell'Ottocento, e fasciata in una giacca stretta e corta dai larghi risvolti, sembra una dama infelice in un giardino bagnato di pioggia. Un fantasma? Forse la protagonista neoromantica di un libro gotico?
La pettinatura sappiamo tutti da dove viene, ritorna lo stile svizzero-tedesco della corona di capelli, hurra!
Ancora la stessa modella, qui in una scena luce-ombra molto bohemienne, calze pesanti e abito tagliato e perfetto per una signora di campagna, una nuova Lady Chatterley che aspetta il suo amante nel grigiore della vita e della casa in mezzo alla brughiera? Sapiente rivisitazione dell'abbinamento a quadri giacca-gonna-camicia tipico del primo dopoguerra italiano e poi ripreso anche negli anni Ottanta, che qui però appare molto più sofisticato del primo e meno snob del secondo.
E infine una signora pronta per la caccia: cappello a tesa sulla fronte, capelli raccolti, soprabito dall'inusuale taglio lungo, smanicato e con ampio colletto a risvolto che nel suo colore grigio tortora fa risaltare il rosso del tartan della camicetta, ornata di un fiocco al collo per spezzare l'aria severa dell'intera misecompleta di stivali alti e piatti, simili ai Wellington moderni, ma di pelle e più retrò. L'ambientazione in legno antico completa l'immaginario.

21 ottobre 2011

Sognando te: recensione

So che la rete pullula di persone che parlano di romance.So che in tanti si sono dati alla recensione di questo libro, un po' mi spiace finire nel mucchio, io che di solito faccio la voce fuori dal coro, ma è un libro a me molto caro, una storia che mi ha profondamente toccata e dei caratteri che mi sono piaciuti, per questo ci tengo a dire la mia e vorrei farlo nella maniera più particolare possibile. Occhio perchè spoilero parecchio, quindi se avevate già intenzione di leggere il romanzo è meglio che aspettiate.


Cover italiana, edizione Mondadori
Scordatevi che io posti una videorecensione, non vedrete la mia faccia neanche con le minacce, bastano le orripilanti immagini da drogata che la mia migliore amica ha pubblicato della nostra vacanza (e con tutte le belle foto che avevamo!), sono una persona che tiene alla propria privacy, al massimo posso dirvi che ho due occhi grigi e dei medi capelli color topo... sono una persona normale, piuttosto scialba, ma non l'insignificanza di Bella Swan che basta che cambi scuola per diventare Miss High School Musical e trovarsi una barcata di ammiratori o trasformarsi in una vampir fatale, nossignore, io a Sara Fielding ci somiglio davvero, occhiali a parte, e questo è uno dei motivi per cui Sognando te rientra di diritto nella lista dei miei libri super preferiti. Perchè ha una protagonista normale e caratterialmente umana.
Generalmente chi legge per evasione, come la sottoscritta, cerca qualcosa con cui dimenticare le brutture della vita, vuole storie dove nonostante le difficoltà tutto si risolva per il meglio, dove gli ostacoli sono grandi, ma sormontabili, vuole leggere di una quotidianità altrettanto grigia, ma con epiloghi diversi, dove i cattivi cadono in disgrazia e crepano tra atroci dolori o magari si redimono, dove i protagonisti incontrano il vero amore, quello che ti fa brillare gli occhi alla Mila e Shiro e conquistano una soddisfacente esistenza domestica e lavorativa fatta di comprensione e affermazione.
Chi legge 'sta roba vuole qualcuno che le somigli a far da protagonista di questi happy ending, oppure la gelosia è assicurata e l'insoddisfazione garantita.
Quasi tutti cercano se stessi nelle persone di cui leggono, piccole manie, paranoie, aspetti estetici, gusti.

Quando uno legge romance, di solito lo fa per i motivi di cui sopra, ma la vecchia scuola del genere, inaugurata dalla Woodiwiss nei lontani anni Settanta e portata avanti da fedeli eredi del titolo di regina prevedeva eroine da Miss Mondo, curve mozzafiato, un mare di occhi viola e capelli Pantene e carattere snob e spocchioso, difficile immedesimarsi in loro, piuttosto che cedere all'impulso di prenderle a sberle non appena aprono la loro saccente boccuccia o si mostrano in tutta la loro bellezza, anche in abiti dimessi, quando appaiono loro il cielo si fa scuro, trema la terra e i cuori palpitano. Senza contare gli -issimi che sono il must have di tanti libri. Unisex. Uomini e donne dei primi romance sembrano modellati sulle bellezze del cinema e delle riviste patinate, forse ancora più belli.

Il romance moderno, invece, ha virato filosofia, forse per esigenze di marketing, e così anche le sue eroine hanno conquistato difetti (le ginocchia storte, le lentiggini) cercando di essere più umane: da bellezze eteree sono diventate delle donne normali, anche se ovviamente impareggiabili agli occhi del loro uomo. A cosa si deve ciò?
E chi lo sa? Non chiedetelo a me, io di risposte non ne ho, mai avuto e mai ne avrò, di domande ne ho quante ne vuoi... ehm, scusate l'excursus Max Pezzali.
La mia prensunzione saccente, che fa concorrenza a Shanna Trahern, una delle più odiose e ammirate eroine made-in-Woodiwiss mi fa supporre che si tratti d'una metamorfosi dovuta al cambiamento del ruolo della figura femminile durante il XX secolo, dopotutto si è passati dalla negazione dei diritti della donna, compreso quello di voto, alla quasi totale parità dei sessi... il passo è stato lungo...
La donna moderna vede la femmina-oggetto come un non-mito da abbattere a cannonate, generalmente disprezza quelle come lei che fanno della bellezza e dell'atteggiamento da smorfiosetta la loro arma di conquista del mondo, analogamente una donna dotata di doti di carattere, una Mary Bennet, per esempio, è una protagonista esemplare delle storie scritto dopo gli anni Ottanta, per dire che quello che davvero vale è ciò che si ha nella testa/nel cuore [a seconda dei punti di vista] e una determinazione di ferro nel volerlo conquistare.

Sara Fielding, la nostra protagonista di Sognando te, è proprio l'esempio classico, priva dei mezzi moderni di abbellirsi un minimo con trucchi e belletti, figlia della più rigida etichetta puritana e vittoriana, è una ragazza scialba, non è certo la tosta Anita Blake in pantaloni di pelle e sguardo da dura, ma è ugualmente una signorina di talento perchè di mestiere fa la scrittrice, cosa per l'epoca non esattamente comune, e ha addirittura dato alle stampe, con grande successo, un titolo dai temi un po' scabrosi che ha per protagonista la vita di una prostituta londinese, Mathilda. Se la cosa vi sconcerta credendola inverosimile, date un'occhia a Moll Flanders dello stesso autore di Robinson Crusoe e pubblicato quasi un secolo prima di Mathilda e poi fatemi sapere.
Sebbene Sara non sia la prima vittoriana a parlare di donnacce, alcolizzati e giocatori d'azzardo piuttosto che borseggi ed espedienti, già questo denota alcune caratteristiche che l'autrice vuoel tramsettere sulla protagonista:
  • È poco avvenente, ma il suo spirito è molto aperto e curioso
  • Non ha paura di dire quello che pens, sebbene lo faccia sotto pseudonimo
  • Fa ricerca per essere coerente e non parlare di aria fritta
  • È sensibile ai problemi sociali e ne scrive per condannarli
Sono tutti punti che denotano una formazione moderna, l'autrice ha voluto caratterizzare Sara secondo i valori della nostra società, dove intelletto, perseveranza e curiosità sono le basi della persona di successo (non necessariamente un personaggio potentato), e dove l'impegno a favore dell'uguaglianza dei diritti è istillato già nelle scuole elementari.
L'uguaglianza dei diritti e il rispetto dell'uomo che Sara pubblicizza sul suo libro erano temi difficili per l'epoca Vittoriana, che andandoli ad analizzare faceva emergere i problemi e le colpe della società che si stava creando.

Sara, abbiamo visto, è una donna e segue i propri ideali e le proprie passioni, questo suo comportamento viene motivato con scelte particolari dell'autrice, cosa per la quale l'ammiro, come i genitori che si sentono responsabili della sua educazione ideologica,  per via dell'anzianità che impedisce loro di guidarla personalmente. Essere idealisti e romantici non era una virtù, in epoca vittoriana, ma un deficit, le donne che pensavano troppo pretendevano di dire la loro, la nostra protagonista lo fa e questo le avversa la madre del futuro sposo, la signora Kingswood, arroccata nel suo castello di silenzi femminili e cattiverie sibilate.
Cover originale
Il dualismo dell'eroina intrappolata a metà di due epoche è evidente: ritiene che la sua passione meriti di essere approfondita, come riterrebbe un'idealista, ma allo stesso tempo è disposta a cedere la penna una volta che l'età la condannerà definitivamente a sposarsi e mettere su famiglia con un uomo che certo non la incoraggia a scrivere. Sara è un'anticonformista nonostante sia la più ligia alle regole del tempo, cuffia compresa, eppure si vede che è stata creata in tempi recenti, i libri pubblicati prima della metà del XX secolo, infatti, hanno per protagonisti eroi ed eroine che rincorrono sia il successo che la rispettabilità, l'approvazione altrui, insomma, nonostante lo scandaloso passato tutti combattono per far tacere questi pettegolezzi, pensiamo a Lady Audley, per esempio.

Ma la nostra Sara ha deciso che lasciare per lasciare, vuole farlo in grande stile, solo che rischia un po' di più di Eddie Cullen, e scrivere un ultimo romanzo prima di accasarsi definitivamente è il suo modo per dire addio alla sua vera vocazione. Per scriverlo va a Londra ad indagare sulla vita dei bassifondi dove viene coinvolta nella sparatoria di due uomini, uno rimane ferito, mentre l'assalitore lo uccide lei con la sua pistola da borsetta e salva la vita del ferito che, altri non è se non il famigerato Derek Craven, proprietario del più discusso locale di Londra, noto uomo senza scrupoli cresciuto nella strada e sorto dalle maleodoranti acque del Tamigi alla gloria della ricchezza.
Derek è forse il protagonista di romance che ha spezzato più cuori, compreso il mio e forse il self-made-man più coerente e riuscito. E la coerenza, lo sapete bene, per me è tutto.

La scarsa esperienza di Sara, che determina la sua ingenuità nei confronti delle persone, si scontra inevitabilmente col cinismo di Derek, che invece la propria capacità di giudizio l'ha imparata dalle esperienze della sua pelle.
Inutile dire che nonostante le divergenze d'opinione in materia di caratteri, i due sono destinati a finire insieme, principalmente per una questione di compensazione, la sceltà più comoda del romance, ma la più difficile da rendere credibile.

Certo, commento sempre io che sono cinica come Marilla Cuthbert (quella di Anna dai capelli rossi) è facile essere felici quando si è assolutamente, e vorrei sottolineare ancora assolutamente, certi dell'amore della persona di cui si è invaghiti che, tra le altre cose, è pure un miliardario col sorriso sbilenco, un quarto di manzo ricco, bello e sfacciato e per di più pure estremamente interessato al vostro benessere anche se non siete una dea, ma i due personaggi e le loro relazioni meritano un approfondimento un po' più accurato della battuta cattiva di una donna gelosa, perchè alla fine è questo che sono, gelosa della protagonista di un libro perchè lei mi somiglia e le invidio l'impossibile epilogo della sua vicenda nonostante sia fermamente convinta che non si debba MAI invidiare personaggi immaginari.

Ma dicevamo, cosa rende così magica questa storia che è uguale a mille altre? Perchè Sognando te fa battere così il cuore e I segreti del visconte di Anne Mallory no? Eppure ci sono due zitelle come protagoniste e un tenebroso partner dagli occhi scintillanti.
Evidentemente gli ingredienti non bastano, serve il manico, come dicono da queste parti.Credo che la meraviglia di Sognando te sia nella bravura con cui la sua autrice, l'osannata Lisa Kleypas ha tratteggiato i caratteri dei protagonisti. Lisa non sarà un genio, non sarà oro tutto quel che tocca, ma di sicuro se s'impegna sa partorire delle vicende che in confronto Cenerentola sembra sciapa.

Di Sara abbiamo detto prima, sappiamo che è un'anticonformista travestita al meglio, è avvincente e piena di sfaccettature, ma questo non deve trasparire dal personaggio, almeno quando non si contrappone con la sua metà, perchè era così che costringeva la società vittoriana, a sopprimere l'essenza in favore di un conformismo bigotto. Come far diventare insulso un personaggio tanto affascinante e senza annoiare o irritare il lettore, ma parteggiare per lei? E come farlo virare ad una spontaneità finalmente liberata senza forzare troppo i tempi?
Con la percezione che altri ne anno di lei e che lei ha di se stessa. Degli altri abbiamo detto sopra, ma di lei?
L'interiorità di Sara traspare dai suoi modi e dai suoi gesti, è rigida e trattenuta, ma curiosa, eppure non è affetta della curiosità morbosa di altre eroine verso il sesso maschile e il sesso in genere, perchè alla fine sempre intorno a quello ruota il mondo, no, Sara ha delle sottigliezze molto particolari, ciò che la rende coerente, che ce la rendono più umana e più storica, Sara vuole i baci, per lei il sesso è tabù, lei è timida per davvero perchè così è stata educata, un riferimento troppo esplicito risulta incomprensibile alle sue orecchie poco abituate al gergo volgare. Insomma, è una persona che scopre l'amore e l'attrazione da adulta, ma lentamente e con molta incertezza come certe ragazze fanno ancora [sì, ci sono ancora], qui sta una grande descrizione dell'autrice, che è maestra di tempistiche perfette senza dilungarsi in troppi.
E qui sta anche lo spunto per un carattere maschile a dir poco FANTASTICO.
Perchè Derek Craven, oltre che tutto quello che abbiamo detto essere prima, è anche talmente preso dalla nostra, dall'avvicinarsi a questo suo mondo ovattato con passo altrettanto felpato e delicato; Derek è innamorato e si vede; non è smielato, è soggiogato dal fascino di lei e, come noi, neppure lui se lo spiega. Estasiato da quanto diversa può essere la percezione dell'esistenza rispetto alla sua e desideroso di condividerla, ma con i suoi simili nel carattere, tipo Lily, l'interscambio è stato poco efficace, finendo per rimanere relegato nelle sue posizioni, questo nuovo tipo di interlocutore forse, nella sua diversità, è quello giusto per cambiare il punto di vista.
Certo, lui a differenza di Sara ha esperienza accumulata alle spalle, e questo comporta una certa intraprendenza in tutte le cose che spiazza Sara in più di un'occasione, ma è lo stesso Derek che per amore di lei si mette dei freni a dispetto del suo cinismo o della sua passione, principalmente perchè le vuole bene, ma anche perchè rispetta questo suo modo di essere così diverso dal suo e, in fondo al cuore, l'invidia, specialmente l'ingenuità e la purezza delicata di cui Sara è ammantata e rimane anche dopo che l'amore tra i due divampa ufficialmente. Sara è la sua parte più luminosa, ciò che gli ricorda che le brutture che ha visto e vissuto non devono colpire altre persone.
È l'amore dei sogni, dove esiste il rispetto reciproco senza prevaricazione.

Derek si considera una persona egoista, in realtà ha più a cuore gli altri di quanto voglia far apparire. L'eroe del romance moderno è sempre tormentato dai demoni interiori [quando questi demoni non sono creature infernali di prodigiosa bellezza venute a tentare un'altra eroina], ma quelli di Derek sono particolarmente vivi e brucianti anche per il lettore, la sua tormentata infanzia e il fatto che sia sceso a terribili compromessi per raggiungere il successo che voleva, ciò lo rendere più giustificabile ai nostri occhi quando emerge la sua idea che la vita, specialmente quella degli altri, è vuota, stupida, priva di gusto, Derek ha trangugiato tutto ciò che l'innalzamento della sua condizione ha portato con sè, tutto ciò che prima non era altro che un miraggio, e adesso ne è così pieno da esserne sazio, addirittura disgustato, cosa che lo spinge ad incominciare una relazione con la perversa Lady Ashby solo perchè tra tutti gli altri sembra un personaggio che riesce a trasmettere qualcosa, anche se si tratta di qualcosa di male, che va oltre quello di cui è già pieno ed annoiato.
Nessuno trova l'errore in Derek o lo condanna per la sua ingordigia di potere, ricchezze, donne, è imperfetto, ma comunque concepibile, plausibile; la sua esagerazione cinica si sa da dove proviene ed è ammissibile. Perfino noi diremmo: con quello che ha passato è normale che sia così o agisca colà.
E non solo, ad infatizzare tutto ciò ci si mette l'incontro con una donna diversa da quelle che ha visto fino ad allora, dalle baldracche dei bassifondi, dalle lavandaie e dalle nobildonne fin troppo facili: Sara. L'infanzia tremenda, la crescita in mezzo alle difficoltà l'hanno lasciato indurito dalle prove della vita, il fatto che il suo impero sia costruito col sacrifico, ma anche col compromesso di basso grado ha completato l'opera e Derek crede che tutto abbia un prezzo, che si possa comprare qualsiasi cosa, eppure subisce egli stesso il peso di tutto ciò sentendosi sporco e inadeguato di fronte a Sara, che per lui è il mito della purezza, nonostante ciò che ha conquistato.
Derek sa di aver fatto strada nella vita, ma percepisce la propria anima annerita dalle brutture della vita, sa che è così perchè è sufficientemente obiettivo da comprenderlo e, quindi, per quanto sia più ricco e potente di Sara, si sente incapace di affiancare l'anima di lei, che invece è splendente.
Il lettore omprende giustifica il suo ritrarsi dalla donna come raramente si fa con le ritrosie di protagonisti e protagoniste, anche qui in'altra bravura dell'autrice.

Illustrazione dell'edizione originale
(bellissima)
Sara invece, che è innamorata e decisa ad avere il suo uomo, ama Derek per quello stesso motivo, per la sua voglia di risollevarsi e di non continuare a nuotare nel fango, non è il mito dell'avarizia, del voglio di più, è il mio della sopravvivenza, del voglio andarmene da questo posto ammuffito. Sara comprende come il lettore perchè Derek non è il bastardo insensibile che tutti credono. Il lettore capisce insieme a lei e non si sente escluso dal loro mondo, ma perfettamente coinvolto nel menage.
Qui divina-Kleypas è riuscita ancora nella sua magia di tratteggiare un carattere, una storia e un personaggio senza scadere nel banale, senza finire nel noioso, senza raccontare per filo e per segno la sua storia, ma allo stesso tempo senza trascurare dettagli rilevanti della vita di quest'uomo che da ragazzo è anche entrato nel business della resurrezione, alias tombarolo, un particolare irrilevante, che però ne ha nell'immaginario del tempo, tanto per sottolineare quanto sia cinico e irriverente nei confronti dei benpensanti COME Sara, ma non con LEI.
Tra lei e gli altri, negli occhi tormentati di lui, passa un abisso.
Un abisso che si riduce piano piano quando Derek le confessa le sue colpe e dà sfogo alla sua tenera, piuttosto che alla passione, in quel momento, ricevendo il perdono di Sara, Derek si sente finalmente degno di lei. Sara, da donna innamorata, gli avrebbe perdonato di tutto, omicidi, brutalità, ne sarebbe rimasta sconvolta, ma l'avrebbe comunque perdona, questo Derek non lo sa, ma ciò basta comunque ad arrestare la sua inesorabile discesa verso il disgusto di sé che prova da quando ha conosciuto lei. Con lei lo accetta come una forma per quello che è oggi, per essere una parte di quello che a lei piace di lui, uno dei mezzi che li ha fatti incontrare.

Mettere insieme questi caratteri può sembrare facile solo in apparenza perchè hanno poco in comune e formano la classica coppia di opposti che si attraggono, ma questo abbinamento a volte sembra stonato nei romance, poco definitiva, con poche motivazioni a supportare l'unione, a parte una passione travolgente che si consuma in infiniti amplessi e non si sa mai dove vada a parare finito l'happy ending. Durerà? Lui avrà abbastanza resistenza per farla durare?

Invece Derek e Sara si sposano bene insieme grazie al talento di questa maga della penna che non trascura certo l'attrazione tra i due, neanche quella fisica che è sì manifesta, ma dovutamente trattenuta come era giusto che fosse nell'epoca vittoriana in cui si è scelto di ambientare la vicenda
In più questa attrazione è descritta con terminologia e tempistiche che non la rendono affatto volgare; ci sono stati romanzi, anche moderni, dove quindi il tatto su certi argomenti può essere moderatamente contenuto, dove la parte sessuale mi è risultata particolarmente fastidiosa, Orgoglio e perdono è stato uno di questi, c'era poco tatto nel parlare di certe cose, sarà che sono rimasta una di quelle che ancora si indignano di fronte a volgarità troppo spinte... altri su questo genere sono i romance dove la storia non esiste proprio, ma l'intera struttura è solo un pretesto per mostrare culetti al vento, sono cose troppo superficiali, troppo prive della capacità di coinvolgere emotivamente il lettore per essere apprezzabili, questo perchè i primi a non essere emotivamente coinvolti nella vicenda sono proprio i personaggi che si aggirano nelle pagine, piatti e senza sugo, macchiette. Un personaggio che non prova emozioni perchè troppo piatto [non obiettatemi che ci sono persone così anche nella realtà che potrebbero apprezzare: quelle persone non leggono] non è in grando di coinvolgere psicologicamente il lettore che vede tutto da spettatore esterno e dopo un po' si stufa di questo e questa eroina che non fanno altro che accoppiarsi come conogli e a i quali va tutto bene, si finisce per stufarsi o, peggio, odiare questi caratteri peggiori di noi, ma più fortunati. E anche lì il confine tra realtà e finzione sembra sempre troppo labile, ma bisogna ricordarsi che sono distinte, che le vicende di questi non sono vere...

Certo, la mano da romance di Lisa si sente, ci sono dei cliché tipici del genere, ad esempio un complice del cattivo che cerca di rovinare la protagonista trascinandola in uno scandalo, il fatto che lei vada dalla sarta per farsi bella per lui, anche se in modo indiretto, anche che conquisti una migliore amica che la supporta come una cheerleader in ogni sua scelta sbagliata per l'epoca, ma comprensibile da noi.
Inconsueto, invece, il fatto che Derek vada a consolare la sua solitudine da una donna che somiglia a Sara, ma non la solitudine fisica, come tutti gli alri machi da romance, bensì quella psicologica, il sentimento di abbandono e la necessità di tenere tra le braccia la propria amata, sono gesti semplici di chi la vità la vive e l'ha vissuta appieno e dà importanza a queste cose, chi non è mai arrivato ad un livello di intimità mentale tale da potersi dimenticare delle carezze sensuali, per dedicarsi anche a quelle affettuose.
Sembra strano, ma è così che viviamo, sono i piccoli gesti che ci commuovono o fanno irritare, non gli amplessi stellari, per questo gli altrettanto piccoli dettagli di questi personaggi ce li fanno amare così profondamente, perchè ai nostri occhi sono umanissimi, sembrano reali, più dei nostri vicini di casa.

Struggersi per un uomo a cui manca l'abbracciare l'amata, ho scoperto, è estremamente facile.
Ma come ripetevo al principio, è tutto un gioco di tempi splendidamente orchestrato dalla Kleypas in maniera magistrale. Questa sì che è una donna che sa gestire il tempo narrativo alla grande e l'ha dimostrato anche in un altro suo romanzo, che però è un contemporaneo e quindi non comparirà su questo blog, ovvero Sugar Daddy, il mito del self-made in scala diversa più sul self-survived-woman, la conquista della propria identità e del diritto di amare. Adorabile.
Certo poi nel mucchio ci sono anche titoli di livello inferiore, non tutto ciò che partorisce santa Lisa è un capolavoro, ma ci sono certe chicche che meritano davvero.
Sognando te è sicuramente una di queste.

E tanto perchè qualcuno si ricordi della cosa, le ragazze moderne, che abbiano quindici o venticinque anni piuttosto che cinquantacinque o ottantacinque non sono tutte come la Carrie di Sex and the City, ci sono persone differenti per carattere e psicologia, più timide, più riservate e meno intraprendenti e non vorrei che con questa mania del ritrarre la società moderna venissero dimenticate proprio perchè poco appariscenti. Il programma Plain Jane di MTV in questo senso sta facendo un pessimo lavoro, una ragazza che cerca la propria identità o che la trova in un personaggio poco appariscente non è detto che debba cambiare solo perchè ciò non si adatta al mito moderno della vamp intraprendente con l'uomo che ama, solo per divertire una pletora di curiosi che vogliono vedere cosa ne può uscire da quel brutto anatroccolo, credendo che per essere una bella persona basti un taglio di capelli o una lampada abbronzante.
A queste persone che lo credono, dico solo che sono così prive di personalità e di un'opinione propria, per non parlare della loro intelligenza microscopica, che è solo che inevitabile che lo credano.
Non è detto che dobbiamo tutti conformarci su un unico modello, lo dice una che ha aperto un blog di storia nel mondo dei fashion blog e non perchè disprezzi i fashion blog, ma perchè non sarei mai stata in grado di tenerne uno, ci sono troppi esseri umani, e tutti diversi, per riuscire anche solo a concepire il fatto che ci sia uno standard, una linea, un master copy.



Mauser

17 ottobre 2011

Osservazioni sparse sui Moschettieri steampunk

Sabato sera sono andata al cinema.
Nel mio immaginario, i sabato sera al cinema in compagnia di persone gentili e tranquille sono uno dei modi migliori di trascorrere le serate autunnali senza sembrare una reclusa, quest'anno Hollywood è dalla mia parte e ha messo a disposizione del pubblico diversi titoli interessanti sui quali mi sono buttata a pesce, offrendomi svariate occasioni sia di trascorrere del tempo con la mia migliore amica, con la quale sto cercando di recuperare un rapporto un po' sfilacciato dal troppo poco tempo a disposizione, sia per conoscere altre persone e trascorrere la serata in compagnia.
Dopo Abduction, scelta della settimana scorsa principalmente dettata da quel quarto di manzo che è il protagonista, questa volta siamo andati a vedere I tre moschettieri.
Sulla trama, credo ci sia poco da dilungarsi, Dumas la scrisse tempo fa e, a grandi linee, tale è rimasta nei secoli dei secoli.
Principalmente vorrei fare qualche osservazione sparsa sul film senza buttarmi in una recensione vera e propria perchè, a differenza di altri libri, non ho visto TUTTI i dramas e le riproduzioni cinematografiche.
Ci saranno spoiler, quindi chi non volesse averne non legga oltre =)

Lo steampunk
Pochi usano questa parola nella quotidianità, forse a causa della pronuncia dal suono aberrante, ma questo genere è effettivamente entrato a tutti gli effetti nella nostra realtà e solo alcuni ne sono consapevoli; nella realtà cinematografica ha avuto molto seguito e sempre più lungometraggi aggiungono parti di contorno futuribili per l'epoca, invenzioni volanti, macchine da guerra, meccanismi che sfruttano la potenza del vapore, ecc.
Il problema è che la maggior parte delle volte queste sono così impossibili da rendere il film inguardabile e scettici gli spettatori.
I tre moschettieri di quest'anno si spostano con nonchalance a bordo di vascelli volanti e cannoneggiano nei cieli di mezza Francia senza che nessuno batta ciglio tra pastori e contadini, non c'è neppure uno dei comprimari, figuriamoci i protagonisti, che patisca il mal d'aria o il beccheggio di queste imbarcazioni dalla mole improbabile se paragonata alle dimensioni del pallone.
Nel film queste invenzioni spettacolari, e molto scenografiche, vengono attribuite a Leonardo, che era sicuramente un genio indiscusso di mille e una disciplina, che aveva progettato tute da sommozzatore e cannoni, ma che qui pecca un po' di ingenuità nei confronti di Madama Fisica e si permette di sollvare un galeone seicentesco con un pallone delle medesime dimensioni; ora, io non sono proprio la persona più adatta a discutere dell'argomento, la matematica non è il mio forte e le tabelline sono state il mio incubo infantile più che l'Uomo Nero, ma se ricordate il mio post Alla conquista del cielo rammenterete che l'impresa di tirare su il primo Zeppelin fu spettacolare, l'aeronave era lunga 127 metri per 17 palloni a sollevare una cabina di pilotaggio delle dimensioni di una crosta di pane, figuriamoci cosa serviva per tirare su un vascello di quelli alla Corsaro Nero o Maledizione della Prima Luna.
Quindi la componente steampunk è carina se applicata con un certo garbo alle storie, senza strafare, come sempre con moderazione, una parola a cui tanti si sentono allergici nel tempo dell'eccesso che è il XXI secolo.
L'epoca di Luigi XIII è davvero troppo presto per lo steampunk e se questo mix aveva avuto ottimi risultati nelcaso di Sherlock Holmes del 2009, qui appare un po' ridicolo, specialmente se unito al resto dell trama e dei personaggi.
Senza contare, fisica a parte, che Milady precipita proprio da una di queste navi volanti per metri e metri sulla Manica e sopravvive! Senza essere crudele con i registi, che evidentemente hanno doti nel campo, ma a scuola erano delle schiappe, l'impatto con l'acqua, precipitando anche soli da 300 metri d'altezza sarebbe devastante, il canale della Manica, più che liquido sembrerebbe un lastrone di marmo, non credo che le ossa della nostra spia avrebbero sopportato tanto con solo un po' di mal di testa e una banale infreddatura, non è esattamente come tuffarsi dal trampolino...

Milady De Winter
La bella Milady con un
improbabile abito vittoriano e
uno splendido cappello
Da quando lessi I tre moschettieri per la prima volta, Milady è sempre stato il personaggio che più ho amato insieme ad Aramis, mi piacevano i suoi macchinosi piani, la sua capacità di fare il doppio, triplo o quadruplo gioco, di saper raggirare le persone piuttosto che i governi, è un personaggio scaltro e affascinante, seducente e intrigante che sa cavarsela in ogni situazione e, soprattutto, sa farlo da sola, senza l'aiuto di chichessia, ma sfruttando ciascuno al meglio di quello che può darle. Dumas ha creato uan figura femminile molto indipendente e solitaria, completamente contrapposta all'ideale di donna, moglie e madre che c'era in voga al tempo e, per questa, relegata nel ruolo di una cattiva che però è ammirata da lettori e protagonisti. 
In questa ennesima rivisitazione viene dato molto spazio a Milady, interpretata dalla bellissima Milla Jovovich che lascia i non-panni di Laguna blu e le tutine di Resident Evil; Milady è molto diversa da quella di Dumas, che ne fa la nobildonna perfetta, mente la nostra possiede caratteristiche un po' troppo moderne e alla Matrix per essere credibile: la seduzione, per esempio, viene incanalata allo spettatore con spettacolari scollature, ma soprattutto con provocanti abiti a schiena scoperta e muniti di gorgiera e colletto rigido: eravamo in due nel nostro gruppetto da sei a concordare che fossero anacronistici al 100% e nessuna di noi si può dire un'esperta.
Milady, oltre che un'avversaria temibile per chiunque la incontri, è pure avversa alla biancheria e si cala da Versailles in corpetto (WTF?) e scarpette col tacco, senza calze, ma solo in giarrettiera: parbleu!
All'epoca le donne le calze le portavano, sapete cari costumisti? E non erano le autoreggenti di oggi, la giarrettiera si teneva molto più in basso, appena sopra il ginocchio, non a metà della coscia, poi il corsetto, come sepsso ho ripetuto, divenne stretto e sinuoso in vita solo in epoca Vittoriana, prima di allora era appositamente costruito per appiattire l'intero busto e spingere in fuori i seni, cosa che, invece, quello indossato da Milady non fa, anzi! Le fa un decolté niente male!

Milady in deshabillé
interpretata da Milla Jovovich
A occhio oserei dire che il suo stravagante e bellissimo guardarba è un esteticamente riuscito mix tra il corpetto a punta cinquecentesco e un abito vittoriano. Non c'è traccia dei paniers che invece già al tempo erano molto in voga che facevano l'abito piatto sul davanti e largo sui fianchi, mentre Milady adora la crinolina.
Poi la nostra spia in gonnella, al posto che ordire ricatti e furti, si infiltra lei stessa e prende parte a missioni come Occhi di Gatto, tira di spada meglio di D'Artagnan, svolazza in mosse da karateka prese in prestito dal wuxiapian cinese, il genere di film con scene acrobatiche e combattimenti anti-legge-di-gravità in stile Ranma 1/2.
La Milady della Jovovich, inesattezze costumistiche a parte (che per altro si sposano bene con la realtà steampunk del film), mi piace perchè è molto intraprendente e anche superba, altezzosa e sarcastica. So che a molti avranno dato fastidio, ma le mille espressioni che variano dallo sprezzante al seducente che riesce a creare quest'attrice sono state divertentissime, un po' meno l'orripilante colore di capelli che le hanno fatto.

D'Artagnan

D'Artagnan (coi capelli da
femminuccia) arriva a Parigi
insieme alla cavalla
Marguerite
(Logan Lerman)
D'Artagnan, il nostro moschettiere in prova è l'ex Percy Jackson con i capelli di una ragazzina delle medie che non ha ancora scoperto la piastra o la permanente [io lo sono stata fino alla fine delle superiori...], chiunque sia il suo parrucchiere, va umiliato in mezzo a tutto il set perchè ha reso ridicolo un personaggio che invece sarebbe stato fisicamente carino. Gli stivaloni con risvolto fanno molto Gatto con gli stivali, sembrano sempre troppo grandi per lui, ma dopo un po' ci si fa l'abitudine.
Spaccone D'Artagnan lo è sempre, sfiderebbe pure le pietre, offenderebbe anche se stesso, duellerebbe tutto il giorno e si porterebbe a letto ogni donna nell'arco di chilometri, in questo il D'Artagnan del film è perfetto e altrettanto insopportabile e anche per entrare a far parte dell'ormai sciolto gruppo dei Moschettieri del Re, che però qui si tende a dimenticare che fosse una banda molto nutrita di militari scelti per proteggere Sua Maestà.
I moschettieri si chiamavano così perchè oltre le armi bianche adoperavano anche i moschetti, cioè le pistole. Qui i Moschettieri sono i soliti tre appartenenti ad un gruppo segretissimo di agenti tipo CIA dell'epoca che si imbarcano in imprese per la sicurezza della Francia.
Poi il nostro D'Artagnan ha poco da fare il furbo e cianciare sull'onore e sull'amore: nel terzo libro di Dumas scritto sui quattro, Il visconte di Bragelonne, compare il famoso episodio della Maschera di Ferro e tutti sappiamo che questi due gemellini non sono figli di Luigi XIII...

I tre Moschettieri: Athos, Porthos e Aramis
Il primo di voi che parla male di Aramis lo scuoio.
Aramis, l'attore è
Luke Evans

Premesso questo, i tre del presente film sono proprio delle macchiette. Non saprei dire se Athos, interpretato da Matthew MacFadyen fosse più improbabile nel ruolo di uno slavato Darcy targato Orgoglio e Pregiudizio 2006 oppure qui, fatto sta che la sua retorica tardo-romantica e infarcita di citazioni baudelairiane alla lunga stufa, specialmente quando disquisisce di donne e di onore, perfino D'Artagnan gli fa la faccia annoiata, il pubblico invece si è già addormentato da dieci minuti.
Anche il parrucchiere di Athos deve cambiare mestiere, quei ciuffi laterali lo rendono più ridicolo di quanto non sia e gli occhi, al posto che quelli di un uomo deluso e cinico sono invece quelli di un bassethound che aspetta i croccantini.
Secondo i recensori di Primissima, la rivista che distribuiscono nei cinema, i Moschettieri sono Ato, Porto (indubbie le sue origini portoghesi) e Arami (proveniente nientemeno che dal Paese dello spadaccino di Lupin III), li pregherei di fare più attenzione in futuro.

Il re: Sua Maestà Luigi XIII
Insulso bamboccione come era esattamente nella realtà e come erano la maggior parte dei monarchi, i suoi vestiti ai nostri occhi sembrano disgustosi, i suoi cappelli peggiori di quelli della Regina Elisabetta e le scarpe pronte per una mostra sul trash nell'abbigliamento, ma siamo obiettivi e, calze a rete a parte, pensiamo che in passato i colori sgargianti e l'oro, le piume esotiche e gli inserti preziosi erano il modo con cui i potentati esprimevano non solo la ricchezza che possedevano, ma in proporzione anche l'autorità che potevano esercitare.


Constance interpretata da
Gabrielle Wilde
La regina Anna e Dama Costanza
Piuttosto scialbetta, compare sempre al momento meno opportuno a dire frasi decisamente fuori luogo: per un'intromissione simile Richelieu l'avrebbe fatta decapitare ben prima...
Pure Anna ha poco da fare la furba, visto che metterà sul trono non uno, ma ben due figli che non sono di suoi marito, del quale per'altro si dice innamoratissima... che coerenza da una donna che si è girata quasi tutti i letti di corte a parte quello di Luigi, che alla parola consumare rimane incerto e imbarazzato.
L'archiatra di corte dovrebbe darle qualcosa per i suoi nervi, ogni volta scoppia a piangere in maniera ridicola e sembra una pecora.
Costanza invece, perfettamente in linea con l'usanza che le protagoniste portano capelli lunghi, sciolti e disordinati, è l'unica a non avere un'acconciatura graziosa fatta di riccioli adoabili, ma sembra una pazza fuggita dal manicomio. Fossi in lei protesterei, anche se Madre Natura l'ha dotata di un colore di capelli invidiabile. Ad ogni modo, come ogni buona eroina dà prova di essere l'essere più stupido dell'intera vicenda ed ha pure il coraggio di fare la difficile, la signorina... snob e pure scema.

Buckingham

Lord Buckingham i cui
modaioli panni sono indossati
da Orlando Bloom
Interpretato da Orlando Bloom, è riuscito a far sospirare e sognare le donzelle in sala nonostante fosse abbigliato come il più ridicolo degli uomini (modernamente parlando), ma la sua spavalderia ha fatto colpo quasi quanto i suoi baffetti e l'arroganza di cui si contorna è un'arma interessante se paragonata al pragmatismo e alla severità di Richelieu, che invece gira costantemente in tonaca e coppola.
Ho sentito commenti contrastanti sulla sua interpetazione, molti sostengono che nella parte del cattivo non calzi bene e gli riesca meglio quella del romantico-depresso (vedi Elizabethtown), io l'ho trovato piuttosto realistico, un uomo innamorato del potere in ogni sua forma, compresa quella estetica, anche se il fatto che i francesi prendano ordini dagli inglesi su cosa faccia tendenza e cosa no è un po' forzato...
La scena in cui, a capo di una flotta acquatica ed alata, parte in direzione Francia me l'ha fatto rivalturare di molti punti, quindi su di lui il mio giudizio è positivo nonostante le critiche.
Comunque, per la cronaca, Anna e Buckingham hanno davvero avuto una relazione illecita, la Regina Anna, a dispetto del fatto che Dumas la dipinga come innamoratissima del marito, era una donna di gusti semplici, si dice che oltre il Re, Buckingham e D'Artagnan abbia intrattenuto pure una relazione col successore del cardinale, un altro ecclesiastico: Mazarino, protratta anche durante la Fronda.

Richelieu
Su di lui posso solo dire che assomiglia in modo impressionante alla mia prof di Lettere delle medie. Uguale.

Christoph Walz è il
Cardinale Richelieu
Calmo, sempre imperscrutabile e inattaccabile, è un personaggio interessante sia dal punto di vista storico che da quello letterario.
Le pecche principali sul personaggio le posso imputare solo a Dumas che ha creato un uomo che credeva davvero di poter salire sul trono di Francia: in realtà la cosa era impossibile, specialmente in un'epoca in cui i re erano tali per diritto divino. Ai politici, primi ministri e così via conveniva molto governare nell'ombra quali eminenze grigie o, al massimo, come co-reggenti del futuro sovrano o di uno pazzo.
Il problema, con I tre moschettieri, è che dopo aver visto il re e la regina viene davvero da parteggiare per il Cardinale Richelieu, in questo il regista doveva fare più attenzione. Non va molto bene...



Bene, dopo uno sproloquio di un'ora al riguardo, come concludere?
Il mio consiglio è di vedere il film, anche se zeppo di inesattezze storiche, violazioni evidenti di leggi della fisica basilari e la solita mania di mettere i canoni moderni nell'antico, è sempre un classico riproposto con novità interessanti, un buon ritmo incalante e qualche battuta graziosa, a tratti divertente. Potrebbe divertire e piacere, se preso con ironia e sufficiente leggerezza.


Un bacio a tutti e a presto



Mauser

14 ottobre 2011

Il telefono, una storia di emigrati e processi

Tra i figli dell'elettricità che vennero disseminati nell'Ottocento come i sovrani assoluti disseminavano di bastardi il loro regno, è anche il telefono con cui la telegrafia acustica ha raggiunto il suo più ambito traguardo: nella lingua greca, infatti, "telefonare" significa parlare a distanza.Come quella di altre invenzioni, la storia del telefono è, allo stesso tempo, entusiasmante ma anche patetica: è una storia tutta americana, ma di quell'America costruita dagli emigrati.
 

Telefono dei primi del Novecento a manovella
Sì, lo so che questo post sembra arrivare dritto dritto dall'approfondimento di Superquark di sabato scorso, ma vi assicuro che lo stavo preparando da parecchio tempo, inoltre non credo sarei in grado di buttare giù delle idee riguardo un argomento tanto difficile da studiare in così breve tempo, o almeno pensieri con senso compiuto.
Parlare del telefono fuori dall'Italia, che parteggia apertamente per Meucci, genera sempre qualche controversia o dissapore, molti Paesi, infatti, non accettano il verdetto americano che lo designa come padre dell'invenzione ed essendoci stati molti uomini che in tempi simili hanno sviluppato l'idea telefonica c'è solo che l'imbarazzo della scelta.

Nel 1851 era giunto negli Stati Uniti un fiorentino, Antonio Meucci, costretto ad abbandonare il Granducato di Toscana [già,un'invenzione come il telefono che sembra così moderna e recente... e ci si accorge che mancavano ancora dieci anni all'Unità d'Italia] a causa delle sue pericolose idee mazziniane di rivoluzionario: stabilitosi a New York, che non era certo quella che immaginiamo noi, ma poco più di una città di pionieri con strade in terra battuta e neanche un grattacielo [e soprattutto gli affitti molto più bassi], aveva aperto una fabbrica di candele nella quale trovò lavoro per qualche anno un altro e ben più famoso rifugiato politico: Giuseppe Garibaldi.
Dopo numerosi tentativi di trasmissione a distanza delle parole, nel 1857 Meucci potè finalmente descrivere il funzionamento di un apparecchio di sua invenzione, ecco le parole che adoperò egli stesso:
Consiste in un diaframma vibrante [il microfono che trasforma i suoni dell parole in impulsi elttrici] e in un magnete elettrizzato da un filo che lo avvolge [la linea, o circuito elettrico, che trasmette gli impulsi.
Il diaframma vibrando altera la corrente del magnete e queste alterazioni, trasmettendosi all'altro capo del filo, imprimono analoghe vibrazioni al diagramma ricevente, riproducendo la parola.
Ma Antonio Meucci era privo dei mezzi necessari per diffondere quel rivoluzionario apparecchio.
Emigrato era anche Graham Bell, di origine scozzese [le due etnie più inventive e affariste del mondo si incontrano nella storia del telefono]; giunto negli Stati Uniti vent'anni dopo l'arrivo di Meucci, nel 1876 aveva fatto brevettare un telefono di sua invenzione: quando lo venne a sapere, l'italiano cercò di far valere la propria priorità, ma la Corte Suprema gli diede torto; la medesima sorte toccò al... terzo inventore del telefono, l'americano Elisha Gray, che aveva varcato la soglia dell'ufficio brevetti solo due ore dopo che ne era uscito Bell!
Gray accusò quest'ultimo di avergli rubato l'idea, ma per la seconda volta la Corte Suprema si pronunciò a favore dell'ex emigrato scozzese.

Tra un processo e l'altro, il nuovo mezzo di comunicazione si affermò con una velocità prodigiosa, tanto che nel 1880, a pochi anni dalla sua nascita ufficiale, nei soli Stati Uniti ne funzionavano già 50.000 apparecchi telefonici e il primo centralino telefonico del mondo, situato ad Hartfort e inaugurato due anni prima.

In breve si eliminarono anche le lungaggini burocratiche cui erano soggetti coloro che volevano telefonare, in precedenza, infatti, la procedura prevedeva che si contattasse il centralinista, dopodichè questo smistava la telefonata e si otteneva la linea diretta verso la zona della persona desiderata, all'altro capo una nuova centralinista metteva in comunicazione la linea principale con quella del cliente desiderato e quindi si poteva finalmente parlare; il problema venne risolto da un ingegnoso meccanismo detto selettore che si sostituì al lavoro dei e delle centraliniste [vai con la disoccupazione!] intermedie; il suo inventore, l'italiano Giambattista Marzi, nel 1886 dotò di un centralino automatico gli uffici della Biblioteca Vaticana, ma la prima centrale automatica aperta al pubblico venne installata negli USA nel 1892.
In Italia, patria dello sfortunato Meucci riabilitato solo di ricente quale primo inventore del telefono, l'apparecchio fece la sua comparsa solo nel 1877.

Sebbene la tecnologia per automatizzare completamente un apparato telefonico esistesse, i centralini, con le centraliniste che smistavano spinotti in quadri di dimensioni enormi e strutturati come un'astronave rimasero almeno fino al dopoguerra.
Foto storica che ritrae una stanza di centraliniste telefoniche impegnate a ricevere e smistare le telefonate della
Compagnia Telefonica.
Il telefono è ormai, nelle sue molte forme, un elemento indispensabile delle nostre vite, la sua connotazione sta cambiando rapidamente e oramai i moderni telefonini si può dire che facciano davvero di tutto... a parte telefonare. Con uno smartphone, che non fa chic chiamarlo banalmente cellulare, si naviga, si chatta, si mandano email... e volendo si telefona pure (ma male).

Il primo telefono
L'evoluzione che questo aggeggio ha subito in poco più di un secolo di esistenza è portentosa, affascinante, testimone del progresso tecnologico di cui siamo figli, ma a nostra volta anche padri.
Se dopo la Rivoluzione Industriale, con le sue invenzioni e scoperte, la scienza e la tecnologia hanno messo la quinta, procedendo a ritmi speditissimi, la crescita non ha fatto che aumentare vertiginosamente nel Novecento e più si scopre e inventa, più questa sembra destinata a crescere rapidamente.
Durante la mia infanzia una musicassetta era ancora lo strumento migliore per registrare musica, quando avevo dodici anni circa il CD masterizzato è entrato a forza nelle nostre vite, ci sono voluti circa quindi anni per scardinare il mangianastri e le musicassette, ma adesso di anni ne sono passati meno, eppure il cd, che si chiamava ancosa compact disk, sembra un'invenzione remotissima, scomoda, ingombrante... come vivere senza un lettore mp3?
Tre giorni senza la posta elettronica mandano nel pallone, due giorni senza Facebook a quanto pare creano crisi di astinenza: la tecnologia di cui siamo figli e padri è per noi ormai una malattia al punto che non sappiamo più farne a meno, tanto per praticizzare il detto che:
Ciò che per una generazione è una grande conquista, per quella successiva diventa una necessità.

Con affetto,
sperando di non eccedere con troppo hi-tech



Mauser





Schema di come era fatta una telefonata

12 ottobre 2011

La signora è molto indaffarata

La signora è attualmente molto indaffarata e non potrà ricevervi...

Con queste parole, di solito, molti visitatori delle dame del passato erano congedati direttamente dalla servitù appena sopraggiunti in casa. Domestici e cameriere personali avevano una precisa lista di invitati graditi, ammessi, da congedare o, addirittura, da scacciare senza molti riguardi, un po' come le moderne segretarie che, a seconda del mittente delle telefonate, trasmettono o meno la chiamata al destinatario, altrimenti la cestinano con qualche scusa plausibile, della serie "è in riunione/è fuori/attualmente è al telefono/la faccio richiamare il prima possibile", c'è gente che aspetta ancora oggi...

Ma cos'aveva di così importante da fare la nostra signora per non avere neppure il tempo di ricevere i propri invitati?
Come si svolgeva la sua giornata?
Dopo quella del valletto vediamo oggi la giornata di una signora della buona società.

La sua segretaria sedeva dietro un paravento, con l'agenda degli impegni sociali della principessa.
«Domani mattina alle nove, equitazione; alle dieci e trenta visiterà il nuovo ospedale pediatrico. Alle tredici pranzo con tre membri del consiglio per discutere il contratto del vanadio all'America. Alle quattordici consegnerà degli orologi d'oro a quattro impiegati delle ferrovie. Alle sedici prenderà il tè con le signore del consiglio. Alle diciassette e trenta l'Accademia Scientifica terrà una conferenza sulla vita degli insetti delle Montagne Balean nel bordest. Alle diciannove tornerà per prepararsi per la cena delle venti e trenta. E alle ventidue...»

Jude Deveraux, La principessa

La mattina
La mattina della nostra signora incominciava naturalmente col suo risveglio.
Passati ormai i tempi dei festeggiamenti fino all'alba in voga nel Settecento, era anche più ragionevole l'ora in cui svegliarsi, una regolina basilare diceva che più si stava in basso nella gerarchia e prima occorreva svegliarsi.

A differenza della signora, questo è il mio metodo di sveglia
I domestici di una casa solitamente si svegliavano intorno alle 5 di mattina (cfr. La cameriera), c'era molto lavoro da sbrigare prima che i padroni si alzassero a loro volta e cominciassero ad essere più di disturbo che di aiuto, senza contare che cameriere e valletti erano continuamente infastiditi da queste presenze dalle quali dovevano scostarsi, inchinarsi, ecc, distraendoli dall'operato.
Risveglio
La sveglia metodo Montessori era puntata per le 7-8, ci si alzava più tardi solo raramente se si erano intrapresi viaggi lunghi e stancanti oppure si aveva preso parte a feste particolarmente grandiose, lunghe e mondane.
A svegliare la padrona era la sua cameriera personale, di cui abbiamo già visto la figura in passato, costei si preoccupava di non traumatizzare la giornata della signora, quindi dimentichiamoci una domestica che entra di gran carriera nella stanza padronale e le spalanca le tende in faccia, per una cosa del genere, se la signora era particolarmente permalosa, la ragazza sarebbe stata licenziata su due piedi.
Il risveglio era graduale, la luce veniva fatta filtrare lentamente attraverso le tende bianche, raramente le cortine del letto servivano a qualcosa oltre la scenografia e poichè non era usanza che marito e moglie trascorressero insieme tutta la notte, accadeva di rado che nel letto di lei ci fosse necessità di sigillare il tutto, questa formalità era lasciata alle prime notti di nozze dei matrimoni combinati tra grandi casate e, con il progredire del secolo, si perse anche lì.


Colazione (detta spuntino)
Generalmente nel corso del tempo si sviluppavano delle consuetudini comportamentali riguardo ciò.
Solitamente i borghesi facevano colazione in sal da pranzo, mentre i nobili se la facevano portare in camera dal proprio servitore con un vassoio colmo di leccornie provenienti dalle cucine.
Su richiesta del padrone venivano cucinate espressamente brioche, cornetti, cioccolate, farciti muffin, ecc.
Nel caso si fosse ospiti in case altrui, era la cameriera personale o il valletto a portarla e, se questa per un qualsiasi motivo mancava, era la cameriera assegnata. Da ospiti, comunque, solitamente era preferibile scendere per lo spuntino in sala da pranzo, dove ci si doveva rigorosamente servire da sé, secondo il metodo inglese. In America, dove essere serviti è il massimo del privilegio, i camerieri rompono questa norma servendo la colazione anche agli ospiti, nel film Gosford Park, se ricordate, i due americani ospiti, regista e attore sotto mentite spoglie, rimangono abbastanza perplessi da questa singolare usanza.
Per quanto mi riguarda questa è la regola.
Se la signora decideva di scendere per la colazione, solitamente lo faceva già abbigliata a dovere, ecco quindi che la fase della vestizione va spostata indietro di un passo, andando a posizionarsi prima della colazione.

Dal Manuale di gestione e organizzazione della
casa
di Isabella Beeton, ecco qualche suggerimento

per la colazione
Solo nelle famiglie borghesi esisteva l'usanza di pranzare tutti insieme anche al mattino, tale usanza, con il progressivo accrescimento di potere della classe commrciante, si diffuse notevolmente ed ecco che per la colazione veniva imbandita tavola come ad un pranzo.
La colazione era molto nutriente, simile alla colazione continentale degli alberghi delle grandi catene Hilton, Holiday Inn, Novotel, c'erano uova, pomodori, pancetta, burro, pane e marmellate e perfino farinata d'avena e porridge, pollo e mostarda . Immancabile una buona tazza di tè come corroborante.

A differenza di come nominiamo noi i pasti giornalieri, per i Victorian la colazione si chiamava spuntino in quanto la colazione vera era il pranzo e il pranzo la cena.

Vestizione
In questa illustrazione una solerte cameriera
aggiusta l'acconciatura elaboratissima della
padrona.
La toeletta mattutina era un rituale sacro per una donna vittoriana, sia che fosse aiutata da una serva, sia che procedesse per conto proprio. Potendo, qualsiasi signora si faceva aiutare da una cameriera, fosse anche la cuoca, per stringere il corsetto e abbottonare la miriade di pomelli degli abiti, infatti, occorreva comunque una terza mano che aiutasse e un paio d'occhi in più.

Per questo particolare momento della donna mediamente benestante di cui noi stiamo parlando dovete immaginarvi la nostra dama non molto diversa dalle bambole senza vita con cui si giocava da bambini, erano le loro cameriere a fare tutto, a versare l'acqua della brocca nel bacile, a spruzzarene le goce in faccia, a sciacquare via i segni del cuscino e le occhiaie con pezze umide imbevute anche di aromi profumati al mughetto, alla rosa, al caprifoglio e alla lavanda, a pettinare loro i capelli e a vestirle di tutto punto, arrivando non solo ad abbottonare le vesti e stringere i corsetti, ma anche a legare le fettucce che fissavano le calze alle mutande, i nastri delle camiciole, i bottoni delle maniche.
Alcune donne arrivavano in età adulta senza sapersi vestire da sole, un caso esemplificativo è quello di Mary Lennox ne Il giardino segreto perchè arrivata nel castello dello zio, sperduto nella brughiera, non è minimamente in grado di badare a sé, né di vestirsi, pettinarsi, ecc. in quanto in India avevano sempre provveduto le sue cameriere. Se infatti guardate la prima scena dell'omonimo film del 1993 viene raffigurata proprio Mary nell'atto di essere vestita dalle sue servitrici indiane (min. 0:44)


Essere vestite e riverite, per queste donne era la norma, a noi probabilmente apparirebbe come una perdita di tempo perchè siamo abituati a muoverci con gesti frenetici in mezzo ai tessuti elastici, i fiocchi delle maglie sono applicati, al massimo annodiamo i nastri di una camicia, abbottoniamo i polsini o tiriamo su la zip della gonna, l'estermo è infilarsi le calze, ma pensate che esasperazione se le collant ve le infilasse qualcun altro con i suoi tempi? Io non sopravvivrei, detesto quando mi pettinano, figuriamoci se mi dovessero vestire...
E a proposito di pettinare, ovviamente anche quello era compito della domestica, che oltre che una donna dalle molteplici abilità era anche un'abile parrucchiera e sapeva arrangiare i quattro peli della padrona in elaborate pettinature all'ultima moda, era espressamente richiesto che la cameriera personale si documentasse con materiale e riviste sulle tendenze parigine anche per poter consigliare la padrona in merito a scelte di vestiario e di acconciatura.
Generalmente si cominciava con una passata di spazzola per districare i nodi formatisi durante la notte (anche se si dormiva coi capelli raccolti in una treccia) e lisciare la chioma, certamente la cameriera personale della signora avrà avuto delle manine d'oro, visto che molte donne sono sensibilissime quando si parla di farsi pettinare da mani altrui ed io per prima, quando da bambina mia mamma mi pettinava i capelli, strillavo come un'aquila.
All'epoca dovevano ancora fare pace con il pettine, infatti era poco adoperato rispetto alle morbide spazzole d'argento con crine di cinghiale o setole di maiale.
Con i capelli sciolti e fluenti sulla schiena, si procedeva ad intrecciarli secondo una precisa pettinatura.
E aggiungiamo che oltre che esperta di moda e parrucchiera, la cameriera doveva avere pure un carattere che s'intnasse con quello della padrona: una serva troppo chiacchierona con una lady taciturna erano una coppia poco affiatata, il contrario era già migliore, sebbene certi caratteri mal tollerassero la passività di altri rispetto alle loro chiacchiere...

Una cameriera vittoriana sistema l'acconciatura
della padrona che si rimira nello specchio
Tra cameriera e padrona esisteva un rapporto molto intimo, sebbene il loro legame non fosse esattamente di amicizia, dopotutto le classi sociali erano ben definite, le due condividevano moltissimo della vita l'una dell'altra, spesso la padrona arrivava a confidare i propri segreti alla cameriera che l'accompagnava in ogni aspetto della vita e, quindi, era vista un po' come una piccola coscienza in formato maid sulla propria spalla, pronta a dare consigli assennati. Problemi di cuore? Relazioni illecite? Gravidanze? Le cameriere sapevano tutto, anche quello che era oscuro ai più.
L'Imperatrice Sissi, per essere vestita e pettinata impiegava circa due ore e una decina di dame di compagnia presenziavano alla sua toeletta, il che mi fa rivalutare di molto i 20 minuti che passo in bagno tutte le mattine [anche se la maggior parte del tempo è perchè mi sto appisolando sulla tazza o di fronte allo specchio].

Vi sembra una cosa tanto strana essere aiutati da una cameriera? Roba dell'altro secolo? Date un'occhiata a questa foto tratta dalla rivista LIFE, ritrae Ida Sykes Billups prima di entrare ad un party, poco prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale. Anni Quaranta. Del Novecento. Non Medioevo.
Probabilmente qualcuna delle vostre nonne era già viva...

Disposizioni e organizzazione della casa
Finalmente abbigliata e profumata a dovere, la signora era pronta per incominciare la sua giornata lavorativa e il suo primo dovere era prendere nota dell'andamento della casa.
La donna incontrava nei propri appartamenti la governante che le riassumeva i fatti salienti della giornata, eventuali episodi degni di nota o situazioni per le quali era necessario il suo intervento, ad esempio licenziamenti o carenza di personale, per ciascuna si procedeva secondo le disposizioni, dopodichè la padrona scendeva a discutere il menu insieme al cuoco o alla cuoca. A seconda dell'atteggiamento più o meno liberale della padrona, questa si recava personalmente in cucina oppure riceveva la cuoca in salotto o in sala da pranzo e si disquisiva di quali portate presentare per il pranzo e per la cena, di eventuali ospiti ecc. I gusti specifici dei singoli non erano contemplati in quanto erano i rispettivi camerieri personali a doversene preoccupare informando di ciò la governante, simili piccolezze non dovevano giungere alle orecchie di una dama che, nel frattempo, si stava preparando per la sua uscita mattutina.
Discutere del menu era un'occupazione abbastanza impegnativa se si contava che ciascun pranzo aveva molte portate e un'anatra la si poteva cucinare in mille e un modi.

Oltre a queste preoccupazioni, la signora doveva occuparsi di avvisare per la presenza di eventuali ospiti a pranzo, cena o colazioni future, commissionava alla servitù il ritiro di acquisti e oggetti fatti in giro con l'uso del landau, e stabiliva se ci fosse la necessità di particolari attività fuori dall'ordinario, come la pulizia di certe stanze, lo smantellamento delle tende, la potatura del giardino, il rinfoltimento della ghiaia del vialetto, la lucidatura dell'argenteria o lo spolveramento dei grossi lampadari a molti bracci che pendevano dal soffitto.


Passeggiate mattutine
In un'epoca in cui le palestre Virgin Active non esistevano, gli unici modi per fare attività fisica per una dama erano camminare, camminare e camminare. E magari andare a cavallo.
Di ritorno dalla modista
by Andrea Marchisio
Poichè la dieta vittoriana, per i benestanti, era molto ricca di proteine e carboidrati e si rischiava di ingrassare facilmente, le donne praticavano tutto quanto in loro potere per eliminare l'antiestetico adipe che già allora era stato eletto a nemico del nostro sesso, ecco quindi che sia le dame di città che di campagna non si sarebbero risparmiate una bella passeggiata, naturalmente i soggetti di interesse cambiavano a seconda di dove ci si trovava.
Se la dama era in campagna la sua passeggiata avrebbe previsto stradine sterrate che costeggiavano campi o boschi e i confini della proprietà, giri in giardino oppure una gita fino al paese più vicino, in città invece era più probabile che la signora si recasse in qualcuno dei grandi parchi cittadini, come Hyde Park, per esempio, dove si potevano incontrare anche alcune conoscenze e scambiarsi pettegolezzi, oppure facesse una mattinata di shopping nelle strade più in come Bond Street, Piccadilly, Regent Street, ecc.
Una dama non usciva mai da sola, era una regola ferrea, pertanto se non aveva la compagnia di sorelle o figlie, questa partiva insieme alla propria cameriera che, nel caso fosse andata a fare spese, si sarebbe preoccupata dei pacchi e dei pacchetti, oppure avrebbe commissionato la consegna al garzone del negozio; non c'era neppure bisogno di saldare i conti in ciascun negozio perchè questi venivano pagati in blocco una volta al mese oppure ogni sei.
Le cameriere che seguivano la loro padrona indossavano un abbigliamento informale, non la divisa, e camminavano sempre tre passi dietro la signora, sacchetti e pacchi alla mano. La spesa per la casa non era competenza della dama, delegata alla cuoca e alle ragazze di cucina, la padrona acquisatava solamente capi d'abbigliamento e d'arredamento.

Nel caso le proprietà (occorreva molto spazio) e le finanze lo permettessero e la dama fosse particolarmente atletica, al posto della passeggiata poteva uscire per una cavalcata insieme ad uno stalliere o un mozzo di stalla che l'accompagnasse [mai da sola, ricordate?]. In campagna alcune dame erano davvero spregiudicate cavallerizze, montavano a gambe divaricate e praticavano il salto a ostacoli meglio degli uomini, che di solito erano fantini un po' fiacchi. Ad una donna, comunque, non era mai consentito montare stalloni selvaggi, era sconveniente, la loro trasgressione massima era un docile castrato o una giumenta mite dall'improbabile nome di Indaco o Violet, mentre per i focosi animali ancora in possesso dei loro attributi venivano coniati nomignoli come Attila, Satana, Cerberus, ecc. perchè sembrassero possenti, virili e mascolini e ricordassero e non erano ancora stati vittima di un taglio di troppo e non si erano trasformati in Attilia, Lady Satana e Cerbera.
Come dice l'Imperatrice Madre Sofia a Sissi nel primo film dedicato alla giovane principessa bavarese, questa era un'ottima abitudine perchè aiutava a mantenere il personale, cioè la linea. Conoscendo le inclinazioni anoressiche dell'Imperatrice Elisabetta, molti storici e suoi biografi non stentano a credere che fosse così determinata nelle sue cavalcate mattutine e portasse allo sfinimento le cavalle e le dame del suo corteo che avevano il privilegio di poterla accompagnare.


Corrispondenza
Rientrata in casa rinvigorita dall'attività fisica, la nostra signora, opportunamente cambiata d'abito, si dedicava ad un altro dovere ineluttabile: smaltire la corrispondenza.
All'epoca uomini, ma soprattutto donne, erano delle grafomani senza ritegno e scrivevano moltissimo, ai parenti più prossimi come le figlie o sorelle si arrivava addirittura ad una missiva al giorno, con altri invece ci si scambiava lettere di cortesia principalmente per non perdere i contatti, raccontandosi qualche curiosità, eventi accaduti degni di nota e solite considerazioni sulla condizione del tempo e delle strade.
Se alcune dame trovavano particolarmente svagante questa attività, considerandola un obbligo quotidiano a cui adempiere e lo facevano con trasporto, altre erano abbastanza insofferenti e vi si dedicavano solo qualora un'assenza troppo prolungata avesse potuto compromettere l'amicizia o il rapporto.

Penning A Letter
by George Goodwin Kilburne
Sebbene l'attività di corrispondenza potesse essere più o meno apprezzata, essa era imprescindibile. Mancando i mezzi di comunicazione di base, le lettere erano l'unico modo per far girare le informazioni da una persona all'altra e da una parte all'altra del paese.
Era abilità dello scrivente riuscire ad essere spiritoso e originale senza toccare temi particolarmente scabrosi [ricordiamoci che la parola gravidanza era quella che le vere signore non usavano mai, a dispetto del fatto che le nascite fossero frequentissime], ma ugualmente entrare in qualche particolare interessante.
Eccosa cosa ci racconta Lisa Kleypas al riguardo in Magia di un amore:
Sospirando, Aline estrasse un altro foglio di carta dal cassetto della scrivania e intinse il pennino nell'inchiostro. Una decina di lettere era impilata di fronte a lei, missive di amici e parenti che in quelmomento erano senza dubbio sconcertati dal ritardo della sua risposta. Però per lei era impossibil buttare giù una lettera in due minuti. La corrispondenza era un'arte che richiedeva attenzione ai dettagli: si dovevano riportare le ultime notizie con stile e freschezza... e se non si erano verificati eventi di nota, bisognava diventare frizzanti o persino filosofici in maniera creativa.
Corrugò la fronte, guardando le tre lettere che aveva terminato. Aveva descritto problemi minori nella gestione della tenuta, riferito dettagli di pettegolezzi e dato ragguagli precisi sul clima degli ultimi giorni. «Come sono diventata brava a parlare di tutto tranne che della verità...» sussurrò tra sé con un sorriso d'autoderisione. "Di recente mi sono fatta un amante e ho avuto due rapporti sessuali scandalosi, uno nel bosco e uno nel mio camerino. Mia sorella Livia sta bene e si trova a Londr, dove al momento con ogni probabilità si sta rotolando tra le lenzuola di un americano alcolizzato..."
Cercando di immaginare come una lettera simile sarebbe stata presa dalla cugina Georgina o dalla prozia Maude, Aline sogghinò.
In quelmomento dalla soglia provenne la voce di suo fratello, procurandole una scusa provvidenziale per interropersi. «Buon Dio. Non devi avere proprio niente da fare, se ti sei messa a sbrigare la corrispondenza.»
Lei alzò lo sguardo su Marcus con un sorriso vagamente canzonatorio. «Senti da che pulpito... la persona più negata a rispondere alle lettere che abbia mai visto.»
«In effetti è un'attività che detesto» ammise lui. «L'unica cosa che faccio più malvolentieri di scrivere una lettera è riceverne una. Perchè mai, di grazia, dovrei essere interessato alle minuzie della vita di un'altra persona?»

Lisa Kleypas, Magia di un amore

Come vedere la situazione era tutt'altro che rosea

I figli
Nell'arco dei mille impegni della giornata della nostra signora, c'era anche il controllare accuratamente l'educazione dei figli.
Nelle famiglie la prole era spesso numerosa, molti morivano precocemente a causa di malattie e scarse condizioni igieniche anche della classe alta, la mortalità raggiungeva livelli stellari e se in una casa si avevano tre figli che erano arrivati all'età adulta, era probabile che almeno altri quattro o cinque fossero morti nel frangente.
Una famiglia con sei figli, probabilmente aveva visto una quindicina di gravidanze con pessimi esiti, l'aborto spontaneo, purtroppo, era fin troppo comune.

I bambini più piccoli solitamente avevano una stanza a loro dedicata per giocare, la nursery di cui abbiamo già accennato in passato, a fare la guardia ai piccoli c'era una o più balie che si interessavano della buona salute dei piccini.
La mamma, qualche ora al giorno, andava nella nursery per coccolare i pargoletti, prenderli in braccio e vederli gattonare per tutta la stanza.

I più grandi invece avevano una giornata abbastanza fitta in compagnia di istitutrici o insegnanti. I figli sotto i dieci-dodici anni studiavano a casa e non venivano quasi mai mandati all scuola pubblica, dove si sarebbero mescolati con persone di ceto nettamente inferiore e questo non era auspicabile. Validi insegnanti venivano assunti dalla famiglia perchè inculcassero nelle piccole e biricchine teste dei bimbi di casa le basilari nozioni di lingua inglese, storia, matematica, geografia, filosofia, francese, latino, geometria.
La stanza studio era il regno degli istitutori dove, muniti di lavagna, bacchetta e orologio, seguivano con occhi rapaci i progressi dei piccoli.

Essendo educati in casa, per la signora era abbastanza facile trovare un po' di tempo per seguire la loro educazione, farsi leggere i componimenti scritti o sentir ripetere la lezione commissionata dai maestri. In realtà la madre metteva raramente becco nell'istruzione dei piccoli, era il padre che teneva le redini, che sceglieva se quel bambino avrebbe frequentato un collegio o se quella figlia fosse andata in una scuola per signorine. La madre, in tutto ciò, si limitava a chiocciare intorno ai suoi piccoli.


Pomeriggio
Pranzo (detto colazione)
Il pranzo era la prima attività del pomeriggio, era servito intorno alle 13 nella sala principale oppure sul patio o nel gazebo e consumato tutti insieme.
Le portate erano molte, ma non si trattava di un pasto particolarmente abbondante, specialmente dato che la colazione era stata così ricca. L'usanza del sostanzioso pranzo è tipicamente mediterranea e diffusa nei paesi dell'Italia, Francia, Spagna, Grecia, ecc., altrove il pranzo di mezzodì è molto parco.

Intermezzo
L'intermezzo pomeridiano poteva essere dedicato a svariate attività ricreative e serviva per occupare il tempo tra la fine del pranzo e l'inizio delle visite del pomeriggio. La nostra signora si dedicava al ricamo o alla musica (particolarmente d'inverno), poteva schiacciare un pisolino (usanza diffusa in estate o nelle zone più calde delle colonie) o ultimare la montagna di corrispondenza che aveva iniziato la mattina, leggere era un'altra occupazione rilassante, magari praticata all'aperto.
Comunque decidesse di trascorrere il tempo, non si trattava d'altro che di un interludio.

Visite e passeggiate pomeridiane
Rinvigorita dal pranzo e ritemprata dallo svago, la signora si preparava per l'uscita del pomeriggio.
Accompagnata dai servitori, e a volte dai parenti più o meno prossimi, si recava in visita dalle proprie conoscenze per rinnovare saluti, auguri e amicizie.
Una signora che uscisse sola per le visite non era considerata scandalosa, poteva esserlo se andava a trovare un gentiluomo scapolo o decidesse di farsi accompagnare sulla sua carrozza senza chaperon.
Signore a passeggio
Le visite del pomeriggio erano molto rapide, duravano dai quindici ai venti minuti per le conoscenze occasionali e quarantacinque minuti o un'ora per le persone con cui si era molto in confidenza: sorelle, cugine, madri, figlie, amici intimi. Essendo la durata tanto breve, era facile per una signora riuscire ad incastrarne molte all'interno dello stesso pomeriggio.
La visita iniziava con un proprio valletto che portava il biglietto da visita al portone della destinataria, qui il biglietto era preso in carico dalla servitù di casa e portato su un vassoio d'argento all'interessato/a o alla madre di questi. A quel punto la persona decideva se accogliere o meno la nuova venuta, potevano esserci altri ospiti in visita, e quindi bisognava valutare se sarebbe stato opportuno mescolare le persone [no di certo se in passato c'erano stati screzi], oppure occorreva valutare i tempi, se si stava uscendo per passeggiate o appuntamenti.
Nel caso il/la destinataria decidesse di accogliere la nostra signora, il lacchè informava il valletto in attesa delle intenzioni della casa e faceva accomodare la donna, oppure la pregava cortesesemente di respingerla. In rari e particolarissimi casi l'interessata poteva recapitare all'ospite un breve messaggio dove spiegava per sommi capi le motivazioni.
Non farsi torvare in casa quando passavano per una visita oppure respingere un visitatore dava sempre adito ad un sacco di chiacchiere: chissà dov'è, chissà cosa sta facendo, chissà con chi è, chissà dove sta andando...
Un po' come quando a scuola mancava qualche compagno e subito partiva il tam tam tra i compagn: ieri stava benissimo, l'ha fatto per la verifica di matematica, ha bigiato insieme alla ragazza... e poi magari il poveretto era a casa con un febbrone da cavallo.

Alcune amiche, ma la cosa accadeva più di rado, per il pomeriggio programmavano uscite e passeggiate insieme, spettacoli pomeridiani a teatro o ai Vauxhall Gardens, concerti, ritrovi del cucito; questo comportamento era proprio delle ragazze fidanzate che non avevano necessità di ricevere i corteggiatori e neppure i parenti, essendo loro troppo giovani.

Il tè pomeridiano
L'usanza del tè, imprescindibile per ogni buon inglese, poteva avvenire sia durante uan visita a qualche conoscente, che lo offriva alla signora, sia per conto proprio o con la compagnia dei propri amici presso una sala da tè.
L'usanza di sorbire questa squisita bevanda al di fuori di una casa privata ci dà l'idea di quanto cenare, pranzare o consumare cibo fuori casa fosse, per l'epoca, condiderata un lusso stratosferico.
Per un gentiluomo cenare al White's era prestigioso, questo perchè era considerato estremamente lussuoso, per dire superfluo, andare a fare una cosa fuori casa quando la si poteva fare tra le mura domestiche con meno dispendio di denaro.

Signore settcentesche partecipano ad un tea party in giardino
Sul finire del pomeriggio, nel caso la nostra signora abitasse in campagna, era previsto di assistere alla messa. Solo chi lavorava era esentato dal presentarsi a messa tutti i giorni, per gli altri la presenza era obbligatoria e quotidiana, si poteva andare alla messa del mattino, relativamente presto (7-8) oppure alla sera. A differenza della suddivisione cattolica, non c'erano vespri da recitare o rosari il dopocena.


Sera
La cena (detta pranzo)
Se la cena della nostra signora era consumata a casa, questa avveniva con tutta la famiglia schierata intorno al tavolo della sala da pranzo, a seconda dei casi e della religiosità dei presenti poteva essere preceduta da una preghiera di ringraziamento tratta dai versetti della Bibbia.
Cena formale
Per la cena in casa la signora si cambiava d'abito rispetto a quelli da passeggio del pomeriggio (detti promenade dress) oppure quelli più informali che aveva indossato per i lavori in casa come semplici preparazioni in cucina o giardinaggio. L'abito per la cena non era formale, a meno che non fosse fuori casa, in quela circostanza l'abito era più ricco, ma manteneva una certa sobrietà se paragonato ai fastosi vestiti da ballo.
Esisteva poi la circostanza in cui, a far seguito ad una cena fuori, si aveva anche un ballo, allora la signora usciva riccamente abbigliata, pronta per il dopocena.
 
Quale che fosse l'occasione, la toeletta serale era fondamentale per la vita di una signora perchè era quella che sarebbe stata vista agli eventi mondani più chic della città ed era importante che fosse ineccepibile, ma anche in possesso di quel pizzico di stravaganza per far parlare di sè.
E anche qui entrano in gioco le poliedriche abilità della cameriera personale della nostra madame, che doveva destreggiarsi in un'infinità di occupazioni differenti, più che una cameriera era un'estetista completa che si occupava della cura del corpo della padrona, delle sue pettinature, inoltre faceva anche da stylist e personal shopper quando la signora la portava con sé per compere.

James Gillray, noto incisore ed acquarellista, nel 1810 realizzo una sequenza di tre illustrazioni che raffigurano la toeletta di una signora, fedelemente accompagnata dalla sua servitrice.
Ve li ripropongo per chiarire un poco come si svolgeva la cosa.


Il dopocena
Il dopocena di una dama poteva avere molte declinazioni, a seconda del periodo dell'anno, della compagnia, degli inviti.
Durante la stagione qualunque ricevimento aveva la sua descrizione e una pletora di cronisti pronti ad immortalare i vari outfit delle miss presenti.
I Vauxhall Gardens riscossero molto successo nel primo ventennio dell'Ottocento, anche se da alcuni erano considerati disdicevoli per via del buio e della facilità con cui coppiette, amanti e innamorati potevano sparire nella macchia.
Eredi dei Vauxhall furono i Ranelagh Gardens e i Cremorne Gardens che offrivano spettacoli musicali e teatrali e suggestive scenografie naturali complete di fuochi artificali e vista sul Tamigi [meno inquinato di oggi].

Altrimenti i locali più chic che offrivano balli, come Almack's erano il sogno di molte dame, ma per alcuni bisognava ricevere l'invito... e le patronesse della celebre sala da ballo non erano le uniche a pretendere referenze impeccabili, molte dame in vista della nobiltà, anche vicine ai sovrani, davano sfarzosi ritrovi danzanti, ma mandavano loro stesse i biglietti, selezionando, per così dire, l'utenza con molta attenzione per non incorrere in pettegolezzi o dicerie malevole.
Essere invitate ad un ballo era sempre una grande emozione per le ragazze che cominciavano a farsi notare in società e ad acquisire familiarità con il complesso ambiente di preferenze, gerarchie, conoscenze che era il ton londinese.

Quando la stagione era un ricordo lontano, la città offriva comunque molti svaghi, il teatro era sempre una scelta considerata ottima, a patto di essere convenientemente accompagnati da parentela e chaperon. C'era l'opera e il balletto tra cui districare
Salottini dove si eseguivano brani musicali rimasero in voga dal Seicento fino alla fine del XIX secolo e ancora per buona parte del XX. Si poteva scegliere tra la musica da camera, la musica sacra, esibizioni di virtuosi dello strumento, si vedano le esecuzioni del celebre Niccolò Paganini, queste ultime erano particolarmente apprezzate perchè i virtuosi erano personaggi spesso stravaganti che con le loro manie e le dicerie sul loro conto divertivano il pubblico e la musica che eseguivano era allegra e vivace, a volte ripresa da melodie popolari, poco in comune con le lagne melense o le sinfonie pompose che proponevano i loro concorrenti.

E se la nostra abitava in campagna?
La vita era più noiosa, ci si ritrovava a casa di amici per trascorrere insieme e in compagnia la serata, si giocava a carte, a whist, per esempio, in mancanza di un quartetto d'archi o di una piccola orchestra ciascun partecipante si esibiva cantando o suonando, le ragazze il pianoforte o l'arpicordo, piuttosto che l'ormai caduto in disuso virginale, si leggevano poesie romantiche o libri in compagnia, ci si raccontavano storie dell'orrore e si beveva molto.  Qualcuno organizzava piccole rappresentazioni con pupazzi e maronette in teatri da camera come quello che si può riconoscere nel film di Tutti insieme appassionatamente, dove Julie Andrews e i bambini di casa Von Trapp mettono in scena una divertente esibizione con protagonista un pastore di capre che fa sorridere il padre (e un po' meno la sua fidanzata).

La serata, per la nostra signora si chiudeva intorno alle undici di sera o mezzanotte, quando ormai stanca dall'ora, spossata dalla giornata e coi piedi doloranti rientrava a casa in carrozza, sognando gli impegni per l'indomani e tutte le cose che andavano ancora fatte.
Ma andare a letto era impossibile prima di aver consumato una tazza di tè non zuccherato come corroborante o un bicchiere di latte caldo, a cui seguiva un lungo lavoro di smantellamento da parte della cameriera personale, che scioglieva e pettinava i capelli (si dormiva con le trecce perchè non si annodassero), lavava sommariamente la padrona, la struccava e le infilava la camicia da notte, mettendola a dormire e rimboccando le coperte come ad una bambola.

...e allora buonanotte anche a tutti voi, cari lettori,
ci sentiamo presto,

Un bacio




Mauser


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