Una linotype dell'Ottocento |
Il primo giornale a testare e a dotarsi di una linotype fu il New York Tribune, che ne fece quasi il suo marchio di fabbrica, fu infatti il direttore del quotidiano a darle il nome con cui è conosciuta, poiché la macchina metteva in riga (in inglese line) un carattere (type) dopo l'altro: la chiamò linotype.
L'impiego della macchina era per la composizione dei testi che sarebbero stati utilizzati nella stampa di libri e quotidiani, dove occorrevano matrici sempre diverse ad ogni nuova uscita, impensabile produrle a mano, specialmente con la frequenza con cui i giornali cominciavano ad uscire e, soprattutto, con le moderne stampatrici con le quali le copie richieste da stampare venivano preparate in un tempo brevissimo (ricordiamo la stampatrice Marinoni che produceva 20.000 copie all'ora!).
La linotype era dotata di una tastiera di fronte alla quale sedeva il linotipista, questa era dotata di caratteri alfanumerici come quelli di una tastiera che potevano aumentare fino a raggiungere una cifra sui 90 a causa di segni, accentature e caratteri speciali. Al tempo delle prime linotype i caratteri erano impressi in bassorilievo sui tasti, così che anche in condizioni di scarsa luminosità il linotipista con una discreta esperienza e manualità potesse facilmente destreggiarsi nel lavoro senza bisogno dei fari moderni piantati sulla zucca.
Linotipista e linotype, primi del Novecento |
In passato, si sa, a causa dei costi altissimi degli oggetti e dei macchinari, questi erano realizzati veramente bene, le stampatrici e le linotype, oltre che mostri di meccanica e, per l'epoca, tecnologia, erano anche esteticamente gradevoli, con rifiniture e impressioni metalliche che al giorno d'oggi, secolo dell'usa-e-getta, non sappiamo neanche cosa siano. Nelle città industriali, per preservare ciò, è nata la cosiddetta archeologia industriale per il recupero di presse per l'acciaio, cartiere, laminatoi o edifici fatiscenti: ai nostri occhi sembrano capolavori d'artigianato e di architettura la cui realizzazione richiedeva una cura per i particolari ormai banalmente considerata una mera perdita di tempo, erano il segno evidente della raffinatezza e dell'attenzione di cui era destinataria la produzione, basti pensare che i macchinari industriali, quindi non certo di bellezza, come la rotativa Marinoni o le stampatrici Miller in voga nell'America del dopoguerra, sopra avevano una grossa scritta in metallo con il nome del produttore e anche le macchine da cucire erano realizzate con la stessa precisione: tutti noi abbiamo visto una Singer, nella nostra vita, con il caratteristico marchio arcuato in ferro disposto sotto il tavolino e impresso anche nel pedalino.
L'esempio più evidente è quello del comune di Busto Arsizio, nato come villaggio industriale intorno all'enorme industria tessile e oggi convertito in un luogo per famiglie: ha lo stesso fascino dei quartieri popolari nati dalle colate di cemento armato?
E secondo voi Crespi d'Adda, anche lui ex area industriale, ha lo stesso fascino di certe costruzioni moderne?
A voi le considerazioni...
Crespi d'Adda, ex area industriale |
Lo stabilimento di Ilva a Genova |
Funzionamento della linotype
Monotipista seduto alla sua monotype |
Il linotipista, seduto alla sua postazione di fronte alla tastiera, premendo il tasto corrispondente alla lettera, innescava un complesso meccanismo di ingranaggi che andava a liberare dal magazzino la lettera prescelta; il magazzino della macchina era costituito da dozzine di piastrine con lettera in rilievo, perfettamente selezionate nella loro postazione, alla cui variazione bisognava riassettare la macchina. Tramite apposite condotte la lettera prelevata dal magazzino veniva posizionata sulla riga di battitura, cioè sul testo che si andava a comporre e che era situato proprio all'altezza degli occhi del linotipista, il quale, essendo operatore esperto, poteva accorgersi di eventuali errori a occhi, ribattere la lettera corretta e sostituirla a mano a quella errata, dopotutto si trattava solamente di blocchetti...
Una volta completata la riga, la parola o la frase, composta anche da spazi, caratteri speciali e segni di interpunzione, tramite una leva o un tasto speciale veniva dato il comando di "a capo" che costituiva anche l'ordine di fusione.
Le lettere in sequenza, infatti, andavano a fare da matrice per una miscela di piombo che si imprimeva sulle parole, creando la sequenza perfetta di ciò che era stato scritto, questa, una volta raffreddata, veniva espulsa dalla macchina in un blocchetto lungo e sottile, tanti blocchetti così creati andavano a comporre un testo e imbastiti insieme tramite apposite cornici d'impaginazione (per dare dimensioni, spaziature, margini e quant'altro) si preparava la tavola finale, la quale veniva a sua volta utilizzata come master, cioè il sorgente per le stampe, da inserire in apposite stampatrici come la Marinoni che abbiamo visto in precedenza nel post dedicato alla rotativa. Talvolta dalla produzione della pagina all'inserimento nella stampatrice venivano fatte altre due copie (positivo/negativo) per avere un sorgente in un unico blocco.
Riassumiamo il procedimento in pochi semplici punti
- Il linotipista batte la lettera sulla tastiera
- Questa viene prelevata e disposta in riga, in coda a quelle già presenti
- Con il comando di "a capo" si dà alla fusione la parola appena creata
- Si genera il blocchetto di piombo fuso che si accoda a quelli già creati.
- Più blocchetti si accumulano e si forma la pagina
- Terminato il testo della pagina, l'impaginatore prende il blocco dei blocchetti e lo impagina in appositi riquadri con altri blocchi di spazio.
- L'intera struttura viene sigillata tramite apposite chiavi e usata per le stampatrici o per farne copie
Se io stessa, informatica e programmatrice convinta, nutro un amore viscerale verso la macchina da scrivere, un autentico residuato bellico, in disuso, comprendo bene cosa può suscitare una linotype.
Ho trovato particolarmente commovente il video realizzato da Bill Malley che ha realizzato un cortometraggio su di sé e sulla sua linotype, intitolato The linotype tells the story of one man's relationship with obsolete technology.
Vi lascio il video così che possiate guardarlo tutti
Ecco un video in inglese dove un tecnico spiega come funziona la linotype in sua dotazione
La monotype
Consorella della linotype era la monotype, un'analoga macchina gigantesca specializzata nella composizione di testi lunghi o complessi per formattazione, per esempio romanzi, oppure tabelle e orari.
La monotype funzionava con procedimento diverso e molto più "novecentesco", impiegando infatti un sistema che sarebbe poi stato ripreso nei primi calcolatori: quello della perforatura di nastri.
Monotipista alla monotype e macchina compositrice per ricostruire il testo dal nastro di carta perforato |
Una volta concluso il proprio lavoro il monotipista smontava la bobina dalla sua sistemazione e la riposizionava su un apparato analogo detto macchina compositrice che riproduceva la battitura, preparando i testi come avrebbe fatto un linotipista, ma a differenza dell'altro caso, dove le righe erano un blocco unico, qui tutte le lettere erano separate: alla richiesta di lettera, infatti, la monotype liberava una letterina dal magazzino e quella stessa andava a comporre la riga, ma non per essere poi fusa, bensì per andare direttamente a fare da master di stampa, da timbro, in sostanza.
Questo metodo era molto vantaggioso, specialmente perchè la bobina consentiva di avere copia dell'originale e infiniti master di stampa del testo, che poteva essere ricreato in qualsiasi momento. Come si nota dal procedimento, era già nell'ottica di avere un magazzino di materiale consumabile che andava periodicamente rabboccato (le letterine finivano).
Donna seduta alla monotype, come le segretarie, linotipisti e monotipisti lavoravano in batteria, ce n'erano un grande numero in tutte le redazioni e le case editrici. |
Linotype: the film
Considerazioni
Purtroppo, arrivati a questo punto dello sviluppo tecnologico dove non si stampa quasi più (ebook, web 2.0, ecc) le considerazioni vanno fatte: aprendo un qualsiasi libro più vecchio degli anni Settanta, senza necessariamente finire tra quelli ricopiati dagli amanuensi, non troverete un singolo refuso o errore di battitura, oggi invece, aprendo certi volumi, viene il raccapriccio nel trovarsi errori, caratteri mancanti e battitura scorretta, per non parlare dell'italiano sgrammaticato e senza senso!
Sì, sto parlando di un caso specifico: Soulless, ma come ho avuto modo di constatare, questa sembra la linea di condotta adottata da molte case editrici, sacrificare la qualità del prodotto in favore di un'economizzazione del processo. Tanto ci si arriva per senso... sembra essere il comun denominatore dietro si cui trincerano i responsabili ed è sbagliato ideologicamente.
Come avranno fatto in passato, quando si leggeva tanto quanto oggi, ma si impiegava il quadruplo del personale? E non solo perchè c'erano i raccomandati... fare il linotipista era un lavoro duro e stancante, pensate che per limitare l'assorbimento del piombo della fusione e dell stampa i linotipisti erano costretti ad assumere latte prima dell'ingresso in servizio e a volte anche dopo, in questo modo certi datori di lavoro pensavano di tutelarsi contro eventuali morti o richieste di risarcimenti per problemi di salute.
E non venitemi a raccontare la storia della crisi, né quella economica né quella dell'editoria, il Novecento ne ha viste tre di crisi economiche globali e la crisi dell'editoria, poi, è la bufala del secolo perchè un sacco di gente legge.
Monotipista all'opera |
Dite addio a tutti, ormai o l'autore è abbastanza smart da saper leggere, scrivere e correggere se stesso, oppure si vedono orrori letterari che circolano impunemente nelle librerie perché sono state mandate alle stampe direttamente le bozze (ormai elettroniche) dell'autore; questi esempi di inaccuratezza nel proprio lavoro andrebbero VIVAMENTE STRONCATI dai lettori e dalla critica, che invece, di solito, decidono di passare oltre perché così fan tutti. Il ritornello mi pare vecchio...
Quello che vi lascio è un reperto rintracciato su YouTube in italiano, quindi una vera rarità, che mostra come era realizzato un libro negli anni Sessanta: buona visione (io ne sono innamorata)
Sperando di poter vedere presto una linotype dal vivo e interagire con essa, vi saluto tutti,
baci
Mauser
Mi delurko per dirti che adoro il tuo blog!
RispondiEliminaè interessantissimo e pieno di curiosità che non sapevo!
Ti ringrazio, spero che sia così anche per gli altri articoli che ho scritto fin'ora =)
RispondiEliminaIl tuo blog mi piace molto, vieni a trovare il mio, un tuo parere mi farebbe piacere!!
RispondiEliminaIo sono un linotypista e meccanico per linotype ho lavorato 20 anni fino a che non le hanno tolte di mezzo peccato
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