26 settembre 2011

La «corona lombarda»

L'Italia, lo sappiamo, è un Paese che ha sempre esercitato molto fascino sugli anglosassoni che da sempre ci sfruttano sia come luogo di villeggiatura, ma anche come enciclopedia vivente di cultura e tradizione. Oserei dire che basta sollevare la possibilità che un manufatto o un tradizione provenga dallo Stivale perchè un inglese sia preda della smania di accaparrarselo.

Scherzi e patriottismo a parte, ci sono stati sprazzi nel passato in cui gli inglesi in particolare amavano molto l'Italia ed erano affascinati dagli oggetti e dalle usanze che si portavano da noi, perfino la moda, appannaggio quasi esclusivamente francese, ebbe qualche raro esponente proveniente dall'Italia prima di Valentino, anche se i loro nomi di rado sono passati alla storia come quello dell'inventore del rosso per eccellenza.

La misteriosa
corona lombardamodello realizzato in ottone argentato
La corona lombarda che ho nominato a titolo del post (nome inglese), conosciuta da noi come raggiera o anche come guazza, è proprio uno di questi casi, uno di quegli accessori di cui neppure noi italiani, a parte i diretti interessati della regione, rammentiamo l'usanza o ne conosciamo la provenienza, ma che continua a vantare riproduzioni in certune circostanze (leggasi illustrazioni dei Promessi Sposi e le classiche celebrazioni in abiti storici).
No, niente a che vedere con la famosissima Corona Ferrea conservata nel Duomo di Monza e utilizzata per l'incoronazione dei Re d'Italia e degli imperatori del Sacro Romano Impero, ma qualcosa di molto più vanitoso, sebbene proveniente dalla stessa regione.
Spadini a cucchiaio e intarsiati
La corona lombarda, infatti, è un accessorio femminile utilizzato durante la storia italiana per adornare il capo, e dalla caratteristica foggia a ventaglio che formava un'aureola intorno al capo della ragazza che l'indossava, simile a quella delle Madonne.

Accessorio diffusissimo in Lombardia e facente a tutt'oggi parte del costume regionale delle zone del lecchese, del varesotto e della Brianza, fu per lungo tempo conosciuto solo in Italia come acconciatura popolare ed è proprio da lì che ne proviene il nome ufficiale di guazza che nel dialetto originario significava "intreccio". In altre zone, vista la sua diffusione territoriale, assume i nomi di raggiera brianzola, giron, speronada, sperada o coo d'argent.

La sua origine è avvolta nel mistero, nella leggenda e anche nelle supposizioni, si credo infatti che l'usanza provenga dalla Svizzera, probabilmente importata in Italia con i mercanti che commerciavano dai paesi d'oltralpe fino alle ricche città del nord ducato milanese.
Attraverso i walser provenienti dalla Val d'Aosta la corona è entrata nell'utilizzo collettivo lombardo per i vestiti della festa intorno al Seicento, rimanendoci fino agli inizi del Novecento, quando le particolarità e le fogge dei costumi regionali iniziarono ad essere piano piano appianate dalla moda in serie e dalla standardizzazione degli abiti, oltre che dal sempre più rapido cambio della foggia degli abiti, soppiantati da altri di fattura più mascolina.
Lucia Mondella guarda dalla finestra
by Eliseo Sala

È proprio la versione seicentesca che, grazie alla prosa immortale del Manzoni è giunta fino a noi in una famosa descrizione che senz'altro ricorderemo dai banchi di scuola, ve la riporto sperando di non suscitare troppi brutti ricordi =)
Lucia usciva in quel momento tutta attillata dalle mani della madre... I neri e giovanili capelli, spartiti sopra la fronte, con una bianca e sottile drizzatura. si avvolgevano dietro il capo in cerchi molteplici di trecce, trapassate da lunghi spilli d'argento, che si dividevano all' 'intorno, quasi a guisa de ' raggi d'un 'aureola, come ancora usano le contadine del Milanese.
Alessandro Manzoni, I promessi sposi, capitolo II


Foggia delle guazze
La raggiera, altro nome con cui veniva identificata in Italia, aveva una fattura molto particolare, era costituita da molti spilloni per capelli di lunghezza variabile tra i 10 e i 20cm disposti a ventaglio o a semicerchio; in alcune versioni, specialmente quelle italiane tradizionali e le più antiche, gli spilloni erano sistemati uno per volta nell'acconciatura, mentre in altre di fattura ottocentesca erano uniti tra loro tramite cordicelle o fili d'argento formando una struttura unica.
Quelli che noi chiamiamo semplicisticamente "spilloni" prendevano il nome di spadinn, ovvero spadini, se erano piatti, oppure cugiarett se terminavano a paletta concava. Il loro numero variava sia a seconda del della regione, nel costume tradizionale lecchese, durante il Settecento, se ne contavano da 24 a 27, mentre nel varesotto aumentavano da 30 a 40.
Con la successiva introduzione ottocentesca dell'accessorio anche in abiti non tradizionali, il numero di spadinn aumentò visibilmente fino a toccare la cinquantina.
Disegno esplicativo della
struttura della raggiera

(cliccare per ingrandire)
Oltre agli spadini normali, le donne portavano fino a sei spadini decorati nella parte più bassa della pettinatura, questi erano differenti dalla forma piatta o a cucchiaio degli altri, venivano ottenuti colando l'argento fuso o il metallo sugli ossi di seppia, notoriamente resistenti al calore, e risultavano decorati in maniera raffinata, i più ricchi, invece, li facevano cesellare direttamente dagli orafi, con un costo di molto superiore.

Il metallo con cui l'intera struttura era realizzata era argento nei casi più preziosi, ma anche ottone argentato o rame per chi non poteva permettersi di meglio. I più poveri adoperavano anche il legno, i più ricchi si facevano realizzare in oreficeria delle sperada d'oro.

Costume tradizionale lecchese
in una cartolina dei primi del
Novecento
Gli spilloni, che nelle fogge più preziose potevano essere sormontati da una perla o decorati e intarsiati, venivano infilzati tutt'intorno alla crocchia che la ragazza portava sul retro del capo, nella massa di capelli tirati che si aveva tutt'attorno, ecco il perché del caratteristico nome: una volta indossata, infatti, sembrava che dall'acconciatura della donna si formassero molti raggi costituiti dalla corona.
L'acconciatura non era ancora finita, la raggiera, infatti, oltre che dalla parte appena descritta era costituita anche da un ultimo spillone, più lungo, sistemato trasversalmente; questa parte della corona, chiamata spontone o guggione, andava infilzata direttamente all'interno dello chignon, trapassandolo come uno spiedo e assicurandolo per bene tramite due blocchi a forma di uovo detti olivelle, chugiar, oeuv o ball vale a dire olive, cucchiai, uova o palle, e finalmente l'intera impalcatura era conclusa.
Questa particolare usanza mi ricorda, seppur vagamente, la pettinaturanazionale coreana dove i capelli della giovane venivano intrecciati fino a formare una striscia lunga, poi con la treccia si formava una crocchia sulla nuca, infilzata con un lungo spillone decorato da un lato con smalti, inserti e pietre preziose.


Cultura della sperada
Nelle regioni brianzole, del lecchese e del varesotto la pettinatura con le guazze o con la sperada era uno status symbol; ogni ragazza sognava e costruiva nella sua mente la propria pettinatura con gli spadini un po' come certe bambine sognano l'abito del matrimonio [all'epoca l'abito del matrimonio non era diverso dal solito, si usava quello della festa, non esisteva un vestito apposta da mettersi una sola volta, che spreco!] e a volte rinunciavano all'acquisto di altri accessori o addirittura beni anche di prima necessità, risparmiando per comprarne un pezzettino ogni volta, rendendo l'insieme più ricco e bello. A noi, abituati ad avere tutto in abbondanza sembra strano, ma questo genere di mentalità era molto diffusa fino agli anni Settanta, quando le ragazze, fin dalla fanciullezza, iniziavano ad accantonare oggetti e biancheria da casa per formare il loro corredo. Con il progressivo decadimento che l'istituzione del matrimonio ha avuto nella società, anche quest'usanza è andata perdendosi.

Raffinata sperada in argento con spadini cesellati a mano
Il passaggio di una ragazza dall'infanzia all'età adulta era sancito, oltre che dalla maturazione fisica, leggasi menarca, proprio dalla grande concessione di non portare più le lunghe trecce sulle spalle, ma di poter raccogliere i capelli, ecco quindi perché la sperada aveva tanti significati importanti per loro, più del nostro moderno cellulare!
Una ragazza divenuta signorina, come si dice dalle mie parti, cioè arrivata alla pubertà, poteva raccogliersi i capelli ed era, quindi, ufficialmente maritabile e corteggiabile [non si maritavano ragazze non ancora sviluppate perché non potevano avere figli. Anche per i matrimoni di eredi al trono, principi e duchi combinati dalla culla si aspettava che entrambi gli sposi avessero raggiunto l'adolescenza per celebrare la cerimonia ufficiale nella quale erano proprio loro a pronunciare i voti e a cui seguiva la consumazione del matrimonio].
So che con la precoce età puberale odierna risulta difficile associare quest'idea del matrimonio alle bambine undicenni che giocano con le Barbie, ma bisogna tenere conto di due fattori:
  • Il primo era che una volta ci si sposava presto. Sedici anni era un'età appropriata, specialmente se ne si veniva da due di corteggiamento [Renzo e Lucia sono rimasti fidanzati una vita e mezza!].
    Anche quattordici era considerata appropriata, anche se per noi è pedofilia.
  • Il secondo era che l'età puberale per le ragazze, non influenzata né dalla società o dalla tv, né dallo stile di vita frenetico, era molto più avanti, quindi intorno ai quindici-sedici anni (cfr. L'amante del re di Bertrice Small dove Blaze, la maggiore, viene data in sposa quasi sedicenne, appena divenuta signorina ed egual cosa accade alle gemelle Bliss e Blythe) . 
Raggiera del 1840 eseguita da un argentiere di Milano,
composta da: 34 spadini a cucchiaio, 2 spilloni decorati e 2 "olivette".
Questa raggera è di proprietà di un componente del Gruppo Folk Bosino.

Era usanza in alcune regioni acquistare uno spontone alla Prima Comunione di una bambina (all'epoca si faceva intorno agli undici-dodici anni) e uno spadinn per ogni compleanno da allora fino al diciottesimo o al ventiquattresimo, ecco anche il perché del numero 24.
Una ragazza fidanzata riceveva inoltre il giorno delle nozze uno spadinn dal suo futuro marito per ogni anno d'età, andando ad integrare il piccolo gruzzolo realizzato dalla famiglia.
La sperada era anche fatta in modo da denotare sempre la condizione della fanciulla nella società, a seconda della foggia si indicava se era nubile, sposata, con figli, ecc.
Le donne sposate, per esempio, indossavano nel semicerchio di raggi uno spadinn differente dagli altri che denotava ufficialmente la sua condizione di coniugata. Il numero e la qualità di spadini presenti nell'elaborata acconciatura era un motivo di ostentazione da parte delle donne del paese a riprova dell'agiatezza della famiglia di appartenenza, della munificenza del marito e della considerazione in cui la spùsa era tenuta.


Indossare la raggiera
Quasi indispensabile, è da premettere, erano capelli sufficientemente lunghi da poter essere raccolti almeno in trecce. All'epoca, come ricorderemo dai post sulle acconciature, non era certo una stranezza avere una folta chioma che arrivasse fino alla schiena, oggi forse non tutte le lettrici possono vantarla.

L'elaborata acconciatura a sperada
di una donna sposata in abito tipico
del varesotto
I capelli dovevano essere precedentemente spazzolati con cura e, nel caso di capigliature ricce, lisciati con l'impiego del sapone e tirati tutti nei due lati, segnando una riga centrale dalla fronte alla nuca ben scriminata, poi si formavano due trecce, da un lato e dall'altro della testa,  che con perizia venivano arrotolate intorno alla base del capo, formando un cerchio o una crocchia, dopodiché con lo spontone erano bloccate e fissate al loro posto (non esistono mollette e forcine, badate bene!).
Fatto ciò gli spadinn erano infilzati nel cerchio delle trecce in modo che sporgessero appena intorno al capo, lo spontone, invece, doveva essere ben visibile ai lati del viso.

Il lavoro di messa su della sperada era molto lungo e complesso, le donne la sistemavano una con l'altra, tra suocere, nuore e cognate, da sole era un'opera impensabile, e infatti una sperada storta, disordinata o asimmetrica poteva significare che i rapporti tra le donne di casa non erano molto buoni.
L'acconciatura, inoltre, non era risistemata ogni giorno, ma solo una volta ogni tanto, le donne dormivano con tutta l'impalcatura su proprio come le geishe, che andavano dal parrucchiere a rimontare la struttura una volta al mese. Per mantenere la pettinatura venivano utilizzati degli appositi poggiatesta come cuscini che sostenessero il collo, ma sollevassero la testa.


Renzo confessa a Lucia il
rifiuto di Don Abbondio di
celebrare il loro matrimonio
Cosa c'entra, però, questa particolare usanza lombarda con un blog sull'epoca Vittoriana? Specialmente a fronte delle posizioni che ho preso riguardo l'approfondimento della storia italiana...
È da dire che questo particolare accessorio, che noi conosciamo solo dalle illustrazioni dei libri di scuola, ebbe una grande risonanza all'estero, specialmente in Inghilterra e in Germania, dove venne esportato con successo, uno dei pochi casi della storia.
Nell'Ottocento, infatti, quando cominciarono ad essere di gran moda i capelli raccolti a chignon, si cercarono molti modi per adornare la propria pettinatura e le donne non si lasciarono certo sfuggire la possibilità offerta dalla corona lombarda, che in Italia, invece, era usata già da de secoli, sebbene facesse parte del costume popolare e non certo gli outfit della nobiltà. Nell'arco di un decennio, intorno al 1860, la raggiera raggiunse addirittura la vetta della classifica dei VIP, essendo portata e ostentata con orgoglio da regine e imperatrici, oltre che dalle nobili di corte.
Una delle più importanti sponsor fu la Principessa Carlotta di Baviera, successivamente conosciuta come Imperatrice Carlotta, moglie dell'Imperatore Massimiliano del Messico, fratello di Franz, che indossa questo accessorio in uno dei suoi più famosi dipinti che la ritraggono e che diede molto impulso all'acquisizione dell'usanza nei paesi germanici del sud.
Carlotta, in particolare, che prima d'essere Imperatrice del Messico era una delle Principesse austriache della casa d'Asburgo, aveva ricevuto in dono una sperada impreziosita da perle e raffinati ceselli, dalle suddite lombarde, quale omaggio alla Sua Maestà, la principessa aveva sfoggiato spesso l'accessorio in circostanze ufficiali e in dipinti di rappresentanza, scatenando un vero e proprio must have nella corte viennese e, successivamente, prussiana e monacense.

Carlotta d'Asburgo,
Imperatrice del Messico, con
la sperada regalatale dalle
suddite lombarde
Molte delle antiche sperade realizzate prima del Novecento sono purtroppo scomparse con la Prima Guerra Mondiale, date come pegno alla patria per le esose guerre che avevano distrutto l'Italia del periodo.

Oggigiorno, ambito folkloristico a parte, le guazze sono rimaste ancora nella foggia della corona conferita a Miss Padania.
Simbolo dell'affermazione femminile in Brianza, è anche il logo di una associazione con fini femministi che porta proprio il nome di sperada e anche di un gruppo per il recupero delle tradizioni intitolato a Renzo&Lucia.


Link e fonti
Troverete parecchi link perché un po' sul web se ne parla, ma sempre con nomi e diciture differenti e quindi è difficile mettere insieme tutte le fonti di luoghi diversi, dove la chiamano chi ad un modo e chi all'altro. 
Il primo passo è scoprire tutte le nomenclature di quest'oggetto...
 
Wikipedia IT | Guazze
Brianzolitudine | Brianza Hope
Culture Popolari e Tradizioni della Lombardia | Abiti e ornamenti | La sperada
Museo Etnologico Monza e Brianza | La sperada, ornamento dell'acconciatura femminile
Gerenzano Forum | L'eleganza dei nonni e la sperada delle nonne
MilanoFree Forum | La sperada o raggiera nella tradizione lombarda
Gruppo Renzo&Lucia | La raggiera
Gruppo Folk Bosino | La raggera
Federazione italiana tradizioni popolari | Gruppo Renzo&Lucia
Italian Folk Federation | Le guazze di Lucia
Experiments in elegance | Mystery Headdress and Lombardi National Costume


Spero davvero che il post sia stato interessante, non so se si è notato, ma ciascun titoletto utilizza un nome differente dello stesso oggetto, ci tenevo a sottolineare che, mentre all'estero la chiamano banalmente corona lombarda, da noi ha molti altri nomi specifici della regione e della foggia, così come anche le sue componenti.

Ci risentiamo al più presto, un bacione grande





Mauser

8 commenti:

  1. Se dopo aver tanto faticato a comprare tutto "l'accessorio", per una terribile fatalità, venivano tagliati i capelli, penso che la ragazza in questione tentava il suicidio.. :p

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  2. Una ragazza coi capelli corti era considerata poco femminile, svergognata dalle altre ed evitata dagli uomini a meno che non fosse molto bella.
    Il taglio dei capelli era la massima punizione e umiliazione, infatti quando bruciavano le streghe sul rogo per prima cosa svilivano la loro femminilità con abiti informi e tagliando loro i capelli.

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  3. Finalmente ho capito l'origine dello sponton che usavano le contadine di Cuggiono, Milano verso il 1875. Ho una descrizione in un libro "Rosa, la storia di una emigrante italiana" di Marie Hall Ets e una fotografia che risale al periodo, ma senza la raggera.
    E pensare che ho scoperto l'arcano quando mia moglie Marella mi ha fatto notare, a Miramare, che Carlotta del Belgio aveva lo sponton di Rosa.

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  4. Ciao Grizzly, grazie della tua testimonianza, è bello trovare in giro questo genere di storie =)
    Probabilmente Rosa nella foto che hai tu aveva solo lo sponton perchè comprare gli spadini per la raggera era un costo notevole per le famiglie o per il marito, poteva essere benissimo che non fossero abbastanza abbienti da comprarsi il tutto o magari che gli spadini fossero stati venduti per pagare qualche debito o qualcosa. Lo sponton invece era legato alla nascita della ragazza e quindi raramente se ne separavano perchè era considerato di malaugurio, come un oggetto che simboleggiasse la vita di una persona nelle mani di qualcun altro.

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  5. Ciao! ho letto molto volentieri, e devo dire che hai fatto proprio una bella ricostruzione.
    Faccio parte del Gruppo folk Bosino, di Varese, ho visto che hai messo anche la raggera/sperada di un nostro componente.
    Se ti interessano delle foto del nostro gruppo chiedimi pure. Intanto ti lascio il link del nostro sito: http://www.folkbosino.org/

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  6. Quando la Rai mise in onda i Promessi Sposi, la sceneggiatrice fu criticata per aver rappresentato Lucia senza gli spilloni. Rispose che, studiando la storia del costume, aveva appurato che nel periodo della vicenda non erano ancora in uso.

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