31 dicembre 2010

Misteri a Penny House by Miranda Jarrett

Sottotitolo: il vero mistero è come abbiano avuto il coraggio di pubblicarlo.

Da un po' di tempo non scrivevo recensioni di libri per la mia rubrica letteraria.
Meno male... dirà sicuramente qualcuno.
Avrebbe ragione, ma consapevole del mio errore, ecco che ritorno per metterci una pezza sopra e farvi ridere un po' con un libercolo che più insignificante non si può e le mie disavventure al seguito, perchè io sono una di quelle persone che non riesce a leggere normalmente come fanno tutti ^__^

Dire che dall'esperienza non si impara niente, è una banalità che tutti conosciamo fin troppo bene. Per amore di autrici e generi letterari, così come per dar loro una seconda possibilità, ci ritroviamo a cascare negli stessi errori già commessi, questa volta perseverando diabolicamente sulla strada del male.

La sostanza è in realtà un favore che vi chiedo: impeditemi assolutamente di leggere romanzetti da supermercato o brucerò un libro per la prima volta nella mia vita senza sentirmi in colpa.

Questo è stato il mio madornale errore: dopo aver avuto la batosta con la Saga dei Dilhorne, di cui avevo già ampiamente parlato in precedenza, ho dato una seconda possibilità a quel genere di romanzi, ottenendo l'ennesima delusione. Alè, vai con le campane a morto!

Anche stavolta è stata tutta colpa mia, perchè sono davvero specialista nel ricascare nelle trappole dell'editoria: stavo camminando bella bella tra gli scaffali dell'edicola mentre l'edicolante serviva la solita vecchietta centenaria che paga dieci euro di giornali con gli spiccioli da 1, 2 e 5 cent e mi sono imbattuta nella libreria dei romance.
Avrei dovuto imparare qualche mese fa ad ignorarli con ostinazione, invece ne ho preso uno in mano e ho letto la trama, poi l'ho posato e via dicendo finchè la vecchietta non ha finito.
Quando è stato il mio turno di pagare avevo in mano la Trilogia degli intrighi di Penny House, ovvero l'edizione integrale dei tre libri di Miranda Jarrett con protagoniste le tre sorelle Penny in un'edizione rispettabile (niente amplessi in copertina, per intenderci), tipo quelle dei Passione che sono assai discutibili.

Felice di me ho dimenticato il libro su uno scaffale per qualche mese, in attesa di terminare gli arretrati di anni di acquisti sconsiderati: quanto sono giovane e ingenua...
Così sotto Natale, con qualche giorno di tempo per leggere, l'ho ripreso in mano: mamma mia!
Mi ci mancavano gli ABBA che canticchiavano la canzone in sottofondo e poi ero proprio ridotta male, non per gli ABBA, che mi piacciono, ma per il libro!
Oddio che noia!

Facciamo una breve analisi (e a questo punto vi consiglio davvero di tenere gli ABBA come sottofondo, giusto per non aprirvi una vena mentre leggete, il link è poco sopra).


Trama e Personaggi
Il libro sarebbe costituito da tre storie, ovvero quelle delle tre sorelle Penny [Penny? Ma un cognome normale?] rimaste casualmente (e provvidenzialmente per la narrazione) orfane.
Visto che però l'introduzione è la medesima per tutte e tre le vicende vista da tre paia di occhi diverse, stringerò un po', come avventura invece ve ne racconterò solamente una, perchè le altre due sono esattamente uguali, sembrano fatte con lo stampino, basta sostituire ai puntini [...] il nome della protagonista e del suo boy e avrete la trama dei tre libri, trama intercambiabile, la nuova frontiera della narrativa conteporanea, parbleu!
Neanche gli stampi per torte in silicone hanno fatto fortuna quanto questa geniale trovata!

Dunque... siamo nell'Ottocento [clichè n°1] e in campagna, dove vivono le tre sorelle Penny: Amariah (la saccente), Bethany (l'insignificante) e Cassia (la lagna), le figlie del vicario di uno sconosciuto paesello povero che potrebbe apparire su Country Living, dove tutti stravedono per 'sti tre pesci lessi.

Le tre sono (provvidenzialmente) appena rimaste orfane del padre, dopo aver perso la madre già da un pezzo e stanno aspettando la lettura del testamento, dove si afferma che il padre non ha lasciato praticamente nulla, le tre demoralizzate pensano già di dover andare a lavorare, quando si scopre che in verità, una cosa il padre l'ha lasciata: una casa da gioco a Londra.

Perchè tutti i padri e, soprattutto, tutti i vicari inglesi possiedono un casinò nella capitale all'insaputa della famiglia, vero?

Le tre belle [perchè brutte non lo sono di certo, sono le eroine!] si fingono sconvolte dai maneggi del genitore, poi prendono i bagagli e partono a rotta di collo per Londra.

Tanto di corsa che tra un po' si inciampano anche nelle sottane.

Crowd at roulette table
by Leslie Saalburg
Giustamente le tre ragazze, educate alle buone maniere e alla modestia, in un'impeto di coerenza pensano subito che le intenzioni del genitore dovessero essere delle migliori: devolvere tutte le ricchezze del casinò alle opere pie.

Come no, tesori! È la prima cosa che penso anche io!
Ma certo, cosa credevate, che il proprietario del Casinò del Pincopallino Paradiso Fiscale fosse invece un riciclatore di denaro sporco oppure un faccendiere?
Andiamo, che animi malpensanti!
Confronto a loro Madre Teresa di Calcutta era una principiante! Loro fanno del bene!


Evidentemente, però, il padre delle ragazze era davvero in buonafede, non si è neanche arricchito, infatti ha lasciato le figlie in miseria, che animo nobile. Questo genitore è un po' come all'idraulico che gli si allaga la cucina...

Naturalmente la prima cosa che le tre fanno è ristrutturare il casinò, attualmente lasciato all'incuria per via del padre malato e, per attestarne la proprietà gli cambiano nome in Penny House.

Ok gente, cosa sono quelle risate?
Perchè ridacchiate?
Penny House è perfettamente accettabile per una casa da gioco!
Non importa se penny richiama alla povertà, è solo un caso!
E anche house, lo so che sembra un cottage del Suffolk, ma dovete capire che le belle ragazze intedevano dare un taglio più umano al casinò, più caldo e accogliente, come di... casa!
Certo, perchè alla fine è questo che i clienti vanno a cercare in una stanza da gioco con donne e dadi truccati.

Non è mica colpa loro se il nome sembra quello di un supermercato, la Coop dei poveri...

Non per essere moralista, ma una digressione la devo fare, senno qualcuno mi verrà a dire che questo post non l'ho scritto io:


In italiano la casa da gioco, che in inglese si chiama gambling house, si chiama casinò e, guarda un po', richiama la parola casino, sinonimo di bordello, non precisamente il posto dove tre ragazzette perbene che non sanno neanche da che parte sono girate dovrebbero stare, almeno per l'integrità della loro effimera virtù.


Dunque, eravamo rimaste che le tre erano arrivate a Penny House e decidono di riaprirla al pubblico, Cassia, la minore e la più effervescente delle tre è dedicata all'arredamento, insomma fa l'arredatrice del posto, come se sapesse cosa ci va in un casinò...
Prima cosa: accaparrarsi un quadro all'asta, una bellissima Indovina (qualcosa del genere) dall'enigmatico sorriso [ma che è, la Gioconda?] che starebbe benissimo sopra chissà quale tavolo.
Così, mentre le sorelle sfregano e strofinano perchè anche il personale è poco, lei fa shopping e si fa soffiare il quadro da Richard Blackely dopo una battaglia serratissima, neanche si stessero accaparrando l'ultimo Caravaggio.

L'espressione dell'eroina
Immaginate un po' chi è costui?
Ehi! Come avete fatto a scoprire che è proprio l'eroe?
Avete i poter ESP tipo È quasi magia Johnny?

In un impeto di anacronimo [ah, mi mancava...] la ragazza e il signore danno scandalo litigando come al mercato in mezzo agli acquirenti dell'asta e lei se ne va inviperita pestando i piedi e facendo i capricci.

Pfui! Tsk, mezza tacca.

Lui è l'eroe, quindi, per quanto dispotico, è anche un bel quarto di manzo, denti bianchissimi e passato avventuroso nella Marina di Sua Maestà e poi alle Barbados.

Andiamo, quanti di voi non sono andati alle Barbados almeno una volta nella vita...

Blackley, che vuole elevare la sua condizione sociale [un borghese, chiamatelo col suo nome] ha due obiettivi: sposare un'aristocratica ed entrare nella nobiltà.
Punta Lady Anne, una marchesina insignificante, peccato che la famiglia non sia tanto contenta del fatto che lui voglia portare la novella sposa in una specie di catapecchia abbandonata nella brughiera inglese.
Per una serie di circostanze che non sto a raccontarvi, Blackley chiede a Cassia Penny [ogni volta che lo sento è peggio! Che scelta infelice questo cognome, abbinato ai nomi poi èanche peggio...] di fargli da designer e a dispetto del fatto che detesti cordialmente il fusto in questione, si ricicla come arredatrice d'interni abbattendo pareti [O.o] e innalzando colonne doriche, acquistando tappeti pregiati e rovistando nei fienili alla ricerca di statue di Ercole mezzo svestito che una brava ragazza non dovrebbe mai vedere.
In tutto questo si innamora di Blackely.

Più figo di me? Devi solo provarci,
Blackely, io sono Mr Darcy!

Perchè è naturale innamorarsi di un uomo che si detesta, no? Dopotutto bisogna lsciar perdere i pregiudizi e guardare oltre l'apparenza. Credetemi, l'eroina ha colto in pieno questa parte e, infatti, lo sbircia nudo un paio di volte, bisogna guardare, e allora guardiamo!

Combinazione vede addominali da atleta, petto scolpito, peluria assortita, capelli da shampoo Pantene e fascino a mille.
Naturalmente gli ormoni le partono in rotta verso la luna e comincia a sbavare innamorarsi.

Ah, l'avevo già detto, vabbè, meglio ribadire il concetto che lei non si concederebbe a nessuno che non fosse l'uomo che ama, anche se non lo ammetterebbe sotto tortura.

Nella scena seguente sta già allargando le gambe.
E mica una volta!

Santa pazienza, se si fa una cosa bisogna farla bene, no? Carpe diem!
Miranda: Che volevate aspettare? Il matrimonio? Ma insomma, mica siamo nell'Ottocento! Ops, lo siamo davvero... vabbè, tanto l'eroina è già anacronistica, qualcosa in più non potrà certo peggiorare le cose... Scene da porno film, la ragazza non sembra neanche vergine, Moana in confronto era una pivellina.

Segue scenata di gelosia da parte di lei che si sente usata. Fa una piazzata quando lui rimanda la dichiarazione e la proposta a Lady Anne, perchè anche lui si sta innamorando, e quando cerca di regalarle una collana di ametiste lei dice a Blackley che non vuol essere la sua amante.

Un po' tardi, non credi tesoro?

Poi riparte per Londra abbandonando casa finita e innamorato al loro destino insieme a Lady Anne, che non è certo una sgualdrinella bollente borghesuccia senza status come Cassia, ma una nobile titolata.
Confidenze con le sorelle che scoprono il misfatto in un battito di ciglia: hanno l'occhio lungo le altre due, mica svampite come questa Cassia...

Sapete, è una deformazione professionale che viene quando si diventa direttori di un casinò. Anche Andy Garcia/Terry Benedict in Ocean's Eleven aveva lo stesso problema, rammentate?

Blackley si fa prendere dai sensi di colpa per come ha trattato Cassia.

Ma se era stata lei a buttarsi svestita nel suo letto?
Per una volta che un uomo non ragiona in base al sesso...
E abbandona tutti i suoi princìpi di scalata sociale, prende la prima carrozza e si mette in viaggio per Londra dove incontra una sciupatissima Cassia, malata d'amore immaginario, che gli scoppia a piangere tra le braccia.
Proposta di matrimonio e successive nozze al casinò.
Speculzioni da parte della stampa scandalista.

Fine primo libro.

A questo punto avrei anche potuto commettere un omicidio libresco.
E il peggio è che gli altri due sono esattamente uguali! Sembrano uno la copia dell'altro, Cassia nel secondo si chiama Amariah e nel terzo Bethany, di mezzo c'è sempre una scommessa e un fustacchione da modello Postalmarket.
Il casinò compare sempre di sfuggita.

Ed io mi domando: ma dopo che 'ste tre scervellate si sono opportunamente maritate, i consorti hanno continuato a permettere loro di gestire una sala da gioco piena di uomini che scommettono e giocano d'azzardo e vanno in cerca di donne?
Ma sono più sceme loro o i mariti?

Ma in quale realtà distorto è stato ambientato questo romanzo?
La prima "coppia col botto", Darcy e Lizzie
Non per essere pignola, ma in copertina c'è scritto 1805!
Eravamo in piena epoca napoleonica, andavano gli abiti stile impero e il pudore di Jane Austen, che non descrisse mai una scena tra soli gentiluomini perchè non sapeva come si comportassero tra di loro, essendo una tipica ragazza del Settecento.
Insomma, in confronto a queste ragazze da romanze, Lizzie Bennet è senza carattere ed iniziativa.
In fondo ci ha messo due dichiarazioni d'amore e una proposta di matrimonio prima di riuscire a vivere il suo happy ending con Darcy, mentre qui prima le eroine fanno un po' di esperienza, che nella vita non fa mai male, lavorano [come se all'epoca si potesse fare più dell'istitutrice] e si concedono anima e, soprattutto, corpo all'uomo che bramano [a dir la verità sembrano un po' delle ninfomani, ma lasciamo perdere la malizia], eppoi chi vuoi che si preoccupi della verginità di una ragazza che di mestiere lavora ad un casinò, andiamo... che mentalità sorpassata.


Considerazioni
  1. La mia prima considerazione è che l'autrice ha bisogno di un bravo analista.
  2. La seconda che necessiti urgentemente di un consulente storico, magari, chessò, un laureato in storia.
  3. La terza che abbia urgentissimo bisogno di un correttore di bozze, un editor, se vi piacciono gli anglicismi. Va bene anche la cugina incinta, se non c'è uno che lo fa di mestiere, basta che controllino le cretinaggini che scrive.
Miranda, la nostra cara mente perversa che ha partorito tutto questo popò di roba, è una ragazza indecisa se ambientare la sua vicenda ai giorni nostri o nel passato, ma visto che i costumi hanno sempre un grandissimo fascino sull'immaginario di una scrittrice, così come dei lettori, ecco che presto l'enigma è risolto. Peccato che le protagoniste, a parte un'ingombrante verginità e qualche barlume di pregiudizio ottocentesco, siano ragazze del XX secolo senza fallo, complete di istruzione superiore [tutte le ragazze lo erano, su, non date retta a chi dice il contrario] e desiderio d'indipendenza economica e psicologica.

In secondo luogo la nostra Miranda dovrebbe leggersi o farsi leggere, se non potesse altrimenti, qualche testo riguardo le buone maniere e i comportamenti accettati nel 1805.
Il meglio che riesce a mettere insieme sono tre ragazzette affette da falsa modestia che alla prima occasione... zac!
I pantaloncini inguinali di Simone, la Stella della Senna
Mandano a bagno tutti i loro bei principi, allargano le gambette e ci danno dentro come conigli insieme ad un uomo che di solito detestano, non fanno che litigarci, ma che amano da morire, perchè le coppie col botto fanno sempre tendenza e anche la più mite delle eroine diventa una pantera quando c'è da litigare col protagonista, sennò il lettore si suicida ben prima della metà del libro, quando inevitabilmente si accorgerà che questa trama è uguale a mille altre dei mille altri romanzetti da supermercato letti fino ad ora, con una costruzione caratteriale che non sta in piedi neanche nella Dimensione Parallela della Stella della Senna, dove in piena Rivoluzione Francese Simone indossa coulotte inguinali e maglietta stretch come divisa del suo costume da paladina che veste alla marinaria, no, pardon, quella era un'altra... rewind!

Comunque sia, oltre che anacronistiche queste tre buone a nulla sono addirittura disposte a prendersi un casinò in rovina e riportarlo alla gloria, per il bene delle opere pie delle carie suore, come faceva il loro amato genitore vicario, che non voglio sapere cosa faceva nel tempo libero, tantomeno se la madre di queste tre svampite fosse la stessa, e quindi la stupidità l'abbiano ereditata dal padre, oppure se invece erano tre diverse, e allora si scoprirebbero molte cose.
Un vero peccato che la Jarrett si sia dimenticata di informarci su questa interessantissima questione, non pensate?

Insomma, qui siamo ben oltre la svampitezza, Io sono svampita, ma queste tre, a parte una fortuna cosmica, sono deficienti!

Ok, lasciamo perdere.
Se per caso Miranda Jarrett oppure Misteri a Penny House dovessero capitare nel vostro campo visivo, ognoratelo ostinatamente come avrei dovuto fare anche io, io che la lezione non l'ho imparata, ma avrei dovuto per risparmiarmi l'ennesima batosta letteraria.
Questa collezione di romanzi non è stata capace neanche di tenermi compagnia in un momento in cui ne avevo bisogno, è assolutamente stupido oltre che inutile.
Una vera bidonata.
Il presente romanzo appartiene all'ulima categoria
Lasciatelo perdere e con lui anche la Jarrett, fidatevi che è meglio, io ci sono già passata, se quelo che volete sono romanzi storici o romance storici, puntate su Euroclub, lo so che è un salasso, ma almeno avrete meno brutte sorprese e un minimo di attendibilità in più, poi c'è sempre ebay, non è il caso che andiate al negozio specifico ^__^

Qui la scheda del libro su aNobii.





Mauser

29 dicembre 2010

Francesismi demodé e inglesismi trendy

Inghilterra e Francia dall'anime Hetalia

Nella nostra vita abbiamo quotidianamente a che fare con parole provenienti da altre lingue, la sorte di queste parole, a seconda dell'epoca e della circostanza in cui sono state assimilate nella lingua scritta e parlata, è molto differente.
Ci fu un tempo molto antico in cui i nostri avi latini esportarono la loro lingua in tutto il mondo, poi le cose combiarono e con le conquiste arrivarono anche i verbi irregolari e le parole strane; se noi, al giorno d'oggi, abbiamo l'abitudine di parlare impiegando termini spesso mutuati dalla lingua inglese, ciò non significa che sia sempre stato così, tutt'altro! Fino a non molti decenni fa, l'epoca dei miei genitori per intendersi, era cosa assai comune adoperare francesismi a tutto spiano che erano di moda.

In alcuni (tristissimi) casi la parola francese viene soppiantata da quella inglese.
Qualche esempio
essere à la page (primo Novecento)
essere glamour (anni Ottanta del '900)
essere trendy (anni Duemila)
per dire alla moda

Fuseaux
E non è l'unico caso!
Quando mia mamma era ragazza si indossavano i fuseaux, nient'altro che ciò che le moderne generazioni chiamano leggings. Sembrerà loro di aver inventato l'acqua calda...

Che poi le lingue siano piene di parole trasportate, è cosa normale, vi faccio un esempio: la parola tacchino è di origine mongola: avete presente, Gengis Khan e compari?
Questa parola è comune, con poche varianti, a tutte le lingue indoeuropee, al turco e al coreano, eppure nessuno si sognerebbe di pensare che venga dal mongolo, non trovate? Specialmente perchè il mongolo non è diffusissimo o di rilevanza internazionale, eppure con le grandi conquiste delle pianure dell'Asia centrale alcuni aspetti culturali sono rimasti.

Ma se un tempo piaceva trasporre le parole nella propria lingua, nomi compresi (celebre il caso di Luigi Vanvitelli, architetto della Reggia di Caserta il cui vero nome era Lodewijk Van Wittel), principalmente per spirito campanilistico, con l'inizio della globalizzazione settecentesca si diffuse il gusto dell'esotico, di una parola straniera, che faceva molto più colto; ciò fece in modo che il termine venisse lasciato intatto nella sua forma originaria, così da conferire alla frase un qualche tono ricercato [e creando, tristemente, i casi di un sacco di gente che non sapeva scrivere ciò che pronunciava, ma purtroppo quello ancora oggi...].

Così, se oggi l'inglese la fa da padrone nella vita, era il francese a dettare la legge, perchè era la Francia a dettare la moda (cfr. Sul perchè la Francia fu la passerella d'Europa).
Il parlato georgiano, ma ancor di più quello vittoriano, era quindi infarcito di termini mutuati da oltre Manica, si avevano i nomi delle fogge degli abiti: robe à l'anglaise e robe à la française, per dire due abiti tipici del periodo rococò, naturalmente con la loro bella provenienza esplicitata direttamente nel nome, poi c'era la polonaise, il rigonfiamento posteriore della gonna del Settecento, fatto di drappeggi e ripieghi come usavano le contadine polacche perchè i vestiti non fossero d'intralcio, foggia che gli inglesi più sarcastici chiamavano noble milkmaid dress. Nonostante la polonaise fosse polacca, visto che eravamo in campo modaiolo si preferiva francesizzare il tutto.
Idem con patate nel campo culinario, perchè, almeno qui, gli inglesi erano davvero scarsi con quell'orribile porridge.

Un Parisian Cafe
by Pierre Auguste Renoir
Poi c'era la tournure, ovvero la crinolina della seconda metà dell'Ottocento caratterizzata da una campana solo posteriore, c'era la promenade, cioè la passeggiata, sia come movimento che come luogo, che poteva essere sia al parco che in città [io vi consiglio di vedere la promenade plantée di Parigi costruita sull vecchia linea dei binari].
Sempre in tema ricreativo si avevano i dehors, cioè gli spazi all'aperto di un bar o di un ristorantino come erano di moda nell'Ottocento e lo stesso bar era chiamato café, che faceva molo bohémien (nella foto esponenti della Scapigliatura, movimento letterario italiano dell'Ottocento vicino allo stile di vita dei decadenti scrittori e pittori francesi, la foto ritrae, tra gli alri, Emilio Praga), dove si accedeva tramite le tourniquet, le porte girevoli.
Se invece si andava a cenare in un localino non troppo ricercato, l'usanza era quella di chiamarlo bistrot, che non era un posto d'élite e non c'era bisogno di sfoggiare certe maniere bon ton, e quando ci si era sistemati si chiedeva il menu (levate immediatamente quell'accento dalla U! Menu si scrive SENZA accento in tutte le lingue: inglese, francese, tedesco e anche italiano, quindi fate scomparire quegli errori madornali dai ristoranti, anche dai più raffinati, ve ne prego!), quindi si procedeva ad ordinare à la carte: l'omelette ai funghi champignon con baguette, specialità dello chef per lei e paté de foie gras con consomme, accompagnata da uno champagne per festeggiare l'evento; e per dessert una squisita creme brulè, detta anche crema catalana, o un dolce creme caramel come quelli Elah che si mangiano da bambini, magari, perchè no, con marrons glacé e bignè ripieni, una brioche o croissant sarebbero statati inappropriati.
E magari, mentre erano al ristorante, le signore avrebbero raccolto la loro pochette e sarebbero andate un attimo alla toilette a incipriarsi il naso, contendendosi il poco spazio con il bidet.
Per l'occasione sarebbero state dal loro coiffeur, che oggi chiamiamo hair styler, avrebbero indossato il loro nuovo abito color bordeaux ornato di ruches al colletto, per il quale bisognava davvero possedere il phisique du role, come quello di una mannequin (il modo un po' sorpassato per chiamare le top model), realizzato dalla propria couturière così da far risaltare il collier della parure di bijoux che avevano recentemente avuto in dono; sotto l'abito portavano una avveniristica e audace guepiere in pizzo.
L'opera di un coiffeur
E i gentiluomini coi loro papillon e foulard e la camicia con le pence che spunta sotto il gilet sarebbero stati elegantissimi, sfoggiando un savoir faire ineccepibile mentre facevano accomodare le dame alla luce delle moderne abat-jour tardo-ottocentesche, incantando le signore col loro charme.
Dopo l'intrepido gentiluomo tardo-vittoriano avrebbe potuto accompagnare la sua dama ad una kermesse oppure ad un vernissage, l'ardito avrebbe proposto un tour notturno per la città per un tete-a-tete, scordatevi un possibile menage a trois, un giro da soli senza chaperon era scandaloso.
Possibile una puntata al casinò per un giro alla roulette.

Mia mamma ed io ogni tanto rimaniamo interdette di fronte a certi francesismi che lei adopera con nonchalance e che io minimamente comprendo, molti sono rimasti ancora nel modo di dire comune, sebbene debba ammettere che la parola boudoir non ricorra con chissà quale frequenza, ma di certo lo fa biberon; almeno tutti nella vita avremo fatto una gaffe scegliendo una parola sbagliata nel contesto, no?
Una parola molto comune, sebbene quasi in disuso in favore di "pubblicità" è réclame che personalmente sento ancora in dialetto genovese. Ancora in auge, dello stesso campo semantico, sono brochure, oppure depliant, e coupon, come quello da ritagliare dai prodotti.
Parola ancora utilizzatissima, specie dopo l'arrivo nel mondo dellavoro è tailleur che, disgraziatamente, ho visto scritto anche come "tayer" e, confesso, ci ho impiegato quindici minuti a capire che caspita fosse a causa della...come posso dire... trascrizione molto letterale, dopodichè avrei volntieri insultato la ragazza che scriveva, se non fosse che ero troppo impegnata a vomitare dallo schifo.
Sotto il tailleur, perchè non mettere un paio di collant?
Ogni tanto ci si può concedere una manicure o una pedicure mentre settimanale è la visita in palestra dove corriamo sul tapis roulant o ci sfianchiamo sulla cyclette guardando le replice del cabaret (che dalle mie parti singnifica anche vassoio, probabilmente perchè questo genere di spettacoli erano fatti nei café e nelle sale di intrattenimento dove si poteva anche bere alcolici) oppure i reportage in televisione, cerchiamo qualche escamotage per entrare nei vestiti nuovi le cui taglie odierne sono davvero mignon, insomma, è la nostra routine.
E una volta a casa si crolla sul sofà che abbiamo fatto sistemare sul nuovo parquet del soggiorno, non senza una piccola querelle per il monopolio della televisione.
E non mangiamo forse le uova alla coque?

Foulard
(di Hermés e color cielo!)
Sono parole francesi anche stage e vintage, quest'ultima spesso associata al burlesque, che però le persone pronunciano male, non si dice "steig" o "vinteig" all'inglese perchè parole inglesi non sono, ma si pronunciano tutte le lettere alla francese, aprendo bene le A, prendiamo nota (cliccando sul link potrete ascoltare la pronuncia corretta); la prima giornalista che dice male vintage la facciamo cacciare.

Scherzi a parte, giocherellando e cercando di costruire una situazione immaginaria ambientata a metà tra moderno e Ottocento, è facile vedere come c'erano davvero molte parole prese in prestito dal francese. Escludendo dalla lista le più recenti, messe un po' anche per divertirci, vi renderete conto di quanto abbiamo mutuato dalla Francia e, come nell'italiano, anche così l'inglese.

Perchè? Perchè era di moda il francese e lo rimase, perchè la Francia era la capitale dello chic e dell'esclusività e di tutto ciò che era in, vedere per esempio il caso della redingote, questo capo d'abbigliamento, per quanto il suo nome provenga da due parole inglesi, raining coat oppure riding coat, ha assunto una cadenza francofila sospetta, proprio perchè non era di moda se non aveva sapore esotico.
Se l'Inghilterra governava gran parte del mondo, motivo per cui, nella nostra epoca basata sul commercio e gli affari l'inglese è la lingua per eccellenza, la Francia dettava la bella vita perchè l'apparenza era quello che si ostentava, che delineava la propria classe sociale di appartenenza e la ricchezza disponibile.

Miei cari, le jeux sont faits, ormai.




Mauser

24 dicembre 2010

Buon Natale 2010!


Al secondo Buon Natale che auguro ai lettori di questo blog, dovete concedermelo, sono un po' priva di grandi iniziative, ma non di buone intenzioni verso di voi.

Ecco perchè vi auguro un dolcissimo Natale in compagnia delle persone che amate,
all'insegna dell'allegria, del buonumore, della tolleranza e della gioia.
Vi auguro che questo non sia il miglior Natale della vostra vita, ma che, anno dopo anno, questa festa sia sempre più piacevole e felice e speciale e sia attesa con gioia e trepidazione nel vostro cuore.

Vi auguro che il vostro non sia solo un Natale consumistico, una festa senza significato fatta solo di regali da fare e da ricevere, ma vi auguro che a voi arrivi il sentimento profondo e sincero del presente fatto con amore e per passione, perchè qualcuno vi vuole bene, non perchè sia dovuto, vi auguro che vi arrivino i pensieri di coloro che non vi hanno fatto regali.
Vi auguro che vi arrivino più sentimenti che pacchetti e che questi siano speciali.

Auguro a tutti un Natale fatto di Fede, non necessariamente in Dio, perchè qualcuno potrebbe non essere credente, ma la Fede in questa festa, che rende tutto davvero più magico.

Con molto affetto,
per una volta mi firmo con il mio vero nome.


Monica

20 dicembre 2010

London GDR ~ The Victorian Age

Siete appassionati di storia vittoriana?
Siete appassionati di giochi di ruolo?
Siete degli internauti provetti?
Sognate da sempre di potervi vestire e comportare come una dama dell'Ottocento, un affettato gentiluomo, un tagliaborse dei docks (prima che fossero trasformati in centri congresso e uffici dei magnati della finanza)?
Ebbene, allora preparatevi a leggere un post sulla realizzazione del vostro sogno.
Oggi voglio parlarvi di London, un gioco di ruolo che mi è capitato di scoprire di recente e che, per me, è stato una vera rivelazione e, confesso, una tentazione non da poco quando avrei dovuto completare certi post in metà tempo, così come andare a nanna presto e, magari, appendere le coccarde natalizie per casa.




La mia avventura con London è nata circa un mesetto fa, quando ho ricevuto sulla casella una mail da parte dello staff di questo gioco dove mi parlavano del contributo che il Georgiana's Garden aveva apportato alla loro opera di approfondimento.
Subito incuriosita ho cercato qualche informazione al riguardo e sono arrivata alla home page del gioco, così, curiosa, mi sono letta un po' il regolamento e ho chiesto qualche info a Sarah e Cain, i due amministratori.
Sempre più attratta dalla prospettiva di impersonare un qualche personaggio ottocentesco, vestirlo e farlo lavorare come usava all'epoca, mi sono iscritta al GDR pensando che fosse una figata pazzesca.
E avevo ragione.

Crea il tuo personaggio
Il gioco inizia chiedendo al nuovo player di crearsi un personaggio con cui giocare, questo non prevede vincoli di età o sesso, una ragazza può creare un personaggio maschile e viceversa, così come si può dare vita ad un anzano o ad un bambino, ad una ragazza o ad un giovane gentiluomo.
Bisogna scegliere il nome, l'aspetto fisico e un minimo di background socio-culturale. Verrà anche richiesta la nazionalità, dove si avranno a disposizione alcuni stati: Inghilterra, Scozia, Irlanda, Russia, Germania, Francia, Italia, Cina, ecc.
Quasi tutti sono rappresentati, l'unico problema è che, quando si decide di creare un personaggio con una determinata provenienza culturale, bisognerebbe attenersi non solo agli standard di comportamento del paese di origine, ma anche ai notevoli pregiudizi che i londinesi avevano per ciascuno, una cosa che alcune volte si trascura per un minimo di versatilità della narrazione.

Per tutti quelli che, come la sottoscritta, si esaltavano a creare nuove figure in The Sims, la nascita di un nuovo personaggio giocatore sarà qualcosa di non nuovo, ma ugualmente piacevole, così come io ho trovato particolarmente stimolante creare un chara abbastanza simile all'idea che di solito si ha di quella categoria di persone e, allo stesso tempo, diverso da quelli già in gioco; girovagare per internet alla ricerca di una fotografia che rappresentasse grossomodo quello che avevo in mente è stato molto frustrante, poichè bisognerebbe spulciarsi dei veri e propri cataloghi di moda dell'epoca per la parte del vestiario e combinarli con l'aspetto fisico.

Creato il background, carattere, aspetto e bagaglio, il personaggio è pronto per arrivare in London, pardon, a Londra, scenario della vicenda.


Mappa e modalità di gioco
La modalità di gioco è quella della chat room dove più personaggi diversi si ritrovano e interagiscono, con la linea guida e mai da dimenticare che ci troviamo nel1864, quindi...
  • niente gergo giovanile: andiamo a farci una vasca, stai tranqui, ecc. sono da depennare seduta stante;
  • niente comportamenti vietati dall'etichetta: scordiamoci ragazze che si presentano da sole o che stringono la mano e lasciamo il posto alla modestia e alla timidezza più o meno artificiosa, la seduzione si opera con sguardi e con abiti, con l'apparenza più che con le parole
  • interazioni secondo le regole dell'epoca: ovvero teniamo a mente che nessuna ragazza si sarebbe sognata di parlare ad uno sconosciuto, chiedergli il nome o interessarsi dei fatti suoi, come ho spiegato nell'inizio del piccolo manuale di conversazione, rubrica Come si fa..., si poteva parlare del tempo e delle condizioni delle strade, la salute era già troppo intimo.
Siamo quindi pronti per entrare nella mappa di gioco di London, dove sulla piantina della capitale inglese si sviluppano le varie stanze di discussione, divise per quartieri e per zone d'interesse.


Per esempio avremo la possibilità di visitare Seven Dials, la piazza famosa perchè da lì partono 7 strade, da cui si può raggiungere il Convent Garden Market, ovvvero il mercato dei meno abbienti, ma ugualmente fornito di tutto il necessaire, così come ci si potrà recare alle Stanze di Erato, la nuova sala da ballo recentemente inaugurata ritrovo del bel mondo, ma che nasconde anche attività meno note ed è sede della Pleasure Society.
Tornando alla mappa principale e lasciando Seven Dials ci si può recare a Piccadilly, quartiere dello shopping di lusso, dove troviamo la Shopping Promenade, ovvero la via dei negozi, le Botteghe e molti altri luoghi.
C'è Kensinghton con il suo fascino, Cremorne con i suoi giardini, i Docks e la City, dove hanno sede, tra l'altro, la Banca d'Inghilterra e la Camera di commercio dove sono registrati tutti i mestieri e le attività disponibili ai players a seconda del sesso e dell'esperienza.
Poi ci sono i quartieri in, i cafè alla moda e i pub un po' meno di lusso, ma dove si può consumare ottimo cibo e ottima birra.
In ciascuno di questi luoghi il player è tenuto ad avere un comportamento consono, quindi un player di bassa estrazione dovrebbe essere umile trovandosi al Café Chantelle, dove potrebbe essere etichettato come fuori posto, mentre può sfoggiare il proprio "diritto di territorio" al Red Boot Pub nei confronti di qualche damerino capitato lì per sbaglio o per divertimento che, nei suoi abiti costosi, sarebbe comunemente definito spaventapasseri vestito da pinguino.
Ognuno di questi luoghi e dei molti altri a disposizione, tutti da esplorare (e da memorizzare! Io ho ancora problemi a raccapezzarmi nella mappa e finisco sempre dall'altra parte della città) mette a disposizione una chat dove si può interagire, se i giocatori sono più di 2, cosa che di solito ci si augura per movimentare un po' le conversazioni e conoscere nuovi personaggi, si segue una turnazione precisa in base all'ordine di arrivo, così che ciascuno possa interagire aspettando gli altri e le loro mosse.

Confesso di essere sempre un po' diffidente riguardo le chat, dove di solito se ammetti di essere una donna finiscono per arrivari più profferte e approcci non propriamente casti da parte di emeriti sconosciuti, ritrovandoti, oltre a qualche virus, pure con una specie di stalker informatico.
Qui invece le cose sono diverse, perchè una persona che decide di iscriversi ad un simile gioco lo fa con una certa cognizione dell'argomento e passione, proprio per questo la clientela di London è sceltissima anche grazie ad un sistema di moderazione e amministrazione impeccabile.
A differenza di altri posti dove sono stata, in London i moderatori non sono solo cani poliziotto dell'amministrazione e il giocatore inesperto e alle prime armi non viene lasciato in balia delle correnti a districarsi in pagine che non capisce, no, i moderatori, con pazienza aiutano i nuovi arrivati spiegando loro le regole di base, ricordando le scadenze e correggendo le loro sviste (a volte epocali, credete a me che ne ho fatte di quelle...).
I moderatori ti invitano e cercano di farti interagire con gli altri giocatori presenti, ti ricordano i passaggi delle azioni che riguardano il personaggio citati quando magari non eri online e cercano di farti sentire il benvenuto anche quando hai veramente rotto le scatole a tutti con le tue stupidissime domande.


Game!
Ok, pronti a giocare: si controlla tramite il binocolo in alto dove si trovano gli altri giocatori, si sceglie il gruppo di player che più ispira, ci si sposta nella location muovendosi sulla mappa e poi si comincia a scrivere, magari seguendo un po' la conversazione, prima, giusto per non cadere dal pero.
ATTENZIONE: è estrmamente probabile che la giocata si protenda ben oltre l'orario di stacco che vi eravate preventivati, col risultato che farete inesorabilmente tardi per andare a dormire o ad eventuali impegni. Lo dico per esperienza, fidatevi.

Se siete all'inizio e in gioco ci sono molti altri players, per esempio nel caso di quest, è mio consiglio spassionato di buttarvi nella mischia e finire addosso a qualcuno, salutare uno sconosciuto, insomma, entrare in ballo, altrimenti se iniziano a formarsi i gruppetti poi introdursi è difficile perchè alcuni giocatori sono iscritti e si conoscono da moltissimo tempo.


Lavoro, finanze, Cittadinanza e profilo
La Cittadinanza è il primo passo per entrare tra i player ufficiali di London, per far ciò è necessario che la scheda profilo sia stata compilata interamente, che si abbia fatto almeno una giocata e che si sia acquistato qualcosa.
Solitamente, se si gioca una volta al dì, è probabile che entro un paio di settimane l'amministrazione prenda in considerazione l'idea di promuovervi a cittadino, con questa carica il giocatore potrà cercarsi un lavoro iniziando a guadagnare e ad acquistare abiti ed effetti personali presso Covent Garden oppure Piccadilly. In alcune zone della città si può accedere solo se si è già stati promossi a cittadini.

Insieme alla cittadinanza, l'amministrazione assegna anche una classe sociale di appartenenza, sorteggiata in base al background del giocatore.
A disposizione si hanno:
Townsfolk (gente del popolo, per lo più poveri che campano di miseria ed espedienti ed abitano nei sobborghi della City, oltre London Bridge)
Lower Class (appena superiore, sono persone che lavorano e non hanno ricchezza, ma abbastanza da vivere decorosamente senza patire la fame)
Middle Class (solitamente piccoli imprenditori o lavoratori indipendenti con mestieri di un certo livello)
Upper Class (l'alta borghesia e l'aristocrazia, sia di vecchia data che campagnola)


Un player inizia la propria vita in London con una somma di denaro assegnata automaticamente dall'amministrazione; con questa somma il giocatore dovrà munirsi di un vestito e di alcuni oggetti di primaria necessità alla vita, come scarpe, guanti, ecc.
Se si inizia a giocare durante la stagione invernale (il meteo è consultabile nella home), è consigliabile munirsi di uno scialle oppure di un soprabito e, visto il clima uggioso di Londra, anche di un ombrello, in assenza dei quali il personaggio si ammalerà e sarà costretto a recarsi al St. Bartholomew Hospital, l'ospedale, per farsi curare.
Il resto dei beni, compreso il miglioramento della propria condizione finanziaria, arriverà col tempo e con l'inizio di una carriera lavorativa, che paga 50 denari al giorno nella sua forma junior.

I lavori a disposizione dei player sono moltissimi, tata, cameriera, sarto, barrister, medico, venditore di libri, ricamatrice, fotografo, reporter del Times, postino, cacciatore di ratti, la lista completa degli impieghi è consultabile presso la Lista delle Corporazioni.
In più, se un personaggio ha particolari qualità o propositi, può entrare a far parte di alcuni gruppi, come quello musicale dell'Orchestre de Chambre, il movimento degli indipendentisti irlandesi, oppure la Pleasure Society che dirige i ricevimenti nelle Stanze di Erato.

Una volta che il personaggio inizia a giocare e ad avere determinate necessità di abiti (per le occasioni formali o per il lavoro) e di accessori (ventaglio, carta da lettere, candele, ecc) se ne potranno acquistare di nuovi e aggiungerne all'elenco dei posseduti, da questo si potra attingere per bardare il personaggio nelle varie circostanze spedendo gli oggetti nella sezione portati, tra questi uno è visualizzato come indossato e appare nell'anteprima del personaggio quando vi si passa sopra in una chat room, questa sezione è consigliabile aggiornarla spesso per essere sempre abbigliati con correttezza a seconda della formalità dell'evento.


Il mio personaggio
Lo confesso, ho istinti suicidi, ho creato un personaggio che con me non c'entra niente per il gusto di farlo agire in maniera differente da come farei io, cosa che mi riesce fino ad un certo punto.
Il mio personaggio si chiama Sienna McAllister, origini scozzesi, figlia delle selvagge Highlands e storia lacrimevole alle spalle.
Per riscattarsi e diventare indipendente si è trasferita a Londra dove ha trovato impiego come sartina, dove naturalmente la sfruttano senza riserve: sogna di aprire una propria bottega, ma questo sarà (forse) in futuro.
Nel frattempo la ragazza bazzica la capitale tra bettole e concerti.
Sienna non ha neanche vent'anni, è una campagnola di prima categoria che della vita sa fin troppo poco, ha i capelli rossi, le lentiggini, carattere indipendente e bellezza abbastanza comune, a parte per la chioma fiammeggiante. In compenso cerca di essere dolce e gentile con tutti ed è ansiosa di parlare della sua terra d'origine. Sembra un po' svitata, ma in realtà lo è quasi del tutto e, questo devo confessarlo, è un difetto che ha preso da me.


Considerazioni
Considero estremamente positivo che moderatori, amministratori e frequentino con tanta assiduità il gioco e si interessino in maniera approfondita dei loro giocatori, forse è un pregio del fatto che la ressa è rara da trovare in London, forse proprio per il buon cuore e la dedizione di queste persone, però è un punto a vantaggio di questo GDR, negli altri troppo spesso si viene lasciati a se stessi senza appigli e rimproverati ogni due per tre se non ci si ricorda il regolamento, giocare diventa stressante.

L'aggiornamento del gioco è continuo ed io stessa, da quando mi sono iscritta il mese scorso, ho trovato diversi miglioramenti, compreso un aumento del numero di accessori e abiti scelti per i giocatori, tutte fotografie reali e non ricostruzioni.

L'organizzazione delle quest, quegli eventi che prevedono l'arrivo di molti giocatori, è ben fatto e strutturato con ordine: uno dei player anziani o un moderatore si occupare di fare il master, cioè di dirigere la situazione e di inserire descrizioni di eventi esterni, gli altri giocatori rispondono a turno tramite la chat e vengono guidati dai moderatori presenti: durante la partecipazione all mia prima quest ho avuto qualche difficoltà ad apprendere il meccanismo della turnazione, ma grazie all'aiuto dei presenti adesso padroneggio la cosa senza problemi.

L'organizzazione è senz'altro il fiore all'occhiello del gioco e anche la disponibilità del sistema di amministrazione e moderazione.

Inoltre, per coloro i quali non fossero pratici di questo periodo (suppongo quindi, con un certo orgoglio, che non provengano da questo blog) nella bacheca e nel forum è possibile consultare articoli e approfondimenti sulle questioni vittoriane: strumenti, abiti, etichetta, ecc.


Ma volete spaere qual è la cosa migliore?
Che il gioco è in italiano, quindi non dobbiamo giocare, dizionario alla mano, capendo solo una parola su dieci come accadeva a me quando giocavo a City of Vice il gioco trova-indizi ispirato alle indagini di John Fielding, il magistrato cieco di Bow Street, protettore del gruppo di poliziotti definiti Bow Street Runners.
Insomma, capisco quello che mi stanno dicendo! Una manna del cielo!

Insomma, a mio avviso per tutti gli appassionati dell'epoca questa è l'occasione ideale per mettere un po' in pratica quanto appreso tra romanzi e approfondimenti, oppure per fare esercizio di fantasia e calarsi in un personaggio diverso e cercare di farlo muovere e parlare come all'epoca, figurandosi le ambientazioni, le persone che avrebbe potuto incontrare, i vari tipi di suoni e odori della Londra ottocentesca piuttosto che quelli della propria moderna città.

Consigliato al 100%!
Per tutti coloro che decideranno di iscriversi, ci vediamo in chat, fatemi sapere i nomi dei vostri personaggi!
E mi raccomando, coerenza nelle descrizioni che poi vengo a bacchettarvi =P

Un sincero ringraziamento all'amministrazione di London che mi ha permesso di scoprire questa chicca che sarebbe stato sacrilegio non conoscere per una come me.
Grazie a Sarah e Cain che hanno anche cercato di integrarmi tra i giocatori, che mi hanno aiutata con la matematica (disgraziatamente i conti per me non tornano mai e, sempre parlando di un insieme N+, 2x3 a casa mia può fare anche 7) e che sono stati a sentire tutti i miei problemi e le mie paturnie, GRAZIE.

Baci e buone feste




Mauser

15 dicembre 2010

Tipi di maniche

Ad angelo: maniche molto famose per la loro foggia con cui vengono spesso associate al Medioevo. Queste maniche eranoc aratterizzate dal fatto che la parte inferiore fosse notevolmente pià lunga e ampia di quella superiore, quindi, se da un lato aderiva al braccio della dama che le indossava, dall'altro si aprivano scampanate fino ai fianchi e, nei modelli più esagerati, al pavimento.
In Epoca Vittoriana queste maniche non erano così lunghe e ingombranti, era anzi molto più frequente la variante a campana, che invece era simmetrica.
Erano molto apprezzate nella fattura dei soprabiti e cappotti femminili perchè non stringevano la manica del vestito sottostante e permettevano anche di mettere in mostra la fattura.
[Per tutti quelli a cui potesse interessare, queste sono le maniche che in assoluto preferisco, vorrei tanto farmi confezionare un vestito medievale come quello della foto, per inciso non ci assomiglio per niente ma vabbè, e sono anni che aspetto che qualcuno dei miei amici organizzi una festa in maschera così avrei la scusa, ma lasciamo stare... volevo solo dire che adoro le maniche ad angelo ♥_♥ e pure il quadro]


A l'amadis: un particolare tipo di manica caratterizzata da un rigonfiamento iniziale che va a restringersi via via che ci si avvicina al polso. Spesso ornata con un polsino rigido abbottonato, non presentava l'evidente piegatura del gomito, punto dal quale la manica inizia a diminuire il suo effetto "gonfio".
Si dice siano state inventate nel 1684 da Madmoiselle Le Rochois, un'attrice dell'Opera che, si dice, aveva le braccia non propriamente aggraziate.
Torneranno particolarmente di moda nel periodo di passaggio dall'Epoca Vittoriana all'Epoca Edoardiana, cioè tra la fine degli anni novanta del 1800 e il primo decennio del Novecento.
Possono essere confuse o assimilate a quelle a zampa di montone che vedremo più avanti.


Bishop: questo tipo di manica era particolarmente indicato per abiti di stoffa non troppo elaborata, erano indicate per vestiti informali e camicie a causa della loro praticità. La foggia era costituita da una forma cilindrica che si allargava a palloncino per poi restringersi in poco spazio sul polso e terminare con una fettuccia che restringeva il tutto.
Adoperatissime sia nel Settecento che durante il periodo Edoardiano, è facile ritrovarle ancora al giorno d'oggi, sebbene in pochi ne conoscano l'esatta nomenclatura.
Praticamente sono le maniche alla Lady Oscar senza le trine di pizzo.


Camicia (shirt): tipica manica di camicia simile a quella bishop, come questa è talmente calzante per la camicia da averne adottato anche il nome. Il puff creato da questa manica è meno evidente di quella bishop e la chiusura al polso è fatta tramite polsino alto almeno 2 dita, non una fettuzzia (massimo 2).
Vedi qui.


A campana (bell): forma molto semplice e conosciuta per le maniche, costituita da una sotffa che si allarga progressivamente dall'attaccatura sulla spalla verso il polso.
Le maniche a campana torneranno in auge come maniche da soprabito e cappotto specialmente dalla metà dell'Ottocento.
A volte vengono confuse con le maniche ad angelo, che però sono molto più lunghe ed ampie e, soprattutto, asimmetriche, mentre la manica a campana e uguale da tutti i lati.


Dolman: tipo di manica di media lunghezza tagliata sotto il gomito e caratterizzata da una foggia che sembra riprendere tessuto drappeggiato sopra o dietro in una piccola membrana tra braccio e busto, simile a quella delle maniche a pipistrello, ma meno pronunciata. La manica in sé è abbastanza attillata.
Maniche dolman su abito moderno.


Dropped shoulder o spalla bassa: perfetta per le scollature a barca che tagliano appena sopra l'attaccatura del seno, questo tipo di manica è costituito da una attaccatura non sulla spalla, ma sotto, partendo all'incirca sulla testa superiore dell'omero. Particolarmente impiegato nella moda ottocentesca anni Venti e Trenta, quando la scollatura bassa a barca era in voga, continuò a riscuotere grande successo negli abiti da ballo e nella moda russa, dove la scollatura di cui sopra era in uso già da tempo. A volte l'attaccatura era guarnita da una balza a volant.
Modello reale.


Due pezzi (two piece tailored): una foggia particolarmente indicata nella realizzazione delle giacche, tanto da essere ancora oggi usata.
È caratterizzata da due pezze di stoffa cucite assieme, una andrà a formare la parte superiore, l'altra quella inferiore.
Vedi qui.


Gigot o a zampa di montone (leg-o-mutton): manica caratteristica degli abiti di fine secolo (1890) caratterizzata da una foggia "a palloncino" che si protende oltre la piegatura del gomito, ma non per tutta la lunghezza, appena sotto la piega, infatti, la manica si restringe drasticamente diventando attillata.
Queste sono le maniche tanto invidiate da Anna Shirley alla sua maestra, la signora Lavender e diventeranno un cult della prima Epoca Edoardiana.
Sebbene la prima versione non fosse così esagerata nelle dimensioni del baloon, successivamente la moda richiederà un dispendio sempre maggiore di stoffa che, nei movimenti, creava caratteristiche piegoline.
Hanno questo nome particolare perchè la foggia originale (elisabettiana, il periodo tardo ottocentesco vivrà un'intenza nota di revival elisabettiano) ricordava quella della coscia di una pecora o montone, caratterizzata da un muscolo molo sviluppato e largo e da uno zoccolo molto piccolo, in rapporto.
Altri esempi: qui.


Giulietta (Juliet): la famosa eroina shakespeariana ha dato il nome anche ad un tipo di manica in voga durante la Reggenza che si ispirava direttamente alla moda italiana rinascimentale. Prima dell'epoca regency, la manica alla giulietta aveva avuto un primo periodo di revival durante l'epoca elisabettiana.
Questo tipo di manica era costituito da foggia tubolare abbastanza attillata per tutta la lunghezza, salvo un palloncino o uno sbuffo posto all'altezza della spalla. Questo sbuffo era in origine reso da una camicia bianca di cotone o da tessuto applicato ad unire la spalla alla manica di colore bianco o chiaro, durante l'Ottocento questo particolare verrà ripreso solo marginalmente, per poi scomparire del tutto quando si decise di realizzare lo sbuffo nella stessa stoffa del resto dell'abito o della giacca.


Hanging sleeve: definita anche manica aperta oppure manica pendente, era un particolare tipo di manica realizzato da una sola pezza di stoffa, unita sul davanti dell'abito con un cucitura a vista, spesso esaltando i due bordi con rifiniture di altro colore o pelliccia, in modo che fosse ancora più evidente.
Questo tipo di attaccatura arrivava, però, fino al gomito, mentre da lì in poi i due lembi risultavano slegati e pendenti dai due lati, creando l'effetto "a mantellina" intorno al braccio.
Particolarmente in voga durante il Medioevo e poi nel Rinascimento (sinusoide della moda), non venne molto considerato dalla moda inglese e francese dell'Ottocento, sebbene continuasse a riscuotere grandissima popolarità nell'Europa dell'Est, in particolare alla corte russa degli zar, dove era un dettaglio importante degli abiti da corte.


A lanterna (lantern): una manica molto caratteristica, simile a quella che spesso associamo a Biancaneve oppure ai vestiti del 1820-1830. Questo tipo di manica parte da sopra la spalla e si allarga fino a metà della parte superiore del braccio, per poi tornare a stringersi, grossomodo con la stessa angolatura, prima della piegatura del gomito, dove la manica può terminare con volant o gale o una fettuccia, oppure continuare, diventando una manica lunga, con un prosieguo molto più attillato.
La manica è necessariamente divisa in due parti ed una cucitura abbastanza evidente percorre la circonferenza della manica nel suo punto più largo, quindi prima di incominciare a restringersi.
Nelle fogge più moderne la partenza della manica può non essere più all'altezza della spalla, ma anche a metà del braccio.
Durante l'epoca medievale e rinascimentale, la manica era caratterizzata dall'assenza della cucitura mediana che diventerà invece essenziale durante il periodo victorian, la stoffa della parte superiore della manica, inoltre, quindi prima dell'ipotetica cucitura, poteva essere anche molto in eccesso, creando un effetto rientrato.
Cartamodello, abito.


Marie: manica molto simile a quella juliet, ma caratterizzata non da un solo sbuffo, ma da tanti che corrono lungo tutta la lunghezza dalla spalla fino al polso.
Di ispirazione probabilmente rinascimentale o orientale, tornarono in voga durante l'epoca Regency e vennero anche definite gabrielle oppure mamaluke.
La confusione tra maniche gabrielle, marie, mamaluke oppure juliet, comunque, è totale.


A pagoda: di foggia ispirata a quella a campana, la manica a pagoda è caratterizzata da un'apertura al polso molto larga, ma di taglio non lineare, bensì curvilineo, in più la particolarità di questo tipo di manica era l'effetto sottomanica che si creava con una serie di pezze di cotone con ruches o borderie d'anglaise applicate dall'interno, in modo che sembrasse che quella fosse solo una sovramanica.
Questa foggia divenne particolarmente di moda durante gli anni sessanta dell'Ottocento e rappresenta la base di tutti gli abiti da donna dei film western che siamo abituati a riconoscere in tv.
Abito intero con maniche a pagoda.


A palloncino (puff o baloon): simili all maniche a gigot che vedremo più avanti, le maniche a palloncino si distinguevano da queste poichè erano arrotondate per tutta la loro lunghezza, non solo per un tratto di manica.
Per creare la forma perfetta veniva usati supporti leggeri chiamati crinoline come quelle delle gonne, realizzati in crine o in canne sottoli, questi garantivano che la manica avesse sempre la forma promessa.
Esistono due importanti scuole di pensiero circa le maniche di questo tipo, una distinzione che purtroppo nella traduzione italiana non si coglie: baloon erano le maniche corte e dalla forma sferica, mentre puff erano più lunghe della piega del gomito e la forma poteva non essere perfettamente rotonda.
Queste maniche venivano anche chiamate maniche degli imbecilli.
Furono molto di moda durante l'epoca regency.
Qui un abito di esempio.


A petalo (petal): il nome dice tutto, questa manica ricorda nella foggia un petalo di fiore, una calla, per l'esattezza. Tagliata in un'unico pezzo di stovva e cucita all'altezza della spalla (sotto, in alcune mode), prevede che una delle due parti vada a sovrapporsi all'altra, il taglio della stoffa non è netto con angolo di 90°, ma arcuato, in modo da accentuare la somiglianza con il fiore.
Era adoperata come manica estiva tardo ottocentesca, oppure come copri-manica, ovvero la manica vera e propria, magari a gigot, partiva proprio dall'interno, come anche nella moda russa per gli abiti di corte.


A pipistrello (batwing): questo tipo di maniche è molo singolare, la foggia di base è quella di una manica attillata al braccio e abbastanza legata nei movimenti, ma tra il gomito e il busto presenta un volant o stoffa aggiuntiva che le conferisce il particolare effetto che, dispiegata, possa assomigliare ad un'ala.
Questa manica è necessariamente lunga poichè nel caso sia corta non renderebbe l'effetto.


A strati (paned): la tipica manica cinquecentesca caratterizzata da uno sbuffo sulla spalla costituito da strisce di tessuto non unite tra di loro, da cui spuntano i colori della camicia sottostante. Molto adoperata da Cinquecento e Seicento, era diffusissima in tutta Europa: Francia, Spagna, Italia, Germania e anche Inghilterra, è possibile riconoscerla nei dipinti di Enrico VIII ed è anche la manica del vestito del principe Edward nel film Come d'incanto con la brava Amy Adams.





Victoria: un particolare tipo di manica caratterizzato da un'attaccatura dropped shoulder come abbiamo visto all'inizio, stretto nella parte iniziale del braccio che si allarga in uno o due puff attorno alla piega del braccio per tornare poi lineare e attillata sull'avambraccio inferiore fino al polso.
Vedi qui.


Virago: un tipo molto singolare di manica dove il tessuto era cucito insieme solo all'altezza della spalla e al polso, mentre al centro della manica, precisamente alla piegatura del gomito, veniva unito tramite un fiocco o una fettuccia. Le due asole che andavano a formarsi dovevano mettere in mostra il prezioso tessuto della camicia sottostante o della finta camicia, cioè della pezza cucita ad arte tra i due lembri, un po' come nelle maniche a strati.
Una manica opulenta di fattura tipicamente seicentesca, ma che ricorrerà nuovamente nel guardaroba della seconda metà dell'Ottocento quando le maniche inizierano ad assumere forme gigantesche.


Fonti
Illustrated Glossary of Victorian Sartorial Terms
Wikipedia - Sleeves


Io spero che l'approfondimento sia stato interessante e curioso.
Se qualcuno dei lettori che avesse studiato storia del costume o storia della moda volesse fare delle correzioni o puntualizzazioni, queste saranno ben accette, così come altri tipi di maniche esistenti che mi sono dimenticata.
Ho cercato di riportare tutta la terminologia all'italiano, anche se su qualcosa ho avuto diversi problemi, come quella santa manica a "zampa di montone", meno male che esisteva il francese gigot sennò io come me la cavavo?

Baci e a presto!




Mauser


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