14 ottobre 2011

Il telefono, una storia di emigrati e processi

Tra i figli dell'elettricità che vennero disseminati nell'Ottocento come i sovrani assoluti disseminavano di bastardi il loro regno, è anche il telefono con cui la telegrafia acustica ha raggiunto il suo più ambito traguardo: nella lingua greca, infatti, "telefonare" significa parlare a distanza.Come quella di altre invenzioni, la storia del telefono è, allo stesso tempo, entusiasmante ma anche patetica: è una storia tutta americana, ma di quell'America costruita dagli emigrati.
 

Telefono dei primi del Novecento a manovella
Sì, lo so che questo post sembra arrivare dritto dritto dall'approfondimento di Superquark di sabato scorso, ma vi assicuro che lo stavo preparando da parecchio tempo, inoltre non credo sarei in grado di buttare giù delle idee riguardo un argomento tanto difficile da studiare in così breve tempo, o almeno pensieri con senso compiuto.
Parlare del telefono fuori dall'Italia, che parteggia apertamente per Meucci, genera sempre qualche controversia o dissapore, molti Paesi, infatti, non accettano il verdetto americano che lo designa come padre dell'invenzione ed essendoci stati molti uomini che in tempi simili hanno sviluppato l'idea telefonica c'è solo che l'imbarazzo della scelta.

Nel 1851 era giunto negli Stati Uniti un fiorentino, Antonio Meucci, costretto ad abbandonare il Granducato di Toscana [già,un'invenzione come il telefono che sembra così moderna e recente... e ci si accorge che mancavano ancora dieci anni all'Unità d'Italia] a causa delle sue pericolose idee mazziniane di rivoluzionario: stabilitosi a New York, che non era certo quella che immaginiamo noi, ma poco più di una città di pionieri con strade in terra battuta e neanche un grattacielo [e soprattutto gli affitti molto più bassi], aveva aperto una fabbrica di candele nella quale trovò lavoro per qualche anno un altro e ben più famoso rifugiato politico: Giuseppe Garibaldi.
Dopo numerosi tentativi di trasmissione a distanza delle parole, nel 1857 Meucci potè finalmente descrivere il funzionamento di un apparecchio di sua invenzione, ecco le parole che adoperò egli stesso:
Consiste in un diaframma vibrante [il microfono che trasforma i suoni dell parole in impulsi elttrici] e in un magnete elettrizzato da un filo che lo avvolge [la linea, o circuito elettrico, che trasmette gli impulsi.
Il diaframma vibrando altera la corrente del magnete e queste alterazioni, trasmettendosi all'altro capo del filo, imprimono analoghe vibrazioni al diagramma ricevente, riproducendo la parola.
Ma Antonio Meucci era privo dei mezzi necessari per diffondere quel rivoluzionario apparecchio.
Emigrato era anche Graham Bell, di origine scozzese [le due etnie più inventive e affariste del mondo si incontrano nella storia del telefono]; giunto negli Stati Uniti vent'anni dopo l'arrivo di Meucci, nel 1876 aveva fatto brevettare un telefono di sua invenzione: quando lo venne a sapere, l'italiano cercò di far valere la propria priorità, ma la Corte Suprema gli diede torto; la medesima sorte toccò al... terzo inventore del telefono, l'americano Elisha Gray, che aveva varcato la soglia dell'ufficio brevetti solo due ore dopo che ne era uscito Bell!
Gray accusò quest'ultimo di avergli rubato l'idea, ma per la seconda volta la Corte Suprema si pronunciò a favore dell'ex emigrato scozzese.

Tra un processo e l'altro, il nuovo mezzo di comunicazione si affermò con una velocità prodigiosa, tanto che nel 1880, a pochi anni dalla sua nascita ufficiale, nei soli Stati Uniti ne funzionavano già 50.000 apparecchi telefonici e il primo centralino telefonico del mondo, situato ad Hartfort e inaugurato due anni prima.

In breve si eliminarono anche le lungaggini burocratiche cui erano soggetti coloro che volevano telefonare, in precedenza, infatti, la procedura prevedeva che si contattasse il centralinista, dopodichè questo smistava la telefonata e si otteneva la linea diretta verso la zona della persona desiderata, all'altro capo una nuova centralinista metteva in comunicazione la linea principale con quella del cliente desiderato e quindi si poteva finalmente parlare; il problema venne risolto da un ingegnoso meccanismo detto selettore che si sostituì al lavoro dei e delle centraliniste [vai con la disoccupazione!] intermedie; il suo inventore, l'italiano Giambattista Marzi, nel 1886 dotò di un centralino automatico gli uffici della Biblioteca Vaticana, ma la prima centrale automatica aperta al pubblico venne installata negli USA nel 1892.
In Italia, patria dello sfortunato Meucci riabilitato solo di ricente quale primo inventore del telefono, l'apparecchio fece la sua comparsa solo nel 1877.

Sebbene la tecnologia per automatizzare completamente un apparato telefonico esistesse, i centralini, con le centraliniste che smistavano spinotti in quadri di dimensioni enormi e strutturati come un'astronave rimasero almeno fino al dopoguerra.
Foto storica che ritrae una stanza di centraliniste telefoniche impegnate a ricevere e smistare le telefonate della
Compagnia Telefonica.
Il telefono è ormai, nelle sue molte forme, un elemento indispensabile delle nostre vite, la sua connotazione sta cambiando rapidamente e oramai i moderni telefonini si può dire che facciano davvero di tutto... a parte telefonare. Con uno smartphone, che non fa chic chiamarlo banalmente cellulare, si naviga, si chatta, si mandano email... e volendo si telefona pure (ma male).

Il primo telefono
L'evoluzione che questo aggeggio ha subito in poco più di un secolo di esistenza è portentosa, affascinante, testimone del progresso tecnologico di cui siamo figli, ma a nostra volta anche padri.
Se dopo la Rivoluzione Industriale, con le sue invenzioni e scoperte, la scienza e la tecnologia hanno messo la quinta, procedendo a ritmi speditissimi, la crescita non ha fatto che aumentare vertiginosamente nel Novecento e più si scopre e inventa, più questa sembra destinata a crescere rapidamente.
Durante la mia infanzia una musicassetta era ancora lo strumento migliore per registrare musica, quando avevo dodici anni circa il CD masterizzato è entrato a forza nelle nostre vite, ci sono voluti circa quindi anni per scardinare il mangianastri e le musicassette, ma adesso di anni ne sono passati meno, eppure il cd, che si chiamava ancosa compact disk, sembra un'invenzione remotissima, scomoda, ingombrante... come vivere senza un lettore mp3?
Tre giorni senza la posta elettronica mandano nel pallone, due giorni senza Facebook a quanto pare creano crisi di astinenza: la tecnologia di cui siamo figli e padri è per noi ormai una malattia al punto che non sappiamo più farne a meno, tanto per praticizzare il detto che:
Ciò che per una generazione è una grande conquista, per quella successiva diventa una necessità.

Con affetto,
sperando di non eccedere con troppo hi-tech



Mauser





Schema di come era fatta una telefonata

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