31 gennaio 2011

Come organizzare una biblioteca pubblica secondo Umberto Eco

Cari lettori, come siamo arrivati a parlare di un argomento tanto distante dal mondo georgiano e vittoriano come le moderne biblioteche pubbliche? Cosa diamine c'entra?
Ebbene, tutto nacque con questo post, che è diventato la nostra pietra dello scandalo. In mezzo alla moltitudine di parole con cui riempio le pagine ce n'erano anche alcune circa le biblioteche pubbliche secondo la visione del sommo Umberto Eco ed io, ingenuamente, le ho riportate.
Ho ricevuto ben 3 messaggi sulla casella email che mi chiedevano informazioni a riguardo.

Ed io, affetta da incontinenza verbale, naturalmente sono ben felice di fornirle, orgogliosa di sponsorizzare un libro poco conosciuto di un autore famosissimo.
Secondo diario minimo, scritto da Umberto Eco, è la raccolta esilarante, ironica e molto quotidiana di come si facciano certe cose, un autentico bignami del come si fa...
Al suo interno troviamo gli argomenti più disparati, dal Come viaggiare con un salmone a Come usare la cuccuma maledetta (Come mangiare in aereo, come non parlare di calcio, come diventare Cavaliere di Malta) e infine, per aspiranti scrittori, Come scrivere un'introduzione, il tutto trattato con arguta, sapiene ironia e spirito di osservazione della nostra società, spirito affinato negli anni dall'autore sulla famosissima Bustina di Minerva, la rubrica da lui curata sul quotidiano L'Espresso.

Molti pensano che Eco sia solo l'autore di romanzi storici al limite della peperonata di zia Assunta (Il nome della rosa), oppure scrittore di importanti saggi di analisi dei canoni di bellezza e bruttezza e, ancora, eccelso professore di semiotica, che, devo confessarlo, ci ho messo un po' a capire cosa sia.
Ma tra i molti "mattoni" che la sublime mente di quest'autore ha partorito, ci sono anche questi piccoli lepisma, le bustina che a cadenza regolare venivano pubblicate: più leggere e frizzanti, più ironiche che saggistiche, eppure non meno azzeccate, non meno ragionate.

Secondo diario minimo è il mio breviario e ogni volta che lo rileggo non posso fare a meno di ridacchiare come una scema, non solo per il sapiente uso delle parole o per le vicende narrate, ma anche per le avventure tutte quotidiane, eppure molto inconsuete che ci vengono narrate, come se inventariare la carta igienica in una università fosse la nuova missione dei moderni Don Chisciotte, interpretati dagl itrepidi rettori e dai loro Sancho, segretari e professori di cattedra.
Tra tutti i racconti proposti, che non mi stancherò di raccomandare sostenendo che questo è il miglior Eco che conosca perchè comprensibile da tutti, eppure eccelso come sempre e molto ironico, qualità che altrove traspare poco, uno dei racconti è quello citato in precedenza e ve lo riporto volentieri per capire che chi scrive un trattato sui dolciniani e sulle lotte religiose nell'Italia medievale non è necessariamente un antipatico, snob, esteta al maniacale, ma ha anche insospettabili tratti di umanità che fanno apprezzare ancora di più il suo lavoro: questo e anche quello fatto per la stesura di saggi e romanzi.

Ecco Come organizzare una biblioteca pubblica e ditemi se non è con questi mulini a vento che ci confrontiamo nella nostra società, ditemi se, con un po' di ironia, non è questo il quadro del nostro servizio pubblico. Una esilarante presa in giro. Il testo e anche le biblioteche.


COME ORGANIZZARE UNA BIBLIOTECA PUBBLICA

1. I cataloghi devono essere divisi al massimo: deve essere posta molta cura nel dividere il catalogo dei libri da quello delle riviste, e questi da quello per soggetti, nonchè i libri di acquisizione recente dai libri di acquisizione più antica. Possibilmente l'ortografia, nei due cataloghi (acquisizioni recenti e antiche) deve essere diversa; per esempio nelle acquisizioni recenti retorica va con una t, in quella antica con due t; Čajkovskij nelle acquisizioni recenti col Č, mentre nelle acquisizioni antiche alla francese, col Tch.

2. I soggetti devono essere decisi dal bibliotecario. I libri non devono portare nel colophon un'indicazione circa i soggetti sotto cui debbono essere elencati.

3. Le sigle devono essere intrascrivibili, possibilmente molte, in modo che chiunque riempia la scheda non abbia mai posto per mettere l'ultima denominazione e la ritenga irrilevante, così che poi l'inserviente gli possa restituire la scheda perchè sia ricompilata.

4. Il tempo tra richiesta e consegna deve essere molto lungo.

5. Non bisogna dare più di un libro alla volta.

6. I libri consegnati dall'inserviente perchè richiesti su scheda non possono essere portati in sala consultazione, cioè bisogna dividere la propria vita in due aspetti fondamentali, uno per la lettura e l'altro per la consultazione. La biblioteca deve scoraggiare la lettura incrociata di più libri perchè provoca strabismo.

7. Deve esserci possibilmente assenza totale di macchine fotocopiatrici; comunque, se ne esiste una, l'accesso deve essere molto lungo e faticoso, la spesa superiore a quella della cartolibreria, i limiti di copiatura ridotti a non più di due o tre pagine.

8. Il bibliotecario deve considerare il lettore un nemico, un perdigiono (altrimenti sarebbe a lavorare), un ladro potenziale.

9. L'ufficio consulenza deve essere irragiungibile.

10. Il prestito dev'essere scoraggiato.

11. Il prestito interbiblioteca deve essere impossibile, in ogni caso deve prendere mesi. Meglio comunque garantire l'impossibilità di conoscere cosa ci sia nelle altre biblioteche.

12. In conseguenza di questo i furti devono essere facilissimi.

13. Gli orari devono assolutamente coincidere con quelli di lavoro, discussu preventivamente coi sindacati: chiusura assoluta di sabato, di domenica, la sera e alle ore dei pasti. Il maggior nemico della biblioteca è lo studente lavoratore; il miglior amico è Don Ferrante, qualcuno che ha una biblioteca in proprio, che quindi non ha bisogno di venire in biblioteca e quando muore la lascia in eredità.

14. Non deve essere possibile rifocillarsi all'interno della biblioteca, in nessun modo, e in ogni caso non dev'essere possibile neanche rifocillarsi all'esterno della biblioteca senza prima aver depositato tutti i libri che si avevano in consegna, in modo da doverli poi richiedere dopo che si è preso il caffè.

15. Non deve essere possibile ritrovare il proprio libro il giorno dopo.

16. Non deve essere possibile sapere chi ha in prestito il libro che manca.

17. Possibilmente niente latrine.

18. Idealmente l'utente non dovrebbe poter entrare in biblioteca; ammesso che ci entri, usufruendo in modo puntiglioso e antipatico di un diritto che gli è stato concesso in base ai principi dell'Ottantanove, ma che però non è stato ancora assimilato dalla sensibilità collettiva, in ogni caso non deve, e non dovrà mai, tranne i rapidi attraversamenti della sala di consultazione, aver accesso ai penetrali degli scaffali.

NOTA RISERVATA. Tutto il personale deve essere affetto da menomazioni fisiche perchè è compito di un ente pubblico offrire possibilità di lavoro ai cittadini portatori di handicap (è allo studio l'estensione di tale requisito anche al Corpo dei Vigili del Fuoco). Il bibliotecario ideale deve anzitutto zoppicare affinchè sia ritardato il tempo che trascorre tra il prelevamento della scheda di richiesta, la discesa nei sotterranei e il ritorno. Per il personale destinato a raggiungere su scala a pioli gli scaddali più alti di otto metri si richiede che il braccio mancante sia sostituito con protesi a uncino, per ragioni di sicurezza. Il personale totalmente privo di arti superiori consegnerà l'opera tenendola tra i denti (la disposizione tende a impedire la consegna di volumi superiori al formato in ottavo).

1981
Umberto Eco, Il Secondo diario minimo
Bompiani



Mi ritrovo in ogni riga e in ogni osservazione acida, eppure espressa come se si trattasse davvero di una cosa seria e posso assicurare che dopo aver assimilato tutto ciò, anche lo strazio di vedere il livello a cui eravamo ridotti e andare in biblioteca è diventato sopportabile: di fronte a certe scene al banco, confesso di essermi messa a ridere di soppiatto tra la costernazione di studenti e adulti che facevano i prestiti, grigi e imbufaliti nella loro attesa perenne.

Note personali: i miei passaggi preferiti sono quello del critico d'arte, che mi fa spanciare, naturalmente come organizzare una biblioteca pubblica, e come diventare Cavaliere di Malta e come viaggiare con un salmone. Anche la parte finale riguardo la fatidica domanda: come avrebbero risposto certi personaggi storici famosi alla domanda Come va è un vero colpo di genio!

Qui trovate la scheda su aNobii
Il secondo diario minimo

Sull'edizione posso assicurare che vale tutti i soldi che costa, non è inavvicinabile come prezzo, le pagine non si sbriciolano e l'inchiostro non macchia, insomma, è un tascabile di tutto rispetto dal fascino postmoderno scritto in caratteri un po' antichi (proprio il font). L'unico difetto è che le pagine dopo diversi anni ingialliscono come se lo tenessi in libreria da un buon ventennio, ma lo sapete che io sono pignola...

E se vi capita (e avete del fegato e tempo da perdere), prendetelo in prestito alla biblioteca pubblica!

Aggiornamento dell'11 gennaio 2012
A seguito di una mia esperienza alla biblioteca pubblica avvenuta l'anno scorso (2011) ho deciso di riaggiornare questo post includendo la vicenda.


Il mio rapporto con questa biblioteca pubblica, premetto, è qualcosa di secolare, vi andai per la prima volta nell'estate tra la fine delle scuole elemetari e l'inizio delle medie e in tre mesi divorai, letteralmente tutta la sezione ragazzi scoprendo la collana Capitol Bologna, accostandomi ai classici del calibro della Alcott e di Mark Twain, lessi Defoe. Continuai così per anni fino alla fine delle scuole superiori, a quindici anni ebbi il permesso di addentrarmi anche nella sezione adulti e ogni estate passavo le mie mattinate lì, raccattavo i quattro libri canonici previsti dal regolamento e li ingurgitavo avidamente.

Da quando ho iniziato a lavorare le cose sono un po' cambiate. Non ho più lunghe vacanze da riempire e il mio stipendio mi consente di acquistare tutti i libri che desidero ben prima che arrivino in biblioteca , dove, essendo una biblioteca di quartiere, appaiono solodopo ANNI.

Ma è innegabile che a volte in biblioteca si trovino dei titoli che altrove sono impossibili da reperire, specialmente perchè vecchi o edizioni mai ristampate. La biblioteca mi ha permesso di leggere Jennifer Donnelly e il suo I giorni del tè e delle rose quando dall'editoria classica avevo avuto solo picche e memore di questa bella esperienza, quest'anno ho scoperto interessanti approfondimenti storici e sono andata a ritirarli entusiasta di potervi mettere le mani sopra.
I titoli da me prescelti erano due La vita e i costumi nel Sei e Settecento e La vita e i costumi nell'Ottocento, sono titoli così strambi che su aNobii uno dei due non ha neanche la copertina! Vi lascio immaginare la loro diffusione...
Gà che c'ero ho aggiunto al mio prestito anche Amanti e regine che avevo adocchiato in libreria e questa mi sembrava un'ottima soluzione per risparmiare.

Se credevate che il brano scritto da Eco fosse mera fantasia, forse non avete fatto i conti con gli impiegati della biblioteca civica. Ormai il personale inadeguato è stato definitivamente sostituito da una mandria di ignorantoni della peggior specie e minimamente dotati di senso pratico, basti pensare che ad eseguirmi il prestito c'era un'inserviente con delle unghie ricostruite talmente lunghe che nel mio ufficio le avrebbero già fatto un provvedimento disciplinare per scarsa produttività e inefficenza al suo mestiere, ma vabbè...
Ci ha messo venti minuti per tre libri e continuava a lamentarsi che il computer glielo faceva apposta, ma capirai, bella gioia, che se con un dito e quattro chilometri di unghia schiacci tre tasti poi il sistema si impalla un po'...
 
Prendere in prestito i libri è stata ancora la parte più problematica, i veri pasticci sono iniziato dopo.
Circa a metà della durata del prestito, di inspiegabili 23 giorni (un numero veramente a caso, immagino) ho dovuto partire in fretta e furia per una trasferta intercontinentale su suolo turco. Nel mio mestiere a volte succede... poco dopo però il mio promemoria virtuale ha iniziato ad assillarmi per il prossimo rientro dei libri ed io mi sono ricordata che avevo ancora i tre volumi.
Certa che i bibliotecari avrebbero compreso le mie motivazioni, li ho avvisati preventivamente dell'impossibilità di restiturli, pregando la mia interlocutrice di estendere il prestito di altri venti giorni, nella speranza di poter rientrare in Italia entro la scandenza.
In questa telefonata tutto appariva come se non ci fossero problemi.

Il mio rientro in Italia è stato circa dieci giorni dopo la fine del primo prestito, a logica supponevo di essere ancora dentro i limiti del secondo, perciò armata di volumi e fiduciosa mi sono predisposta a riconsegnarli.
Al banco dell'accettazione la degna socia della collega UnghieLunghe ha preso i libri e li ha passati nella scansionatrice, strabuzzando gli occhi di fronte alla data e, probabilmente, facendo mentalmente il conto dei giorni.
Le sue prime parole nei miei confronti sono state
«Siamo un po' in ritardo, eh? Non avrebbe dovuto riconsegnarli due settimane fa? Se tutti facessimo come te non ci sarebbero più libri alla biblioteca...»
Che, detto fra noi, non è il massimo della cortesia da parte di un impiegato stipendiato con le tasse che paghiamo.
«Signora» ho risposto «se controlla nello storico del prestito sicuramente vedrà che questo è stato esteso dalla sua collega XXX dieci giorni fa, quindi non sono in ritardo» ed essendo una che coi gestionali ci lavora tutti i santi giorni, credetemi che lo so come funzionano queste cose, per schifo che faccia quello scelto dalla Biblioteca Civica.
Ciò con cui non avevo fatto i conti, però, era la suscettibilità dell'impiegata che, a quanto pare, non era disposta a sentirsi dare giustificazioni da una come me, infatti con tono infastidito mi ha ribadito
«Non venire ad insegnarmi come fare il mio mestiere, qui non c'è scritto nulla riguardo e tu ti stai inventando tutto, ma ci saranno delle conseguenze, sai, perchè questo non è né il modo né il tono»
Al che persino io stavo perdendo la pazienza. 
Ok, ero andata in biblioteca con jeans e maglietta, ok non ero benvestita e truccata, ok dimostravo quattordici anni, ma credo di non meritarmi cotale modo di parlare.
Senza contare che neppure mia madre si rivolge a me in quel modo parlando di conseguenze e di tono.
Se la commessa era particolarmente suscettibile riguardo il suo lavoro, forse era il caso che sapesse che la sottoscritta lo è riguardo alla sua età. Il fatto che sembri una ragazzina delle medie quando ho superato la ventina è imbarazzante e non mi piace quando la gente dà per scontato che io sia un'insignificante rimpiscatole minorenne quando non lo sono.
«Signora mi dispiace ma non potevo riconsegnare prima i libri perchè mi trovavo in Turchia» ho spiegato mordendomi la lingua per non dirgliene quattro
«Dovevi riportare il materiale prima di iniziare le vacanze» al che non ci ho più visto, ODIO queste situazioni
«Signora, non ero certo in Turchia per piacere personale, anche io ho un lavoro» e devo ammettere che la tentazione di replicare e lo faccio meglio di lei è stata frtissima.
«Ti giustificherai con la responsabile»
La Responsabile, perchè lo sappiate, è il donnone a capo di tutta questa combriccola di menomate mentali che dovrebbero stare al banco della reception e riordinare i libri e invece non fanno altro che leggere Chi, Visto e Intimità dietro lo sportello.
Su chiamata della TiziaDelBanco, la Responsabile è venuta da noi cercando di capire cosa stesse accadendo, le ho ripetuto la mia versione dei fatti mentre Tizia sbraitava di menzogne e bugie assortite. Ho capito il momento stesso in cui ha pensato che fossi bugiarda dal modo in cui mi ha squadrato i pantaloni di jeans, impressione poi confermata dalla mano sulla spalla che mi scuoteva dicendomi
«Non è il caso che inventi delle scuse, non ci saranno ripercussioni, era solo per dirti di fare più attenzione alle scadenze la prossima volta» cioè, ma mi prendevano per scema?
«Signora, anche se forse ne dubitate, io non sto inventando nessuna scusa e se ha bisogno della parola di qualcuno senta la sua impiegata che mi ha esteso il prestito. Se la sua collega si prendesse la briga di cliccare su quel dannato pulsante Vedi dettagli forse potreste evitare una telefonata inutile.
Il fatto che io sia o non sia un'adolescente, inoltre, non vi autorizza a darmi della bugiarda e a mettere in discussione le mie parole,
per quanto mi riguarda, quale che sia il motivo, non ho bisogno di dimostrare la mia età o il mio lavoro a nessuno fuorchè il mio capo, ma se la cosa può mettere tranquille le vostre sospettose coscienze, qui sulla mia carta d'identità ci sono scritti l'anno di nascita e la professione» e in effetti c'è davvero scritta e avevo con me anche il passaporto perchè ero tornata da due giorni e me lo ero dimenticato in borsa assieme ad altri documenti.
 
Credo che per loro sia stato traumatico scoprire che certe società impiegano anche studenti delle scuole medie...

Baci




Mauser

22 commenti:

  1. Umberto Eco è geniale quando si immerge in queste minimalia quotidiane, che tanto minime non sono.
    Grande post, perché parli di ciò, perché ne parli così, perché ci regali la possibilità di leggere un brano di un autore/pensatore/ecc. italiano, per di più scritto come si deve (e non ci sono dubbi), perché sorridiamo e riflettiamo, e IN BREVE merita tutte le stelline del caso!

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    1. Balanzone: a chi non lo conosce e capisce (beninteso) par che discorra su l’acqua pontica o sul grande elisir

      ahahahahahahahahahahah

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    2. Balanzone: a chi non lo conosce e capisce (beninteso) par che discorra su l’acqua pontica o sul grande elisir o che abbia rivelato i penetrali di Flamel e di Paracelso;

      ahahahahahahahahahahah

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  2. Beh, come dice mia zia...
    «Eco da solo merita sempre quattro stelline, le meriterebbe anche se facesse i disegnini su un foglio perchè lui li chiamerebbe pittogrammi e così non sembrerebbero già più degli scarabocchi... La quinta stella, per beneficenza, preferisco darla a chi compila il dizionario che ci costringe a usare»

    Penso che mia zia si diverta a dire queste cose, ma il momento in cui l'ho stimata di più è stato quando ha definito i libri di D'Annunzio come "Harmony dalla prosa esagitata" e poi ha aggiunto "io preferisco gli Harmony".

    Grazie per la comprensione, speravo che a qualcuno potesse davvero piacere questo brano ^^

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    1. tua zia è veramente da Harmony, lasci perdere d'Annunzio che è un grande...

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    2. Popusti: ti capisco ma v'è poco da fare, il Vate è ingombrante e reca molto fastidio;
      e la vera quaestio è proprio quella che poni: saepe de iis loquimur rebus, quas nescimus;
      perdiamo tempo con gli ignari e ottusi, ma tant'è: pazienza!

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    3. divertissement


      Popusti: è ovvio che preferiscano Harmony (lupus in fabula);

      mi risulta che per il Vate è impossibile conteggiare il numero delle amanti che lo adoravano in Italia e in Europa (Russia compresa): a parere di Giordano Bruno Guerri, direttore del Vittoriale, siamo intorno al numero 400 di sicuro (prima che saranno aperte tutte le carte);

      e mi risulta altresì (da fonti edite nonché da carteggi e senza tener conto di quanto sia ancora inedito) che si trattasse di nobil donne della più alta aristocrazia culturale del tempo;

      a cominciare dalla contessa Maria Harduin d'Altemps di Gallese (allorché entrambi di appena anni 20) per finire a una certa Eleonora Duse (ripeto: Eleonora Duse);


      Harmony: ahahahahahahahah


      Umbertone Balanzone ebbe in sorte appena una certa Enza Sampò: chi e?

      ma, ciò che appare oltremodo ridicolo più che esilarante è che: la soubrette Enzina lo rifiutò addirittura e categoricamente;

      hahahahahahahahahahahahahahahahahahah

      quindi: la zia di Mauser si diverta a tessere qualche braca di lana e stia muta (calma) e conti fino a 100 prima di sciorinare sciocchezze (o meglio) ciaramellie da comari;

      ciaramellia: è sono una (una sola) delle raffinatissime finezze lessicali coniate dal Vate che paiono raggiungere circa 42. 000;

      mentre un "intellettuale" (termine ancora coniato per la prima volta dal Vate cosi come "beni culturali", essendo Lui un esteta e amante dell'Arte): non supera i 5.000

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    4. errata corrige

      fermo restando le moltissime parole coniate dal Vate, quando dico 42.000 e 5.000: mi riferisco al numero delle parole USATE

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    5. Balanzone: a chi non lo conosce e capisce (beninteso) par che discorra su l’acqua pontica o sul grande elisir

      ahahahahahahahahahahah

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    6. Balanzone: a chi non lo conosce e capisce (beninteso) par che discorra su l’acqua pontica o sul grande elisir o che abbia rivelato i penetrali di Flamel e di Paracelso;

      ahahahahahahahahahahah

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  3. Le stelline sono innanzitutto per te, poi anche per il buon Umberto. Ma, a questo punto, anche per tua Zia, che ha coniato una definizione dei libri di D'Annunzio praticamente perfetta ed esilarante!

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    1. Silviuccia, stai calma, riempi la tazza di un buon lassativo onde purgarti e uscire monda: d'Annunzio non è proprio cosa tua e neanche dell'untuoso vecchio logoro superato grassone che parla di bellezza e "bruttezza" evidentemente a cagione di una intiera vita perduta allo specchio, sognando e agognando (impotente e frustrato) quella del Vate (vuoi letteraria vuoi di azione vuoi di successo ovunque si cimentò);
      una "brutta" cosa del genere di già capitò a Giovannino Pascoli e proprio alla Accademia di Bologna per una prepotente fatal rinuncia) o mi sbaglio?
      ahimè!
      che salto e paragone ardisco fare: da Umbertone Balanzone al Vittoriale di Gardone Riviera!

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    2. divertissement di STELLINE


      Silviuccia: è ovvio che preferiscano Harmony (lupus in fabula);

      mi risulta che per il Vate è impossibile conteggiare il numero delle amanti che lo adoravano in Italia e in Europa (Russia compresa): a parere di Giordano Bruno Guerri, direttore del Vittoriale, siamo intorno al numero 400 di sicuro (prima che saranno aperte tutte le carte);

      e mi risulta altresì (da fonti edite nonché da carteggi e senza tener conto di quanto sia ancora inedito) che si trattasse di nobil donne della più alta aristocrazia culturale del tempo;

      a cominciare dalla contessa Maria Harduin d'Altemps di Gallese (allorché entrambi di appena anni 20) per finire a una certa Eleonora Duse (ripeto: Eleonora Duse);


      Harmony: ahahahahahahahah


      Umbertone Balanzone ebbe in sorte appena una certa Enza Sampò: chi e?

      ma, ciò che appare oltremodo ridicolo più che esilarante è che: la soubrette Enzina lo rifiutò addirittura e categoricamente;

      hahahahahahahahahahahahahahahahahahah

      quindi: la zia di Mauser si diverta a tessere qualche braca di lana e stia muta (calma) e conti fino a 100 prima di sciorinare sciocchezze (o meglio) ciaramellie da comari;

      ciaramellia: è sono una (una sola) delle raffinatissime finezze lessicali coniate dal Vate che paiono raggiungere circa 42. 000;

      mentre un "intellettuale" (termine ancora coniato per la prima volta dal Vate cosi come "beni culturali", essendo Lui un esteta e amante dell'Arte): non supera i 5.000


      or bene: 300 stelline a Silviuccia e 500 alla zietta

      ahahahahahahahahahahah

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    3. errata corrige

      fermo restando le moltissime parole coniate dal Vate, quando dico 42.000 e 5.000: mi riferisco al numero delle parole USATE

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    4. Balanzone: a chi non lo conosce e capisce (beninteso) par che discorra su l’acqua pontica o sul grande elisir o che abbia rivelato i penetrali di Flamel e di Paracelso;

      ahahahahahahahahahahah

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  4. perchè, tu per caso hai letto d'Annunzio?

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  5. Mauser, noto che traballi: rimani calmo, lascia perdere d'Annunzio e aiutati onde rifarti una vita per intiero ex novo

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  6. comprendo la ragion per cui l'autore del blog non comprende la cosiddetta semiologia o semiotica (con qualche diversità) che dir si voglia;
    ma, tranquillo: autore!
    Umbertone Balanzone non dice nulla di nuovo e (compiaciuto) reca spavento agli sprovveduti;
    la sua mania nominalista è di gran lunga già superata dall'Aquinate e da tempo immemore;
    mi spiego
    non v'è novità alcuna e per capire quanto Balanzone di clamoroso "sembra" (sembra) dire: basta semplicemente comprendere la distinctio tra ousia ante rem (o in mente Dei), in re (nella cosa) e poste rem (in noi);
    il fatto è che un frustrato proveniente dalla Azione Cattolica (pensa un po' che roba!): crede di impaurire reiterando ciò che è pacificamente acquisito;
    brutta cosa è il plagio allorché gli ignari non se ne avvedono;
    quindi: sereno, autore!
    non farti prendere dal panico!
    Balanzone vuole dire che il nomen rosae è solo un flatus vocis: né più né meno;
    Frà Dolcino è reale ma anche una "suggestione" medioevale che Umbertone intende insinuare nel lettore "ignaro" (ribadisco);
    e conchiude dicendo "stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus": come se avesse scoperto chissà quale penetrale dell'animo;
    e invece sfonda una porta aperta: l'untuoso furbastro cattocomunista ad ogni effetto

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    1. ma non finisce qui:

      il Balanzone di antiquata roscelliniana memoria vorrebbe negare la essenza (o ousìa o universale o quidditas) in re, giacché, con tale annichilimento, non la si potrebbe più distinguere dalla esistenza negli enti contingenti (ciò che non accadrebbe in Dio essendoci nell'Ipse Esse Subsistens la totale identificazione fra Essenza ed Esistenza);

      vorrebbe, in altri termini, demolire in toto la prova tomistica della contingenza e proseguire sulla falsariga della scuola francescana e della critica galileiana antiaristotelica: e qui Balanzone cade e di brutto (facendo un rumore assordante per la mole di grasso con cui il Fato lo ha "abbellito");

      giacché nessun neotomista e ancor di più l'Aquinate stesso: ha mai detto che a noi è data la conoscenza intuitiva delle essenze specifiche (come, per contro, accadeva in Aristotele e nei tomisti aristotelici al tempo di Galilei);

      e Balanzone è rimasto fermo (ingolfato come il suo ventre) alla filosofia rinascimentale: difficile dire se ne fosse consapevole;

      di certo, se da una parte sembra aver ragione (e anche in questo non dice nulla di nuovo) poiché ciò che va dicendo: lo diceva anche il citato Galilei (che filosofo non era e, in quanto uomo di scienza, affermava la esistenza delle sole qualità sensibili (primarie: ad essere precisi, cioè quantità e moto);

      dall'altra (al pari di Galilei): non riesce (o finge di non riuscire) a comprendere che a noi è data solo e soltanto la intuizione intellettiva dell'essere o dell'ente e non delle qualità sensibili (oggetto dei sensi);

      cioè: noi abbiamo immediata conoscenza dell'ente e a tal parola (ad esempio: l'acqua) aggiungiamo altri termini di esperienza sensibile (tali come: umida, liscia, fluente, chiara, fresca et cetera);

      però ed ecco il punto cruciale: l'astrazione che universalizza (in quanto tale) non si riduce al qui ed ora (hic et nunc) ma ritiene in mente come "universale" solo e soltanto il concetto (di natura intellettiva: beninteso) di "ente";

      pertanto: si intende per "essenza" qualunque "ente" con queste e quelle qualità sensibili (fredda, calda, umida, fluente et cetera);

      pertanto (ad esempio) della rosa o di altro: noi cogliamo prima di tutto l'ente e poi il rosso, il fresco, il profumato et cetera;

      e quindi, per dire che la essenza "esiste" in noi come nella cosa: basta averne la intuizione dell'ente che l'accompagna di necessità;

      ma Balanzone dice che non è così e tutto (pure il concetto di "ente"): risulta essere un flatus vocis o un puro nomen;

      e Balanzone scimmiotta Roscellino e gli ignari che si lasciano da lui abbindolare credono (poveretti) che lo scimmione cattocomunista abbia (unico al Mondo) rivelato apocalitticamente il segreto alchemico della conoscenza totale;














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