29 dicembre 2010

Francesismi demodé e inglesismi trendy

Inghilterra e Francia dall'anime Hetalia

Nella nostra vita abbiamo quotidianamente a che fare con parole provenienti da altre lingue, la sorte di queste parole, a seconda dell'epoca e della circostanza in cui sono state assimilate nella lingua scritta e parlata, è molto differente.
Ci fu un tempo molto antico in cui i nostri avi latini esportarono la loro lingua in tutto il mondo, poi le cose combiarono e con le conquiste arrivarono anche i verbi irregolari e le parole strane; se noi, al giorno d'oggi, abbiamo l'abitudine di parlare impiegando termini spesso mutuati dalla lingua inglese, ciò non significa che sia sempre stato così, tutt'altro! Fino a non molti decenni fa, l'epoca dei miei genitori per intendersi, era cosa assai comune adoperare francesismi a tutto spiano che erano di moda.

In alcuni (tristissimi) casi la parola francese viene soppiantata da quella inglese.
Qualche esempio
essere à la page (primo Novecento)
essere glamour (anni Ottanta del '900)
essere trendy (anni Duemila)
per dire alla moda

Fuseaux
E non è l'unico caso!
Quando mia mamma era ragazza si indossavano i fuseaux, nient'altro che ciò che le moderne generazioni chiamano leggings. Sembrerà loro di aver inventato l'acqua calda...

Che poi le lingue siano piene di parole trasportate, è cosa normale, vi faccio un esempio: la parola tacchino è di origine mongola: avete presente, Gengis Khan e compari?
Questa parola è comune, con poche varianti, a tutte le lingue indoeuropee, al turco e al coreano, eppure nessuno si sognerebbe di pensare che venga dal mongolo, non trovate? Specialmente perchè il mongolo non è diffusissimo o di rilevanza internazionale, eppure con le grandi conquiste delle pianure dell'Asia centrale alcuni aspetti culturali sono rimasti.

Ma se un tempo piaceva trasporre le parole nella propria lingua, nomi compresi (celebre il caso di Luigi Vanvitelli, architetto della Reggia di Caserta il cui vero nome era Lodewijk Van Wittel), principalmente per spirito campanilistico, con l'inizio della globalizzazione settecentesca si diffuse il gusto dell'esotico, di una parola straniera, che faceva molto più colto; ciò fece in modo che il termine venisse lasciato intatto nella sua forma originaria, così da conferire alla frase un qualche tono ricercato [e creando, tristemente, i casi di un sacco di gente che non sapeva scrivere ciò che pronunciava, ma purtroppo quello ancora oggi...].

Così, se oggi l'inglese la fa da padrone nella vita, era il francese a dettare la legge, perchè era la Francia a dettare la moda (cfr. Sul perchè la Francia fu la passerella d'Europa).
Il parlato georgiano, ma ancor di più quello vittoriano, era quindi infarcito di termini mutuati da oltre Manica, si avevano i nomi delle fogge degli abiti: robe à l'anglaise e robe à la française, per dire due abiti tipici del periodo rococò, naturalmente con la loro bella provenienza esplicitata direttamente nel nome, poi c'era la polonaise, il rigonfiamento posteriore della gonna del Settecento, fatto di drappeggi e ripieghi come usavano le contadine polacche perchè i vestiti non fossero d'intralcio, foggia che gli inglesi più sarcastici chiamavano noble milkmaid dress. Nonostante la polonaise fosse polacca, visto che eravamo in campo modaiolo si preferiva francesizzare il tutto.
Idem con patate nel campo culinario, perchè, almeno qui, gli inglesi erano davvero scarsi con quell'orribile porridge.

Un Parisian Cafe
by Pierre Auguste Renoir
Poi c'era la tournure, ovvero la crinolina della seconda metà dell'Ottocento caratterizzata da una campana solo posteriore, c'era la promenade, cioè la passeggiata, sia come movimento che come luogo, che poteva essere sia al parco che in città [io vi consiglio di vedere la promenade plantée di Parigi costruita sull vecchia linea dei binari].
Sempre in tema ricreativo si avevano i dehors, cioè gli spazi all'aperto di un bar o di un ristorantino come erano di moda nell'Ottocento e lo stesso bar era chiamato café, che faceva molo bohémien (nella foto esponenti della Scapigliatura, movimento letterario italiano dell'Ottocento vicino allo stile di vita dei decadenti scrittori e pittori francesi, la foto ritrae, tra gli alri, Emilio Praga), dove si accedeva tramite le tourniquet, le porte girevoli.
Se invece si andava a cenare in un localino non troppo ricercato, l'usanza era quella di chiamarlo bistrot, che non era un posto d'élite e non c'era bisogno di sfoggiare certe maniere bon ton, e quando ci si era sistemati si chiedeva il menu (levate immediatamente quell'accento dalla U! Menu si scrive SENZA accento in tutte le lingue: inglese, francese, tedesco e anche italiano, quindi fate scomparire quegli errori madornali dai ristoranti, anche dai più raffinati, ve ne prego!), quindi si procedeva ad ordinare à la carte: l'omelette ai funghi champignon con baguette, specialità dello chef per lei e paté de foie gras con consomme, accompagnata da uno champagne per festeggiare l'evento; e per dessert una squisita creme brulè, detta anche crema catalana, o un dolce creme caramel come quelli Elah che si mangiano da bambini, magari, perchè no, con marrons glacé e bignè ripieni, una brioche o croissant sarebbero statati inappropriati.
E magari, mentre erano al ristorante, le signore avrebbero raccolto la loro pochette e sarebbero andate un attimo alla toilette a incipriarsi il naso, contendendosi il poco spazio con il bidet.
Per l'occasione sarebbero state dal loro coiffeur, che oggi chiamiamo hair styler, avrebbero indossato il loro nuovo abito color bordeaux ornato di ruches al colletto, per il quale bisognava davvero possedere il phisique du role, come quello di una mannequin (il modo un po' sorpassato per chiamare le top model), realizzato dalla propria couturière così da far risaltare il collier della parure di bijoux che avevano recentemente avuto in dono; sotto l'abito portavano una avveniristica e audace guepiere in pizzo.
L'opera di un coiffeur
E i gentiluomini coi loro papillon e foulard e la camicia con le pence che spunta sotto il gilet sarebbero stati elegantissimi, sfoggiando un savoir faire ineccepibile mentre facevano accomodare le dame alla luce delle moderne abat-jour tardo-ottocentesche, incantando le signore col loro charme.
Dopo l'intrepido gentiluomo tardo-vittoriano avrebbe potuto accompagnare la sua dama ad una kermesse oppure ad un vernissage, l'ardito avrebbe proposto un tour notturno per la città per un tete-a-tete, scordatevi un possibile menage a trois, un giro da soli senza chaperon era scandaloso.
Possibile una puntata al casinò per un giro alla roulette.

Mia mamma ed io ogni tanto rimaniamo interdette di fronte a certi francesismi che lei adopera con nonchalance e che io minimamente comprendo, molti sono rimasti ancora nel modo di dire comune, sebbene debba ammettere che la parola boudoir non ricorra con chissà quale frequenza, ma di certo lo fa biberon; almeno tutti nella vita avremo fatto una gaffe scegliendo una parola sbagliata nel contesto, no?
Una parola molto comune, sebbene quasi in disuso in favore di "pubblicità" è réclame che personalmente sento ancora in dialetto genovese. Ancora in auge, dello stesso campo semantico, sono brochure, oppure depliant, e coupon, come quello da ritagliare dai prodotti.
Parola ancora utilizzatissima, specie dopo l'arrivo nel mondo dellavoro è tailleur che, disgraziatamente, ho visto scritto anche come "tayer" e, confesso, ci ho impiegato quindici minuti a capire che caspita fosse a causa della...come posso dire... trascrizione molto letterale, dopodichè avrei volntieri insultato la ragazza che scriveva, se non fosse che ero troppo impegnata a vomitare dallo schifo.
Sotto il tailleur, perchè non mettere un paio di collant?
Ogni tanto ci si può concedere una manicure o una pedicure mentre settimanale è la visita in palestra dove corriamo sul tapis roulant o ci sfianchiamo sulla cyclette guardando le replice del cabaret (che dalle mie parti singnifica anche vassoio, probabilmente perchè questo genere di spettacoli erano fatti nei café e nelle sale di intrattenimento dove si poteva anche bere alcolici) oppure i reportage in televisione, cerchiamo qualche escamotage per entrare nei vestiti nuovi le cui taglie odierne sono davvero mignon, insomma, è la nostra routine.
E una volta a casa si crolla sul sofà che abbiamo fatto sistemare sul nuovo parquet del soggiorno, non senza una piccola querelle per il monopolio della televisione.
E non mangiamo forse le uova alla coque?

Foulard
(di Hermés e color cielo!)
Sono parole francesi anche stage e vintage, quest'ultima spesso associata al burlesque, che però le persone pronunciano male, non si dice "steig" o "vinteig" all'inglese perchè parole inglesi non sono, ma si pronunciano tutte le lettere alla francese, aprendo bene le A, prendiamo nota (cliccando sul link potrete ascoltare la pronuncia corretta); la prima giornalista che dice male vintage la facciamo cacciare.

Scherzi a parte, giocherellando e cercando di costruire una situazione immaginaria ambientata a metà tra moderno e Ottocento, è facile vedere come c'erano davvero molte parole prese in prestito dal francese. Escludendo dalla lista le più recenti, messe un po' anche per divertirci, vi renderete conto di quanto abbiamo mutuato dalla Francia e, come nell'italiano, anche così l'inglese.

Perchè? Perchè era di moda il francese e lo rimase, perchè la Francia era la capitale dello chic e dell'esclusività e di tutto ciò che era in, vedere per esempio il caso della redingote, questo capo d'abbigliamento, per quanto il suo nome provenga da due parole inglesi, raining coat oppure riding coat, ha assunto una cadenza francofila sospetta, proprio perchè non era di moda se non aveva sapore esotico.
Se l'Inghilterra governava gran parte del mondo, motivo per cui, nella nostra epoca basata sul commercio e gli affari l'inglese è la lingua per eccellenza, la Francia dettava la bella vita perchè l'apparenza era quello che si ostentava, che delineava la propria classe sociale di appartenenza e la ricchezza disponibile.

Miei cari, le jeux sont faits, ormai.




Mauser

7 commenti:

  1. Bellissimo post, preciso, ben documentato e piacevolissimo da leggere. Te lo dice una ex studentessa che fece una tesi di laurea sugli anglicismi nella lingua italiana!!! Hai mai notato anche "double face" pronunciato all'inglese? O "trait d'union" (trattino; ma anche, in senso figurato, legame) scritto "trade union", con ridicolo cambio di significato oltre che di codice linguistico?

    RispondiElimina
  2. Bravissima come sempre! Una vera faticaccia...ahah ma spero sia stato divertente scriverlo quanto lo è leggerlo. L'unico che non sapevo, lo confesso, è vintage...pensavo innocentemente che fosse inglese. QUindi grazie mille! Un bacio

    RispondiElimina
  3. @Sylvia: è vero, c'era anche double face, questo me l'ero proprio scordato... invece non sapevo nulla di trait d'union, tantomeno che Trade Union venisse da quello, anche perchè con i termini inglesi aveva già il suo significato... sarà che io sono cresciuta nell'epoca in cui il senso lato di trait d'union (collegamento) si diceva già link...

    @Irene: felice di aver ricevuto la tua approvazione, anche per me è stata una scoperta ritrovare tutte queste parole, lì per lì non ci si fa caso, però ce ne sono davvero molte, d'altra parte a suon di usarli e sentirli è normale adoperare certi vocaboli: nel mio modo di parlare il gergo informatico è usatissimo, dico senza neanche pensarci default, standard, flowcharter, link, status, client, appliance ecc.
    Sono un caso irrecuperabile, mia madre è sconvolta.

    RispondiElimina
  4. Grandioso, come del resto tutto il blog. Questo post però asseconda la mia pignoleria perciò lo adoro.
    E grazie per aver specificato che menu si scrive senza l'accento! XD
    Io ho anche visto scrivere "bordò" e "bege" al posto di bordeaux e beige!
    E poi vintage letto all'inglese dove lo mettiamo? Sigh...

    Grazie per questo bel post. ^__^

    RispondiElimina
  5. bellissimo, bellissimo post!!!

    E, se posso, citerei a corollario una delle tizie che, all'epoca in cui giravamo per organizzare il matrimonio, ci lasciò un preventivo sul quale troneggiava la scritta "TABLO' incluso".... ^_^

    RispondiElimina
  6. Certi esempi di ignoranza andrebbero davvero citati, in modo che servano per cosa NON si dovrebbe fare...

    RispondiElimina
  7. Perché ha battuto alcune parole in francese corretto ed altre no?

    Sofa e casino (come ha spiegato per menu) non hanno l'accento sull'ultima vocale.
    Crème brulée (brulée, aggettivo femminile singolare, come promenade plantée), non creme brulè.
    I beignets (francese), i bignè (francesismo).
    Marrons glacés (glacés, aggettivo maschile plurale), non marrons glacé.
    À la coque (come tutti gli altri à la ...), non alla coque.
    Physique du rôle, non phisique du role.
    Tutti i plurali mancanti di s finale.
    Guêpière, non guepiere.
    Savoir-faire (con il trattino come abat-jour), non savoir faire.
    Tête-à-tête, non tete-a-tete.
    Ménage à trois, non menage a trois.
    E.g.

    Quanto a tutti gli accenti gravi sulla e finale di "perchè": perché?

    Les (non le, in quanto jeux è plurale) jeux sont faits e sono pieni di errori che almeno quattro persone hanno letto e gradito citando altri che non scrivono in modo cosi` "preciso".

    A tutti coloro che, grazie alla tecnologia moderna, sentono il desiderio di esprimersi pubblicamente (tutti re, se non imperatori come in "Kejserens nye Klæder" di Hans Christian Andersen), auguro il coraggio di rileggere e correggere i propri errori, non fosse altro per il posto che occupate ed occupano online.

    "True ignorance is not the absence of knowledge, but the refusal to
    acquire it".

    Karl Popper









    RispondiElimina



Hai qualche idea?
Vorresti approfondire un argomento particolare?
Ci sono curiosità di cui vorresti scrivessimo?

Manda una mail a
georgianagarden@gmail.com