30 novembre 2009

Reality Vittoriano

Già, anche qui!
Penso che questo sia il primo pensiero di qualunque persona, ormai i reality ci perseguitano in ogni minimo minuto della nostra vita. Li guardiamo in tv, li temiamo mentre andiamo per strada (casomai fossimo su Candid Camera...) e ci sorbiamo i riassunti delle puntate precedenti da amici e parenti che ti accolgono dicendo: "Hai visto che Sonja è uscita?!" come se fosse scontato che tu sappia che Sonja è uscita (da qualhe parte) dopo che ritorni da una trasferta di quattro mesi in Paraguay assieme ad una specie esquimese tropicale creduta estinta con un livello di sviluppo culurale che fa concorrenza all'uomo di Neandethal.

Se state pensando che io non vada molto d'accordo con i reality, avete letto non bene, benissimo, infatti non li sopporto.
Però ci sono dei reality che "tollero", tipo quello di cui voglio accennare questa sera intitolato "1900 House", una produzione britannica della BBC.


I protagonisti
Protagonisti della vicenda non sono ragazze col cervello di un mandarino e persone che hanno cambiato sesso ventisette volte, ma una famiglia qualsiasi che, per amore della scienza e, soprattutto, della storia, ha deciso di sottoporsi all'ardua prova di vivere per un certo periodo come nell'Ottocento in pieno periodo Vittoriano.
  • Paul: il capofamiglia. L'uomo di casa. Ha 39 anni ed è un impiegato della Marina Britannica specialista in telecomunicazioni. A causa del suo lavoro lui, la moglie e la sua famiglia si sono dovuti trasferire addirittura 13 volte! E' appassionato di vela, corsa, nuoto.
    A causa del reality a cui ha deciso di partecipare è costretto a trascorrere tutto il suo tempo in un ufficio del 2000 abbigliato come si usava nel 1900.
    Il suo compito in casa è fare sì che la scorta del carbone sia sempre piena, in modo da non patire il freddo tra le rigide mura domestiche.
    E cercare di non suicidarsi ogni mattina radendosi con un rasoio tradizionale dell'Ottocento.
  • Joyce: la moglie. Ha 44 anni e ha sposato Paul nel 1979. Assieme a lui ha avuto cinque figli che ha cresciuto nonostante i frequenti spostamenti a causa del lavoro del marito. Di mestiere fa l'ispettrice scolastica ed è stata lei a proporre agli altri membri della casa di partecipare al reality, vivendolo come un "viaggio nel tempo".
    L'essenza del programma è proprio dimostrare i grandi cambiamenti che le scoperte scientifiche e tecnologiche hanno introdotto nella vita domestica, dal surgelatore al mulinex.
  • Kathryn: una delle figlie. Ha 17 anni e frequenta la scuola superiore. La sua partecipazione al reality vittoriano è stata un altalenante mix di esaltazione per poter vedere come si viveva all'epoca e sconforto per non essere in grado di mantenere i propri hobbies e le proprie abitudini. Kathryn, infatti, innamorata della danza e del teatro, è stata costretta a limitare le proprie passioni ad un paio di esibizioni domestiche e qualche spettacolo nelle sale da concerto vittoriane, il che ha evidentemente frustrato le sue passioni.
    Anche le sue relazioni coi compagni e le coetanee sono state difficili ed è stata lei a confessare una telefonata clandestina ad una amica per domandarle gli sviluppi della sua soap opera preferita. A causa dell'educazione femminile di fine Ottocento, Kathryn come le sue sorelle non andava a scuola, ma è stata costretta a studiare a casa sotto la guida della madre. Ha inoltre dovuto dividere la sua stanza con le sorelle minori.
  • Hilary e Ruth: le gemelle di 11 anni. Il reality ha portato una ventata di novità nella loro routine quotidiana. Ruth, particolarmente appassionata di storia, ha avuto l'opportunità di scoprire il vero metodo di vita dei Vittoriani, imparando trucchie segreti che fin'ora le erano oscuri. Hilary, invece, sogna una carriera come veterinaria, ma non per questo ha apprezzato di meno il cambiamento, divertendosi tra un lifestyle completamente differente e gli abiti antichi fabbricati appositamente per il programma.
  • Joseph: il piccolo di casa ha solo 9 anni. Il passaggio dalla vita moderna a quella di due secoli prima è stato particolarmente traumatico per lui, che non riusciva a dimenticare i suoi interessi per videogames, televisione e computer.
    Lo sport e i soldatini di stagno sono comunque stati una valida alternativa.
L'ambientazione
Come in tutti i reality che si rispettino, i protagonisti sono stati chiamati a dividere una casa (in questo caso in stile vittoriano, arredata come due secoli fa e altrettanto equipaggiata).
Erano obbligati ad indossare i vestiti dell'epoca come si usava a quel tempo e a farlo anche durante le loro scene di socializzazione, ovvero al lavoro, dove Paul ha dovuto indossare la divisa del 1900 per tutte le sue ore in ufficio, oppure al supermercato e per negozi.

Le problematiche
Privi delle basi, i nostri protagonisti hanno dovuto arrangiarsi e improvvisare con quello che avevano a disposizione. Ecco quindi che Joyce e Kathryn si sono improvvisate nella fabbricazione di assorbenti casalinghi in cotone, hanno sperimentato la cucina dell'Ottocento e si sono affidati al Mrs Beeton Cookbook per tutto quello che non conoscevano, dal modo di vestirsi a come lavarsi e quali mezzi utilizzare per pulire.

Mangiare non era un problema da poco, la famiglia aveva infatti a disposizione solo ingredienti stagionali come si usava fino aglia nni '50 e, soprattutto, niente d'importazione.

Anche il continuo contatto con la realtà moderna rappresentava un'attrattiva allo sgarro, tentando i nostri protagonisti con le comodità del XXI secolo ad ogni angolo voltato.

Il confessionale
L'immancabile vero protagonista di ogni reality che si rispetti. Una stanza dove i vari membri potevano parlare liberamente, dire ciò che pensavano, lamentarsi sfogare la propria frustrazione di fronte alle problematiche quotidiane.
Kathryn ha confessato di aver telefonato ad una amica per essere aggiornata su come proseguiva la sua soap opera preferita, mentre Joyce e le gemelle hanno ammesso di aver acquistato di nascosto al supermercato un flacone di shampoo dopo aver provato i disgustosi rimedi a base di cenere, uova, rum e altri ingredienti.
Lì Joseph si è lamentato della mancanza di attrattive per un bambino dell'Ottocento, privo di computer e altre tecnologie all'avanguardia, ma costretto a intrattenersi con libri illustrati e soldatini e lunghe passeggiate solitarie.

Paul si è dichiarato entusiasta dell'esperienza, un po' meno Joyce, che era stata la vera mente dell'idea. Altalenanti i giudizi delle figlie, indecise tra la curiosità e la mancanza della propria routine giornaliera.

Naturalmente tutto questo e tutte le vicende della famiglia chiamata a interpretare questo reality sono state seguire in tutta la Gran Bretagna dagli occhi delle telecamere nascoste per la casa, spiando i loro trucchi per ottenere risultati soddisfacenti in base ai loro standard moderni.
Vedere a confronto due società così diverse con modelli, sfaccettature culturali, abitudini e sistemi tanto differenti è stato, oltre che istruttivo, anche molto interessante.

Talmente interessante che SuperQuark nel 2000 gli ha dedicato una puntata speciale, analizzando le varie mosse della famiglia in esame.
La serie originale è raccolta in 4 macroepisodi che raccontano le varie vicissitudini di Joyce, Paul, Kathryn, Hilary, Ruth e Joseph.


Per chi fosse interessato alla serie, ecco il sito ufficiale creato appositamente per l'occasione:
The 1900 House

Ciao ciao e a presto!



Mauser

28 novembre 2009

Le borse

Post di oggi decisamente più tranquillo e rilassato di quello che ho avuto il coraggio di pubblicare ieri.
Argomento del giorno: la borsa.
Premessa: sono assolutamente di parte. Io amo le borse, le adoro con tutta me stessa e me ne comprerei a dozzine per ogni giro per negozi che faccio, stravedo per questo accessorio tanto che mio padre ha minacciato quanto segue: "Alla prossima borsa che compri, te e il tuo armadio uscite dalla finestra". Non è un bel pensiero nei confronti del mio trasporto...

Le borse comunque hanno una loro travagliata storia che le differenzia parecchio dal concetto moderno. Esse sono oggi caratterizzate dai seguenti punti: praticità ed eleganza. Questo perchè la borsa deve contenere diversi articoli fondamentali per la vita quotidiana, dal portafoglio ai documenti alla trousse ai taccuini, penne, cellulari, ombrelli e così via.

In passato invece la borsa aveva una funzionalità prevalentemente decorativa, essa era un contenitore per portare con sè il necessaire fondamentale: fazzoletti, soldi.
Le borse di epoca Georgiana e Vittoriana non avevano grandi differenze di fondo, se si esclude l'estetica.
Erano piccole, grosse pressappoco quanto una moderna pochette, quindi le dimensioni di un portafoglio da signora utilizzato negli anni Duemila, erano fabbricate in stoffa morbida cotone, seta, broccato o damasco, rifasciate internamente da uan fodera e con chiusura a bottone o a clip oppure tramite cordino, in questo caso la borsetta assumeva la caratteristica forma a "sacchettino".
La parte migliore era la decorazione che era eseguita sull'esterno: essa era molto elaborata e distingueva le borsette di qualità da quelle "da quattro soldi".
Le decorazioni potevano essere fatte tramite l'applicazione di pizzi e trine a formare disegni e sagome geometriche, oppure creando disegni cucendo assieme perline o fili colorati.
Solitamente avevano una lunga tracolla molto sottile fatta d'argento o di stoffa con cui le si appendevano alle spalle a tracolla, oppure i cordini per stringerne i lembi fungevano anche da appendino e le si fissava al polso assieme al ventaglio.

La filosofia di creazione delle borsette era di due tipi: abbinata all'abito o intercambiabile.
Nel primo caso la borsetta era cucita nello stesso tessuto del vestito, si intonava coi colori generali della toeletta ed era fatta per stare bene con un determinato taglio d'abito. Questo tipo di borse erano usate per lo più per le serate di gala, con gli abiti eleganti.

Per i viaggi e i vestiti di tutti i giorni si utilizzavano invece borsette di materiale e colori neutri, abbinabili a tutto. Le ragazze non avevano molte borse, esistevano quindi versioni estive e autunnali, ma intercambiabili con i vari capi d'abbigliamento.

Cosa si teneva nella borsa?
Il contenuto era misero, soprattutto anche per lo scarso spazio.
L'elemento fondamentale era il fazzoletto ricamato con le iniziali, che poteva sempre tornare utile.
Portare denaro con sé era considerato disdicevole per una signora, ma si trattava di un'abitudine piuttosto comune, in quel caso monete e banconote non erano raccolte in un apposita custodia o portamonete, ma sparse sul fondo della borsetta.
Una ragazza teneva nella borsa i guanti, se era costretta a toglierli, e gli occhiali, se li portava.
Gli occhiali erano un accessorio che le donne dovevano usare solo se necessario perchè le "sfiguravano". Difficile che una signora girasse con un paio di occhiali sul naso tutto il dì, questa consuetidine cominciò a perdersi durante la seconda metà dell'Ottocento quando le lenti iniziarono ad essere materiale di consumo e non più solo un accessorio per ricchi.

Alcune ragazze recavano con sè nella borsa taccuino e matita, ma erano rarità, questo accessorio era solamente di figura il che spiega anche come mai non si sia modificato granchè nel corso dei secoli, rimanendo pressocchè immutato dai tempi del Medioevo.

Le borse da viaggio
Naturalmente non esistevano solo borsette mignon dove non saremmo riusciti a mettere un singolo accendino, ma c'erano anche modelli da viaggio molto robusti e comodi in cui si poteva infilare tutto il necessario per uno spostamento in carrozza o in treno che richiedesse stare fuori per un po'. In una borsa da viaggio si poteva sistemare l'indispensabile per un viaggio di tre giorni.

La forma era simile a quella delle moderne borse da dottori, erano con chiusura a sovrapposizione o a fibbia e potevano essere realizzate in pelle come in tessuto rigido e robusto, tipo tappeto. Alcune volte la chiusura a sovrapposizione era corredata anche da una cinghia di cuoio di sicurezza.
Avevano quasi sempre a disposizione due maniglie per essere portate a mano, spesso potevano essere corredate anche di cinghia da passare a tracolla, per non scaricare tutto il peso sulle braccia, ingombrando le mani.
Erano impermeabili in modo da poter essere adoperate anche in condizioni meteorologiche avverse senza rovinare il contenuto.
La capienza era il loro principale pregio, vi si sistemavano i vestiti di ricambio, spazzole e così via. Solitamente una ragazza di bassa estrazione poteva avere tante cose che stavano in una di queste borse. Jane Eyre, dell'omonimo romanzo, parte alla volta della villa di Mr Rochester con una valigia e una di questi accessori indispensabili per i viaggi, idem per Emma, la protagonista del manga che porta lo stesso nome.

Il design classico della borsa da viaggio vittoriana (ripreso dalle borse da viaggio dei secoli passati) è ancora intramontabile e rappresenta il punto di partenza dei modelli a "bauletto" di Louis Vuitton e Burberry.

Non c'è moltissimo da dire, il che è una fortuna visto che devo scappare presto, quindi credo che questa sera ci saluteremo dopo questo brevissimo post.
Poichè le borse vittoriane sono molto belle cercherò un modo per postare molte foto.




A presto

Mauser

27 novembre 2009

Il matrimonio tra simbolo sociale e pilastro dei valori culturali

Il post di questa sera riguarda un argomento a me particolarmente caro che si intreccia con molti altri. Vorrei parlare del matrimonio, in particolare cosa rappresentava e che significato aveva per le persone e per la società.

Innanzi tutto è da dire, come ripetuto in mille altri scritti, che il matrimonio era il simbolo stesso della società. Esso incarnava tutti i valori importanti della collettività settecentesca e ottocentesca.
Il matrimonio era la raffigurazione dell'autorità maschilista, nel matrimonio si formava la cosiddetta "piramide femminile" con la rappresentazione dei vari gradini attraverso le figure della madre, della suocera, della tata, dell'amante, della vedova e delle mogli precedenti.

Nel matrimonio si riassumevano le credenze religiose della società, viste come fedeltà, rispetto e devozione, era inoltre un mezzo efficace per riassumere le posizioni dominanti nei confronti dei "temi caldi", ovvero nascita, morte, divorzio, aborto e fedeltà.

Il matrimonio al giorno d'oggi non è più lo specchio della società, certo è un valido mezzo per farne un'analisi, ma di sicuro non è in grado di riassumerla quasi completamente per il semplce fatto che non si tratta più del centro della vita, caratteristica che possedeva invece nei secoli passati.

Il matrimonio non era solo uno strumento sociale per vari fini, ma anche un complesso intreccio di regole dette e non dette, consuetudini più o meno rigide e comportamenti che ci fanno un esempio di una società molto diversa da quella a cui siamo abituati, fornendoci quindi un mezzo di paragone attraverso una istituzione ancora presente, ma che ha progressivamente mutato le sue caratteristiche.

Mi rendo conto che il discorso comincia a farsi complesso e spinoso, spero almeno che non diventi troppo noioso. Inizierò quindi a parlare un po' delle linee generali che regolavano la pratica matrimoniale.

Il fidanzamento
Ovvero ciò che c'era prima. Il fidanzamento era il primo passo dell'unione e rappresentava la fase delle trattative e delle ambascerie. Come per tutte le cose c'erano due motivi per cui ci si fidanzava (e poi sposava), prendendo quindi un impegno sia legale che economico: per amore o per convenienza.

I matrimoni e i fidanzamenti per amore erano rari e considerati sconvenienti, del tutto provinciali. Il matrimonio per amore era una pratica che esisteva tra la povera gente che aveva poco da guadagnare e da perdere, mentre ad alti livelli imperversavano accordi prenuziali, alleanze strette con lo sposalizio di figli ed eredi e scambi di fortune a mezzo di doti e apannaggi.

Insomma, il matrimonio per convenienza era la pratica più diffusa. A tal proposito cito una frase pronunciata dalla protagonista del libro Il fiore e la fiamma, scritto da Kathleen E. Woodiwiss nella quale Heather parla con suo marito del perchè si sia sposata senza amore:

"L'avresti sposato se fossi stata ancora vergine?"
Heather lo guardò e la prudenza la indusse a dire la verità.
"Non avevo dote. I suoi genitori non mi avrebbero mai accettata per questo motivo. Dunque non l'avrei sposato."
"Non parli d'amore" disse Brandon lentamente.
"L'amore non c'entra col matrimonio" disse Heather con amarezza. "I matrimoni sono combinati per motivi di interesse o di convenienza. Gli innamorati se ne vanno a cercare il piacere nei fienili o nei campi. Per aversi gettano al vento ogni prudenza. La ragione per cui lo fanno va al di là delle mie capacità di comprensione."

Benchè il ragionamento di Heather possa apparire fin troppo cinico, in effetti così era regolata la società a quel tempo e, soprattutto, l'istituzione del matrimonio come "affare" piuttosto che come "contratto".

Questo dialogo ci fornisce anche lo spunto per due riflessioni importanti: la dote e la famiglia.
La famiglia: il suo ruolo nel matrimonio
La famiglia era la vera burattinaia dei matrimoni. Trattandosi di accordi di convenienza abilmente orchestrati da chi dirigeva il casato e il patrimonio, molto spesso i pareri degli sposi non erano neanche tenuti in considerazione, il che di certo non aiutava a creare unioni felici perchè molto spesso si venivano a creare coppie dove i due fidanzati si trovavano addirittura insopportabili.
Se vogliamo questa può essere anche una delle ragioni per cui la prostituzione era una piaga così difficile da estirpare in una società puritana come quella di epoca vittoriana.

Erano i parenti, tutt'al più lo sposo che prendevano gli accordi per il matrimonio, ovvero la dote e le richieste della famiglia di lei: trattamento, spese, mantenimento, cosa fare in caso di altri figli, come trattare la prole nata dal matrimonio e così via. Le famiglie si prodigavano nel redigere contratti prematrimoniali degni del film Prima ti sposo, poi ti rovino, commedia in salsa romantica con Catherine Zeta-Jones e George Clooney sul divorzio.
Ogni dettagli veniva analizzato e si sceglievano sempre le strade più convenienti.
Alla fine il matrimonio non era altro che una contrattazione dove la parte rappresentata dallo sposo cercava di strappare le condizioni più vantggiose e la famiglia della sposa cercava di alzare il prezzo.
A questo proposito è facile intuire come mai le ragazze da marito venissero così spesso paragonate a cavalle, mucche e altri animali da cui trarre profitto, piuttosto che esseri umani dotati di una loro dignità.

Allargando inoltre la famiglia, le due casate entravano in contatto, scambiandosi agganci e conoscenze influenti che potevano vantare per elevarsi maggiormente nella scala sociale.

La dote: il matrimonio e la ricchezza
Tasto assai dolente era rappresentato dalla dote.
Essa era costituita da denaro, bestiame, terreni o altri beni che venivano consegnati al marito assieme alla ragazza. Più una ragazza proveniva da una famiglia altolocata o benestante, più la sua dote era faraonica, il che la rendeva un'ottima conquista sia per coloro che volevano assestare la propria posizione sociale ed economica o addirittura acquisirla direttamente dal matrimonio (i cacciatori di dote).

Innumerevoli sono stati i matrimoni contratti per saldare debiti di gioco o di investimenti falliti dove si è sfruttata la dote di lei.

Le ragazze erano molto serie sul concetto della dote perchè ciò le rendeva desiderabili e, allo stesso tempo, conferiva loro quel minimo di autorità. In alcuni casi la dote delle ragazze di casa era accantonata nel corso degli anni fin dalla nascita e si trattava di un patrimonio al quale anche il capofamiglia non poteva attingere, per questo era, insomma, l'unica cosa di cui potevano disporre liberamente.
Una ragazza senza dote difficilmente si sposava.

Nella nostra cultura moderna il concetto della dote assueme quasi le fattezze di un premio per lo sposo per essersi portato via la ragazza, in realtà essa aveva un significato molto profondo per una società dove le donne contavano meno di zero, concetto difficile da passare a noi femministe del terzo millennio allevate a suffragette e baby boom.

Chi ha visto il film Un uomo tranquillo interpretato da John Wayne e dalla bravissima Maureen O'Hara ha una valida rappresentazione del significato della dote per una ragazza. Benchè non si tratti di un lungometraggio ad ambientazione vittoriana o georgiana mi sento davvero di consigliarlo a tutti.

Il corredo: il necessaire per un sposa
Il corredo era l'altra faccia della dote, si trattava della biancheria e degli abiti, delle supellettili e degli oggetti che la sposa portava con sè per iniziare una nuova vita insieme.
Benchè solitamente col termine corredo ci si riferisca a biancheria da casa e da persona, sono capitati casi di ragazze che hanno portato con loro anche cavalli e carrozze e una moltitudine di servi.
Il corredo poteva essere pagato dalla famiglia di lei (in quel caso era detratto dalla dote) oppure dalla famiglia dello sposo, la ragazza passava le giornate del suo lungo fidanzamento a confezionare quello che le sarebbe tornato utile come sposa.
Si ricamavano copriletti e camiciole, babbucce da casa e ventagli. Si decoravano cuscini e carta da lettere.
Negli ultimi giorni prima del matrimonio era consuetudine che le donne di casa si riunissero per ultimare assieme il corredo fornendo alla futura sposa validi consigli dettati dall'esperienza, dal buonsenso e dalla morale.

La fuga d'amore: scappiamo a sposarci!
Benchè i matrimoni d'amore fossero rari, senz'altro non erano estinti.
In quel caso l difficoltà per i due giovani sposi erano notevoli, non solo bisognava riuscire a sposarsi contro il volere delle famiglie, ma occorreva addirittura andare a farlo all'estero! Già, specialmente se la sposa era minorenne per la legge inglese (che a quel tempo prevedeva la maggiore età dopo i 21 anni).
E in quel caso?
Si andava in Scozia.
Gretna era la prima città oltre il confine scozzese ed era la meta prediletta per tutte le coppie fuggiasche d'Inghilterra, lì gli innamorati potevano sposarsi alla maggiore età degli scozzeri, ovvero 16 anni.
Il fabbro celebrava una cerimonia ufficiale nel retro della sua bottega rendendo quindi valido l'atto. Grazie poi all'Atto di Unione, il matrimonio contratto in Scozia era valido anche nel resto del Regno Unito, quindi anche per i fuggitivi.
Molti libri accennano ad una fuga a Gretna: Orgoglio e Pregiudizio dice infatti che Wickham e Lydia sono fuggiti per andarsi a sposare a Gretna e che poi non hanno mai lasciato Londra, finendo quindi per rovinare la reputazione di lei non essendo ufficialmente sposati.
Anche in L'uomo del mio desiderio la protagonista Megan Penworthy e il Duca di Wrothson, travestito da stalliere, sono costretti a fuggire in Scozia per un matrimonio riparatore piuttosto rapido visto che lei era rimasta incinta.
Come accennato la fuga d'amore era solo uno dei motivi per cui si andava a sposarsi all'estero, naturalmente il matrimonio riparatore era ad un gradino piuttosto alto nell motivazioni, fuggire a Gretna permetteva inoltre una cerimonia veloce senza troppe complicazioni legale e giudiziarie, inoltre era anche un'ottima meta per gli approfittatori che, facendo credere alla ragazza di essere innamorati di lei, la conducevano in Scozia e la sposavano contro il volere della famiglia, appropriandosi quindi della di lei dote (magari cospicua) e garantendosi il nome della famiglia di lei assieme al proprio, sebbene questi potessero non essere bene accolti.

Non tutte le famiglie accettavano bene un figlio o una figlia che erano stati costretti a sposarsi in quel modo, in casi estremi, per aver compiuto una scelta sbagliata (ai loro occhi) sulla compagna della vita, questi finivano per essere diseredati ed estromessi dal testamento.

Il matrimonio religioso
Nessuno si fa problemi ad affermare che la società vittoriana fosse bigotta, ma il ruolo del matrimonio è un'ottima cavia da analizzare.
Dal punto di vista teologico esso univa per tutta la vita due persone agli occhi di Dio e degli uomini con un vincolo che nessuno aveva il potere di rompere, a parte la Chiesa Anglicana stessa con validi motivi.

Con il matrimonio si acquisivano obblighi nei confronti di Dio verso la propria sposa e viceversa, tuttavia il matrimonio sanciva sia legalmente che teologicamente la completa sudditanza della donna al marito, del quale era praticamente schiava.
Un esempio semplice è il caso di omicidio: esisteva la pena capitale per questo crimine, tuttavia se una donna aveva ucciso sotto ordine del marito, in quel caso la pena non veniva inflitta perchè una donna era tenuta ad obbedire al consorte e non a pensare agli ordini ricevuti.
Una palese ingiustizia visto che l'uguaglianza degli uomini era già stata redatta qualche decennio prima... ma forse è da dire che l'uguaglianza dei maschi era stata abbozzata, quella tra uomini e donne avrebbe dovuto aspettare ancora un secolo prima di diventare ufficiale.

Se un marito era tenuto a rispettare la moglie, trattarla bene, averne cura e darle dei figli, una donna aveva molti più obblighi verso l'uomo: obbedienza, devozione, umiltà, prendersene cura, praticamente assoluta sottomissione.
Le percosse domestiche erano una triste realtà (purtroppo lo sono tutt'ora) che non creava scalpore. Nel film ambientato nella Francia degli anni '50 Chocolat con Juliette Binoche e Johnny Depp (un fantastico Johnny Depp ♥_♥) l'amica di Vianne, Josephine, viene ripetutamente maltrattata e picchiata dal marito Serge e sarà solo quando avrà il coraggio di denunciarlo pubblicamente, fuggendo di casa e vivendo la vita come desiderava che il resto del paese apprenderà la realtà domestica di quella casa, indignandosi, ma non scoprendo davvero nulla di nuovo.

Questa è la frase con cui finalmente Josephine si libera della tirannia del marito

Serge: Non lasciarmi. Siamo ancora sposati agli occhi di Dio!
Josephine: Allora deve essere cieco.

Il divorzio: la parola proibita
Il divorzio era considerato immorale. E come quasi tutte le cose immorali, molto praticato.
E' scontato che con le premesse che sono state fatte sul matrimonio, molte non arrivassero al "finchè morte non vi separi". Moriamo tutti, ma moli non insieme.
Insomma, quando un uomo e una donna riuscivano a liberarsi dell'ingombrante influenza della famiglia o erano abbastanza fortunati da avere una scusante, il divorzio era una strada battuta.
Sperare nella morte del proprio coniuge, sebbene non fosse una stranezza con la mortalità dell'epoca, era comunque poco umano, il che rendeva le strade annullamento/divorzio e similari abbastanza frequentate. Chi poteva permetterselo mandava la moglie lontano, in campagna magari o nella tenuta invernale per l'intera durata dell'anno, i coniugi conducevano vite separate, avevano i loro circoli e i loro giri, le loro conoscenze. La comparsa di coppia era una rarità per le occasioni particolarmente mondane.

Il divorzio era una pratica che non permetteva comunque l'annullamento teologico del matrimonio, ma almeno non richiedeva motivazioni particolari; per l'annullamento vero e proprio, gestito da un gruppo di specialisti simile alla Sacra Rota romana, occorreva fornire dei perchè si richiedesse l'annullamente e fornire esempi e causali con testimoni. I motivi dovevano andare contro alcune delle leggi divine, tra cui il più utilizzato ero senza dubbio la non consumazione del matrimonio.

Le tre regole di validità di un matrimonio
Paradossalmente di solito venivano a mancarne due su tre, ma anche il 3 a 3 era piuttosto quotato.
  1. Libertà di scelta. Gli sposi non dovevano aver subito pressioni e dovevano aver preso con coscienza la decisione di sposarsi. Come si è detto sopra, non erano loro che si occupavano di questa scelta.
  2. Validità degli atti. Il matrimonio celebrato da un pastore era valido legalmente se questi aveva posto le domande di rito (libertà di scelta, consapevolezza di sè ecc) e depositato gli atti al locale municipio. Se il matrimonio era celebrato solo civilmente (cosa rarissima), occorrevano testimoni alla lettura delle domande di rito, firme varie e che il celebrante fosse autorizzato legalmente.
  3. Consumazione del matrimonio. Dopo la celebrazione il matrimonio doveva essere consumato. Un matrimonio consumato non era valido nè agli occhi di Dio nè a quelli della legge. Il problema era trovare il momento giusto di dirlo.
La sposa perfetta
Una ragazza era considerata una potenziale ottima moglie se possedeva diversi requisiti impotanti. Ella non doveva essere considerata "stupida", doveva avere una buona reputazione e non essere conosciuta per i suoi eccessi al gioco o con il bere (per esempio il punch era piuttosto alcolico).
Doveva avere buona educazione e buone maniere, modestia, fede e carità. Compassione per i più miserabili e spirito lavoratore.
Doveva essere vergine e pia e desiderosa di compiacere il marito in ogni forma egli ritenesse opportuna.
L'educazione eccessiva era un difetto, esattamente come l'avere opinioni e idee riguardo al mondo. Anche uno spirito particolarmente indipendente che si manifestava con un impiego proprio era poco apprezzato.
Doveva frequentare gente rispettabil senza volersi innalzare a livelli superiori.
Doveva avere una dote e un corredo.

Per gli uomini la cosa fondamentale era che avessero i soldi o i mezzi per mantenere la famiglia. Il resto era secondario. Alcune badavano al fatto che non fosse conosciuto come un violento o un frequentatore di bordelli, chissà perchè...

Rebecca la prima moglie. Risposarsi.
Era consuetudine diffusa che le persone si risposassero nel caso divorziassero o rimanessero vedove.
Era quindi abbastanza comune avere coppie con una discreta differenza d'età, magari uomini avanti negli anni che sposavano giovani fanciulle nel fiore degli anni per garantire la discendenza in cambio di potere e denaro. Oppure mature matrone di mezza età che sceglievano giovani mariti scavezzacollo per godere delle grazie della giovinezza una seconda volta.

Solitamente erano gli uomini quelli con l'età più avanzata, anche perchè un gentiluomo iniziava a mettersi alla ricerca di una moglie intorno ai 25 anni. In alcuni casi aveva già un fidanzamento costruito quando era ancora nella culla, in altri il giovane doveva procacciarsi una compagna. Le ragazze da marito, comunque, avevano tutte dai 17 ai 23 anni.

Un uomo che sposava in seconde nozze una ragazza non faceva scandalo, il contrario era invece degno di diventare lo scandalo del prossimo quotidiano.
Nel libro di Lisa Kleypas All'improvviso tu la protagonista Amanda Briars cita un articoletto comparso su un quotidiano dove viene dipinta come una vecchia zitella libidinosa per aver sposato un uomo più giovane di lei di diversi anni.
Senz'altro un comportamento eccessivo, ma che rende bene l'idea di come era considerata l'età nei matrimoni.

L'argomento è lungo da approfondire e penso che come assaggio generale sia sufficientemente prolisso. Approfondiremo un'altra volta quello che ho dimenticato in questo posto, c'è ancora molto da dire, ma come panoramica generale è abbastanza... ^_^
Spero di non avervi annoiato troppo, ci rivediamo presto!

Baci



Mauser

24 novembre 2009

L'istruzione e l'educazione


Ciao e ben ritrovati!
Il post di oggi è decisamente più serioso di quelli che ho scritto perchè tratta soprattutto il tema dell'educazione nei secoli passati.
Qualcuno può pensare: "E beh? Che c'è di così deprimente", ma è da contare che l'istruzione in passato era considerata un lusso, quindi privilegio di pochi.
Io lo considero molto triste per un'epoca fiorente come quella vittoriana oppure che ostentava potere e ricchezze come quella georgiana sfoggiare un tasso di alfabetizzazione così miserevole, soprattutto perchè l'istruzione è progresso, quindi c'è da chiedersi davvero come abbiamo fatto ad andare così avanti...

Ma tornando al tema principale.

Quali erano le principali forme di istruzione?
Una domanda difficile, non ce n'erano moltissime e le approfondiremo nel dettaglio qui di seguito:

La scuola: non immaginiamoci certo qualcosa che assomiglia anche solo vagamente alla scuola moderna che, per quanto in completa rovina, rappresenza pura fantascienza rispetto a ciò che c'era allora.
La scuola era frequentata dai ragazzini dai cinque agli undici anni, ma sarà solo dopo la metà dell'Ottocento, con la legge del 1870 sull'istruzione che verrà imposto l'obbligo di frequentazione delle lezioni per almeno sei settimane l'anno ai bambini di età compresa tra i sei e i tredici anni.

Prima del 1870 le scuole erano pagate interamente dalle famiglie, questo è anche il motivo per cui così poche persone studiavano visto il tasso di povertà e il fatto che il in pochi potevano permettersi una retta mensile, per quanto minima.
I bambini, inoltre, erano sfruttati nelle fabbriche e nelle minieri, quando diventavano sufficientemente grandicelli, quindi, era senz'altro più utile alla famiglia mandarli a lavorare che a scuola.
Lo stesso Charles Dickens sarà costretto, durante l'infanzia, a lavorare presso una fabbrica di lucido da scarpe nella quale rimarrà diverso tempo e che lo segnerà profondamente per gli anni futuri.

Sulla scuola scriverò un post più approfondito tra qualche tempo perchè è un dettaglio da approfondire, visto quanto l'istruzione sia importante sia per le persone che per lo sviluppo.

A scuola le classi erano miste per anno, questo creava molti problemi per le lezioni, ceto si cercava di separare grossolanamente gli allievi per il livello raggiunti, ma si trattava comunque di un giudizio arbitrario degli insegnanti basato quasi esclusivamente sul rendimento senza tenere conto di tutto il background e delle caratteristiche psicologiche del ragazzo.

La scuola era inoltre il piccolo, quotidiano inferno dei ragazzini presi di mira dagli insegnanti e dai compagni. I primi assumevano atteggiamenti di bullismo non molto diversi da quelli che ogni giorno vediamo al telegiornale ogni sera, mentre gli insegnanti, dotati di un grandissimo potere sui loro allievi, si facevano spesso carnefici di punizioni umilianti al limite della sopportazione, di cui la più famosa, utilizzata ancora nel Novecento, era il "Cappello d'Asino", un alto copricapo a forma di cono corredato da orecchie di carta che l'allievo era costretto ad indossare esposto al pubblico ludibrio dei compagni.

Naturalmente esistevano diversi gradi di scuola e tipologie in base alla retta da pagare, ma anche le scuole più ricche non avevano sistemi molto differenti dagli istituti di quartiere dove veniva impartita un'istruzione sommaria piuttosto che una storia approfondita del paese e della lingua come era fatto nei collegi più prestigiosi.

Il collegio: ovvero un istituto dove i ragazzi trascorrevano non solo le ore di lezione, ma nel quale soggiornavano anche a fronte di una retta mensile.
I collegi, dai più prestigiosi ai più miseri erano quasi esclusivamente maschili o femminili.
Entrambi non spiccavano per l'umanità con cui gli allievi erano trattati, il metodo Montessori non era proprio applicato alla lettera e inoltre i ragazzi erano vittime di scherno e accanimento da parte dei compagni più grandi che organizzavano terribili scherzi e punizioni forti del potere acquisito col tempo che erano rimasti.

Alcuni collegi molto prestigiosi erano frequentati dalla crema della società, altri invece erano dei veri e propri lager, dimenticati in mezzo alla brughiera dove insegnanti e direttori facevano il bello e il cattivo tempo.
Esistevano addirittura strutture dove i genitori potevano lasciare i propri figli indesiderati, come i bastardi e gli illegittimi e dimenticarsene se non al momento di pagare la rata mensile. In quei luoghi di tortura non c'erano visite nè giorni di festa, ma solo un clima di ostilità e violenza. Inutile dire che le punizioni corporali erano molto quotate. A questo proposito vengono fatti molti accenni nel libro di Lisa Kleypas All'improvviso tu, mentre lo stesso Dickens ha ambientato proprio in uno di questi luoghi il romanzo Nicholas Nickleby da cui è stato tratto anche l'omonimo film di cui metto sotto un breve trailer:



In questi luoghi, come sottolinea Frances Hodgson Burnett nel suo La piccola Principessa, esistevano due categorie di ragazzi: quelli che pagavano la retta, ed erano quindi i privilegiati, e quelli che non la pagavano e, per mantenersi il vitto e l'alloggio erano costretti a lavorare e, nei collegi più prestigiosi, letteralmente servire i loro compagni.
Era una situazione che gridava vendetta, ma un tale stato dell'educazione è stato mutato solamente di recente sia in Inghilterra che altrove, in Italia, per esempio, il problema dell'istruzione di base è stato affrontato in moltissimi grandi romanzi come Il libro cuore di Edmondo de Amicis, incentrato proprio su quello, mentre è affrontato approfonditamente nel famosissimo Pinocchio di Collodi.

Oltre ai collegi vi erano, per i ragazzi più abbienti, i precettori privati.
Si trattava di persone che avevano ricevuto una cultura più elevata di quella di base, a seconda del rango della famiglia, essa poteva mantenere alle sue dipendenze più di un precettore scelto tra esimi studiosi.

I precettori fornivano ai ragazzi della casa l'educazione di base, seguendoli con perizia nei loro sviluppi, impartivano lezioni di molte materie: scienze, geografia, storia, matematica, lingua inglese, letteratura e anche greco e latino, astronomia, botanica e così via. In alcune case particolarmente ricche si avevano insegnanti diversi per le varie materie, specializzati insomma.
Essi erano sia uomini che donne, l'insegnamento era infatti l'unico campo dove esisteva la quasi parità dei sessi.
Certo è che per alunne femmine si preferiva avere come insegnante privata un'istitutrice donna, mentre per i maschi non vi si faceva grande caso.

Il libro di Charlotte Bronte, Jane Eyre segue proprio le vicende di una giovane istitutrice che, dopo aver lasciato un tetro collegio nella brughiera come quelli di cui si è detto sopra, si reca a servizio presso la casa di Mr Rochester per insegnare alla di lui figlioletta i rudimenti dell'educazione e dell'istruzione.

Precettori e istitutrici erano molto diffusi in epoca georgiana e vittoriana e costituivano una buona parte della casta lavoratrice, anche i borghesi meno abbienti, infatti, preferivano questo metodo alla scuola.

Chi riceveva l'istruzione?
Nelle famiglie nobili e ricche maschi e femmine erano istruiti assieme.
Gli uomini, comunque, avevano di solito un'istruzione migliore e proseguivano per più tempo negli studi. In alcuni casi potevano frequentare prestigiose scuole superiori e il college a Cambridge o Oxford.
Le donne non ricevevano quasi mai un'istruzione superiore e a loro era precluso l'accesso all'università.

Per le professioni, comunque, non era richiesta una laurea. Un medico poteva esercitare anche senza, esattamente come era sufficiente saper leggere, scrivere e far di conto per diventare avvocato, notaio o commercialista.
Chi ha letto David Copperfield di Dickens sa che proprio David intraprenderà quella strada senza aver conseguito una laurea qualsiasi e dimostrandosi ugualmente molto portato per la professione.


Chi insegnava?
Come si è detto, il campo dell'insegnamento era l'unico nel quale regnava una apparente parità dei sessi. Certo un uomo era sempre considerato più colto e intelligente di una donna, ma entrambi potevano diventare insegnanti.
Per insegnare non occorrevano particolari abilitazioni legali, era sufficiente un'istruzione superiore. Nel secondo e nel terzo libro della serie di Anna dai verdi abbaini (conosciuto anche come Anna dai capelli rossi), la nostra eroina, dopo il diploma alla Queen's intraprende la carriera di insegnante per aiutare le dissestate finanze sue e di Marilla dopo il tracollo finanziario e la scomparsa di Matthew.

Le materie più specialistiche (botanica, astronomia e, solitamente, anche la storia) erano insegnate principalmente dagli uomini, mentre per quanto riguardava l'istruzione generale le donne erano molto richieste.
Nel manga giapponese Emma, della mangaka Kaoru Mori, la signora presso cui lavora la protagonista all'inizio della storia (Emma, appunto) è un'istitutrice in pensione, mentre l'uomo di cui Emma si innamora, William Jones, era il suo ex pupillo, proveniente da una famiglia di "mercanti arricchiti" che tentano la scalata ai ranghi sociali combinando un matrimonio con una titolata.

Quando e quanto si studiava?
I ragazzi rampolli studiavano dalle due alle quattro ore sia di mattino che di pomeriggio, solitamente si faceva lezione dalle nove alle undici e dalle tre alle cinque.
Di mattino si seguiva la lezione, mentre di pomeriggio si facevano i compiti sotto la rigida sorveglianza delle insegnanti. Questa regola valeva sia nei collegi che nelle case private.

Nelle scuole pubbliche, invece, si andava a lezione il mattino e a volte il pomeriggio. Per il pranzo si poteva tornare a casa o mangiare a scuola, a seconda dei casi. I compiti si facevano a casa al rientro dalle lezioni del pomeriggio.

Le scuole, come insegnando diversi romanzi, tra cui anche Heidi di Johanna Spyri, erano aperte d'inverno perchè d'estate i ragazzi aiutavano la famiglia col loro lavoro.

Il difficile caso dell'istruzione delle ragazze
Le bambine cominceranno ad andare a scuola assieme ai maschi solo diversi decenni dopo.
Le classi miste erano considerate immorali, ma dato che l'istruzione era "un di più" non ci si curava poi più di tanto della cosa, specialmente negli strati più bassi della popolazione.


Molte bambine e ragazze di ceto borghese erano istruite in casa, magari direttamente dalla madre.
Per quanto riguarda le donne, era considerato molto quando si sapeva leggere, scrivere e tenere i conti, ma da loro non ci aspettava e non si richiedeva nulla di più.

Nelle classi alte le ragazze imparavano in casa oppure nei collegi molte altre nozioni sulla direzione della casa e della cucina, sul cucito e il ricamo, il ballo, il portamento ecc.
Una ragazza istruita non valeva più di una che sapeva camminare con grazia, anzi!
Una donna istruita, come veniva detto, "pretendeva di avere addirittura delle opinioni e che queste potessero essere alla pari di quelle del marito", per questo una ragazza non doveva mai fare sfoggio di cultura, cosa che era considerata addirittura volgare in determinati ambienti, soprattutto i più snob.

Ad una ragazza non era consentito frequentare né le scuole superiori né tantomeno l'università.
Nello specifico la professione di medico rimase appannaggio maschile fin quasi verso la metà del Novecento, una triste realtà...
Molte, al riguardo, sono le storie e le leggende metropolitano che riguardano donne che si sono travestite da uomini per seguire corsi e lezioni con più o meno risultati.

Quindi...
Non si può certo dire che la situazione culturale fosse delle più felici con un tasso di analfabetismo che ha raggiunti picchi del 60-70% nei periodi peggiori.
Molte persone, ancora alla fine dell'Ottocento crescevano e morivano senza saper leggere e scrivere, mentre la stragrande maggioranza possedeva solamente le nozioni di base.

L'istruzione era parziale e sessista, la discriminazione selvaggia, soprattutto dopo che si era andati oltre le conoscenze di cultura generale.
Un quadro triste che, tuttavia, ha saputo cambiare trasformando l'Inghilterra da quel ritratto ad un paese industrialmente avanzato e con un tasso di afabetizzazione vicino al 99% della popolazione. Un risultato importante.



Mauser


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