26 marzo 2012

Un blog affidabile al 99%

Cari lettori,
è tempo di primavera ed è tempo di premi.
La scorsa settimana la cara lithtys del blog Beyond the Crimson Walls ha insignito questo picco angolo di blogosfera di un premio.
La cosa mi riempie di ognore, ma anche un po' di vergogna perchè non sono sicura potermi fregiare dell'appellativo affidabile, almeno nella vita virtuale...

Comunque ringrazio davvero di cuore per aver pensato in questi termini al Georgiana's Garden che forse non è campione di tempestività e di continuità, ma che è un piccolo progetto (molto personale) al quale sono estremamente affezionata.
Grazie Lit =)

Un blog 100% affidabile secondo le linee guida del premio dovrebbe avere queste caratteristiche:
  1. Essere aggiornato regolarmente;
    Questa parte non è precisamente quella che porta più prestigio al GsG, l'aggiornamento non è proprio regolare, ma diciamo che provo a fare del mio meglio...
  2. Mostrare la passione autentica del blogger per l'argomento di cui scrive
    Io spero sempre che il mio amore per ciò che scrivo traspaia sia dalle parole che dalle ricerche e, perchè no, anche dalle prese in giro
  3. Favorire la condivisione e la partecipazione attiva dei lettori
    Un tema che mi è molto caro, chiunque voglia contribuire è ben accolto e non ne ho mai fatto mistero fin dall'apertura
  4. Offrire contenuti ed informazioni utili e originali
    Beh, ho aperto questo blog proprio perchè nessuno parlava dell'argomento =)
  5. Non essere infarcito di troppa pubblicità
    Se si escludono i titoli di libri sponsorizzati a fondo post...

Bisogna inoltre occuparsi di
  • spiegare brevemente [quel brevemente mi preoccupa] quando e perché si è aperto il blog;
  • segnalare altri 5 siti/blog che sono meritevoli di menzione e far sapere ai blog/siti che hai scelto che sono stati premiati.

Storia del GsG
È bello avere una scusa per parlarne, la aspettavo da tempo!
Il Georgiana's Garden, secondo i miei annali, nacque nel lontano 2009. Avevo alle spalle una lunga carriera sia come moderatrice di forum (ai miei tempi quella era la vita online e il vecchio Eyes on Anime il regno dove esercitavo i miei poteri) e come scrittrice di fanfiction, dove sopravvivono ancora delle vestigia su EFP e sulla stranissima quanto amata coppia Draco/Hermione. Volevo cimentarmi con qualcosa di nuovo e vedendo che la blogosfera era il Nuovo Mondo, mi ci sono buttata.
A darmi il primo spunto, il desiderio di aprire un luogo dove parlare di un determinato argomento con passione e trasporto, fu il film Julie&Julia dove la protagonista decide di aprire un proprio blog di cucina sfruttando il libro edito da una mirabolande Julia Childe/Meryl Streep. Il blog fa un po' da ancora di salvezza per Julie, che può sfogare la sua frustrazione tra i commenti degli avventori, le pentole della cucina e la sua passione culinaria e in breve diventa un autentico fenomeno.
Anche io, come Julie, cercavo un modo di sfogarmi da una vita un po' frustrante, anche io, come lei, sentivo di avere un sacco di cose da dire, è stata la scelta del soggetto però la meno semplice perchè i miei interessi sono molteplici, ma di breve durata.
Dopo aver pensato ai libri, ed aver accantonato l'idea per l'immane quantità di blog di letture che ho scorto nella rete, molti tra l'altro validissimi, ho optato per la storia. C'era poco contributo da dare per il mondo letterario, ma per quello storico sapevo di poter fare una parte, seppure piccola, ma significativa.

Il GsG si può dire sia stato un blog "di riepilogo" perchè mi ha permesso di sfruttare le mie precedenti esperienze nella rete.
Con l'inglese appreso dalle scans dei manga ho potuto cimentarmi in molti siti e documenti sull'epoca storica che approfondisco, l'html così sudato nelle impaginazioni forum è tornato utile nella formattazione e veste grafica di questo blog, inoltre ho massicciamente fatto uso di esponenti della biblioteca civica, con cui ho avuto tristissime esperienze, ai molti romanzi storici che, a modo loro, mi hanno insegnato qualcosa sulle epoche di cui parlano.

Il mio desiderio era proprio riunire il tutto e farne una grande vetrina su un epoca affascinante quanto oscura.
A modo suo il GsG è cambiato e cresciuto, la frequenza degli aggiornamenti non è più quella di un tempo, complice un lavoro pressante e stancante, ma cerco sempre di mantenere un buono standard di approfondimento, sebbene rileggendo mi accorga spesso che a volte il periodare e la grammatica potrebbero essere migliorati da una revisione con un po' di calma.

5 blog e siti meritevoli
  • Angenia creations
    Bellissimo blog sulle creazioni handmade di Angenia che trovo deliziose
  • The Goulash Train
    Preparandomi psicologicamente a quella che vorrebbe essere la meta della mia prossima vacanza: l'Europa dell'Est, spulcio con interesse questo meraviglioso blog alla scoperta di territori e luoghi della zona balcanica
  • Pretty Little Houses
    Irrecuperabile mania per l'arredamento, dallo shabby chic al più colorful e stravagante
  • Shoeplay
    Irrecuperabile passione per le scarpe
  • A feminine, modest fashion blog
    Un blog inusuale, ma carinissimo, di moda, abbigliamento e decorazione dai toni pastello e molto delicati senza diventare improponibile

bene, credo che per ora sia tutto e per una volta ho messo blog nuovissimi di zecca, per dare anche a loro un briciolo di risalto, nella speranza ovviamente di non aver offeso nessuno =), un bacio e a presto




Mauser

19 marzo 2012

L'evoluzione dei "costumi" propriamente detti

Ovvero: come si andava alla spiaggiatra il XVIII e il XX secolo


Si appropinqua l'estate.
Queste le parole cariche di cinismo che una mia amica mi ha rivolto la scorsa settimana.
Nel suo vocabolario ciò ha un solo sinonimo: dimagrire.
Buttare giù la pancetta dell'inverno opportunamente coperta da maglioni e collant contenitive, fare un bell'abbonamento di tre mesi in palestra e andare a sudare sui tapis roulant, sgranchirsi la schiena alle lezioni di pilates, rassodare glutei e addominali con infiniti crunch e privarsi di qualunque cibo non appartenga agli ultimi due gruppi alimentari.
Nel mio vocabolario invece quest'affermazione è sinonimo di: "addio serate con le amiche". Le poche volte che sarò in città mi toccherà salutare mestamente le uscite pizza&cinema (perché la pizza è off limits), i filmacci romantici sul divano con nutella o gelato in grembo (la nutella è il male) e sbocconcellare i biscotti col tè della domenica pomeriggio (avete presente il numero di calorie contenute in una singola ostia?! Beh, io no).
Per una che tocca il suolo della sua città una volta alla settimana sono privazioni di notevole portata e il problema delle mie amiche, tra universitarie e stanziali, non mi tocca perché non avrei né il tempo né lo spirito per iscrivermi in palestra. E comunque da adulta ho un rapporto decisamente migliore con me stessa e tutto il surplus.

Donne di metà Settecento abbigliate per
una passeggiata sulla spiaggia
(non si nota la differenza, potrebbero
trovarsi a Piccadilly)

Ogni tanto mi dico che era meglio quando gli esseri umani andavano al mare vestiti, almeno non si preoccupavano della ciccia di troppo.
Poi però, ricordando il quanto andavano vestiti, cambio sempre idea.

Quando si dice che l'eccesso è sempre un male...
Durante il Settecento, secolo dei Lumi, della frivolezza, del rococò, andare a nuotare alla spiaggia era considerato primitivo, l'usanza era lasciata i popolani che si spogliavano e usavano quell'immensa distesa d'acqua come una specie di vasca da bagno gratuita. I ricchi non amavano particolarmente l'aria salmastra che rovinava il trucco delle donne (vi rimando al video contenuto in questo post), il vento quasi sempre sferzante disfaceva le elaborate e impomatate parrucche e il sole della canicola rovinava la pelle e l'effetto del cerone. La spiaggia era piuttosto snobbata.

Verso fine secolo le cose cominciarono a cambiare, cominciò a diventare abituale una passeggiata presso la spiaggia e un soggiorno nelle località marinare, specialmente per rinvigorire la salute che non traeva certo giovamento dai piatti eccessivamente proteici della tavola dell'epoca, dalla vita condotta quasi sempre al chiuso, dallo scarso movimento fisico e dall'aria poco salubre delle città. Proprio per gli stessi motivi anche le vacanze in località termali o nelle zone del Mediterraneo erano estremamente quotati.
Le località marine erano considerate dei grandi sanatori, insomma.

Gli uomini iniziarono ad "andare al bagno" in questo periodo, cioè andare alla spiaggia per nuotare, erano abbigliati con dei costumi interi piuttosto larghi e ingombranti che ricordavano le tutine da neonato integrali e comprendevano anche elementi impensabili come giacche o cappelli; per le donne servirà almeno un secolo prima di ottenere lo stesso diritto. Sebbene le passeggiate fossero loro concesse era bene che queste non si esponessero troppo a lungo ai raggi del sole che, secondo l'idea del tempo, erano portatori di malattie della pelle (in parte vero, ma decisamente eccessivo) e secchezza, inoltre il canone estetico prevedeva un incarnato diafano e quasi trasparente e, di conseguenza, l'abbronzatura non era mai una virtù, neanche se la donzella abitava i soleggiati paesi delle colonie del centr'America ancora sotto la protezione della corona britannica, anche se in quei casi, a causa della vita che si conduceva, era tollerato avere un colorito più salutare e meno malaticcio.

Le donne passeggiavano quindi sulla riva e alle volte cavalcavano, ma sempre munite di parasole o cappellino, naturalmente vestite, per prevenire l'abbronzatura. Essendo così candide di carnagione era facile che queste signore e signorine si bruciassero, per questo all'epoca esistevano molti rimedi contro le insolazioni, uno dei quali abbiamo già incontrato in un precedente post.
Probabilmente in futuro parlerò dei particolari cappellini che le signore usavano per ripararsi e che erano costituiti da lembi laterali particolarmente ampi che avvolgessero l'intero viso; la forma differiva in parte dalle sagome più cittadine e piumate che solitamente conosciamo grazie alle illustrazioni.

Nel primo Ottocento, ancora in epoca regency, abbiamo l'avvento delle prime frequentatrici della spiaggia.
Ovviamente erano ancora vestite fino a morire di caldo, ma era comunque un notevole passo avanti nel concetto di "possibilità e libertà" e le basi erano state gettate, bisognava solo raffinare il tutto.
L'abbigliamento da spiaggia era, se vogliamo, anche più stratificato di quello da giorno perché spesso prevedeva al di sotto della gonna un paio di brache lunghe e larghe (alla moda turca) e una cuffia.
1810
Pronta per la
notte...
Ecco come La belle assemblee fashions descrive la moda marinara (che non aveva niente a che spartire con colletti alla Sailor Moon, pantaloni al ginocchio, fazzoletti blu e cappelli piatti).
A gown of white French cambric, or pale pink muslin, with long sleeves, and antique cuffs of thin white muslin worn over trowsers of white French cambric, which are trimmed the same as the bottom of the dress. A figured short scarf of pale buff, with deep pale-green border, and rich silk tassels; with gloves of pale buff kid; and sandals of pale yellow, or white Morocco, complete this truly simple but becoming dress.

Un abito di bianca batista francese o mussolina rosa con maniche lunghe e decorazioni arricciate in mussolina bianca sulle maniche e sopra i pantaloni in batista francese bianca, rifiniti come la parte superiore del vestito.
Una sottile sciarpa rifinita ai bordi di verde chiaro e arricchita con seta; guanti chiari di pelle giovane e sandali giallo chiaro o "bianco marocchino" completano questo semplice abito.


A fianco trovate anche una rappresentazione dell'abito in questione che, a mio parere, ricorda più un pigiama che un vestito da giorno, ma che ci permette una prima, grandissima conquista: i pantaloni femminili.
A differenza di quel che si crede i pantaloni entrarono nel guardaroba delle signore con gli abiti da bagno, non con quelli da equitazione, e a lungo rimarranno l'unico impiego di questo indumento nell'ambito muliebre.

1858
Ideale per una notata in libertà
L'evoluzione dell'abito da spiaggia, andò di pari passo con quella della moda quotidiana, si potrebbe dire che l'idea di fondo di questi vestiti da bagno rimase la medesima: un surrogato dell'abito da passeggio, in pratica fu variata la forma estetica, ma con tutti gli strati che si contavano difficilmente si potrebbe parlare di veri costumi... gli inglesi che sono pignoli, infatti, si riferiscono a questi vestiti come bathing suit, cioè completi da bagno che indica chiaramente che non si trattava di straccetti microscopici di stoffa come i nostri...

In epoca vittoriana si riconosce esattamente come la foggia del vestito fosse allineata con quella della moda, ma l'idea di fondo dell'abito da spiaggia non era cambiata da quando Napoleone scorrazzava per l'Europa. Le signore avevano una lunga palandrana che arrivava fino ai fianchi e l'unica differenza dagli abiti londinesi era che sotto si scorgevano dei larghi pantaloni "alla turca" stretti alla caviglia piuttosto che le crinoline rigide. Il tutto era fabbricato di flanella, il che, capirete, non era il massimo per comodità e freschezza e, inoltre, quando si bagnava si trasformava in un peso morto di una certa portata aggravato dal sempre presente corsetto che comprimeva il petto e smorzava il respiro: risultato?
Gli incidenti in acqua erano frequentissimi anche a riva.

Ma come sappiamo l'Ottocento fu secolo di cambiamenti, il ritmo della vita, con il progredire dell'industria, aumentò rapidamente e così anche le mode cominciarono ad avvicendarsi con sempre maggiore frequenza. Analogamente la progressiva emancipazione, la riduzione di stoffe e vestiti anche nelle donne e il distacco dai valori tipici di femminilità fino ad allora accettati comportarono un rapido mutamento degli abiti da vere e proprie armature da palombaro a qualcosa di più umano.
1860 circa
Le armature da palombaro
Gara della più veloce...

Intorno agli anni 70-80 dell'Ottocento era diventata usanza comune per i ricchi frequentare il mare e le spiagge dove gli stabilimenti balneari erano attrezzatissimi per fornire ai loro ospiti ogni genere di comfort, come le cosiddette macchine da bagno o bathing machines, delle cabine come quelle che noi conosciamo dalle nostre gite al mare munite però di ruote da carro e trainate in acqua da cavalli. Era infatti considerato sconveniente che le persone si bagnassero tutte insieme o ci fosse una certa promiscuità, quindi questa invenzione garantiva la possibilità di un solitario e riservato bagno. Le macchine sopra citate consentivano ai bagnanti un vero e proprio "tuffo" e una nuotata un po' più distante dalla riva.
È anche da ricordare che, per quanto popolari, le spiagge dell'epoca non avevano nulla a che spartire con le nostre assolatissime e affollatissime, dove lo spazio vitale è di circa mezzo metro per mezzo e si deve stare accucciati in un autentico carnaio.

1876
Il cambiamento è notevole ¬_¬
Anche la moda pretese la propria quota in questo delirio di popolarità.
Le lunghe giacche e palandrane che coprivano le camiciole di metà secolo si ridussero ad un unico top a mezze maniche, abbottonato sul davanti e lungo fino alle anche la cui parte inferiore formava una specie di gonnellino corto e vaporoso sopra un paio di calzoni al ginocchio. Tutto rigorosamente blu o nero [OMG!]
Completavano il tutto calze scure e coprenti e speciali calzature chiuse, ma legate alla caviglia come i sandali alla schiava.

Niente shorts, vero, niente canottiere e niente petto scoperto, ma rispetto a vent'anni prima era una rivoluzione! Immaginate le facce scandalizzate delle signore con bambini che vedevano queste disinibite ragazze così svestite!
Per loro erano svestite, noi non ci sogneremmo mai di andare così coperti d'estate...  ma era un po' come certe mamme che si sistemano ben alla larga da quelle donne che al mare girano in topless, col perizoma o con bikini eccessivamente striminziti, forse un giorno sarà normale, forse anche io diventerò così... 

Da allora in poi fu una vera e propria riduzione progressiva della stoffa.
Nel 1900 si andava al mare con un vestito lungo fino al ginocchio, collant e apposite calzature. Le maniche a sbuffo e le gonne non erano il massimo per nuotare, ma alle ragazze era consentito esclusivamente bagnarsi nella risacca e rotolarsi nel bagnasciuga, ovviamente si mantenne l'usanza delle bathing machines, presenti in gran quantità e disponibili anche per le persone della borghesia.

1906
Trasgressione made in Calzedonia
Nel 1910 la rivoluzione era quasi completa, il gonnellino era stato completamente abbandonato (sopravviveva un piccolo sbuffo intorno ai fianchi) e ne rimanevano solo i pantaloni al ginocchio; le mezze maniche erano diventate spalline e finalmente si poteva riconoscere una sagoma che vagamente ricorda il costume intero moderno.

Nel 1915, a ritmi sempre più vertiginosi ci si riduce ancora, l'input più grande lo dà senz'altro il nuoto agonistico dove uomini e donne cominciano ad avere lo stesso tipo di indumento, che non era poi così diverso da quello di oggi: il tessuto divenne più attillato per favorire la velocità, i colori più chiari e si accennano le prime fantasie (a righe).
Sebbene popolare tra gli atleti, bisognerà attendere altri cinque anni perché quello diventi la forma base del costume, le gambe sono ancora lunghe fino a metà dell'anca, ma la scollatura diventa sempre più profonda e a metà degli anni venti anche la parte bassa del costume si restringe fino ad assumere le dimensioni delle odierne coulotte.

Saranno gli americani durante la II Guerra Mondiale ad inaugurare l'epoca del due pezzi, imponendo dal governo alle donne degli States di risparmiare sulle stoffe e loro toglieranno e toglieranno accorciando le gonne sopra il ginocchio e tagliando la parte centrale del, finalmente, costume, ma sempre mantenendo coperto il simbolo del peccato: l'ombelico.

1906
Qualcuno ha detto picnic?
Per tutto ciò che viene dopo vi rimando ad un ottimo servizio che vidi qualche mese fa su Rai5 e che trattava appunto della nascita del due pezzi, il programma contenitore si chiamava Love/Lust e l'argomento era trattato in maniera estremamente interessante ed accurata; se non rammento male fece un altro interessante reportage sui tacchi alti che, come sapete, sono una delle mie molte passioni.



Link utili e sitografia:
Victoriana | Fashionable Bathing Suits
Rai5 | Love/Lust
Fashion Era | Swimwear
Berkeley University of California | History of women's swimwear
Capitola Museum | By the sea


Sarah Kennedy, The Swimsuit 
Daniel Delis Hill, History of Men's Underwear and Swimwear

Richard Martin, Splash! A History of Swimwear
Patrik Alac, The Bikini: A Cultural History
Mary L. Martin, Tina Skinner, Naughty Victorians & Edwardians: Early Images of Bathing Beauties




...e come dice la protovalchiria Nix: "Heels tall... bikini small" giusto per riunire un po' gli argomenti.
Un bacio a tutti





Mauser

7 marzo 2012

Il gioco del bullet pudding

In passato non c'era la televisione.
A causa di ciò occupare il tempo, specialmente per coloro che vivevano delle proprie rendite e non lavoravano, era estremamente difficile, il che spiega la montagna di divertimenti e giochetti piuttosto stupidi che si riscontrano provenienti dall'epoca passata.
E forse questo è uno dei motivi per cui la gente facesse tanti figli... con una scelta di divertimenti tanto insignificante era quasi scontato che uno cercasse di arrangiarsi come poteva e, almeno per qualcuno, il sesso era un'ottima scelta.

I giochi da salotto, tra cui le carte nelle loro molte declinazioni, erano il passatempo di interminabili serate, a quel tempo, infatti, non c'erano feste, balli sociali e stagioni mondane in continuazione, ma anche periodi di inattività dell'intero ton che doveva riprendersi dai bagordi.

Per tutto l'anno, quindi, a meno che gli sfortunati giovanotti o le povere signorine di casa non fossero stati benedetti con qualche evento improvvisato quanto inaspettato, bisognava industriarsi alla meglio e spesso si invitavano amici, parenti e conoscenti sotto il proprio tetto. L'occasione delle visite era un dettaglio che in pochi andavano ad analizzare, la compagnia era quasi sempre gradita perché permetteva un diversivo alla propria monotona esistenza e garantiva un minimo numero di partecipanti, meglio se della propria fascia d'età.

Uno dei divertimenti più in voga nell'epoca regency era il bullet pudding, definito un gioco da salotto da fare con gli amici, il sostituto antico del Monopoli, credo, sebbene io lo reputi non altrettanto divertente...

Dinamica del gioco
Il gioco è così costituito: l'organizzatore mette a disposizione dei presenti un piatto molto largo e piano, come quelli da secondo, oppure un vassoio tondo, dopodiché il piatto viene riempito di farina fino a formarne una montagnola come quella per impastare, a differenza della gemella culinaria, però, in questo caso non viene fatta la fontanella, quindi non scavate un buco nel mezzo.

In cima alla montagnola di farina deve essere depositato un oggetto tondo e possibilmente pesante come una biglia o una pallina metallica o un  vecchio proiettile.

I partecipanti al gioco, a turno e aiutandosi con un coltello, devono rimuovere un po' di farina dal cumulo, facendo attenzione a non far cadere la biglia dalla sua postazione soprelevata.

Chi dovesse far rotolare la biglia deve anche recuperarla, ma non nella maniera più banale, bensì senza usare le mani, in una maniera simile a quella del gioco della mela che galleggia nell'acqua.
Il partecipante, infatti, deve spostare la biglia usando solo il naso e il mento e può toglierla dal piatto solo adoperando la bocca.



Ovviamente qualcuno di voi si starà chiedendo dove stia il divertimento in tutto ciò, quesito che mi sono posta anche io e al quale non ho trovato risposte soddisfacenti, ma siamo qui a parlare di storia e non a giudicarla =)

Ebbene, stando agli scrittori dell'epoca il bello di questo diversivo stava nell'osservare i buffi e inconsistenti tentativi dei partecipanti nel tentativo di recuperare la sfera e, soprattutto, nel riconoscere i loro volti sporchi di farina, vagamente surreali, una volta concluso il tutto.

Poiché una volta, e grazie al cielo, Facebook non esisteva, questi attimi imbarazzanti non erano divulgati Urbi et Orbi e perciò rimanevano confinati nei ricordi dei presenti che di sicuro si erano spanciati dalle risa mentre il poveretto inseguiva la biglia col naso, ma che non potevano condividerli con l'intero mondo delle conoscenze.

Era un mondo diverso di giocare e divertirsi, questo è vero, era anche più semplice e anche ingenuo, sebbene qualcuno affermasse che non fosse esattamente così in quanto una dama china all'inseguimento della biglia metteva senz'altro in mostra parte del generoso decolté che all'epoca, per il vestiario indossato, era sempre piuttosto esposto. 

Oggigiorno il mondo è decisamente più prosaico e col nome di bullet pudding non si chiama più un gioco, ma una particolare variante del tortino da dessert molto compatto, farcito con pezzi interi di cioccolato bianco, nocciola o mandorla che formano il "bullet".

Sebbene il gioco fosse molto popolare e in tanti lo trovassero divertente, c'era una categoria di persone che lo odiava visceralmente: le cameriere. Ovvero coloro che alla fine di tutti i tentativi di conquista delle biglie e di scalata dei monti di farina dovevano ripulire il tutto e nell'epoca regency non c'erano né il Folletto né il nuovo aspirapolvere professionale, tantomeno lo Swiffer o il Pronto Legno.
Olio di gomito, ramazza e spazzola da tappeto erano gli attrezzi che queste donne avrebbero avuto a disposizione per rendere nuovamente decente e abitabile il salotto, almeno fino alla sera dopo...




Mauser

3 marzo 2012

Hysteria: il film

A romantic movie on technology, rights, women and pleasures, soft and funny which will be a success on cinemas all around the world.

Cari lettori,
oggi vorrei parlarvi dell'ultimo film che sono andata a vedere al cinema insieme alle mie amiche, un film un po' controverso (per via dell'argomento) e su cui qualcuno di certo storcerà il naso, ma comunque ambientato in epoca vittoriana e quindi, per amore del mio mestiere di scrivana del tempo passato, sono andata a guardare.
Signore e signori, parliamo oggi di Hysteria.



La trama potrebbe essere delle più sciocche, magari messa su alla bell'apposta per far parlare di sé, ma a difesa di questo lungometraggio posso sinceramente affermare che quell'argomento tanto scabroso di cui si parla è tutto una grande montatura e il film presenta aspetti e risvolti nascosti degni di nota sulla fotografia del mondo vittoriano, un'immagine quasi priva dei pregiudizi moderni che troppo spesso fanno capolino nei prodotti contemporanei ambientati nel passato. Se dobbiamo rivolgerci ad un film che parla della nascita del vibratore per vedere come era davvero la società dell'epoca, allora facciamo posto tra i pregiudizi, per quanto mi riguarda ogni fonte è ben accetta e questa non vale meno di altre.
Non è un film porno, questo è da chiarire subito, non ci sono allusioni spinte o scene sconce, a dire il vero credo che tratti l'argomento della sessualità solo con sottili accenni e giochi di parole in maniera molto più casta e raffinata di quanto fatto in altre produzioni storiche decisamente più carnali, dai Tudors che spopolavano in televisione alle varie serie di Elisa di Rivombrosa, dove amplessi e quant'altro erano il condimento di ogni puntata.
Come certo saprete né il romance né certi condimenti di trama mi spaventano, ma quando è troppo è troppo! Stiamo parlando di una certa epoca storica: e mettiamoci un po' di coerenza! Beata ingenuità degli sceneggiatori...

La trama
A differenza di quel che si può credere, non è l'impronunciabile massaggiatore (questo il suo primo nome e comunque ancora tabù) il protagonista del film né lo è il giovane e affascinante dottore Mortimer Granville, bensì a mio parere l'intera produzione ruota intorno alla condizione femminile in generale, mostrandoci con la scusa dell'oggetto tabù una interessante carrellata di quelle che erano più o meno le forme e le ideologie femminili nell'anno 1880. Si parla di un oggetto da donne, ma l'oggetto passa assai in secondo piano fin troppo rapidamente, non è che lo stratagemma per mostrarci la carrellata di tipi di donne e le varie filosofie di esistenza di queste.
L'incipit del film parte con il primo modello femminile, la donna agiata vittoriana, che rinchiusa in una gabbia di pudore e inibizione (si vedano le regole sociali e di etichetta e comportamento e tutto il bla bla bla correlato) manifesta la propria frustrazione attraverso forme diverse da quelle istintive legate alle funzioni primarie come mangiare, accoppiarsi o sfogarsi nello sforzo fisico, di queste forme collaterali una e la più teatrale è l'isteria di cui si parla nel titolo.
Dell'isterismo ha fatto la sua professione il dottor Dalrymple, stimato professore di medicina che cura le sue pazienti con massaggi alle zone genitali in modo che possano liberare tutta l'ansia e la frustrazione repressa tramite quelli che lui chiama parossismi (dicasi orgasmi), forme di liberazione che altrimenti si manifesterebbero in scenate, sbalzi d'umore, crisi di pianto, grida, strilli e quant'altro.

Di questa categoria di donne agiate e represse fa parte la giovane Emily Dalrymple, secondogenita del dottore di poc'anzi che è emblematico esempio di come la cultura femminile fosse all'epoca vergognosamente sottoconsiderata e le donne relegate in ambito di studio a materie e temi piuttosto futili ed empirici, come lo studio delle spiritualità attraverso l'imposizione delle mani, la percezione delle aureole e quant'altro [no comment, please vi rimando al post sulla frenologia]; questa caratteristica, per quanto unanimente accettata era deludente anche per gli uomini stessi che non riuscivano a considerare le donne come delle loro pari anche per la la loro scarsa cultura: Granville stesso, per esempio, rimane quasi deluso quando Emily gli comunica la sua specializzazione mentre lui aveva azzardato studi di geologia o botanica per una ragazza in cui l'avvenenza doveva per forza fare il paio con l'intelligenza.
La giovane Emily, svampita e un po' snob, è una ragazza del suo tempo e non va condannata, ella accetta la condizione femminile in cui la società relega il suo sesso, lo fa per essere accettata e non evitata o per condurre un'esistenza comune, ciò non è dato sapere, ma come ci lascia intuire il film sul finale, pure lei ha le sue curiosità e per quanto nascoste, come molte altre sue simili coltivava i suoi interessi (quali che fossero) lontano da sguardi indiscreti.
Il personaggio di Emily, sebbene possa a tratti apparire antipatico o antifemminista o semplicemente stupido, è l'esemplificazione di quanto doveva essere una ragazza del tempo ed è molto ben costruito, merita più di un giudizio superficiale che lo bolla come la sorella-snob-conformista-e-bigotta.

A contrapporsi ad Emily troviamo Charlotte Dalrymple, la primogenita del dottore, che a differenza della sorella non accetta il ruolo di moglie e madre che la società vorrebbe da lei. Dotata di molta vivacità e curiosità, Charlotte ha sempre cercato di dare un senso alla propria esistenza e una risposta agli interrogativi che spontaneamente nascevano in lei, la sua ricerca di conoscenza e il suo rincorrere in maniera evidente le sue curiosità si scontrano con quella che era il costume di allora, dove, come detto poc'anzi, la maggior parte delle donne agiva di nascosto e di soppiatto.
Nonostante il chiaro rimprovero della sua società e l'ostracismo di questa nei suoi confronti, Charlotte trova altre strade per acculturarsi, anche lei sa leggere, spiega ad uno sbigottito Granville quando cita cognizioni di medicina e anatomia, e se una curiosità è forte o un sogno bruciante, si è disposti a non arrendersi pur di raggiungerlo.
Questa sua "vocazione" si esprime nell'ideale di aiuto dei bisognosi che l'ha portata all'apertura di una casa per i poveri dove questi erano assistiti e accolti, fornendo una base di istruzione (commovente la scena in cui il fattorino fa davanti a lei il conteggio del prezzo e lei ne è al contempo orgogliosa per il risultato ottenuto e amareggiata sapendo che il suo progetto non avrebbe mai avuto il denaro per pagare), di assistenza medica e di vitto e alloggio. Nella sua casa, grazie alle nozioni di medicina apprese nello studio paterno, Charlotte fornisce quel minimo di supporto medico ed educativo insegnando, per esempio, ai bambini a lavarsi le mani ecc.
È da dire al riguardo che per quanto nell'Ottocento le opere caritatevoli fossero molte e si interessassero dei meno fortunati, era considerato disdicevole per una signora immischiarvisi, per le donne di una certa levatura il contributo era solo pecuniario. È bruttissimo, secondo me, vedere come le opere di carità rappresentassero per molte solo un modo per pulirsi la coscienza e poter dire di occuparsi anche dei meno fortunati, un paravento, insomma, ma era ugualmente considerato indegno prendervi parte in quanto troppo inferiori perché ci si potesse mescolare, non sia mai che la povertà diventi contagiosa!

Charlotte Dalrymple che viene da tutti considerata una mezza pazza e indubbiamente isterica, ma la sua non è la frustrazione di un istinto represso, bensì il vedere una società rigida e ingessata più delle feste Wudy Aia che non vuole cambiare verso un ideale di uguaglianza o di mutuo soccorso, motivo per cui il contrasto tra Charlotte ed Emily risulta evidentissimo, la prima è una suffragetta anticonformista dal carattere spigliato e diretto, la seconda una timida rosa ben sistemata in quel mondo bigotto così detestato dalla sorella.

In questa ambientazione che è la base del film, Emily e Charlotte rappresentano le due facce di una stessa medaglia, la condizione femminile che fa da vero filo conduttore del film. Se l'una incarna il modello voluto, l'altra è una rivoluzionaria suffragetta che tenta di cambiare il mondo, assolutamente decisa a non adeguarsi ad una società che segue valori che non condivide, come la superiorità maschile.

La bella Felicity Jones nei panni di Emily Dalrymple


Abbiamo infine una terza categoria femminile che ottiene comunque l'attenzione dello spettatore: la donna proletaria. Fanny è la nostra donna, nonostante la vita sia stata difficile con lei e le abbia riservato un pessim marito, povertà e difficoltà, rimane una donna buona e misericordiosa, ben più delle signore caritatevoli che elargiscono il loro denaro disprezzando la povertà quasi fosse una colpa.
A differenza loro Fanny aiuta concretamente i poveri e i più bisognosi e prende parte al progetto di Charlotte, finendo coinvolta in una rappresaglia per aver difeso donne e bambini vittime di uomini violenti o ubriaconi. Fanny è la testimone di come chiunque anche con piccole cose possa essere d'aiuto e di come la bontà del cuore valga più del materialismo: cosa sono alcune sterline per chi ne ha molte? Ma Fanny si spacca la schiena alla casa dei poveri tutti i giorni oltre ad occuparsi della sua famiglia e dei suoi stessi problemi, sacrificandosi ben di più.
Le persone povere sono semplici, ci dice il film, ma non per questo sciocche o sempliciotte, la loro bontà è grande perché hanno a loro volta provato la sofferenza e la loro misericordia anche perché desiderano in qualche  modo essere davvero d'aiuto.

Credo sia questa la vera trama del film e che lo scabroso argomento vibratore che probabilmente porterà i più al cinema sia solo uno specchietto per le allodole per attirare l'attenzione. Come nell'Ottocento, certi argomenti come il sesso attirano ancora oggi la curiosità nonostante ci crediamo emancipati e liberali.
L'argomento non è che un mezzuccio per far ridere, sdrammatizzare e rendere il film in parte più leggero, la narrazione di come una delle invenzioni più passate sotto silenzio, ma ugualmente best-seller sia nato (nella maniera in cui di solito nascono la maggior parte delle invenzioni: per caso) è solo un espediente che tiene insieme le fila di una storia decisamente più complessa di quel che appare.

Il tutto condito con leggerezza e senza volgarità, una cosa apprezzabilissima dato l'argomento di cui si parla e che potrebbe risultare fastidioso per qualcuno se trattato più esplicitamente (io sarei la prima, lo confesso).
Non manca neppure la componente divertente, con il geniale amico-scienziato del protagonista alle prese tra aggeggi rudimentali come il telefono o il generatore elettrico e un studio da vero pazzoide oppure la conturbante cameriera di casa Dalrymple, Molly, prima tester ufficiale dello scabroso oggetto impronunciabile.

E, per non farci mancare nulla, anche la storia d'amore trova il suo spazio e la sua misura, ma a differenza di quel che accade spesso per certi film storici, credo che la parte romantica sia in realtà un altro dei mezzi usati dalla regia ad uno scopo preciso: tratteggiare il cambio di vedute del personaggio maschile, Mortimer Granville, nei confronti delle donne e dei loro atteggiamenti.
Iniziamente progressista solo in campo medico e piuttosto tradizionalista per quanto riguarda il ruolo della donna, Mortimer cambia la sua idea in proposito conoscendo Emily e soprattutto Charlotte.
È Emily ad affascinarlo, inizialmente, in quanto rappresenta la compagna perfetta, dolce e remissiva ed educata in maniera convenzionale, ma Granville non può negare che è Charlotte quella che lo ha stregato, l'ha portato a considerarla una sua pari tramite il suo parlare e le sue azioni e a desiderare di avere con lei un confronto allo stesso livello, qualcuno con cui non doversi frenare o trattenere, non come Emily con cui passeggia in riservato silenzio, annoiandosi a morte.
Insomma, l'amore di Mortimer e Charlotte, per altro appena accennato, non è altro che lo stratagemma usato per dirci come si sta evolvendo l'idea e l'ideale femminile nel 1880, quando la società tentava disperatamente di rimanere aggrappata alla figura di angelo del focolare che stava volando via con le sue stesse ali, rompendo le barriere e disorientando i più fino ad essere vittima di provvedimenti addirittura drastici (la prigionia per esempio).


I personaggi: cast e recitazione
A interpretare i personaggi di cui abbiamo accennato sopra troviamo un cast di attori sì famosi, ma non stelle del cinema internazionale.
Spiccano Hugh Dancy nel ruolo del giovane e progressista medico Mortimer Granville, disgustato dal fatto che ospedali e dottori dell'epoca rifiutino il progresso fatto dalla medicina e non vogliano applicare i nuovi ritrovati, continuando con sanguisughe e scarsa igiene nei luoghi di trattamento (un punto sul quale Florence Nightingale aveva insistito molto e che vi invito a rileggere nel post su di lei).

Insieme a Dancy ritroviamo Rupert Everett nei panni dell'eccentrico amico scienziato, disperso tra telefoni, motori, ampolle, libri e spolverini elettrici.  Everett ha saputo dare al suo personaggio quel briciolo di follia senza renderlo per forza una macchietta, è divertente e pazzo al punto giusto perché non stoni nell'ambientazione storica.


Tra il cast femminile il ruolo d'onore è di Maggie Gyllenhaal, sorella del celebre Jake [gran bel quarto di manzo] e resa popolarissima da un film ben più scabroso del presente, The secretary dove interpreta una segretaria molto particolare affiancata da un James Spader decisamente nella parte.
Cito, perché mi pare estremamente azzeccata, la descrizione che di lei fa il Morandini, storico critico cinematografico, che credo riassuma bene il suo personaggio
La Gyllenhaal - giovane ma ormai con un suo pubblico, ha sempre saputo scegliere dei film alternativi e controcorrente, interpretando ruoli diversi dai soliti cliché che le Major riservano per le attrici come lei. 
La nostra Maggie in questo film sa essere esuberante e frizzante al punto giusto, ma anche pratica e metodica come si addice ad una donna che dirige una casa di aiuto e che aiuta come infermiera. Trovo che la scelta dell'attrice sia stata molto azzeccata, anche se lo stesso non posso dire del suo rossetto che a tratti risulta poco credibile, così come il suo abito al ballo.

Nel cast troviamo anche una habitué dei period-dramas, ovvero Felicity Jones, già vista in Chéri e in Northanger Abbey, il movie BBC. Diciamo che ormai Felicity sa bene da che parte indossare una crinolina o un cappellino e sebbene mantenga una certa inespressività in tutti i suoi personaggi, rimane comunque graziosa e molto calzante per il ruolo di Emily.

Infine menzione d'onore per Jonathan Pryce, forse qualcuno lo rammenterà ne La maledizione della prima luna (era il Governatore Swann) e che qui fa la parte del dottor Dalrymple con una barba nuova di zecca e maniere decisamente più snob e sprezzanti del bonario padre di Keira Knightley.


Attendibilità storica
So che qualcuno, come mi è stato comunicato in diverse email, aspetta sempre questa parte delle recensioni per farsi due risate, ma temo che questa volta rimarrà deluso perché il film risulta molto più attendibile storicamente di altre produzioni.
La parte costumistica in particolare è perfetta, adeguatamente distinta tra costumi della borghesia con balze, crinoline, cappellini e parasole e quella della povertà, con gonne semplici e lisce, camicie a righe, grembiuli e scialli.

Sì, è vero, Charlotte Dalrymple è veramente un po' troppo esuberante per l'epoca e un padre avrebbe rinchiuso la figlia in casa pur di trattenerla, forse l'avrebbe picchiata, ma l'esagerazione fa parte del personaggio e sono più bendisposta nei suoi confronti di quanto non lo sarei se fosse vestita in maniera decisamente fuori luogo.

La vera caduta di stile, secondo me, è l'abito da ballo decisamente anacronistico con quella sagoma a sirena così longilineo e avvitato: dovevo citarlo. Valorizzare la grazia di una figura come quella della Gyllenhaal mi rendo conto sia difficile e certi tagli di sartoria moderna le donano più che le gale e gli scolli a barca, ma vi prego, ricordiamoci che siamo nel 1880!
Anche il suo impeccabile rossetto va sottolineato, ma questa è pignoleria.

A differenza di altri, qui sceneggiatori e registi non hanno creato una scarmigliata eroina con la chioma arruffata, nonostante il duro lavoro alla casa dei poveri e il suo carattere, piuttosto che le sue disavventure in bicicletta, Charlotte ha sempre in testa una severa pettinatura vittoriana. Considerati i precedenti, la scelta è degna di plauso, che si siano decisi a muoversi nella giusta direzione?

Le cravatte a pois di Hugh Dancy, alias Mortimer Granville sono proprio tipiche di quel periodo e così anche i colletti alti e inamidati, i cappotti al ginocchio e il cilindro da giorno.

Magnifico invece l'abbigliamento molto IT (In Time) di Emily e ridicolo il rigonfiamento posteriore del cappotto dato dalla tournure come doveva essere all'epoca: non vi ricorda un po' le sorellastre di Cenerentola?

La casa dei poveri, anche se Charlotte se ne lamenta, era davvero pulita per il periodo storico in cui ci troviamo e per l'ambientazione tra i Docks di Londra, tuttavia si può chiudere un occhio: questo film non parla della miseria umana e non siamo in Oliver Twist dove la rappresentazione del degrado della civiltà e della città sono protagonisti della vicenda quanto Oliver e i suoi compagni.


Le mie considerazioni su questo film sono quindi molto positive.
Si è rivelato molto migliore e molto più accurato e approfondito di quanto avrei creduto, specie con una trama simile. Uno spaccato della società indubbiamente interessante e ben congegnato con uno stratagemma narrativo di tutto rispetto.
Suggerisco la visione, dopotutto si tratta di un film divertente e piacevole, non rimarrete scandalizzati, fidatevi ;)
Il  mio voto è un otto e sapete che di solito sono di manica stretta, ma qui sono davvero rimasta positivamente impressionata.





Mauser


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