2 febbraio 2010

La cravatta

Oggi parliamo della cravatta.
Questo accessorio della moda ha senza dubbio una storia che ne testimonia la crescente importanza come segno distintivo di importanza e raffinatezza. Essa passò infatti da "fazzoletto" a simbolo di debolezza, per essere poi ripresa in considerazione, e direi anche rivalutata, durante il Seicento.
Nel Settecento era già un capo di grande importanza nel guardaroba, ma era per lo più adoperata dai damerini più affettati, i dandy.

Passato il secolo dei tumulti, verso la fine dell'Ottocento la cravatta è un elemento imprescindibile dell'eleganza maschile e, in parte, anche di quello femminile che aveva iniziato ad attingere idee e tagli dal guardaroba virile, mutuando accessori come il cilindro, la cravatta appunto, i polsini rigidi, il colletto con bordo arrotondato e molto altro.


Storia e Origini
La storia della cravatta, come si è detto, risale al periodo romano, quando essa non era altro che un fazzoletto di stoffa (di cattiva qualità) che i legionari si legavano al collo.
Passeranno molti secoli prima che l'utilizzo del focale, nome antico della cravatta, si estenda oltre l'ambito contadino dove era stata relegata.

Si dice che il merito di aver riportato in auge questo accessorio sia da attribuire ai francesi, ma non è loro l'idea originale perchè, infatti, i veri sponsor di questo indumento furono i mercenari jugoslavi, croati in particolare, che la indossarono durante la Guerra dei Trent'anni.
Il Re Sole e Carlo II si contendono il primato del primo sovrano a pubblicizzarla, entrambi infatti rimasero famosi per le cifre da capogiro che spendevano nei loro accessori preferiti, istintuendo cariche come quella del "caravattaio di corte", non da confondersi con un semplice sarto...

La cravatta di quel tempo era molto differente da quella attuale, si trattava di fazzoletti ornati di pizzi e merletti pregiati girati una o più volte intorno al collo e annodati con un fiocco piano, che permetteva al pizzo di ricadere sul petto ostentando la ricchezza del gentiluomo.

Dopo i re, la moda si diffuse a macchia d'olio e anche i borghesi iniziarono ad utilizzare questo accessorio, sebbene con dettagli meno sfarzosi e ostentati, prediligendo tuttavia colori scuri come nero, grigio, blu e verde bosco. I motivi si ricercano nella praticità (pochi fronzoli che sarebbero finiti tra le mani mentre si lavorava e colori spenti che si sporcassero difficilmente).
Poi, si sa, quando un indumento diventa parte della vita quotidiana, quindi adoperato da mercanti e commercianti, è difficile estirparlo, le abitudini sono dure a morire.
Quindi sarà la cravatta che, col passare del tempo, si adatterà alle esigenze e ai canoni estetici delle epoche in cui era adoperata, senza tuttavia scomparire mai definitivamente dalla scena modaiola.

Al giorno d'oggi, XXI secolo, essa è ancora una parte importante che determina l'eleganza maschile e la bellezza dello stile androgino per la moda femminile.

L'origine del nome "cravatta" è singolare.
Come si è detto, essa era stata importata in Francia dai mercenari croati della Guerra dei Trent'anni e proprio da "croato" deriva il vero nome di questo accessorio, originariamente definito croatta e poi, per estensione, cravatta.


Foggia, forme, nodi e colori
In origine la cravatta non possedeva la silhouette oiderna, lunga e affusolata, ma si trattava invece di un fazzoletto ed era spesso identificata come una sciarpa.
Essa era fatta di mussola e ornata alle estremità da pizzi e ricami importanti.
Spesso era corredata da spilloni che la fermassero a diversa altezze e la impreziosivano con pietre preziose incastonate.

Sia Carlo II, Re d'Inghilterra, che il Re Sole, sovrano di Francia, furono degli appassionati di questo accessiorio, spendendo per esso gran parte del loro denaro.
A quel tempo la cravatta era esclusivamente bianca. Essa poteva girare una o due volte intorno al collo (o al colletto) dell'uomo, per annodarsi poi sul davanti in modo che fossero evidenziati i ricchi ricami.
Siamo nel 1660 e la strada per questo indumento è ancora lunga e difficile per essere accettata unanimemente.

Nella prima metà del Settecento entra ufficialmente nella vita borghese con colori più scuri, nero, blu e verde, con forme più castigate e decorazioni meno vistose.
Essa tuttavia, rimane inizialmente utilizzata in ambiti strettamente formali come cene di gala, ricevimenti importanti ecc.

Il vento della rivoluzione francese porta scompiglio anche nel guardaroba: ci si scontra pure a colpi di cravatte: di colore nero quelle dei rivoluzionari e nella tonalità bianca quella dei controrivoluzionari. La cravatta esce vittoriosa dalla battaglia e conquista l’uomo romantico dell’800. L’accessorio si complica, nascono veri trattati sull’arte di fare i nodi e c’è chi pensa addirittura ad inventare quello alla “gastronoma”, scorrevole e per questo più sensibile ai peccati di gola.
Ma abbiamo anche la variante "A la Byron", con la classica dicitura francesizzante, oppure quella "Sentimentale".

È questo il periodo di massimo splendore dell'accessorio. Esso viene adottato dai dandy inglesi, che ne forgiano la forma e gli stili. Essa si allunga fino a fare diverse volte il giro del collo del gentiluomo, andando poi a fermarsi appena sotto il mento con un fiocco, conferendo al damerino un'aria affettata e un po' snob.

In questi decenni interi manuali vengono scritti sull'arte di annodare la cravatta, in particolare il più famoso è la Neckclothitania, di cui potete vedere un assaggio a fondo pagina. In questo documento vengono elencati i nodi più famosi, le circostanze in cui impiegarli, il loro significato e, naturalmente, come realizzarli.


Passata la Reggenza, essa ha un momento di crisi, i colori bianchi dei girocolli Regency lasciano il posto a tonalità più scure e, per la prima volta nella sua storia, il tessuto di cui è fabbricata diventa "fantasia", ovvero adorno di disegni e trame.

Oltre a righe e pois che diventando quasi subito di gran moda, si creano anche molti nuovi nodi, alcuni adoperatissimi ancora adesso e conosciuti come il Prince Albert Knot, dedicato al principe consorte d'Inghilterra, o il Victorian Knot, ispirato proprio in quel periodo.

La cravatta perde la sua essenza di sciarpa, mantenendo il giro intorno al colletto e il nodo davanti, a volte prefabbricato, tuttavia mantiene la forma di "fazzoletto" nella sua parte terminale, tagliata di netto in orizzontale, che veniva rimboccata nel panciotto o nella giacca, dando all'accessorio la caratretistica forma a palloncino. Sarà proprio da questo dettaglio che essa sarà soprannominata puff tie.

Parlando di nodi, non si può non menzionare una citazione di Oscar Wilde tratta da uno dei suoi libri, dove viene esaltata l'importanza di annodare bene e con gusto la propria cravatta:

Una cravatta bene annodata è il primo passo serio nella vita.
Oscar Wilde, L'importanza di chiamarsi Ernesto

Dopotutto il nodo ha sempre avuto una grande importanza nell'iconografia, essendo simbolo d i unione, matrimonio e vita.

La cravatta rimase un elemento fondamentale per tutta la moda dell'Ottocento, ma subirà altri grandi cambiamenti durante i primi decenni del Novecento a causa della pressante richiesta del pubblico di avere un accessorio pratico ma elegante allo stesso tempo.

Negli anni venti nascerà la cravatta come la conosciamo oggi, composta da tre parti cucite insieme, di forma allungata, con una estremità più larga e una più sottile e dalla punta tagliata di sbieco.

Nel Novecento, ancora, essa muterà fino a diventare una semplice striscia di stoffa, senza punta, ma completamente tagliata.

Al giorno d'oggi matura sempre più nei giovani un sentimento anti-cravatta come "guinzaglio" sociale che costringe alle rigide regole del passato.
Non condivido affatto questo pensiero.
Benchè l'ideologia sia profondamente sbagliata, visto che la cravatta non è altro che un vezzo della moda che non implica nessuna regola da seguire, a parte quella di portarla con gusto, [ma questo è più per se stessi che per gli altri], la filosofia anti-cravatta ha trovato molti sostenitori e al giorno d'oggi è difficile trovare ancora persone che la indossano quotidianamente.
Neanche per il lavoro d'ufficio è contemplata tra l'abbigliamento, ma solo qualche veterano della vecchia scuola anni '80 la porta ancora.
Per il resto è un tripudio di maglie di cattivo gusto, visto che anche la camicia sta conoscendo il suo declino.

Ad essere onesta questo mi dispiace.
Camicia e cravatta davanto un autentico tocco di classe agli uomini e sacivano, per così dire, il passaggio dall'età scolare fatta di maglie e maglioni, a quella adulta di giacche, camicie e cravatte.
Naturalmente il tutto dovrebbe essere fatto con moderazione, visto che in Giappone, due o tre estati fa, il Parlamento ha dovuto promulgare una leggere che obbligasse gli impiegati ad andare a lavorare senza, per risparmiare sull'aria condizionata, dato il clima tropicale che si era abbattuto sul paese del Sol Levante.
Oltre a quello era consentito lavorare in maniche di camicia e senza giacca, cose inaudite!

D'altro canto sono forse meglio quelle orripilanti cravatte in plastica (loro ci danno qualche nome altisonante, ma alla fine plastica è) con disegnini a ripetizione idioti e il nodo già fatto?
Personalmente le detesto, come odio quei tripudi di cravatte a zucchette la sera di Halloween, il pessimo gusto fatto abbigliamento, ma è un'opinione, certo, quindi discutibile.
Certo è che nel secolo odierno la cravatta sta avendo il suo secondo momento di declino dopo la fine dell'Impero Romano.

Ad ogni modo, utilizzata molto o poco, l'arte di annodare la cravatta è rimasta. Quando ero bambina guardavo affascinata il mio papà mentre, la mattina, si annodava la cravatta davanti allo specchio e invidiavo gli uomini che la portavano.



Trattandosi di una tradizione e, senz'altro, di un patrimonio culturale importante, mi auguro che questo accessorio non vada scomparendo del tutto, ma che anzi venga preservato oltre la classica cerimonia di nozze, quando poi il cravattino viene tagliuzzato secondo una non meglio identificata tradizione e sparso tra gli invitati che elargiscono, in cambio, una somma di denaro per gli sposi (ad un mio amico che non se l'aspettava l'hanno fatto e lui c'è rimasto davvero malissimo perchè quella cravatta era fantastica e gliel'avevano annodata davvero divinamente!).

E adesso un po' di libri di approfondimento, lascio qualche titolo, sperando che possano interessare.

Devo davvero ringraziare questo blog, lo so che sono io che scrivo e ciò che sto per dire può apparire come una stupidaggine, ma questo post mi ha dato la possibilità di approfondire il tema della cravatta, che mi incuriosiva da molto tempo e, anche, di vedere delle immagini di nodi e fogge davvero raffinate e bellissime. Non sono certa che le foto che ho postato rendano l'idea della mia ammirazione al riguardo, probabilmente no, ma mi auguro che questo intervento piaccia ugualmente.
Nel frattempo saluto tutti che devo scappare di corsissima!

Bacioni,



Mauser






2 commenti:

  1. Non avevo mai pensato (seriamente) che fossero esistiti così tanti manuali sull'arte di farsi la cravatta (es. la Neckclothitania)! Questo tuo post è stato davvero rivelatore.

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  2. Un danno assurdo per chi come me, 24enne universitario, porterebbe il vestito (che prima era informale) con relativa cravatta, tutti i giorni... un dolore che forse si affievolirà, una volta laureato e (si spera) lavoratore... :D

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