Come promesso non mi sono dimenticata dell'argomento che avevamo incominciato con il primo post dedicato alla casa vittoriana: struttura e architettura dell'abitazione.
Esaurita la prima infarinatura circa l'aspetto esterno, oltrepassiamo adesso il cancello per inoltrarci nel vivo della dimora, nel cuore della casa, andando a studiare un pochino più approfonditamente mobilio e camere in cui ci si poteva imbattere.
Come già ripetuto in passato, non è possibile tracciare una linea netta di demarcazione su tutte le caratteristiche che compaiono nell'ideale "casa vittoriana", questo perché molti stili e mole forme d'arte si sono susseguite durante il lungo regno della Regina Vittoria, ecco quindi che se la forma esterna poteva anche essere facilmente identificabile, non era infrequente trovare all'interno mobili e caratteristiche estetiche proprie di vari stili: Regina Anna, Italiano, Secondo Impero, Neogotico, non si finisce più.
La veranda
La prima stanza, se così la si può definire, dove ci ritroviamo, è la veranda. La veranda è presente solo nelle case vittoriane indipendenti, quelle più prestigiose con a disposizione un piccolo prato, il classico "modello americano" con giardino, per dire, non la ritroveremo certo in piena città, dove la fame di spazio avrebbe sicuramente vietato questo spreco di metri.
La veranda era una zona prospicente alla casa, rialzata sopra il livello del terreno dal basamento di cui abbiamo detto in precedenza e facilmente raggiungibile tramite alcuni gradini; era ombreggiata da una tettoia che si collegava direttamente alle pareti dei piani superiori e poteva essere contornata da una ringhiera metallica o in legno, dal caratteristico stile a colonne semplici.
La veranda era chiamata in molti modi a seconda se si voleva rendere l'idea più signorile o più pratica, ecco quindi che la si ritrova anche con il nome di portico, sebbene sia un po' pretenzioso, terrazzo, anche se la dicitura sarebbe errata, ecc.
I victorian pensavano che la vita all'aria aperta facesse bene alla salute, ecco quindi che tutti quelli che potevano cercavano di trascorrere il loro tempo in lunghe passeggiate negli splendidi parchi inglesi, oppure passavano il tempo seduti all'aperto sotto la loro tettoia a guardare il viavai della strada, cucire e ricamare, leggere su dondoli e sedie di legno e panche; in alcune circostanze i vittoriani pranzavano anche all'aperto.
L'ingresso
Per lungo tempo considerato solo un luogo di passaggio, con il trascorrere del tempo questo spazio è riuscito a conquistarsi la dignità di stanza al 100% e come tale ha iniziato ad essere trattato.
Nonostante questa conquista, manteneva comunque uno spazio a sé limitato, giusto il necessario per il passaggio e se lo contendeva con l'onnipresente scala di legno che conduceva ai piani superiori. Dall'ingresso era possibile raggiungere il salottino dell visite, lo studio, la sala da pranzo, la cucina e, se presente, una stanza da bagno al piano terreno.
Il mobilio che più spesso si poteva riscontrare era destinato ad appendere mantelli e cappotti, erano privilegiati appendi abiti e porta ombrelli appesi alle pareti, rigorosamente rivestite in legno almeno per un terzo, come esigeva la moda già dai tempi di Napoleone, inoltre serviva per mantenere al caldo la casa senza disperdere il calore interno dato da stufe e caminetti a legna.
Le pareti erano decorate con fotografie di famiglia, se la famiglia era abbastanza facoltosa da possederne, oppure da acquerelli con vedute di caccia dal sapore tipicamente british.
Le lampade o i porta lumi erano sempre gemelli ai due lati del passaggio e decorati con stoffe e trine realizzate dalla padrona di casa; una caratteristica tipicamente vittoriana, specialmente con l'avvento dell'elettricità domestica, era di decorare con graziosi fiocchetti e nastrini i porta lampade, tanto da farli assomigliare più ai cappellini delle signore che a forme di arredamento.
Il parlour, altrimenti detto salottino, stanza delle chiacchiere, soggiorno
Tanti nomi per definire, alla fine, la stessa camera, destinata al ricevimento degli ospiti e allo svolgimento delle pratiche diversive quotidiane come il ricamo e piccoli svaghi (puzzle, scacchi, lettura, musica, ecc.).
Dove possibile si cercavano di creare più stanze destinate al ricevimento degli ospiti, ma era principalmente un'ostentazione di ricchezza, mentre era frequente avere una grande sala con divanetti e poltroncine, un tavolino rotondo per il tè e molte credenze alle pareti. A ricevere ospiti presso il salottino era la padrona di casa, oppure le figlie, mentre gli uomini preferivano intrattenere relazioni meno collettive e richiamare i propri ospiti nella biblioteca o nello studio.
Il salottino è facilmente riconoscibile per la luminosità della stanza, per la delicatezza degli arredi, la presenza di suppellettili [leggasi: alloggiapolvere] e tappeti sul pavimenti.
I classici pannelli di legno che la fanno da padroni nell'ingresso potevano essere sostituiti da una raffinata tappezzeria a righe verticali (molto in voga) oppure, sul finire del secolo, da una a fantasie floreali bordata in alto da una striscia in tinta unita.
Lo stile vittoriano prevedeva che nella stessa stanza si presentassero molte fantasie diverse, non era quindi inusuale trovare tappeti o tappezzerie mescolati tra righe, rombi, fantasie impero e fiorellini e nessuno scandalo.
Elemento imprescindibile della stanza era il tavolino, qui venivano posati i vassoi con i biglietti da visita degli ospiti, qui si sedevano le signore per sorbire il tè, qui erano posati alcuni elementi di pregio delle suppellettili, ad esempio sofisticati orologi meccanici sotto una campana di vetro trasparente oppure vasi di fiori freschi cambiati ogni giorno, magari dono di qualche corteggiatore e ammiratore.
Insieme al tavolino viaggiavano almeno due sedie abbinate.
La stanza contava almeno di una credenza dove mettere in mostra il servizio più chic, quello della porcellana più raffinata, dalla provenienza più esotica, il più antico o il più prezioso, magari in argento.
Potevano essere presenti diversi strumenti musicali con i quali le ragazze di casa intrattenevano gli ospiti suonando o cantando, il pianoforte era quasi d'obbligo, se si scorre il tempo all'indietro si potrebbe riconosce un virginale, una variante antica principalmente suonato nel Seicento e Settecento e dal suono molto limpido con cui si esercitavano le fanciulle, e poi anche flauti, specialmente traversi, violini, liuti e mandolini, questi in particolare nei paesi mediterranei [Caravaggio docet!].
Nel salottino, inoltre, attendevano gli ospiti che lasciavano presso le cameriere o i paggi alla porta i propri biglietti da visita, recapitati brevi mano alla padrona o all'interessata che aveva la facoltà di scegliere se scendere e accogliere l'ospite oppure no.
Per ulteriori informazioni vi rimando ai post scritti qualche tempo fa:
Tea Party ~ Il tè pomeridiano
Le visite ~ breve vademecum su come fare visita a qualcuno
La biblioteca
Stanza di impronta nettamente maschile, inutile soffermarci sul suo significato, sebbene, oltre che da stanza dei libri e della cultura servisse anche da studio.
Quando si parla di biblioteca iniziamo subito a inquadrare un minimo l'ambiente: non aspettatevi un salone con le pareti tappezzate di scaffalature tipo La bella e la bestia, in realtà le dimensioni e il contenuto erano decisamente più modeste.
Immaginate quindi una stanza con una o due scrivanie, magari posizionate l'una di fronte all'altra; alla scrivania più imponente sedeva il padrone di casa, su una poltrona dall'aspetto monumentale, probabilmente la sua scrivania aveva dimensioni o foggia più seriose e massicce, lì il signore della casa teneva i conti delle sue proprietà, i suoi acquisti, le spese sul libro di casa, il libro contabile.
La moglie sedeva di fronte, in una scrivania decisamente più raffinata e delicata, leggeva, compilava il registro delle spese domestiche, segnava i salari dei suoi dipendenti, annotava il diario, accessorio indispensabile spesso contenuto in uno dei cassetti dello scrittoio, infine gestiva la corrispondenza, in riferimento a lettere (le persone della famiglia lontane si scrivevano quasi ogni giorno, basti vedere in Orgoglio e Pregiudizio), inviti, ringraziamenti, telegrammi, condoglianze, ecc.
Anche se presente, la scrivania della moglie era comunque un'aggiunta in quanto la biblioteca veniva considerata la stanza del padrone di casa, dove a volte vi rimaneva rinchiuso l'intera giornata. Se egli non voleva la consorte tra i piedi, questa sbrigava le sue faccende tra la propria stanza e il salottino di cui abbiamo detto sopra.
Accessori indispensabili di questa camera erano le confortevoli poltrone con braccioli per la lettura e il caminetto. La legna ardeva sempre nel focolare, ma il carbone veniva aggiunto dalla servitù solo quando i padroni entravano per leggere o consultare qualcosa, per risparmiare sulle spese (il carbone era abbastanza caro, vedi il post intitolato Il costo della vita); quando non adoperato, il carbone stava nel suo contenitore, sulla sinistra del caminetto, a destra risiedevano invece gli attrezzi per attizzare il fuoco, quindi attizzatoio, paletta, scopino, ecc. ma questi erano presenti in ogni stanza con camino.
Per quanto riguarda il materiale da consultazione, poteva essercene del più vario a seconda del tipo di famiglia, di estrazione, di idee politiche e religiose.
Una famiglia media poteva vantare sugli scaffali diversi almanacchi, ovvero previsioni per l'anno a venire e riassunti dei fatti salienti di quelli trascorsi (Sherlock Holmes ne consulta diversi durante le sue indagini e li tiene nel suo soggiorno); c'erano poi dizionari, in quanto era considerato importante saper parlare bene e usare terminologie corrette in riferimento al contesto [abitudini tristemente perse... la gente non sa più consultare né il dizionario né l'enciclopedia e, soprattutto, non sa più parlare correttamente e scrivere quello che dice].
Infine non potevano mancare alcuni classici della letteratura e qui cominciamo a porci d'innanzi ad una questione non da poco: cosa era classico al tempo dei Victorians?
Considerando che i libri di allora sono per noi dei classici (Hardy, Austen, Bronte, Dickens), lo erano per allora?
Nossignore, la Austen scriveva in pratica di Harmony dell'epoca e Dickens era considerato abbastanza populistico., tanto da esserne vietata la lettura agli scolari; Hardy poi era troppo teatrale. I veri classici erano Shakespeare, ovviamente, Chaucer, un po' il Boccaccio inglese, e soprattutto molti sonetti e poesie talmente melensi e smielati che ormai non li legge più nessuno. Ai victorians, nello specifico, piacevano le ballate medievali, i poemi epici, l'amor cortese e il cor gentile infarciti di melassa. Insomma: du palle...
Visto che scritti nel Settecento, erano già classici titoli come Pamela, Joseph Andrews, Viaggi in diverse nazioni remote del mondo, di Lemuel Gulliver il libro che detesto di più in assoluto (all'epoca andava ancora il titolo per esteso e l'edizione in 3-4 volumi) e Robinson Crusoe.
Comunque Dickens, la Austen, le Bronte e Hardy e Thackeray e tutti i loro compagni del tempo erano sì presenti, solo non come classici come adesso, ma come contemporanei, insomma gli omologhi di Follett, Brown, Cornwell e la Reichs. E chissà che nel mucchio non troviate anche qualche libro proibito, ovviamente c'erano, ma non in bella mostra, per esempio si potevano scorgere le copie di Fanny Hill: memorie di una donna di piacere, che non è un libro per educande neanche oggi...
Un immancabile nella biblioteca di casa era La Sacra Bibbia, ma quella era un must have di qualsiasi famiglia sapesse leggere, sia che avesse o no una biblioteca: passaggi e brani erano spesso letti quando la famiglia si riuniva in salotto o a tavola (cfr. Sette spose per sette fratelli) alla classica maniera protestante, inoltre si ringraziava sempre per il cibo che si consumava, un'usanza che forse dovremmo riprendere perché noi lo diamo per scontato, ma il cibo è un dono, ottenuto sì con la fatica, ma pur sempre un dono che non ci è dovuto e quindi, a mio avviso, dovremmo davvero ringraziare per tutto ciò che abbiamo.
Per quanto riguarda l'estetica, la biblioteca di solito era una stanza dalla mobilia scura, in ciliegio rosso, mogano, colori tendenti al nero, anche l'ebano a volte che appesantivano un po' l'ambiente; la tappezzeria era di colori carichi come verde, blu o bordeaux e con pannelli di legno nella parte inferiore del muro. In terra parquet o tappeti e grandi finestre, ove possibile.
Sala da pranzo
Nel mondo anglosassone la distinzione tra living room e dining room è estremamente importante. Da noi può capitare che la sala da pranzo faccia da soggiorno e viceversa, lassù no, è una grave mancanza, la forma più sciatta di arredamento. Ecco quindi che il salotto/salottino erano una cosa e la sala da pranzo un'altra.
La stanza di rappresentanza della casa e quindi la più fastosa e decorata, un vero tripudio, un eccesso dietro l'altro, a cominciare dall'esposizione quasi da banco del mercato di servizi da portata, ordinatamente riposti nelle credenze, ma comunque in bella mostra, zuppiere in argento o porcellana rifinita sul tavolo, intarsi e decori alla mobilia fino a diventare opprimenti e, soprattutto, lini e tovaglie di pregiata fattura, ricamate a mano stipate nelle ante, pronte per essere tirare fuori durante il pranzo della domenica, consumato dai vari membri della famiglia in casa l'uno dell'altro e, quindi, occasione per ostentare il proprio status.
Oltre ai mobili, riccamente decorati, a volte dorati e zeppi di teste di leoni, intarsi, ornamenti, rifiniture, ghirigori e fioriti, a seconda dello stile, anche le tende non erano da meno.
Le tende erano uno dei pezzi forti della sala da pranzo, costituite da due o tre strati di tessuto sovrapposti, tutti preziosi e in mostra, in particolare lo strato sottostante, in stoffa chiara e trasparente era usato per filtrare la luce in modo che non accecasse i presenti, mentre il drappeggio superiore era in drappi spessi e pesanti come broccato, seta o velluto, era usato di notte per coprire i vetri, in modo da mantenere la privacy, era inoltre efficacissimo contro i fastidiosi spifferi che sgusciavano tra le feritoie delle finestre; quest'usanza era in voga già dal Medioevo, quando i castelli e le case non avevano finestre di vetro né imposte, ma solo la sagoma e per ripararsi, specialmente d'inverno dalla pioggia e dalla neve erano usate pesanti tende e arazzi.
Nei paesi nord europei, infatti, non esiste la cultura della persiana che, come dice il nome, viene dall'Oriente, questo perchè i raggi solari erano meno intensi che sul Mediterraneo o in Medio Oriente, dove invece il sole picchia parecchio e nelle ore più calde del mezzogiorno spesso le persone andavano a riposarsi nella frescura della casa o del pergolato, oscurando con pesiane di legno le finestre, che filtravano efficacemente i potenti raggi del primo meriggio.
Studio, studiolo, stanza della musica, della pittura, del...
La ricchezza, si sa, porta ostentazione e stravaganza: insieme, separate, ma una delle due c'è sicuramente. Ecco che la ricchezza in tempo vittoriano era espressa nella manifestazione dei propri possessi, di cui la casa era il più evidente. Ecco quindi che la casa diventa biglietto da visita quando si cerca di fare colpo su personaggi più importanti, per impressionarli l'architettura rasenta l'assurdo e le stanze interne si moltiplicano.
Con la configurazione fino a poco prima nessuno sentiva la necessità di una stanza da disegno, ma se si è ricchi e potenti, questa può diventare una necessità, uno status, ecco quindi che entriamo nell'intricato ambito delle stanze inutili, ovvero camere destinati a scopi ricreativi o semplici doppioni delle precedenti. Una casa importante e ricca, come potrebbe essere Chatsworth House (location di Pemberley in più di un adattamento O&P) avrà sicuramente avuto una biblioteca e almeno quattro salottini.
Le stanze superflue sono inutili, ma si sfrutta l'opportunità di mostrare quanto in più si ha, sia come spazio, sia come oggettistica, mobilio, tappezzeria, tendaggi, tappeti. Se doveste riempire cinquanta stanze, quanto spendereste? Un capitale. Avere molte stanze e spendere qualcosa per ciascuna era come gridare: ho del capitale, ne ho talmente tanto che posso fare a meno perfino di tutto quello che ho usato per queste camere.
Vero.
E falso. Perchè il bluff esiste e magari l'ostentazione era solo uno specchietto per le allodole per accasare bene l'unica figlia.
Le stanze superflue erano principalmente varianti del salottino, le persone di casa vi si riunivano per leggere insieme, ricamare, nella stanza da musica si suonava e si avevano molti strumenti a disposizione, di cui immancabile era il pianoforte, preferibilmente a coda. Nella stanza da disegno l'ambiente e l'illuminazione erano studiati perchè fosse perfetta per disegna e dipingere, un'attività che tutte le ragazze cercavano di apprendre, infatti Lady Catherine DeBurgh rimane estremamente stupita che Lizzie non la conosca (e sia carente anche suonatrice): naturalmente a Rosings probabilmente erano presenti sia la stanza della musica che quella da disegno, mentre difficilmente a Longbourn c'erano, stretti come stavano.
La sala da ballo
Discorso a parte va fatto per la stanza da ballo. Dare un ballo era, per certe signore, un'esigenza sociale e serviva per mantenere il loro status, ecco quindi che la casa doveva essere provvista di un salone adeguato con scalone e sufficiente spazio perchè gli ospiti possano danzare in una stanza e rinfrescarsi in un'altra servendosi dal buffet.
È da classificare come stanza inutile? Personalmente non la definirei tale, ma naturalmente la mia può non essere la vostra opinione; personalmente però, visto la rilevanza che certi eventi mondani avevano sulla vita sociale, su tutti gli aspetti, credo che fosse un dettaglio troppo rilevante perchè potesse essere trascurato, ergo la stanza da ballo non era superflua, almeno da un certo rango in su.
Per maggiori info vi rimando ad alcuni post scritti in passato:
Come organizzare un ballo
Regole di base sul comportamente ai balli sociali
Una nota doverosissima: non immaginate i saloni da ballo come sterminate piazze d'armi, non lo erano: spesso c'era posto solo per i ballerini e alcuni ospiti alle pareti, in questo romanzi e film tendono ad esagerare, ma se guardate delle immagini di Almack's, che tra l'altro era proprio un'istituzione sorta a questo scopo, vi accorgerete che le sue dimensioni erano alquanto modeste. Alcune dimore fuori Londra potevano permettersi i saloni che a noi tutti piace immaginare, probabilmente a Pemberley c'era, ma non dovunque.
Per quanto riguarda l'arredamento, per la sala da ballo dovete immaginare qualcosa di simile al salottino: tappezzeria dai colori vivaci, ostentazione di ricchezza con pesanti e raffinati tendaggi multistrato, mobilia costosa, spesso in legno intarsiato e marmo lavorato, specchiere e grandi candelabri.
Mancanza essenziale erano i tappeti per terra, che avrebbero infastidito i ballerini che scivolavano rapidi sul parquet, importante invece era la presenza di uno o più grandi lampadari al soffitto, tra i quali i preziosi manufatti di Murano erano molto apprezzati, così come splendide creazioni in cristallo di Boemia, disperazione dei domestici che dovevano pulirli periodicamente o accendere tutte le candele.
La cucina
La cucina meriterebbe un discorso molto più ampio di quanto fatto fin'ora e non è detto che prima o poi non mi ci dedichi (ma non contateci troppo, eh!).
Zona fondamentale della casa, era spesso costruita sul retro ed era gigantesca, una stanza enorme dove stufe, camini e strumenti la facevano da padroni mentre il personale si affacendava su immensi tavoloni in legno.
La cucina era il regno delle donne e comprendeva alcune tra le particolarità della casa, ad esempio la ghiacciaia. Nei secoli passati, si sa, la conservazione degli alimenti era un problema non secondario e le soluzioni che i nostri avi inventarono o scoprirono furono sicuramente ingegnosissime, a cominciare dalla salatura, dall'avvolgimento in spezie, dal sotterrare il cibo, in particolare i vini (nelle cantine) e i formaggi (quelli che chiamiamo "di fossa"), avvolgendo nella cera. Insomma, c'erano un'infinità di modi e ciascuno conferiva al cibo un gusto particolarissimo.
Già nel Settecento si era capito che le basse temperature congelavano, oltre all'acchia, anche il processo di decomposizione e si iniziarono a sfruttare le tecnologie per ottenere vantaggi da ciò anche a quote inferiori a quelle del Monte Bianco; così dalle montagne venivano trasportati a valle enormi cubi di ghiaccio e poi conservati al fresco in un luogo buio e riparato e insieme a loro venivano sistemati gli alimenti da conservare. La struttura di queste ghiacciaie non era molto diversa da quella di una libreria: tanti ripiani dove si intervallavano cubi di ghiaccio molto grossi (più lo sono e più lentamente si sciolgono) ad otri di carne, pesce, ecc.
La cucina stessa poi era un capolavoro di tecnica e di tecnologia. Nel Settecento la maggior parte delle pietanze delle grandi case era cucinata ancora sul camino nei grossi paioli e calderoni molto medievali che abbiamo visto anche in La cameriera che travasa la zuppa; nell'Ottocento, invece, le cose cambiano: le stufe, un'invenzione dell'Europa centro-occidentale (Germania, Olanda e Belgio) conquista sempre più campo nelle piccole abitazioni dove si rivela più comoda del camino, lì sopra si sistemano le pentole, si porta ad ebollizione l'acqua, si cucinano le minestre, si usano anche per scandare i mattoni del letto e come caloriferi, ruolo per cui erano molto efficaci, specialmente per la loro posizione centrale nella stanza, a differenza del caminetto che, invece, era sempre dislocato su una delle pareti e, quindi, parte del calore si disperdeva oltre il muro in un'altra camera o all'esterno (che spreco!).
Sulla metà dell'Ottocento le cucine a stufa avevano soppiantato quasi del tutto i camini per cucinare, mentre alla fine del secolo fecero la loro comparsa le prime stufe a gas, le mamme dei moderni piani cottura che usiamo in Italia, mentre all'estero è molto impiegata la piastra riscaldata al posto del fornello, una via di mezzo tra il principio della stufa e il funzionamento della cucina a gas.
Altro indispensabile strumento era il lavandino: verso la fine del XIX secolo ce n'era uno in ogni cucina e dotato di acqua corrente, ma non era così prima, quando l'acqua arrivava dal pozzo e veniva fatta sgorgare tramite una pompa manuale (ricordate Biancaneve?), attrezzo che richiedeva che le donne di cucina avesse delle belle braccia robuste.
L'avvento dell'acqua corrente fece sì che molti installassero lavandini, ma le tubature non arrivavano ovunque e la spesa era onerosa, quindi ci volle circa un secolo prima che la situazione cambiasse da come era stata fin dai tempi antichi, con ragazzi robusti che portavano l'acqua e ragazze che prelevavano dal pozzo.
Immaginarsi una cucina vittoriana credo sia affascinante, ho visitato diversi castelli e residenze e ogni volta è più affascinante: a Neuschwanstein la cucina intonsa di Ludwig II è un capolavoro di modernità, la cucina della Venaria Reale, fuori Torino, invece, è stata creata appositamente per cucinae piatti di cacciagione che piacevano tanto ai Savoia e che si cacciavano proprio alla reggia. Particolarissima è la cucinina dell'Amalienburg, il casino di caccia della regina di Baviera, decorata con maioliche coloratissime perchè ad Amalia Savoia, colei che l'ha voluta, piaceva farsi vedere dai suoi ospiti mentre dava un giro di mestolo alle pietanze che avrebbero poi mangiato [per carità, più di un giro di mestolo non faceva! Ma sapete, non poteva mica stare in un ambiente fumoso, spoglio e con le pareti intonacate, la poverina...].
Mia madre sostiene essere molto bella la cucina del Castello di Chenonceau, nella Valle della Loira, residenza della famosa amante di Enrico II di Franica, Diana di Poitiers. Secondo me è anche molto pittoresca la cucina medievale del Castello di Kost, vicino Praga, ma io sono una patita del medievale ^__^
La cucina generalmente era grande nelle magioni furi Londra, le estates, come erano chiamate, autentiche piazze d'armi con un grosso tavolo al centro dove si preparavano le pietanze, tutt'attorno le pareti erano decorate dagli utensili appesi: teglie, pentole, scolapasta, casseruole, mattarelli, principalmente in rame o ottone. Eppoi la moltitudine di vasi e rami di erbe aromatiche lasciate ad essiccare conferivano quel tocco di rustico.
La cucina, a differenza di quelle moderne, era un luogo abbastanza sporco, il camino e la stufa sempre in funzione macchiavano irrimediabilmente di carbone le pareti chiare e conferivano all'ambiente quell'aria scura e opprimente, inoltre il cibo, l'dore di carne e di spezie erano forti e l'aria viziata dai sapori così violenti. Lavorare in cucina, si diceva, era come lavorare all'inferno, il che dovrebbe farci capire come fosse piacevole.
Bene, ci sentiamo nella prossima puntata per quanto riguarda il primo piano, sperando che la sua gestazione e relativo reperimento di fonti siano un po' più rapidi di questi.
Baci a tutti
Mauser
Esaurita la prima infarinatura circa l'aspetto esterno, oltrepassiamo adesso il cancello per inoltrarci nel vivo della dimora, nel cuore della casa, andando a studiare un pochino più approfonditamente mobilio e camere in cui ci si poteva imbattere.
Come già ripetuto in passato, non è possibile tracciare una linea netta di demarcazione su tutte le caratteristiche che compaiono nell'ideale "casa vittoriana", questo perché molti stili e mole forme d'arte si sono susseguite durante il lungo regno della Regina Vittoria, ecco quindi che se la forma esterna poteva anche essere facilmente identificabile, non era infrequente trovare all'interno mobili e caratteristiche estetiche proprie di vari stili: Regina Anna, Italiano, Secondo Impero, Neogotico, non si finisce più.
La veranda
La prima stanza, se così la si può definire, dove ci ritroviamo, è la veranda. La veranda è presente solo nelle case vittoriane indipendenti, quelle più prestigiose con a disposizione un piccolo prato, il classico "modello americano" con giardino, per dire, non la ritroveremo certo in piena città, dove la fame di spazio avrebbe sicuramente vietato questo spreco di metri.
La veranda era una zona prospicente alla casa, rialzata sopra il livello del terreno dal basamento di cui abbiamo detto in precedenza e facilmente raggiungibile tramite alcuni gradini; era ombreggiata da una tettoia che si collegava direttamente alle pareti dei piani superiori e poteva essere contornata da una ringhiera metallica o in legno, dal caratteristico stile a colonne semplici.
La veranda era chiamata in molti modi a seconda se si voleva rendere l'idea più signorile o più pratica, ecco quindi che la si ritrova anche con il nome di portico, sebbene sia un po' pretenzioso, terrazzo, anche se la dicitura sarebbe errata, ecc.
I victorian pensavano che la vita all'aria aperta facesse bene alla salute, ecco quindi che tutti quelli che potevano cercavano di trascorrere il loro tempo in lunghe passeggiate negli splendidi parchi inglesi, oppure passavano il tempo seduti all'aperto sotto la loro tettoia a guardare il viavai della strada, cucire e ricamare, leggere su dondoli e sedie di legno e panche; in alcune circostanze i vittoriani pranzavano anche all'aperto.
L'ingresso
Per lungo tempo considerato solo un luogo di passaggio, con il trascorrere del tempo questo spazio è riuscito a conquistarsi la dignità di stanza al 100% e come tale ha iniziato ad essere trattato.
Ingresso vittoriano |
Il mobilio che più spesso si poteva riscontrare era destinato ad appendere mantelli e cappotti, erano privilegiati appendi abiti e porta ombrelli appesi alle pareti, rigorosamente rivestite in legno almeno per un terzo, come esigeva la moda già dai tempi di Napoleone, inoltre serviva per mantenere al caldo la casa senza disperdere il calore interno dato da stufe e caminetti a legna.
Le pareti erano decorate con fotografie di famiglia, se la famiglia era abbastanza facoltosa da possederne, oppure da acquerelli con vedute di caccia dal sapore tipicamente british.
Le lampade o i porta lumi erano sempre gemelli ai due lati del passaggio e decorati con stoffe e trine realizzate dalla padrona di casa; una caratteristica tipicamente vittoriana, specialmente con l'avvento dell'elettricità domestica, era di decorare con graziosi fiocchetti e nastrini i porta lampade, tanto da farli assomigliare più ai cappellini delle signore che a forme di arredamento.
Il parlour, altrimenti detto salottino, stanza delle chiacchiere, soggiorno
Tanti nomi per definire, alla fine, la stessa camera, destinata al ricevimento degli ospiti e allo svolgimento delle pratiche diversive quotidiane come il ricamo e piccoli svaghi (puzzle, scacchi, lettura, musica, ecc.).
Salottino vittoriano in stile neorinascimentale |
Il salottino è facilmente riconoscibile per la luminosità della stanza, per la delicatezza degli arredi, la presenza di suppellettili [leggasi: alloggiapolvere] e tappeti sul pavimenti.
I classici pannelli di legno che la fanno da padroni nell'ingresso potevano essere sostituiti da una raffinata tappezzeria a righe verticali (molto in voga) oppure, sul finire del secolo, da una a fantasie floreali bordata in alto da una striscia in tinta unita.
Lo stile vittoriano prevedeva che nella stessa stanza si presentassero molte fantasie diverse, non era quindi inusuale trovare tappeti o tappezzerie mescolati tra righe, rombi, fantasie impero e fiorellini e nessuno scandalo.
Elemento imprescindibile della stanza era il tavolino, qui venivano posati i vassoi con i biglietti da visita degli ospiti, qui si sedevano le signore per sorbire il tè, qui erano posati alcuni elementi di pregio delle suppellettili, ad esempio sofisticati orologi meccanici sotto una campana di vetro trasparente oppure vasi di fiori freschi cambiati ogni giorno, magari dono di qualche corteggiatore e ammiratore.
Insieme al tavolino viaggiavano almeno due sedie abbinate.
La stanza contava almeno di una credenza dove mettere in mostra il servizio più chic, quello della porcellana più raffinata, dalla provenienza più esotica, il più antico o il più prezioso, magari in argento.
Potevano essere presenti diversi strumenti musicali con i quali le ragazze di casa intrattenevano gli ospiti suonando o cantando, il pianoforte era quasi d'obbligo, se si scorre il tempo all'indietro si potrebbe riconosce un virginale, una variante antica principalmente suonato nel Seicento e Settecento e dal suono molto limpido con cui si esercitavano le fanciulle, e poi anche flauti, specialmente traversi, violini, liuti e mandolini, questi in particolare nei paesi mediterranei [Caravaggio docet!].
Nel salottino, inoltre, attendevano gli ospiti che lasciavano presso le cameriere o i paggi alla porta i propri biglietti da visita, recapitati brevi mano alla padrona o all'interessata che aveva la facoltà di scegliere se scendere e accogliere l'ospite oppure no.
Per ulteriori informazioni vi rimando ai post scritti qualche tempo fa:
Tea Party ~ Il tè pomeridiano
Le visite ~ breve vademecum su come fare visita a qualcuno
La biblioteca
Stanza di impronta nettamente maschile, inutile soffermarci sul suo significato, sebbene, oltre che da stanza dei libri e della cultura servisse anche da studio.
Quando si parla di biblioteca iniziamo subito a inquadrare un minimo l'ambiente: non aspettatevi un salone con le pareti tappezzate di scaffalature tipo La bella e la bestia, in realtà le dimensioni e il contenuto erano decisamente più modeste.
Angolo biblioteca |
La moglie sedeva di fronte, in una scrivania decisamente più raffinata e delicata, leggeva, compilava il registro delle spese domestiche, segnava i salari dei suoi dipendenti, annotava il diario, accessorio indispensabile spesso contenuto in uno dei cassetti dello scrittoio, infine gestiva la corrispondenza, in riferimento a lettere (le persone della famiglia lontane si scrivevano quasi ogni giorno, basti vedere in Orgoglio e Pregiudizio), inviti, ringraziamenti, telegrammi, condoglianze, ecc.
Anche se presente, la scrivania della moglie era comunque un'aggiunta in quanto la biblioteca veniva considerata la stanza del padrone di casa, dove a volte vi rimaneva rinchiuso l'intera giornata. Se egli non voleva la consorte tra i piedi, questa sbrigava le sue faccende tra la propria stanza e il salottino di cui abbiamo detto sopra.
Accessori indispensabili di questa camera erano le confortevoli poltrone con braccioli per la lettura e il caminetto. La legna ardeva sempre nel focolare, ma il carbone veniva aggiunto dalla servitù solo quando i padroni entravano per leggere o consultare qualcosa, per risparmiare sulle spese (il carbone era abbastanza caro, vedi il post intitolato Il costo della vita); quando non adoperato, il carbone stava nel suo contenitore, sulla sinistra del caminetto, a destra risiedevano invece gli attrezzi per attizzare il fuoco, quindi attizzatoio, paletta, scopino, ecc. ma questi erano presenti in ogni stanza con camino.
Per quanto riguarda il materiale da consultazione, poteva essercene del più vario a seconda del tipo di famiglia, di estrazione, di idee politiche e religiose.
Biblioteca di una estate di campagna, la dimensione è decisamente cosa diversa dalla precedente immagine e anche le scaffalature |
Infine non potevano mancare alcuni classici della letteratura e qui cominciamo a porci d'innanzi ad una questione non da poco: cosa era classico al tempo dei Victorians?
Considerando che i libri di allora sono per noi dei classici (Hardy, Austen, Bronte, Dickens), lo erano per allora?
Nossignore, la Austen scriveva in pratica di Harmony dell'epoca e Dickens era considerato abbastanza populistico., tanto da esserne vietata la lettura agli scolari; Hardy poi era troppo teatrale. I veri classici erano Shakespeare, ovviamente, Chaucer, un po' il Boccaccio inglese, e soprattutto molti sonetti e poesie talmente melensi e smielati che ormai non li legge più nessuno. Ai victorians, nello specifico, piacevano le ballate medievali, i poemi epici, l'amor cortese e il cor gentile infarciti di melassa. Insomma: du palle...
Visto che scritti nel Settecento, erano già classici titoli come Pamela, Joseph Andrews, Viaggi in diverse nazioni remote del mondo, di Lemuel Gulliver il libro che detesto di più in assoluto (all'epoca andava ancora il titolo per esteso e l'edizione in 3-4 volumi) e Robinson Crusoe.
Comunque Dickens, la Austen, le Bronte e Hardy e Thackeray e tutti i loro compagni del tempo erano sì presenti, solo non come classici come adesso, ma come contemporanei, insomma gli omologhi di Follett, Brown, Cornwell e la Reichs. E chissà che nel mucchio non troviate anche qualche libro proibito, ovviamente c'erano, ma non in bella mostra, per esempio si potevano scorgere le copie di Fanny Hill: memorie di una donna di piacere, che non è un libro per educande neanche oggi...
Un immancabile nella biblioteca di casa era La Sacra Bibbia, ma quella era un must have di qualsiasi famiglia sapesse leggere, sia che avesse o no una biblioteca: passaggi e brani erano spesso letti quando la famiglia si riuniva in salotto o a tavola (cfr. Sette spose per sette fratelli) alla classica maniera protestante, inoltre si ringraziava sempre per il cibo che si consumava, un'usanza che forse dovremmo riprendere perché noi lo diamo per scontato, ma il cibo è un dono, ottenuto sì con la fatica, ma pur sempre un dono che non ci è dovuto e quindi, a mio avviso, dovremmo davvero ringraziare per tutto ciò che abbiamo.
Per quanto riguarda l'estetica, la biblioteca di solito era una stanza dalla mobilia scura, in ciliegio rosso, mogano, colori tendenti al nero, anche l'ebano a volte che appesantivano un po' l'ambiente; la tappezzeria era di colori carichi come verde, blu o bordeaux e con pannelli di legno nella parte inferiore del muro. In terra parquet o tappeti e grandi finestre, ove possibile.
Sala da pranzo
La stanza di rappresentanza della casa e quindi la più fastosa e decorata, un vero tripudio, un eccesso dietro l'altro, a cominciare dall'esposizione quasi da banco del mercato di servizi da portata, ordinatamente riposti nelle credenze, ma comunque in bella mostra, zuppiere in argento o porcellana rifinita sul tavolo, intarsi e decori alla mobilia fino a diventare opprimenti e, soprattutto, lini e tovaglie di pregiata fattura, ricamate a mano stipate nelle ante, pronte per essere tirare fuori durante il pranzo della domenica, consumato dai vari membri della famiglia in casa l'uno dell'altro e, quindi, occasione per ostentare il proprio status.
Oltre ai mobili, riccamente decorati, a volte dorati e zeppi di teste di leoni, intarsi, ornamenti, rifiniture, ghirigori e fioriti, a seconda dello stile, anche le tende non erano da meno.
Sala da pranzo vittoriana |
Nei paesi nord europei, infatti, non esiste la cultura della persiana che, come dice il nome, viene dall'Oriente, questo perchè i raggi solari erano meno intensi che sul Mediterraneo o in Medio Oriente, dove invece il sole picchia parecchio e nelle ore più calde del mezzogiorno spesso le persone andavano a riposarsi nella frescura della casa o del pergolato, oscurando con pesiane di legno le finestre, che filtravano efficacemente i potenti raggi del primo meriggio.
Studio, studiolo, stanza della musica, della pittura, del...
La ricchezza, si sa, porta ostentazione e stravaganza: insieme, separate, ma una delle due c'è sicuramente. Ecco che la ricchezza in tempo vittoriano era espressa nella manifestazione dei propri possessi, di cui la casa era il più evidente. Ecco quindi che la casa diventa biglietto da visita quando si cerca di fare colpo su personaggi più importanti, per impressionarli l'architettura rasenta l'assurdo e le stanze interne si moltiplicano.
Stanza della musica |
Le stanze superflue sono inutili, ma si sfrutta l'opportunità di mostrare quanto in più si ha, sia come spazio, sia come oggettistica, mobilio, tappezzeria, tendaggi, tappeti. Se doveste riempire cinquanta stanze, quanto spendereste? Un capitale. Avere molte stanze e spendere qualcosa per ciascuna era come gridare: ho del capitale, ne ho talmente tanto che posso fare a meno perfino di tutto quello che ho usato per queste camere.
Vero.
E falso. Perchè il bluff esiste e magari l'ostentazione era solo uno specchietto per le allodole per accasare bene l'unica figlia.
Le stanze superflue erano principalmente varianti del salottino, le persone di casa vi si riunivano per leggere insieme, ricamare, nella stanza da musica si suonava e si avevano molti strumenti a disposizione, di cui immancabile era il pianoforte, preferibilmente a coda. Nella stanza da disegno l'ambiente e l'illuminazione erano studiati perchè fosse perfetta per disegna e dipingere, un'attività che tutte le ragazze cercavano di apprendre, infatti Lady Catherine DeBurgh rimane estremamente stupita che Lizzie non la conosca (e sia carente anche suonatrice): naturalmente a Rosings probabilmente erano presenti sia la stanza della musica che quella da disegno, mentre difficilmente a Longbourn c'erano, stretti come stavano.
La sala da ballo
Discorso a parte va fatto per la stanza da ballo. Dare un ballo era, per certe signore, un'esigenza sociale e serviva per mantenere il loro status, ecco quindi che la casa doveva essere provvista di un salone adeguato con scalone e sufficiente spazio perchè gli ospiti possano danzare in una stanza e rinfrescarsi in un'altra servendosi dal buffet.
Una dance room vittoriana, probabilmente di un ricevimento al Palazzo Reale |
Per maggiori info vi rimando ad alcuni post scritti in passato:
Come organizzare un ballo
Regole di base sul comportamente ai balli sociali
Una nota doverosissima: non immaginate i saloni da ballo come sterminate piazze d'armi, non lo erano: spesso c'era posto solo per i ballerini e alcuni ospiti alle pareti, in questo romanzi e film tendono ad esagerare, ma se guardate delle immagini di Almack's, che tra l'altro era proprio un'istituzione sorta a questo scopo, vi accorgerete che le sue dimensioni erano alquanto modeste. Alcune dimore fuori Londra potevano permettersi i saloni che a noi tutti piace immaginare, probabilmente a Pemberley c'era, ma non dovunque.
Per quanto riguarda l'arredamento, per la sala da ballo dovete immaginare qualcosa di simile al salottino: tappezzeria dai colori vivaci, ostentazione di ricchezza con pesanti e raffinati tendaggi multistrato, mobilia costosa, spesso in legno intarsiato e marmo lavorato, specchiere e grandi candelabri.
Mancanza essenziale erano i tappeti per terra, che avrebbero infastidito i ballerini che scivolavano rapidi sul parquet, importante invece era la presenza di uno o più grandi lampadari al soffitto, tra i quali i preziosi manufatti di Murano erano molto apprezzati, così come splendide creazioni in cristallo di Boemia, disperazione dei domestici che dovevano pulirli periodicamente o accendere tutte le candele.
La cucina
La cucina meriterebbe un discorso molto più ampio di quanto fatto fin'ora e non è detto che prima o poi non mi ci dedichi (ma non contateci troppo, eh!).
Cucina vittoriana con la stufa in ghisa al posto del caminetto gigantesco |
La cucina era il regno delle donne e comprendeva alcune tra le particolarità della casa, ad esempio la ghiacciaia. Nei secoli passati, si sa, la conservazione degli alimenti era un problema non secondario e le soluzioni che i nostri avi inventarono o scoprirono furono sicuramente ingegnosissime, a cominciare dalla salatura, dall'avvolgimento in spezie, dal sotterrare il cibo, in particolare i vini (nelle cantine) e i formaggi (quelli che chiamiamo "di fossa"), avvolgendo nella cera. Insomma, c'erano un'infinità di modi e ciascuno conferiva al cibo un gusto particolarissimo.
Già nel Settecento si era capito che le basse temperature congelavano, oltre all'acchia, anche il processo di decomposizione e si iniziarono a sfruttare le tecnologie per ottenere vantaggi da ciò anche a quote inferiori a quelle del Monte Bianco; così dalle montagne venivano trasportati a valle enormi cubi di ghiaccio e poi conservati al fresco in un luogo buio e riparato e insieme a loro venivano sistemati gli alimenti da conservare. La struttura di queste ghiacciaie non era molto diversa da quella di una libreria: tanti ripiani dove si intervallavano cubi di ghiaccio molto grossi (più lo sono e più lentamente si sciolgono) ad otri di carne, pesce, ecc.
La cucina stessa poi era un capolavoro di tecnica e di tecnologia. Nel Settecento la maggior parte delle pietanze delle grandi case era cucinata ancora sul camino nei grossi paioli e calderoni molto medievali che abbiamo visto anche in La cameriera che travasa la zuppa; nell'Ottocento, invece, le cose cambiano: le stufe, un'invenzione dell'Europa centro-occidentale (Germania, Olanda e Belgio) conquista sempre più campo nelle piccole abitazioni dove si rivela più comoda del camino, lì sopra si sistemano le pentole, si porta ad ebollizione l'acqua, si cucinano le minestre, si usano anche per scandare i mattoni del letto e come caloriferi, ruolo per cui erano molto efficaci, specialmente per la loro posizione centrale nella stanza, a differenza del caminetto che, invece, era sempre dislocato su una delle pareti e, quindi, parte del calore si disperdeva oltre il muro in un'altra camera o all'esterno (che spreco!).
Una cucina di campagna con camino e utensili di rame |
Altro indispensabile strumento era il lavandino: verso la fine del XIX secolo ce n'era uno in ogni cucina e dotato di acqua corrente, ma non era così prima, quando l'acqua arrivava dal pozzo e veniva fatta sgorgare tramite una pompa manuale (ricordate Biancaneve?), attrezzo che richiedeva che le donne di cucina avesse delle belle braccia robuste.
L'avvento dell'acqua corrente fece sì che molti installassero lavandini, ma le tubature non arrivavano ovunque e la spesa era onerosa, quindi ci volle circa un secolo prima che la situazione cambiasse da come era stata fin dai tempi antichi, con ragazzi robusti che portavano l'acqua e ragazze che prelevavano dal pozzo.
Immaginarsi una cucina vittoriana credo sia affascinante, ho visitato diversi castelli e residenze e ogni volta è più affascinante: a Neuschwanstein la cucina intonsa di Ludwig II è un capolavoro di modernità, la cucina della Venaria Reale, fuori Torino, invece, è stata creata appositamente per cucinae piatti di cacciagione che piacevano tanto ai Savoia e che si cacciavano proprio alla reggia. Particolarissima è la cucinina dell'Amalienburg, il casino di caccia della regina di Baviera, decorata con maioliche coloratissime perchè ad Amalia Savoia, colei che l'ha voluta, piaceva farsi vedere dai suoi ospiti mentre dava un giro di mestolo alle pietanze che avrebbero poi mangiato [per carità, più di un giro di mestolo non faceva! Ma sapete, non poteva mica stare in un ambiente fumoso, spoglio e con le pareti intonacate, la poverina...].
Utensili da cucina per al consumazione della servitù (si riconosce dalla qualtià del metallo) |
La cucina generalmente era grande nelle magioni furi Londra, le estates, come erano chiamate, autentiche piazze d'armi con un grosso tavolo al centro dove si preparavano le pietanze, tutt'attorno le pareti erano decorate dagli utensili appesi: teglie, pentole, scolapasta, casseruole, mattarelli, principalmente in rame o ottone. Eppoi la moltitudine di vasi e rami di erbe aromatiche lasciate ad essiccare conferivano quel tocco di rustico.
La cucina, a differenza di quelle moderne, era un luogo abbastanza sporco, il camino e la stufa sempre in funzione macchiavano irrimediabilmente di carbone le pareti chiare e conferivano all'ambiente quell'aria scura e opprimente, inoltre il cibo, l'dore di carne e di spezie erano forti e l'aria viziata dai sapori così violenti. Lavorare in cucina, si diceva, era come lavorare all'inferno, il che dovrebbe farci capire come fosse piacevole.
Bene, ci sentiamo nella prossima puntata per quanto riguarda il primo piano, sperando che la sua gestazione e relativo reperimento di fonti siano un po' più rapidi di questi.
Baci a tutti
Mauser
Davvero un bellissimo post ricco di informazioni e immagini interessanti. A proposito, nella foto della sala da pranzo di stato di Buckingham Palace ho riconosciuto il ritratto di Giorgio IV di Sir Thomas Lawrence.
RispondiEliminaSe ti piace leggere in inglese e ti interessa anche il mondo regency, potrebbe intrigarti Georgette Heyer's regency world: è una vera miniera di informazioni.
Approfitto di questo commento anche per metterti a parte di come prosegue la mia lettura di The winter rose. Va a rilento anche se ho superato la metà del romanzo. Il libro è ben scritto, la trama è ben sviluppata e la Donnelly gestisce piuttosto bene tutti i numerosi personaggi, ma a me la storia mette l'ansia. Forse mi sento troppo partecipe - mio malgrado - nella narrazione, in questa sorta di saga e al contempo romanzo sociale. In seconda istanza... Meglio non rivelarti troppo. Lo sto portando avanti con altre letture e sto cercando di impegnarmi a leggere ogni giorno qualche decina di pagine. Ti terrò aggiornata.
Ancora complimenti per questo post così esaustivo,
Ludo.
Per il dipinto, non saprei dirti se sia l'originale o una copia tenuta lì di figura e quello vero sia nella galleria dei ritratti, ma presumo sia l'originale, intrigante invece ciò che mi hai detto su Winter Rose che mi ispira sempre di più.
RispondiEliminaPersonalmente mi piace leggere e non trovo problemi a farlo anche in inglese, vocabolario alla mano, se necessario, ma trovo a malapena il tempo per leggere quelli in italiano (e considerando quello che pubblicano non è poi molto), inoltre se mi indirizzassi sulla letteratura anglosassone farei un favore all'inglese, ma un po' meno al portafoglio. Comunque prima o poi ci arriverò, sono fiduciosa, specialmente con l'arrivo degli ebook
Un post eccezionale!
RispondiEliminaQuanto la vorrei anche io una biblioteca! :)
Grazie mille, e davvero tantissimi complimenti per il blog! :D
Grazie mille per il post utilissimo davvero! Mi sono sempre chiesta come fossero esattamente le case vittoriane!
RispondiEliminaVolevo chiederti quando farai i post sui bordelli e la prostituzione
non so se t ric di me ! :)
Volevo sapere cm funzionava qst mondo
anke sul fatto ke molte volte i mariti avevano le amanti...il lato oscuro insomma! XD
Mi piace moltissimo la parte della cucina!
RispondiEliminaTrovo sempre interessante apprendere come in passato risolvessero problemi che oggi, appena manca l'elettricità o il gas, non potremmo proprio affrontare!!!
In una casa di campagna che visitai qualche anno fa, bella provincia di messina, vi era, accanto alla cucina a gas, una cucina economica, di quelle che vanno a legna, che d'inverno la padrona di casa usava sia per cucinare che per scaldare la stanza! Fantastica!
E una vera curiosità, mai vista né sentita prima: un forno a legna nascosto dietro una tendina, che era direttamente incorporato nel muro della cucina! Scostavi la tendina, e vedevi un'apertura rettangolare nella parete, che era la bocca del forno! Lì si infilava la legna, si portava il forno a temperatura, si usciva tutta la brace, si infilava dentro il pane e si chiudeva. Dopo un paio d'ore aprivi e il pane era cotto e durava giorni e giorni. Fantastico!!!
Avere il forno in casa era considerata una grandissima ricchezza. La maggior parte delle persone aveva solo la stufa, acquistata con grande sacrificio, mentre per cuocere i cibi che necessitavano del forno si andava al paese, dove il fornaio, dietro pagamento, cuoceva le pagnotte.
RispondiEliminaEra un'usanza molto diffusa e lo rimase fino a dopo il dopoguerra, negli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento si potevano ancora trovare donne neanche troppo vecchie che portavano il pane a cuocere dal fornaio, entrambe le mie nonne lo facevano =)
Ma sai che qui in paese ancora qualcuno lo fa? Ci sono dei fornai che te lo permettono! Io l'ho scoperto da poco....
RispondiEliminaDavvero?! Che fortuna! Sono tradizioni che andrebbero preservate a dispetto della comodità di una normale cucina a gas con forno incorporate. Eppoi il pane cotto nel forno tradizionale, con la legna e tutto, ha un sapore molto più genuino e rustico *__*
RispondiEliminaSenza parole, sto approfondendo argomenti che mi hanno sempre interessata, e tutto questo grazie a te! :)
RispondiEliminaFantastico blog, sto scrivendo un romanzo ambientato in Inghilterra, e qui trovo info preziosissime. Grazie.
RispondiEliminaLady Spencer
Ciao, Volevo farti ancora i complimenti per il blog,che è veramente molto molto utile, e permette di approfondire vari argomenti, i tuoi post sono davvero molto belli... e poi volevo chiederti una curiosità le dimensioni di una biblioteca erano standard oppure cambiavano in base ai gusti del padrone di casa? Per esempio la biblioteca di un duca poteva essere più imponente rispetto a quella di un conte, o magari il contrari se il conte era un accanito lettore?
RispondiEliminaGrazie ancora :-) Marirosa.
La dimensione fisica di qualsiasi stanza ovviamente si rifaceva alla ricchezza del proprietario, più uno era ricco e più ingrandiva la casa e la rendeva sontuosa.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il contenuto, naturalmente si parlava di gusti personali, c'era il minimo sindacale e c'erano i lettori.
Attenta però che qui abbiamo approfondito la casa borghese, non quella nobiliare: la casa borghese era di costruzione recente, la casa nobiliare era un palazzo, spesso vecchio di un secolo o due, di proprietà della famiglia da sempre e le dimensioni delle stanze erano variate nel tempo così come la logistica.
Ok, ti ringrazio molto delle info. Volevo chiederti se anche i palazzi avessero dei giardini, e dove i nobili tenevano le carozze( Chiaramente sto parlando sempre di Londra).Ti ringrazio ancora, Marirosa :-)
RispondiEliminaAnna Di Renzo
RispondiEliminaBellissimo sito, molto interessante. Complimenti