ultimamente parliamo spesso di case e abitazioni in genere, la mia idea, una volta conclusasi la casa vittoriana, sarebbe quella di approcciare (con i dovuti tempi) la casa georgiana, tuttavia, dopo alcune ricerche mi sono accorta che nulla sarebbe più efficace che far parlare un signor qualcuno che nel Settecento ci ha abitato per davvero e, quindi, che non viva nell'immaginario collettivo di palazzi sfarzosamente decorati e arredati, ma sappia anche riportare con obiettività i difetti che spesso non conosciamo per via della mancata familiarità con codeste dimore signorili.
Ritratto di un uomo by Carle Vanloo |
A questo proposito, se avete letto L'alba dei sogni di Lisa Kleypas, ricorderete che il nostro protagonista mostra una schiera di dipinti all'eroina e quando questa le chiede se fossero tutti suoi antenati, ben sapendo che lui era un popolano arricchitosi con la boxe, lui le risponde candidamente che li aveva acquistati da un nobile decaduto per darsi un tono.
In Germania e in Francia, nei Paesi nordici e sul gelido altipiano iberico, i caminetti facevano parte dell'arredamento normale di una sala, erano scolpiti da artisti e gli alari o i coprifuoco avevano fogge eleganti secondo la moda. A Roma e Napoli, invece, ve n'erano un paio per ogni residenza ed erano usati raramente, così, nei rigori dell'inverno, si bubbolava di frreddo e si era ridotti ad abitare nei piani più alti del palazzo, in appartamenti meno vasti e in cima a scomode scale.
Le stanze dei piani principali erano invece enormi e splendide, ma disposte in fila una dietro l'altra e bisognava attraversarle tutte per arrivare all'ultima.
In pratica tutti questi nobili imparruccati se ne stavano appollaiati nei sottotetti. Molto intelligente costruirsi un gigantesco palazzone tutto decorato e poi abitare insieme ai servi per avere più caldo... senza contare il problema del non-corridoio!
Temo che al giorno d'oggi se si passasse in camera da letto per arrivare in soggiorno ci sarebbero notevoli problematiche.
Ma eccoci al punto clou, ecco cosa ci dice un testimone oculare dell'epoca:
Si muore di freddo gl'inverni se non si carica di tappeti; si muore di caldo l'estate... All'aria gelida o infocata l stagione comunica i suoi difetti per mezzo delle ampie finestre e dlle porte che dai chiavistelli e dalle fessure respirano... Queste gran macchine di palazzi, dei quali abbonda sopra ogni altra metropoli l vostra Roma, contengono magnifici appartamenti che servono unicamente a qualche funzione poche ore dell'anno; nel rimanente sono abitati dalle mosche, dalle zanzare, dai ragni e dai sorci...
Non abitavano così gli antici romani né così abitano i nostri moderni francesi...
Come notate dal brano riportato, benchè all'epoca l'ospitalità fosse una consuetudine molto pià diffusa e complicata di oggi, il nostro inviato non manca di sarcasmo nel definire stupide le condizioni a cui si abbassavano certi personaggi. Gli spifferi dovevano essere una bella problematica, così come gli animaletti molesti nelle stanze. Inoltre, chissà come, mi è parso di cogliere qualche nota filo-francese nel brano che fingerò di ignorare per amore della storia.
Insomma, questi palazzi georgiani e neoclassici erano tanto scomodi che perfino gli ospiti se ne lamentavano, il colmo! È come se si sputasse nel piatto dove si mangia...
Inoltre il nostro già nel Settecento mostrava una fastidiosa propensione al puntinismo [così definita la mania giovanile di infarcire ogni frase di puntini di sospensione con bonus extra a gruppi di sei o sette puntini ogni tre parole].
Busto in marmo bianco statuario raffigurante fanciulla con fiori sul capo,maschera di carnevale sulla spalla e capelli raccolti da un velo by Ambrogio Colombo |
Bene, detto ciò siete ancora dell'idea di trasferirvi in un palazzo palladiano?
Dopo aver scritto di scomodi giacigli dove anche i re stavano stretti e scomodi (e non voglio indagare dove o come gestissero lo spazio per quei rari incontri che avevano con le mogli e le amanti), degli spifferi e degli scarafaggi a me è scappata anche quella poca voglia che avevo di trasferirmi in una casa che assomiglia ad un mausoleo, dove gli avi guardano sotto forma di mezzibusti con tuniche romane e corone d'alloro quali personalità della filosofia classica [a mio avviso è una cosa tremendamente kitsch].
Mi sono inoltre accorta che i romanzi raccontano una vagonata di balle, insomma non sanno neanche di che parlano quando si riferiscono ai palazzi di città e le autrici che ambientano i loro racconti nel mondo pre-napoleonico sanno veramente poco della quotidianità, almeno alcune. Altre/i, quei pochi che ne sanno, si perdono in noiosissime parentesi sull'architettura e approfondimenti interminabili sull'arredamento interno. Girate al largo da quei libri se non volete morire di noia.
Bene, riflettiamo insieme sulla verità della vita dell'epoca.
Il brano è tratto dal libro: La vita e i costumi nel Sei e Settecento scritto da Domenico Volpi.
Baci e a presto
Mauser
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