24 novembre 2011

La stampa, il crimine e il sensazionalismo macabro

Che i victorians avessero dei problemi con la criminalità, credo non sia una scoperta grandiosa, già solo a nominare Epoca Vittoriana e la parola Crimine insieme viene fuori un nome, quel nome, che ancora oggi fa rabbrividire, fa accapponare la pelle, fa pensare a quanto disgustosa possa essere la natura umana, perversa la sua mente e abominevole il suo agire. Ovviamente Jack lo Squartatore è il personaggio in questione e, forse, potrebbe anche essere considerato il primo criminale illuminato dai riflettori della popolarità grazie ai mass media, una specie di Annamaria Franzoni più Amanda Knox dell'Ottocento, per intenderci; la sua macabra collezione di omicidi rimase confinata nel sobborgo londinese di Whitechapel, quartiere proletario tra i più degradati, tuttavia il panico che scatenò fu di portata nazionale.
In un'esemplificazione forse eccessiva, la storia di Jack the Ripper seguì la stessa evoluzione della paranoia dell'influenza suina, altrimenti detta AH1N1, che sembrava dovesse sterminare l'umanità più della peste e, invece, era poco più di un banale raffreddore, ma è il caso sensazionale che fa scalpore e che richiama l'attenzione, l'ordinario attira poco. In due secoli l'essere umano è ancora troppo attratto dal fascino del fuoriserie, qualcosa di inspiegabile e più grande di lui, e districarsi nel mondo delle PR mediatiche, dell'editoria giornalistica e delle news online è come attraversare il labirinto di Dedalo senza filo di Arianna [no comment, please, sto aspettando Percy Jackson e la mia pazienza è ai minimi storici].

Con l'aiuto del caso di Whitechapel e altri esempi, vorrei sondare insieme a voi le cause di allora e di oggi che portano a questa brama di sensazionalismo, sia quelle sociologiche e antropologiche che quelle prettamente economiche. Non mi addentrerò troppo nei crimini per due motivi: 1) mi mettono raccapriccio e 2) non sono abbastanza ferrata in psicologia per riuscire ad analizzare correttamente la psiche deviata di queste persone.



La stampa
ovvero: l'evoluzione del concetto di comunicazione e la nuova necessità di comunicare
La stampa è la figlia prediletta dell'epoca Vittoriana, la sua creatura.
In poco più di un secolo e mezzo si passò da una diffusione di carta stampata di poche migliaia di libri ad un vero e proprio boom della lettura e della letteratura.
Ritratto si donna che
legge il giornale

by
Stanislaw Debicki


Tra Seicento e Settecento possedere dei libri era considerata una forma di ricchezza, non solo dello spirito, ma anche materiale perchè i libri, per quanto non fossero più copiati, ma stampati, erano comunque costosissimi e l'intero processo denotava la produzione di un prodotto di lusso. Per chi ancora rammenta i Promessi Sposi forse avrà memoria anche della biblioteca personale di Don Ferrante, tra l'altro anche citata da Eco.
Poi però le cose cambiarono, l'apporto culturale avutosi durante il Secolo dei Lumi, il 1700, diede una spinta notevole alla produzione letteraria e poetica e l'avanzamento tecnologico mise a disposizione dei tipografi e degli stampatori le tecniche e le conoscenze necessarie a migliorare in modo notevole il lavoro e la tiratura (cfr. La rotativa e il giornale quotidiano). Tra una sempre maggiore richiesta e la possibilità di metterla in pratica, la produzione cartacea che aveva sempre avuto un'emissione costante e lineare, conobbe il primo picco della sua storia.

Durante il XIX secolo la situazione mutò ulteriormente: produrre giornali, libri e riviste divenne sempre più facile grazie al contributo della rotativa e della linotype, ciò portò un aumento esponenziale del numero di persone che si inserivano nel settore, sia come scrittori che come editori.
I giornali assunsero finalmente la connotazione di quotidiani, non più editi una volta ogni 15 giorni, ma con una cadenza regolare e ravvicinata e anche il target di destinazione si diversificò quanto più possibile: cultura, scienza, politica, letteratura, storia, economia domestica...
Benchè ciascuno cercasse il suo modo per sopravvivere, la concorrenza era spietata e, specialmente nel campo delle notizie le testate giornalistiche fioccavano come nespole. In un clima di guerra dichiarata anche i giornalisti e la stampa assunsero il ruolo di veri cacciatori di scoop, alla ricerca di notizie che fanno tendenza.
E quali sono, da sempre, gli argomenti di cui si parla? I drammi.



Il fascino del macabro, dell'occulto e dell'ignoto
ovvero: la curiosità morbosa  verso il proibito
I reporter dell'Ottocento erano esperti seguigi abili quasi quanto gli investigatori con un particolare fiuto per la storia lacrimevole, per la vicenda straziante, per una descrizione macabra in più che avrebbe attirato i lettori soggiogati dal perverso fascino della morte, dell'occulto, dell'ignoto, ma soprattutto del proibito.
Adamo ed Eva non vi ricordano nulla?

Illustrazione vittoriana di uno degli
omicidi commessi da Jack lo
Squartatore
Fare qialcosa che va contro le regole, ci dicono, è sbagliato, quindi non si può a meno che non si vogliano pagarne le conseguenze (o sperare di evitarle).
Leggere le vicende che esulano le regole di comportamento a cui ci atteniamo è, in qualche modo, una forma di trasgressione passiva, o così mi ha spiegato una mia amica che frequenta i corsi universitari di psicologica e criminologia, di conseguenza esercita un fascino enorme sulle persone, specialmente quelle eccessivamente represse da convenzioni sociali e norme che ne regolamentano l'intera esistenza.Trasgredire coscientemente genera adrenalina, che ti manda su di giri e ti senti come se potessi volare o conquistare il mondo. Sentir parlare di qualche trasgressione, piuttosto che leggerne in giro non è esattamente come se l'avessi fatto tu, ma ti consente una dose minima di brivido che ti eccita quel che basta, senza strafare.
Come il vino, non è che chi beve allora è automaticamente un ubriacone o passerà alla cocaina o  chissà quale schifezza tossica, a differenza di eroina, LSD e quant'altro gli effetti di un bicchiere a pasto sono più blandi.
Nessuno pensa che l'adrenalina sia una droga perchè non la si introduce nel corpo come la nicotina o le varie droghe, è il nostro fisico che la produce, tuttavia in piccole dosi ha ottimi effetti, quasi benefici, mentre se assunta in dosi eccessive porta a non avere più il controllo di sé.
Il paragone con l'alcool credo sia il più azzeccato.
Quindi è la trasgressione perchè ci dà adrenalina che cerchiamo nel mondo dell'horror, del thriller e che ottenevano i victorians con i lugubri e macabri romanzi gotici, evolutisi poi nei racconti del terrore come quelli scritti da quel sadico di Poe oppure di Lovecraft.

Non è cambiato molto da allora, Saw è una fortunata serie horror/splatter di un fortunato filone, l'ultima volta che sono andata al cinema facevano i trailer si Paranormal Activity 3 e quindi anche noi siamo soggetti al fascino del proibito e desiderosi di adrenalina da liberare senza rischiare davvero la vita, ingabbiati nella routine come i nostri antenati lo erano nelle regone del bon ton, basti pensare a quanti telefilm crime circolano sulle nostre emittenti: CSI (in tutte le sue declinazioni), Bones, Cold case, The Mentalist, True Calling... sangue a volontà, morti come se piovessero e casi apparentemente irrisolvibili, ci sono serie che fanno paura, quando non disgusto, che rimescolano i visceri.

Ma non solo il sangue che scorre ha questa presa su di noi.
La paura ci fa produrre adrenalina e di cosa ha paura l'uomo? Tante cose... specialmente quello che non capisce
E i programmi tv che indagano su misteri irrisolti e ipotetici casi paranormali sono la risposta a quello che già state pensando: Mistero ha un indice di ascolti molto elevato, ma niente in confronto a Voyager, il programma che nutre i suoi spettatori di sano terrore a fronte di (dubbie) prove su civiltà scomparse, fantasmi e spettri, tecnologie aliene... per poi liquidare il tutto con un'alzata di spalle. Il mistero fa audience ancora oggi.
 
Ecco come i giornali inglesi dell'Ottocento
titolarono uno degli omicidi di Jack
lo Squartatore
Chi produce le serie televisive e i format tv tutto questo lo sa e continua a proporre ciò che il pubblico chiede (da un bel po'), analogamente in passato, quando la tv non esisteva, l'intrattenimento era dato da giornali e narrativa ed entrambe si gettarono, specialmente durante l'Ottocento, su questi argomenti per aumentare i lettori.
Se la stampa inglese vivisezionò, letteralmente, Jack the Ripper e la sua vicenda, non fu certo un caso isolato, mai come allora killer seriali, uxoricidi, impiccagioni e, soprattutto, violenze sessuali ebbero risalto sulle prime pagine del Times come degli altri periodici.
La gente voleva la storia tragica, dolorosa e piena di sangue, il tormento come forma di sperimentare emozioni forte e i giornalisti gliele procuravano andando alla continua ricerca di questi fenomeni di bassezza morale.
Più ne trovavano e più la gente comprava, quindi gli editori erano ancora più invogliati a proporre le suddette vicende. Ricordate una delle scene di Spiderman quando lo scorbutico capo di Parker ritratta tutte le affermazioni sull'Uomo Ragno dedicandogli una prima pagina e spostando la pubblicità di un importante finanziatore solo perchè il super eroe gli aveva fatto finire la prima tiratura nelle poche ore del mattino? Ecco, la politica di marketing è quella.


Perchè tanti casi?
L'inurbamento e la concentrazione criminale
Non è che i Victorians fossero più cattivi degli altri, commettessero più delitti o ci fossero più criminali, era la statistica a giocare contro di loro perchè il progresso industriale aveva concentrato in poche aree, città come Londra, Manchester, Liverpool, ecc. un fiume di persone. Tra queste c'erano anche bruti ed assassini arrivati per sopravvivere alle spalle degli altri (pensiamo a magnaccia, schiavisti, capi criminali) o giunti per caso alla ricerca di un impiego e poi mutati in bestie dalle condizioni di vita che, riuniti tutti insieme, aumentavano l'indice di criminalità facendolo volare alle stelle. Se buona parte della feccia umana inglese del tempo si trovava nello stesso luogo era fin troppo semplice prevedere che nel suddetto si verificassero episodi orribili con una frequenza decisamente maggiore.
E visto che era proprio nelle città che i giornalisti andavano a caccia, come i vampiri della Ward, era facile che si imbattessero in questi casi e li proponessero.
Risultato?
Il girone dell'Inferno.
Teniamo conto, poi, di due importanti fattori.

Lo stato sociale
Ovviamente il detto a mali estremi, estremi rimedi non è stato coniato di recente.
Wentworth Street, Whitechapel
Una famiglia proletaria vittoriana nei
sobborghi dell'East End
La società vittoriana era ricca perchè l'imprenditoria e l'industria fiorivano, ma la classe proletaria che controbilanciava l'indice di ricchezza individuale a stento riusciva a sfamarsi, le condizioni di lavoro erano disumane (cfr. Il lavoro nelle miniere), gli orari di dodici o diciotto ore al giorno, la paga miserevole, le case cadenti e, comunque, il tasso di disoccupazione rimaneva senza eguali. Naturalmente non c'era nessuna facilitazione per la classe lavoratrice né tutele in caso di malattie e infortuni o decessi, peraltro frequentissimi, il sindacato non era riconosciuto e ammettere di farne parte, oltre ad essere una motivazione validissima per il licenziamento, era anche causa di ripercussioni sulla persona e sulla sua casa; una famiglia rimasta senza il padre che portasse a casa lo stipendio per infortunio, morte o licenziamento era condannata all'accattonaggio, facendola ricadere nel turbine della malavita, costringendo le donne a prostituirsi e prestare servigi sgradevoli, a lavorare per pochi spiccioli, mentre gli uomini indigenti e inabili al lavoro si davano all'alcool, aggravando il tutto.

Tanti, per riacquistare quel minimo di stile di vita, cercavano vie alternative nel crimine, altri non avevano scelta per riuscire a mantenersi.
C'era chi lo faceva perchè la disonestà era un modo più semplice per arricchirsi e chi aveva bisogno di soldi per le cure mediche (pensiamo al bambino di Bob Cratchit nell'opera dickensiana Canto di Natale) per la moglie o i figli, i quali erano sempre numerosissimi come le malattie (si veda Piccole Donne dove la dolce Beth muore proprio di scarlattina), c'era chi doveva saldare debiti, non necessariamente propri.
Qualcuno di voi condannerebbe Oliver Twist? Io direi che lo farebbero in pochi, Oliver ruba per mangiare e sfuggire alle percosse, non lo si colpevolizza così facilmente, al suo posto ciascuno di noi probabilmente farebbe altrettanto, per buoni che siano i nostri valori morali.
Ma ricordiamoci una cosa: quando si tratta di sopravvivere, la moralità dura poco.
L'ambizione può essere frenata da alcuni principi, ma la fame no.
Quanti Oliver Twist c'erano a Londra?
Migliaia.
Oliver Twist dall'omonimo film

Inutile chiedersi come mai le notizie di criminali, scippi e borseggi fossero tanto frequenti. Scontato, oserei dire, che comparissero in ogni edizione.
E in tutto questo il sistema sociale, il welfare di cui oggi ci riempiamo la bocca, era il grande assente. La società non era pronta per il boom che ha affrontato, non c'erano norme, leggi e tutele che regolamentassero il mondo del lavoro che stava nascendo, che ancora si basava su consuetudini di epoche medievali, non c'erano strutture per accogliere orfani, anziani senza casa né famiglia e tantomeno entrate.
Questo perchè non si era mai visto nulla di tutto ciò prima. La nascita dell'industria ha cambiato il mondo il quale, a sua volta, ha avuto bisogno di tempo per adattarvicisi, i cambiamenti planetari, si sa, raramente avvengono in fretta.

La povertà dilagante era il primo problema di questo mare di crimini e criminali e le donne della carità che periodicamente versavano soldi o prestavano aiuto e si vantavano di essere misericordiose con i meno fortunati, come se nascere poveri e derelitti fosse un'espiazione per colpe passate, erano un'istituzione piuttosto bigotta, non si aiutavano le prostitute perchè peccatrici [non sia mai che il peccato sia contagioso come il raffreddore! Neanche si prostituissero per lussuria], non si faceva altrettanto agli orfani senza casa e famiglia [erano figli del Demonio e di una peccatrice! Meritavano di morire] e persistevano un'infinita lista di persone e professioni che non meritavano l'attenzione di chi si degnava di prestare soccorso, come ci insegna George Orwell nel suo 1984, c'erano persone più uguali di altre.


Infinite regole
Questa è anche una motivazione secondaria, ma desidero ugualmente approfondirla.
La quantità di regole determina anche la frequenza con cui si rischia di imbattersi in una loro violazione. Più ce ne sono e più è semplice infrangerne qualcuna.
Mera statistica: se io ho un sacchetto pieno di palline e ce ne sono 90 rosse e 10 verdi la probabilità di pescare una rossa è molto più alta.
Ciò assume subito altre connotazioni se ci spostiamo dal piano criminale a quello sociale, ovvero non più nell'ambito della violenza, ma dello scandalo che, come sappiamo, di secondo nome fa sesso da almeno qualche decina di secoli. L'argomento più scabroso del mondo ancora oggi [basti vedere Amici di letto]. Non che all'epoca ci fossero leggi più severe di oggi, era addirittura consentito vendere la propria moglie, ma le norme sociali, come tutti ben sappiamo, erano un reticolo fittissimo che governava ogni passo.
Il rigido protocollo di comportamento
vittoriano regolamentava ogni aspetto
della vita quotidiana delle persone
Cosa non si poteva fare? Quasi tutto.
Il sesso, parola impronunciabile, era il grande regista dietro tutti questi scandali e scandaletti, tutto in qualche modo si riconduceva a quella parola che nessuno doveva dire, ma che immagino facesse parlare tanto se non più di oggi.
Parlare con un giovanotto era tabù. Non andarci a letto o baciarlo, ma parlargli era scandalo, specie se non si avevano rapporti di parentela o antica amicizia. Troppa confidenza sottintendeva una certa intimità. Il passo dal parlare al concedersi, secondo i Victorians era fin troppo breve e un sacco di signorine furono snobbate dal ton solo per questo motivo, figuriamoci cos'era perdere la verginità, rimanere incinte o abortire!
Eppure l'aborto era più praticato di oggi. Segretamente perchè era vietato. Con o senza la legge al riguardo, la percentuale non si è certo alzata o abbassata, è rimasta la stessa, solo che oggi che la cosa è dovutamente tutelata si può praticarla con la sicurezza di un medico e di personale competente, non in un sottoscala puzzolente con mezzi empirici, pericolosi e al limite della stregoneria, alcuni erano tanto disgustosi che non sto neanche a raccontarli.
Ma il paradosso era che non si poteva neanche nominare il petto di pollo, troppo osceno, sapete, la parola petto potrebbe essere fraintesa... continua ad essere pollo, ma poco conta.
Uno strillone annuncia nuove e
interessanti notizie sull'edizione
in vendita del quotidiano
Tante regole, molte stupide, facevano sì che lo scandalo fosse lo sport nazionale.


Tutta questa sequenza di motivazioni fece in modo che il pettegolezzo, il piatto più ghiotto di sempre che uomini e donne consumano con avidità, si spostasse dalla bocca alla pagina scritta e stampata.
L'obiettivo era vendere la storia così che la gente comprasse il giornale o il periodico e per fare ciò veniva servito proprio quello che era richiesto, un argomento che non passa mai di moda.
Signore e signori è nata la stampa di concetto moderno.
Benvenuti.



Mauser





PS: scusatemi se ci ho messo tanto a scrivere questo post, alcune riflessioni mi hanno preso molto tempo e fino alla fine non sono stata sicura di volerlo pubblicare perchè certe posizioni sono opinabili da qualcuno, spero di non sollevare un polverone, ho cercato di mettere ipotesi a supporto della mia tesi.
Tutte le riflessioni non sono in prestito da qualcuno o da lavori altri, quindi non metterò bibliografia perchè i temi della criminalità, della prostituzione, della povertà, dell'inurbamento e della classe proletaria sono trattati (o lo saranno) in appositi post decentemente documentati, questo è solo uno scritto di riepilogo e di riflessione.

16 novembre 2011

Nord&Sud finalmente tra noi

Non volevo dare questa notizia prima d'essere certa a cento per cento, anzi, al mille per mille, di quando e se questo romanzo sarebbe stato pubblicato, ma è così.

Il tanto atteso, bramato, bistrattato Nord&Sud è sbarcato in Italia, dove di Nod e di Sud ne sappiamo qualcosa e ancora combattiamo con una certa fastidiosa forma di razzismo nazionale.

Elizabeth Gaskell, la mia amata Elizabeth è arrivata tra noi con la sua opera forse matura e completa, articolata e costruita. Un lavoro maestoso, appagante per il lettore e un bagno di sentimenti al quale è difficile sottrarsi.
Dopo tanti forse e tanti no l'agenzia letteraria Jo March, evidentemente intraprendente quanto l'eroina da cui prende il nome, ci ha finalmente regalato questo prezioso volume nella nostra lunga.

Grazie.

Sono contenta che sempre maggiori case editrici sconosciute appaiano negli scaffali delle librerie e vengano portate agli onori.
Non posso dire che l'esordio della Baldini Castoldi Dalai, che grazie al Cielo nel corso della sua breve vita ha già abbreviato il tutto in Dalai Editore, sia stato dei più felici, Soulless è, a tutti gli effetti, un caso letterario di indubbio horror grammaticale, ma la Leggereditore, sebbene costola della Fanucci (per altro poco nota se non di recente) si è guadagnata con titoli interessanti ed edizioni economiche il suo posto al sole. Hurra. All'inizio pure lei peccava parecchio di mancanza di editing e rilettura, ma ultimamente sta migliorando a vista d'occhio, in La cacciatrice di anime quasi non si notano gli errori da pochi sono e ancora in Dark forever ha replicato, dimostrando che non si è trattato di una svista, ma di una seria intenzione di redenzione sul piano ortografico. Doppio hurra!

La Jo March nessuno, o comunque pochi, di noi l'aveva sentita nominare prima di N&S, ma se il tam-tam viene da Internet, allora sono felice di sponsorizzarla un po' e ripetere il nome ogni due righe. Non ho idea di quali siano i progetti futuri del gruppo, la presentazione, che ora vi riporto, la trovo promettente al massimo
Non avremmo potuto scegliere, tra eroine ed eroi letterari che ci appassionano, una figura più appropriata per rappresentare la nostra attività. La seconda, la più ribelle, talentuosa e volitiva delle sorelle March è sempre stata il nostro alter ego immaginario, con la sua smodata passione per la lettura e la sua convinta determinazione per affermarsi come scrittrice.
In lei ci siamo immedesimate quando, nei primi mesi del 2009, abbiamo dato vita a un duplice sogno chiuso nel cassetto: andare in cerca di narrativa originale, in grado di dare espressione linguistica e poetica alla nostra contemporaneità, e riportare alla luce narrativa lontana, nel tempo o nello spazio, a torto dimenticata o mai tradotta in lingua italiana.
Immaginateci, dunque, come novelle Jo, chine sul tavolo della nostra soffitta, a spulciare fogli nuovi e carte ingiallite, all’avvincente e scrupolosa ricerca di quei rari scrittori capaci di smascherare e interpretare aspetti della natura umana, della vita e del mondo sui quali, senza stimolo, non rifletteremmo mai.
Indubbiamente vedere N&S tra noi non ha prezzo e per acquistarlo posso usare una Mastercard. CartaSi dovrebbe prendere il caso come emblematico della sua pubblicità.

Oggi, se andrete in libreria, potrete finalmente vedere questo libro di cui vi ho così assiduamente martellato parlato, non vi dirò di comprarlo, lo stile ottocentesco della Gaskell un po' si nota e non tutti potrebbero apprezzarlo, ma buttateci un'occhiata, questo sì, giusto per vedere se si tratta di amore al primo sguardo, colpo di fulmine libresco.

Io purtroppo devo aspettare ancora qualche giorno prima di passare dalla libreria di fiducia, preferisco attendere l'uscita di altri titoli previsti per la prossima settimana e attenderò anche sapendo che il nuovo Percy Jackson è già sugli scaffali che chiama il mio nome. Sono una persona morigerata, non cederò alla tentazione.

Questo è un post d'informativa, ma vorrei tramite esso celebrare anche la vittoria della cultura sul marketing, sperando che sia l'emblema di una nuova politica a favore dei libri più bistrattati del passato e dimostri come i buoni libri non temano rivali.

Con affetto e un po' di commozione




Mauser

9 novembre 2011

Altri metodi di stiratura

Come sicuramente ricorderete abbiamo già approfondito il bucato e scritto un lungo post riguardo il ferro da stiro, così come anche sulle presse per la biancheria, mi dedicherò adesso ad un argomento simile, ma allo stesso tempo diverso, collegato ad entrambi: i sistemi di stiratura e lisciatura alternativi rispetto al ferro.

Perchè parlare di questo? E perchè esistevano questi sistemi?
È da premette che il ferro da stiro fu sì un'invenzione antica, ma era costoso e non tutti potevano permetterslo, occorreva del calore, tanto, e il metallo di cui era fatto non era approcciabile da chiunque, il che spiega perchè nel corso del tempo si siano venuti a creare altri sistemi ugualmente efficaci per ottenere lo stesso risultato; inoltre il ferro, anche se invenzione utile e geniale, non era applicabile a tutti i tipi di panni, esisteva una diversificazione importante a seconda della biancheria e di chi la adoperava.

Molti dei sistemi che andrò adesso ad illustrare potranno sembrarvi estremamente spartani e poco utilizzabili, in realtà non era così, come per tutte le cose la pratica rende tutto migliore e la pazienza e la costanza aiutano a migliorare, non c'è forse un proverbio che recita la gatta frettoloso fa i gattini ciechi? Vi chiedo solo di risparmiarmi, a questo punto, la battutina di Nedved che mi ripetono fin troppo spesso per non trovarla un po' irritante...

Ad adoperare questi sistemi erano principalmente i villaggi rurali e le donne di questi paesini si dividevano con attenzione i compiti della comunità perchè la vita nella loro cerchia sociale fosse sempre perfettamente organizzata, ci fossero provviste, abiti, il necessaire, insomma.
Dico donne perchè la stiratura, considerata uno dei mestieri domestici per eccellenza era apannaggio esclusivamente femminile e questo spiega anche il perchè, nell'anno Duemila, ci siano ancora uomini che non sanno neppure prendere in mano un ferro o che non hanno mai stirato una camicia in vita loro; se siete donne che stirano una volta a settimana e state alzando gli occhi al cielo, annuendo per provata esperienza, tranquille che non siete sole, mio papà è uno di quegli uomini che addirittura s'indigna che un altro del suo sesso possa interessarsi dell'organizzazione della casa, si abbassi a lavare i piatti, sgrassare il forno o, appunto, interessarsi del bucato.
E tanto per rimanere in tema uno dei miei colleghi mi ha confidato una settimana fa di essere stato costretto a stirarsi una camicia causa assenza della moglie: erano anni che non riprendeva in mano un ferro... credo che la mia costernazione, certamente riconoscibile nell'espressione, mi abbia depennata dalla sua lista di confidenze per i prossimi tre secoli.

Ma vediamo nel dettagli questi altri tipi di stiratura così rudimentali cercando di raggrupparli in categorie.


Battitura dei panni
Gli strumenti per la battitura delle lenzuola
La battitura aveva diverse varianti, ma principalmente consisteva nello stendere il tessuto o la pelle da lisciare su una superficie dura (mi raccomando che se viene teso tra due supporti, lasciandolo in bandolo a modello tamburo il risultato non si vede) e picchiettato con media forza tramite bastoni in legno levigato o pietre.
Metodo ancora utilizzatissimo nell'Ottocento rurale, nelle campagne italiane e nell'Asia centrale, era una delle mole varianti impiegate per i panni di grandi dimensioni come tende, lenzuola, copriletti, drappeggi, ecc.
Il supporto migliore per questo genere di lavoro era un tombolo di forma cilindrica, dove il tessuto era progressivamente avvolto, in questo modo le parti già battute che finivano sotto quella in lavorazione erano stirate una seconda volta.
Per maggiore chiarezza figurativa sul metodo rimando alle immagini allegate dalle quali si capisce come era svolto il procedimento.

Donne coreane della prima metà del Novecento (1910 ca.)
che
battono i panni sull'uscio
In questo caso forse la parola stiratura non è proprio adatta, in quanto implica che il tessuto sia teso, anche il corrispettivo inglese ironing non è corretto, perchè non venivano usati metalli.
Battitura è la più corretta e se vi sembra un'impiego bizzarro vi chiedo di fare mente locale e riportare alla memoria qualche immagine della vostra infanzia o della mttina quando uscite: non ci sono forse ad alcune finestre le lenzuola distese e i cuscini a prendere aria?
Esatto, le massaie di una volta impiegavano questa particolare declinazione della stiratura tutti i giorni, sventolavano i panni perchè si arieggiassero e poi li battevano col battipanni per eliminare le pieghe formate durante la notte. Qualcuno (pochi) lo fa ancora oggi.
Un dipinto tradizionale illustra come
la pratica venisse svolta in passato
Inutile dire che per ottenere un risultato accettabile bisognava darsi da fare a lungo e con una certa lena, sennò la biancheria rimaneva tutta a bitorzoli. Olio di gomito era la parola chiave, come ricorda l'eccentrico vicino di casa dei Banks nel film di Mary Poppins.
L'origine storica di questo metodo è universale, in tutto il mondo questo è stato il primo esempio per lisciare vestiti e pelli e non si può risalire esattamente a chi per primo lo adoperò, ma ci sono dipinti sia egizi che cinesi che raffigurano questa scena per la bellezza di più di 8000 anni a.C.
Ancora oggi questo sistema è il metodo di stiratura nazionale coreano.

Se vi sentite tanto superiori, impugnando la vostra Stirella, il nuovo Rowenta o chissà quale ammenicolo moderno, forse è il caso di darsi una ridimensionata: in Estremo Oriente il metodo della battitura non è certo abbandonato, ma lo si adopera ancora nelle campagne cinesi, del Laos, Vietnam, Cambogia, Thailandia, Indonesia, Mongolia, Corea e Giappone, dove continua ad essere l'unico consentito per la sistemazione degli abiti tradizionali delle cerimonie sacre shintoiste. In Paesi dove la tradizione ha molta più rilevanza che da noi, relegata al ruolo folkloristico, poco importa che ci siano sistemi più efficaci, moderni e comodi, quella è la metodologia designata dai saggi, dagli antichi su come vanno fatte determinate cose e così sono espletate ancora oggi.

Donne giapponesi in una pittura antica che le ritrae durante la stiratura dei panni




Lisciatura dei panni tramite pestello
Pestelli in vetro per la lisciatura
Altra variante ancora impiegata, generalmente considerata di origine vichinga, è la lisciatura dei panni tramite appositi pestelli o pietre di fiume arrotondate. Si hanno comunque tracce di questo genere di utensili per la lisciatura anche in Oriente, dove i pestelli erano realizzati in giada.

Il panno poteva essere sia fissato ad una superficie dura, possibilmente teso come nella descrizione di prima, sia disteso nel vuoto a modo di tamburo; le donne, che operavano una o due per volta, tracciavano col pestello o la pietra levigata ampi cerchi, distendendo la stoffa ed eliminando progressivamente le pieghe.
Anche qui siamo di fronte ad un'operazione lunga e noiosa e per quanto i risultati fossero buoni, occorreva lavorare davvero molto, pensate che dopo aver eliminato le pieghe da quella piccola porzione che si aveva davanti c'era ancora i restanti 9/10 di lenzuolo da stirare, aiuto!
Il procredimento poteva essere fatto sia con il panno asciutto che ancora umido, ma mai bagnato.

Una curiosità è data dal pestello che ho nominato.
Tanti tipi di pestello e sassi usati per la lisciatura
Inizialmente si trattava di sassi di fiume levigati, si preferivano le forme arrotondate così da adattarsi meglio alla superficie sottostante il bucato e non rischiare di strappare la stoffa con punte ed angolature acuminate che si impigliavano durante i movimenti; successivamente i sassi vennero sostituiti da utensili di pietra, metallo o vetro creati ad hoc, simili ai moderni perstacarne che abbiamo in cucina. Come i pestelli erano costituiti da un'impugnatura per facilitarne la presa, mentre la parte sottostante, larga circa un palmo, era levigata e leggermente concava per ricreare le rotondità del sasso, che aiutavano anche a tendere il lenzuolo.


Lisciatura tramite tavola
Nel caso di superfici di tessuto molto grandi, entravano in gioco le cosiddette tavole per la stiratura o mangle boards, niente a che vedere con la tavola da stiro (l'asse da stiro), ma un oggetto completamente diverso.
Alcune tavole vichinghe intarsiate
Dalla forma poteva trattarsi di un incrocio tra uno snowboard e una sega da legno, ma in realtà erano oggetti molto raffinati, costituiti da un'asse di legno di media lunghezza, lisciato a dovere e senza scheggie, corredato da un'impugnatura a volte decorata che doveva essere afferrata con una mano mentre con l'altra si esecitava pressione sulla stoffa spostando il peso sulla tavola per amplificarne l'effetto.
Il tessuto era avvolto su aspi fino a formare giganteschi rocchettoni, di quelli che ancora si vendono nelle telerie o negli studi di arredamento, e per ogni centrimetri girato sul rocchetto si davano energiche passate con la tavola che aveva questa forma ingombrante e questa dimensione per facilitare il compito, dovendo coprire aree tanto vaste, infatti con la battitura o l'uso dei pestelli ci sarebbero voluti anni, mente così le passate erano più rapide e meno faticose.

L'uso della tavola era diffusa in tutto il vecchio continente, dalla Norvegia all'Austria, alla Transilvania. In alcune aree la tavola non era perfettamente liscia, ma cilindrica, simile ai mattarelli, così da poter scorrere facilmente per una grande lunghezza, in altri casi la suddetta tavola aveva una pinna inferiore, una piccola cuspide in legno non tagliente inserita per tendere ulteriormente la stoffa.
Nel modello austriaco della foto si notano bene i due pomoli per l'impugnatura, quello laterale e soprastante, che permettevano un pieno controllo dell'utensile durante le operazioni; nell'illustrazione della tavola bosniaca, invece, è evidente la cuspide per la tesura del tessuto.
Diversi tipi di tavole per la stiratura provenienti da alcune zone dell'Europa centrale, da sinistra:
Transilvania - la forma era molto singolare
Bosnia - si noti la pinna o cuspide inferiore per tendere il tessuto senza strapparlo
Austria tedesca - dotata di un pomolo aggiuntivo per una maggiore maneggevolezza
Stiria - c'erano due impugnature e l'utensile assomigliava ad un mattarello fatto scorrere sul tessuto



Usanze nordice
Nella cultura vichinga queste tavole avevano molto significato e si diceva che fossero strettamente collegate alle proposte di matrimonio.
L'uomo innamorato, infatti, intarsiava per l'amata una mangle board, una tavola per la stiratura, incidendovi alla sommità scene raffinate o disegni geometrici, dopodichè avrebbe lasciato l'utensile sull soglia della casa di lei significando una proposta di matrimonio e attendendo una risposta.
Se la ragazza avesse accettato la proposta e avesse portato con sé la tavola in casa, allora a breve si sarebbe celebrato un matrimonio, analogamente se l'oggetto rimaneva fuori dalla porta, si doveva pensare ad un rifiuto.
In questo caso l'uomo non poteva adoperare la tavola per la prossima ragazza che avesse chiesto in moglie, ma avrebbe dovuto prepararne una nuova per l'occasione.
Semplice mangle board
In Italia esisteva un'usanza simile, ma l'innamorato preparava alla ragazza che gli stava a cuore un fuso e non una tavola per la stiratura; era un pegno d'amore molto importante e ambìto e ne abbiamo già accennato nel post circa la vita invernale in una baita di montagna.


Sperando che il post sia stata una curisità poco nota da scoprire sul mondo della stiratura, ci rivediamo al prossimo post

Baci




Mauser

5 novembre 2011

Genova, 4 Novembre 2011

Questo, cari lettori, doveva essere il 300° post del mio blog.
È un numero grande, lo so, e come molti altri blogger lo volevo festeggiare insieme ai lettori del Georgiana's Garden, per celebrare il tempo trascorso insieme, gli scambi di opinione, le mail, le curiosità, le scoperte e le ricerche. Ma soprattutto l'amicizia.

Dovevo pubblicarlo ieri, per festeggiare due anni insieme, ma dopo quello che è successo proprio ieri alla mia città non me la sono sentita.
Ci saranno altre occasioni e circostanze per questo, trovo più giusto mettere da parte l'autocelebrazione del mio hobby-lavoro sul blog per parlare di quanto è successo ieri, Genova, 4 Novembre 2011.

A Genova abbiamo avuto l'alluvione, è inutile che lo chiamino nubifragio, quello interessa il tipo di precipitazioni e la loro quantità. No, a Genova abbiamo avuto proprio l'alluvione che significa che per una quantità di motivi, la città è diventata un campo di battaglia con tanto di morti e feriti e soccorsi e militari, code, paura, terrore, strade interrotte.

Molti di voi tra ieri e oggi mi hanno scritto chiedendomi notizie, ringrazio tutti quanti dell'interessamento, fa piacere vedere tanta partecipazione anche da persone che si conoscono poco, sono orgogliosa della risonanza che la catastrofe della mia città ha avuto e, per una volta, non dobbiamo ringraziare solo Internet, ormai piazza dei pensieri che non si possono esprimere ad alta voce e libero dai bavagli (chissà per quanto), anche telvisioni e giornali, sebbene più per la classica storia lacrimevole che per reale interesse, si sono dedicati alla cola, c'erano speciali anche sulle reti nazionali, sebbene si vedessero a tratti per via del segnale debole della neonata tv digitale ligure...

Come molte altre storie, l'ascolto che si conquista quando di mezzo c'è un cadavere, e noi ne abbiamo avuti sette, è impareggiabile, l'attrazione che ha il macabro sulle persone incredibile, il fascino perverso della tragedia in ogni sua forma ha fatto sì che si perlasse di quanto accaduto. Per una volta non è un assassino che si è trasformato in un divo di Hollywood.

A chi mi dice che l'acqua è stata un'assassina letale, come titolano alcune testate di oggi, posso solo giustificarlo pensando che si tratti del solito titolone da giornale, l'acqua non sarebbe stata un'assassina se l'uomo con le sue azioni non avesse cercato di prevaricare la sua forza.
Già, non è una novità da dire che l'uomo ci ha messo lo zampino, non è una novità che abbia cercato di prevaricare la natura, finendo per pagarne le conseguenze. E non è una novità che accadano queste cose.

Per chi non lo sapesse o l'avesse dimenticato, è il terzo anno di fila che Genova è investita da un'alluvione. Io ci abito da più di vent'anni, in questa città, e garantisco nel dire che non ho mai visto fare molto per prevenire questo fenomeno.
Ormai l'alluvione è un evento eccezionale che si ripresenta con regolare scadenza.
Possiamo ancora chiamarlo eccezionale?
Io non lo so... ma da un po' di anni a questa parte il Comune affigge manifesti su come comportarsi in caso d'alluvione, comportandosi come si fa con l'esodo estivo e contro la calura: a quanto pare anche lui ha preso questi episodi come una scadenza annuale imprescindibile, l'ha fatto in maniera ufficiosa, ma è come le consuetudini, dopo un po' diventano la regola.

A mettere in ginocchio Genova ci vuole poco, è una città lunga e stretta tra il mare e le montagne, per chi non l'avesse mai visitata consiglio un giretto dal mare, ci si rende conto come la mancanza di spazio abbia costretto l'uomo ad arrampicarsi sempre di più sui monti retrostanti e non solo con le casette immerse nel verde, ma con quartieri e palazzi anche di periferia, come la zona dove abito io.
In un territorio tanto famelico di una fetta di terra, lo spazio è molto costoso, le case alte per avere più spazio da sfruttare e ciascuno fa quel che può per conquistarsi una zolla: il giardino è un optional che pochi possiedono e vivere in una casa indipendente, per un genovese, è puro terrorismo psicologico perchè non siamo abituati e ci inculcano fin da piccoli l'idea che una simile abitazione sia difficilmente difendibile e bersaglio prediletto di ladri e scassinatori. Per qualcuno questa mentalità può sembrare malata, ma se lo spazio per le casette a schiera non c'è è evidente che l'abitudine si sposta su altro. Insomma, Genova soffre dello stesso sovrappopolamento di Milano, ma non per i numeri quanto per la carenza di terra.

In un simile mondo, è impensabile che si lascino 10 metri tra il fiume e la prima abitazione, il nostro limite è arrivato a 3 metri, ma ci sono anche case a ponte costruite sopra i corsi d'acqua e non voglio dire che fine fanno di solito in occasioni come la presente. Buttarle giù non è semplice, ci sono negozie e decine di famiglie a cui occorre procurare un'altra sistemazione, bisogna indennizzare tutti con soldi che il Comune non possiede e per sbaraccare un palazzo le imprese non lo fanno certo gratis e poi? Occorre ripristinare flusso acque, viabilità, organizzazione. E la burocrazia dove la mettiamo? Con quanto avvenuto l'anno scorso sono riusciti ad avere il permesso di sfrattare un intero palazzo in un solo anno: pareva un miracolo in tempi record. Che naturalmente deve ancora avverarsi perchè le case per le persone non le hanno certo trovate di già...
Quanto costa una casa altrove? Non ho mai fatto i conti, ma da noi con 250.000€ ci compri a malapena un appartamento per una famiglia di 3 persone, 4 se si accontentano... e non è detto che bastino.

Come avrete capito, la morfologia del territorio urbano, costruito un secolo dopo l'altro sulle fondamenta del precedente, non gioca a nostro favore, tutta la Liguria, poi, è disseminata di rii e torrentelli che dalle vette alpine e appenniniche si gettano nel mare, ce ne sono centnaia, grandi e piccoli: dal gigantesco Bisagno, che ha dato il nome anche alla professione (in dialetto) del besagnino, ovvero l'orolano, al Polcevera, di medie dimensioni, per arrivare a fiumiciattoli che sono poco più di un rigo d'acqua. Questi fiumi, secchi per la maggior parte dell'anno e privi dell'acqua anche solo per ospitare fauna ornitologica come anatre di campagna, durante l'autunno s'ingrossano a dismisura perchè, arrivando dai monti, raccolgono molta acqua durante il loro percorso e, nei pressi del mare, diventano irriconoscibili flussi.

Questi fiumi sono la nostra disperazione, sono tanti e mal mantenuti dalle agenzie che si dovrebbero occupare del territorio, il loro percorso è stato deviato per costruire strade e case, alcuni sono stati intubati sotto terra e poi se ne sono dimenticati tutti, chissà che giro fanno sotto i nostri piedi, ma la maggior parte scivolano lenti in uno stato di totale degrado: il loro letto, colmo di rifiuti e detriti, è invaso dal fango e dalla terra degli anni precedenti che nessuno si è preoccupato di rimuovere, ci crescono gli alberi dentro. C'è la crisi, dicono, non ci sono soldi e non si possono assumere le persone: l'ultima volta che hanno dragato il fiume accanto a casa mia nel sottosuolo hanno estratto (completamente coperta, badate bene) una lavatrice, pensate quanta roba si era accumulata, pensate quanta immondizia da rimuovere: con gli alvei in quelle condizioni e il fondo tanto rialzato credo sia normale che i fiumi esondino.

E ieri cosa è successo?
Il Rio Fereggiano, che poi sarebbe un torrente ridicolo, è l'ennesimo esempio dell'incuria umana: con le violente precipitazioni e la grande massa di detriti, il corso d'acqua s'è diretto con forza verso il mare, rompendo gli argini in più punti e allagando i quartieri di Marassi, San Fruttuoso e San Martino. Metri di acqua che sommergeva i portoni, le auto e perfino i camper, che saltava i ponti di attraversamento e scorreva per le scalinate ripide tanto tipiche della città.

La cosa più orribile è che da anni la zona intorno al fiume è dichiarata idrogeologicamente pericolosa e sono in atto misure per la messa in sicurezza, misure che, tuttavia, con le lungaggini burocratiche si stanno protendendo per tempi biblici, purtroppo troppo a lungo per prevenire la catastrofe.

E poi?
Il torrente Bisagno, forse il più grande fiume della città, ha avuto lo stesso trattamento, solamente che verso la zona della foce del fiume si stanno eseguendo dei lavori di intubazione: il progetto è di epoca fascista, l'ennesimo grandioso spreco di denaro in nome di una modernizzazione senza senso che andava risistemato perchè ormai vecchio e cedevole e da quattro anni operai lavorano sulla copertura del torrente, sul quale transita una delle strade più importanti della città, vicino al quale si trova il più prestigioso liceo classico, il D'Oria (mi raccomando, si scrive con l'apostrofo) e affianco al quale ci sono strade e negozi e quartieri popolosi e frequentati.

Arrivato quasi alla foce il Bisagno si è trovato il cammino ostruito dall'intubazione e ha finito per rompere a sua volta gli argini inondando il quanrtiere della Foce, Piazza Rossetti, Corso Torino e Corso Sardegna, Buenos Aires e l'inizio di Via XX Settembre, strada dello shopping.
È strato un disastro perchè Genova, essendo lunga e stretta, ha poche strade che l'attraversano e tutte passano sui ponti che valicano i fiumi: se un fiume esonda e allaga tutto, persone e auto non possono più attraversarlo e la città si blocca definitivamente, formando code interminabili, panico e blocco.
Quando è accaduto io mi trovavo in ufficio, distante dal centro, ci sono giunte telefonate da parte dei parenti dei colleghi che abitano a Est: i quartieri di Sturla, Quarto e Quinto erano allagati dalle piogge, il Centro completamente inagibile.
Panico anche tra di noi e pure chi abita nel ponente, memore di quanto accaduto l'anno passato con la semi-distruzione di Sestri Ponente: io ho impiegato 4 ore e mezza per tornare a casa, per una distanza di neanche 10km e lo scempio che vidi è solo un ricordo rispetto a quello di quest'anno, altrettanto distruttivo, altrettanto desolato.

La colpa dell'uomo in tutto questo è innegabile, così come una penosa organizzazione che ci fa ricordare, una volta di più, quanto il nostro Paese rimanga sempre basito un attimo di troppo: lo stato di allerta annunciato dalle autorità aveva delle controindicazioni evidentissime, come l'aver lasciato le scuole aperte e permesso ai negozi di alzare le serrande nonostante l'alluvione fosse annunciata.
Già, lo sapevamo tutti che sarebbe arrivata, che fosse qualche chilometro più avanti o indietro, ma lo sapevamo, chi poteva ha posteggiato in cima ai monti, è rimasto a casa (i dipendenti però hanno degli obblighi nei confronti dei propri datori non sempre derogabili per un po' di pioggia), ha tenuto i bambini chiusi al caldo anzichè mandarli ad affogare. Era cosa nota, lo sapevano tutti, i miei genitori chiusi in casa e anche io che sono andata in ufficio, per il secondo anno, con questi annunci nelle orecchie. Ora tutti colpevolizzano la sindaco Marta Vincenzi, ha le sue colpe, è stata ingenua, piaciona nella speranza di non scontentare commercianti ed imprenditori in un periodo di estrema crisi economica, ha cercato di non inimiccarsi troppa gente, ma purtroppo la linea poco solida adottata dai Municipi ha avuto risultati tremendi facendo in modo che i cittadini considerassero quei cartelloni il solito allarmismo politico di chi vuole pararsi le chiappe a tutti i costi. E invece era vero.
A fuoria di gridare al lupo al lupo e di non credere alla politica si finisce per pagarne le conseguenze.

Chi abitava a Levante ha cominciato a controllare siti della viabilità, abbiamo ricevuto le mail dei servizi pendolari, le inquietanti fotografie di quanto avvenuto nelle zone dette poc'anzi, ci siamo fiondati sulle webcam del centro per controllare la situazione e abbiamo telefonato senza successo alle Autostrade per conoscere la disastrada situazione del traffico.

Uno dei miei colleghi abita a San Fruttuoso, non ho idea di cosa abbia trovato.
Un altro abita molto più a levante, si è fatto tre ore di coda allo svincolo, ma è riuscito a rientrare.
Il collega che lavora insieme a me abita a ponente ed è andato in moto, credo senza particolari problemi.
Una mia collega ed io, memori dell'anno passato, abbiamo fatto la strada dei monti, una scorciatoia che passa a mezzacosta e che permette di tagliare i quartieri più problematici: abbiamo rischiato di metterci il doppio perchè la strada attraversa due fiumi e ne costeggia altri due, ma siamo sopravvissute e la coda per noi è durata solo un'oretta.
I miei colleghi delle altre sedi si sono tutti preoccupati per noi e hanno contribuito ad intasare le linee telfoniche chiamandoci a turno tutti quanti, accertandosi dell'entità dei danni e della nostra salute.
Grazie a tutti.

Una specie di sopravvissuta,



Mauser


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