29 ottobre 2010

Prima di Twilight: amore horror

Siamo finiti sull'argomento Twilight già qualche volta, ogni tanto lo cito perchè più che un libro si tratta di un fenomeno socio-culturale, anche se di culturale ha ben poco.
Ma in barba alla sua bassezza narrativa, è un prodotto talmente apprezzabile che se non lo si detesta finisce inevitabilmente per piacere.
Twilight comunque non è nato dal nulla, non s'è fatto da solo, ma è il frutto di un continuo rimaneggiamento della figura del vampiro che è iniziata dal Vampyre di Polidori, è proseguita con il Dracula di Bram Stroker ed è arrivata attraverso Intervista col vampiro, per merito dell'osannata Anne Rice e di Leonardo di Caprio.

Twilight, ad essere onesti, è il prodotto più apprezzabile tra le storie di adolescenti, il romanzo gotico e High School Musical, col risultato che, almeno qui, non ballano in continuazione con coreografie perfette: penso che nella realtà, e come esempio ho preso la mia ex scuola superiore, non si riuscirebbe neanche a far alzare la mano tutti insieme agli studenti di una classe, lì invece meglio che Broadway...
Almeno in Twilight, dopo tre capitoli di HSM da diabete, i protagonisti non coltivano velleità dance, apprezzo questa carenza, specialmente perchè, come non mi stancherò mai di ripetere, il mio miglior rapporto con il ballo è sicuramente quello da spettatore e le mie incapacità motorie rasentano quelle di Bella Swan. Insomma: sono una nerd a tutti gli effetti.

Nonostante tutto mi sono piaciuti sia Twilight che High School Musical, e perfino il terzo capitolo di Step Up che sono andata a vedere qualche settimana fa insieme alle amiche e che mi ha molto esaltata.
Ma riflettendo su Twilight e tutte le infinite serie di vampiri uscite o in uscita (e vi assicuro che ce ne sono per i beati) mi chiedo come abbia fatto a scaternarsi questo fenomeno, non che mi dispiaccia, non troppo, tuttavia la curiosità c'è stata, specialmente quando entrata in libreria mi sono accorta che al genere vampirozzi era dedicato un intero scaffale, come non si fa con altri generi meno di tendenza.
E cercando sulla rete mi sono imbattuta in un interessante approfondimento che evidenziava come questo non sia stato il primo confronto della narrativa con l'horror romantico (romantico in senso sia letterario che affettivo), così con qualche ricerca aggiuntiva ho ricostruito il boom di vendite vittoriane di libri con protagoniste queste creature non morte, siano essi zombie, vampiri, licantropi, emissari del Demonio e chi più ne ha più ne metta.


In principio fu il romanzo gotico...
Se avete mai letto qualcosa che possa essere assimilato al romanzo gotico, qualcosa come Il monaco oppure Udolpho allora saprete sicuramente già che gli ingredienti di quella che al giorno d'oggi è stata ribattezzata gothic novel, cioè esattamente lo stesso nome dell'epoca, c'erano già tutti alla fine del Settecento, dopotutto ricordiamo che nel famosissimo romanzo L'abbazia di Northanger, naturalmente della "zia" Jane Austen, la protagonista Catherine Morland è una vera divoratrice di romanzi di questo genere e ne legge in continuazione, anche se spesso di nascosto.
Perchè di nascosto? Direte voi...
Ebbene, per i contenuti, il romanzo gotico contiene infatti gli ingredienti più affascinanti della letteratura di passaggio adolescenziale:
- Mistero
- Magia
- Tormento
- Sesso
- Amore
Beh, adesso che siamo nel Duemila i nomi sono un po' cambiati, abbiamo il thriller al posto del più banale mistero, la magia di una volta è stata chiamata fantasy e per quanto riguarda il tormento, abbiamo passato il nome e siamo andati direttamente dall'analista, o meglio, ci abbiamo mandato i protagonisti dei romanzi di oggi che si fanno di quelle paturnie mentali che alla fine perfino il lettore ha bisogno di una buona seduta dallo psicologo per rimettere ordine nella sua confusa mente, dove ideali di altri mondi si confondo con quelli del nostro.
Poi c'è la miscela esplosiva sesso&amore che fa scalpore oggi (qualcuno si preoccupi di citare la scena dell'amplesso in Vi presento Joe Black) e figuriamoci come doveva essere all'epoca: proibito e affascinante.
E infatti Catherine ne è affascinata e li legge di nascosto prima di andare a dormire, sogna storie del terrore, personaggi inquietanti e fantastica di avventure grottesche e amori proibiti.
Vi assicuro che anche i romanzi dell'epoca erano espliciti da morire e crudi altrettanto, la violenza faceva tendenza e se un'eroina non era stata struprata almeno un paio di volte allora il libro non vendeva, altro che scenette caste al limite del Monastero di Vallechiara, non erano libri per le educande, quelli.


Topoi della letteratura gotica
La maggior parte dei romanzi gotici è finita nel dimenticatoio per lo scarso spessore narrativo di cui erano caratterizzati, esattamente come finirà con le gothic novel moderne una volta conclusa la manovra commerciale per spingere i vampirozzi, così i nostri nipoti, riaprendo la vecchia soffitta della nonna, si ritroveranno per le mani una marea di libercoli di dubbio gusto (certe copertine, mamma mia...) e saranno costretti a rivenderli esattamente come si fa ancor oggi coi romanzi gotici ritrovati nei bauli, illeggibili e troppo diversi dalla cultura odierna per essere apprezzabili. Vediamo qualche luogo comune di questo genere narrativo e per maggiori approfondimenti rimando alla completissima sezione di Wikipedia sugli archetipi della letteratura horror che trovate a questo link
Wikipedia - Letteratura horror

L'ambientazione
Nel 90% dei casi, avrete a che fare con un rudere dove si svolgeranno le vicende, se proprio non è un rudere, è comunque un castello/chiesa/villa mezza abbandonata e sinistra da morire con guglie e torrioni, zeppa di spettri e di ombre inquietanti, pavimenti che scricchiolano e porte che cigolano. E zero ironia come ne Il fantasma di Canterville di Oscar Wilde.
Le descrizioni di questi luoghi e di panorami in genere sono forse un po' lunghe e presenti, il diletto che gli stessi paesaggi procurano ai personaggi sono al limite dell'esagerazione per essere non solo comprensibili ma anche apprezzabili dal punto di vista narrativo, così come sono esagerate le reazioni dei personaggi, rendendo i volumi dei mattonazzi disumani (citando Pietro Taricone in riferimento a Un uomo, una donna), ottimi come materiale da costruzione o per tenere in piedi mobili pericolanti.

L'eroina
Sull'eroina di solito casca l'asino, nel romanzo gotico è proprio così, l'eroina è sempre bellissima, sensuale da morire e pronta a scoprire la sessualità che sta fiorendo in lei, insomma una MarySue al 100%, ma, ahimè, verrà privata del suo fiore da amori brutali, rapporti rudi e uomini sbagliati, spesso deviati e più vicini al BDSM che alla realtà dei suoi amori di fanciulla che sogna ardite carezze e labbra impertinenti, insomma le fantasie di una odierna tredicenne.
L'eroina è naturalmente ficcanaso, come tutte le eroine, la sua qualità migliore è il radar-trova-guai e innata è la sua abilità di cacciarvisi contro ogni buonsenso.

L'eroina è vergine e questo tenetevelo a mente, perchè è il punto focale della vicenda, il mezzo di ricordare al lettore scene prurigginose al limite del porno-soft per incatenarlo ad una storia di distorsioni mentali che altrimenti non sta in piedi, ma d'altra parte anche Dracula è basato sugli stessi ingredienti (scene varie di Lucy che cammina mezza nuda o in camicia nel cimitero e gli approcci del signor Dracula al morso che ricordano molto i preliminari di un atto sessuale, oppure la parte in cui Jonathan viene quasi violentato dalle "figlie" di Dracula, quelle specie di Gargoyle donne, naturalmente svestite che neanche Milo Manara avrebbe saputo fare di meglio).

L'eroina, inevitabilmente, perderà la sua qualità di purezza virginale durante il libro, ma se l'avrete odiata la metà di quanto ho fatto io, di solito le avrete anche augurato torture peggiori [una puntata di Porta a Porta o di Uomini e donne, magari?].
L'eroina ha sempre nomi pomposi e altisonanti, scordatevi le Mary e le Rose dei romanzi più classici, qui troviamo Antonia, Alberta, Augusta, Barbara e compagne [le Valchirie insomma, manca giusto la ninfa Lorelei e poi siamo a posto].

Il protagonista
È la parte migliore del romanzo, questo perchè di solito non è eroico bensì solo il protagonista.
Vittima di malefici o a sua volta contrattore di patti con satanassi assortiti, il protagonista ha una mente traviata, pensieri impuri sulla protagonista e libero accesso al suo corpo. Non sempre il protagonista è l'amore della fanciulla.
Questo protagonista mentalmente instabile è molto diverso dai nostri eroi moderni, infatti la nostra società ci sta portando un mito molto moderno di un uomo che non è un superuomo, è un uomo macchiato e a volte impaurito, ma non per questo pavido e desideroso più che mai di avere valori solidi a cui aggrapparsi e persone piene di affetto su cui fare affidamento, forse per esorcizzare la solitudine che pervade molte donne in carriera, incapaci di allacciare relazioni serie e durature con uomini che sappiano tenere testa ad una donna che in realtà è un piranha del commercio, il capo del marketing o la direttrice generale del settore Ingegneria; nell'Ottocento le donne erano diverse e sognavano la trasgressione, ecco quindi che i protagonisti del libro erano solo una scusa per mostrare scene sconce alle quali, altrimenti, le ragazzine che leggevano non avrebbero avuto accesso.
Questi protagonisti erano tormentati, ma superuomini in grado di dominare le loro donne, anche con la violenza, erano un'ottimo espediente per mostrare tuniche da cerimonia che lasciassero intendere più di quel che si diceva sul serio.

Ma c'è una differenza ancora più abissale tra l'eroe del romanzo gotico e quello delle moderne gothic novels: entrambi sono tormentati dalla loro natura di mostro, ma mentre l'eroe moderno si rode l'animo nel tentativo di essere buono e gentile, far le cose contro natura (vampiri vegetariani?), scegliendo di essere il paladino della bontà di cuore e di fare del male solo se questo minaccia il suo happy ending con la sua dolce metà, il protagonista del passato era un autentico BASTARDO (leggetevi Il monaco e poi parliamo).
L'eroe del passato si interrogava spesso sulla sua condizione, ma in ben più di un caso sono arrivata alla fine dove l'eroe in questione non si redime. E per far finire la storia l'autore/autrice è costretto/a ad ammazzarlo. Il che non è un espediente che mi dispiaccia troppo.
A seconda dell'autore si potevano scegliere diversi finali dopo un libro di zozzerie lo si fa morire per opera delle forze del male con le quali egli aveva un legame, molto quotato il suicidio per non far del male a leima questo è già una corrente tarda del gotico, che si getti da qualche merlatura in preda alla sua furia bestiale o che venga accoppato dai buoni.
Già perchè in alcune storie il protagonista è kattivo e l'amore della fanciulla, l'eroe, è un altro, magari un ragazzotto scialbo e slavato che condivide interesse per la botanica e non sa neanche tenere in mano una penna, mettere in fila una conversazione che non faccia morire di noia oppure... (meglio non approfondire gli aspetti più moderni e il perchè la ragazza rimanga eternamente insoddisfatta).
A volte prima di morire il protagonista riesce anche ad uccidere la ragazza (e già solo per questo gli dareste la Zanna d'oro), naturalmente in qualche modo truculento pieno di sangue che cola, nella più classica tradizione splatter.
Negli altri casi appiate che vi trovate di fronte ad un romanzo commerciale, uscito dalla penna di qualche ghost writer esclusivamente per cavalcare l'onda.
Comunque sia il romanzo, bigotto oppure no, il tormentato amore tra la creatura infermale e orrorifica e la nostra avvenente quanto antipatica eroina-perfettina avrà al 78% delle volte finale tragico, morte di uno, morte dell'altro, morte di entrambi, suicidio collettivo ecc.



Significati profondi
Non ce ne sono.
Inutile cercarli, questi libri non sono stati scritti per averne, ma solo per mostrare culetti al vento e scene di sesso alle ragazze e ai ragazzi dell'epoca che vivevano come suore di clausura. Il che è anche abbastanza evidente, ogni scusa è buona per slacciare una vestaglia, far intravvedere le calze, citare un ombelico di troppo, mostrare corpi nudi e avvinghiati in una specie di orgia infernale e citare passioni irrefrenabili e non trattenute o introdurre il tormentato eroe dalla finestra con ben poco cavallereschi propositi nei confronti della nostra piaga, pardon, protagonista, animato da lussuria animale.

Badate però a non commettere l'errore degli stolti nel sottovalutare violenza e scene di sesso, non si tratta certo di libri da educande, come diceva la mia prof di Lettere, di quelli per cui al giorno d'oggi non ci si sconvolge più (ad esempio I promessi sposi dove tutta la storia scabrosa non ci viene minimamente raccontata ed è il lettore a figurarsi chissà quale perversione), posso garantire che in questi romanzi gotici ci danno dentro come conigli, rispolverando il Kamasutra dell'epoca e anche l'eroina ritrosa mica si fa pregare tanto... o sono diventata perbenista oppure erano davvero dei libri all'indice


Target di pubblicazione
I romanzi gotici del Settecento, ma soprattutto dell'Ottocento erano molto letti e moltorichiesti dal pubblico, specialmente questi ultimi perchè ormai il target si era esteso ed erano in molti a potersi permettere l'acquisto di un libro, mentre nel Settecento il pubblico era ancora limitato.
Sebbene molto amati dalle ragazze e dai giovanotti (quelli più superficiali), i romanzi gotici, salvo qualche caso, non erano ben accoli dalla critica letteraria, che tendeva a smontarli alla grande, considerandone la maggior parte, a ragione, prodotti dal dubbio spessore narrativo e il più delle volte mancanti di alcuni fattori fondamentali per un buon romanzo, oppure infarciti di grossolani errori storici che facevano accapponare la pelle.

Non c'era distinzione di genere, se maschile o femminile, per quanto riguardava questi libri, sia uomini che donne ne leggevano, certo alcuni particolarmente truculenti erano proibiti alle signorine, che dovevano trovare altre strade per leggerli, mentre erano apprezzati dai signori e dai giovanotti, che ne discutevano nei club di Londra, alle battute di caccia o ai ritrovi tra amici a casa di uno e dell'altro.
Darcy per esempio, in uno dei molti seguiti da me letti dimostra di non apprezzare molto il trasporto della moglie e della sorellina Georgiana per il genere gotico, del quale le due cognate vorrebbero riempirgli la biblioteca [si vede che è un seguito scritto da qualcuno che non è la Austen, ce la vedete Elizabeth Bennet a leggere questa roba? Non è Catherine Moreland lei!].


Casi storici e casi letterari
Che i romanzi gotici saltassero fuori come funghi, non è una novità, vediamone insieme qualcuno per farci un'idea del genere di letteratura che anche all'epoca gironzolava tra gli scaffali.

Vathek di William Beckford
Vathek, califfo di grandi ricchezze e di incontentabili appetiti, stipula un patto diabolico suggeritogli dal perfido Giaurro, ai fine di ottenere enormi poteri, una volta raggiunto il Palazzo del Fuoco Sotterraneo. Per realizzare il suo sogno di potenza, il califfo non esita a lasciare i suoi cinque palazzi, ad abiurare la fede musulmana e a compiere grandi nefandezze, come il sacrificio di cinquanta bambini, figli della sua gente. Nel viaggio verso il Palazzo, il suo seguito - fantasmagorico caravanserraglio che spazza e contamina tutto ciò che incontra - si assottiglia sempre più, fino a lasciarlo solo di fronte alle oscure porte dell'abisso. Ma si tratta di un perfido inganno, perché oltre quelle porte non lo attendono i talismani che controllano il mondo, bensì il regno di Eblis, l'inferno musulmano. A Vathek e alla sua donna, ridotti - come gli altri che li hanno preceduti - a morti viventi col cuore tormentato dalle fiamme, non resta che vendicarsi su Carathis, la madre che l'ha cresciuto nell'avidità e nell'assenza di una vera fede. Non c'è speranza nell'oscuro mondo dipinto da Beckford: il male è legato alla condanna senza appello e l'unica ricompensa per il patto mefistofelico è l'inganno.
aNobii - Vathek


Udolpho by Ann Radcliffe
Incipit del romanzo
Ogni eccesso è peccaminoso: perfino un dolore in origine lodevole si trasforma in una passione ingiusta ed egoista se vi indulgiamo a spese dei nostri doveri, intendendo per tali quanto dobbiamo a noi stessi non meno che agli altri

Considerato l'archetipo del romanzo gotico, fu pubblicato nel 1794, anno dell'ascesa e della caduta di Robespierre. Sull'apparente struttura del racconto di formazione femminile, Ann Radcliffe modella un percorso attraverso gli spazi sublimi del terrore, nei quali l'eroina si smarrisce in una vertigine noir che la conduce oltre i limiti della ragione e della natura. Nella Francia del 1584 la giovane e sensibile Emily St. Aubert, rimasta orfana di entrambi i genitori, viene rinchiusa dalla zia Madame Cheron e dal suo compagno, il perverso zio Montoni, nel tenebroso castello di Udolpho, sugli Appennini. Solo dopo una convulsa serie di avvenimenti agghiaccianti Emily riesce a riacquistare la libertà e a ricongiungersi con il suo innamorato, Valancourt.
Debaser - I misteri di Udolpho
Jane Eyre Fan Forum - I misteri di Udolpho [negli spoiler la recensione vera]
aNobii - I misteri di Udolpho


L'italiano di Ann Radcliffe
Ambientato nel 1764 a Napoli, L'Italiano racconta le vicissitudini e le prove a cui viene sottoposto l'amore dei due protagonisti, Vincenzo di Vivaldi ed Elena di Rosalba. Vincenzo, innamoratosi di Elena a prima vista, è intenzionato a sposarla e ottiene anche la benedizione della zia, con la quale la giovane vive. Il ragazzo appartiene però a una nobile e ricca famiglia e sua madre, la Marchesa, è decisa a impedire il matrimonio che ritiene indegno per il figlio. Aiutata dal diabolico monaco Schedoni, la donna fa rapire Elena, che viene rinchiusa in un convento. Vincenzo riesce a liberarla ma, proprio quando i due innamorati sono sul punto di sposarsi, vengono nuovamente divisi dall'intervento degli uomini di Schedoni. Il monaco porta la ragazza in una casa isolata per ucciderla, ma a questo punto scopre che Elena è in realtà sua figlia, e decide così di nasconderla in un posto sicuro; Vincenzo viene invece rinchiuso nelle prigioni dell'Inquisizione. Dopo una serie di colpi di scena e di inaspettate scoperte il giovane viene liberato ed Elena scopre con gioia di essere solo la nipote del malvagio Schedoni, il quale appartiene in realtà a una nobile famiglia di cui Elena è discendente. A questo punto la giovane è degna di sposare Vincenzo, e i due innamorati possono finalmente riunirsi e convolare a nozze.
[non per essere rompiscatole, ma è la festa dei clichè letterari ¬_¬, anche il cattivo che fa il padre alla protagonista, ma non lo è davvero perchè sennò sta male che abbia un genitore tanto snaturato e lei non riuscirebbe a convivere con questa realtà, che tristezza...]


Il castello di Otranto by Horace Walpole
(per questo libro si veda come ambientazione la bella Strawberry Hill di cui abbiamo parlato in precedenza).
Tormentata vicenda familiare ambientata nella signoria di Otranto tra pregiudizi sull'Italia e archetipi gotici.
Corrado, figlio di Manfredi, deve sposare Isabella di Vicenza, ma muore prima di consumare il matrimonio, Manfredi decide allora di sposare lui la nuora, ma ella scappa rifugiandosi dal contadino Teodoro, innamorato di Matilda, figlia di Manfredi.
Un'antica profezia del castello grida giustizia contro tradimenti e usurpatori del feudo. Moriranno in molti e compariranno in continuazione fastidiosi fantasmi ficcanaso onniscenti quanto il narratore del Manzoni
Wikipedia - Il castello di Otranto
aNobii - Il castello di Otranto


Il monaco di Matthew Gregory Lewis
Il romanzo narra la caduta di Ambrosio, monaco spagnolo considerato da tutti un santo.

Quando il confratello preferito di Ambrosio, di nome Rosario, gli si rivela essere una donna, Matilda, innamorata di lui, il monaco conosce prima la tentazione e poi, malgrado i suoi tormenti interiori, il peccato [per chi non l'avesse capito: ci va a letto insieme].
Ben presto però il rapporto con Matilda non appaga più la lussuria del monaco che, in cerca di una nuova fonte di piacere, si innamora della giovane Antonia [alè, vai con l'eroina vergine].
Per appagare i suoi desideri carnali Ambrosio fa ricorso, attraverso l'aiuto della stessa Matilda, alla stregoneria, grazie alla quale entra una notte nella casa di Antonia con l'intento di stuprarla. Qui viene però scoperto dalla madre di lei, Elvira, che il monaco uccide per non essere smascherato, fuggendo poi in preda al rimorso.
Ambrosio, sempre su suggerimento di Matilda, decide così di avvelenare Antonia, per farla sembrare morta e poi seppellirla in una cripta accessibile solo a lui. Il piano va a buon fine e la giovane viene violentata, ma, nel frattempo, il nascondiglio sotterraneo viene scoperto da un gruppo di soldati che arrestano il monaco e la sua complice, non prima però che questo abbia pugnalato a morte Antonia.
I due sono consegnati all'Inquisizione, torturati e condannati a morte. Per sfuggire alla sentenza, il monaco, seguendo l'esempio Matilda, decide di vendere la propria anima al diavolo.

aNobii - Il monaco


Inoltre fanno parte del genere soprannaturale gotico anche romanzi come Frankestein di Mary Shelley e Il vampiro di John William Polidori, entrambi questi romanzi furono concepiti nella famosa vacanza sul lago di Ginevra organizzata da Lord Byron che prevedeva tra i suoi ospiti, oltre a Mary Woollstonecraft Godwin (all'epoca non era ancora sposata con Percy Shelley, sebbene fosse come una moglie e avesse avuto da lui una figlia nata morta e un bambino, Willmouse, ancora vivo), Percy Shelley, John William Polidori e naturalmente il celeberrimo Byron, che all'epoca intratteneva una relazione con la sorellastra di Mary, Claire Claremont, a sua volta incinta.

Dal racconto Vampyre di Polidori nascerà poi l'esempio a cui si ispirerà Bram Stroker per il suo Dracula, a sua volta caratterizzato da elementi soprannaturali tipici dei romanzi gotici: ambientazione tetra, vampiri e satanassi, sesso e sensualità a gogo.


I romanzi gotici, prima di Twilight da dove è iniziato il discorso, erano la risposta degl scrittori alla richiesta del pubblico che, come oggi, voleva amori proibiti, spesso interspecie, con un che di melodramma (all'epoca andavano alla grande le storie tristi e lacrimevoli).

Il romanzo gotico tra Settecento e Ottocento è stato il nonno di Twilight, poi seguito da babbo Stoker e da mamma Rice, con lo zio Edgar Allan Poe e l'altro zio Howard Lovecraft [hai voglia a fare l'autore horror con un nome come Lovecraft... -.-].

Insomma, non è la prima volta che l'editoria si trova costretta a sopperire in poco tempo ad una richiesta impellenti di prodotti del fantastico/orrorifico per una voltura del mercato, come vedete non abbiamo inventato niente di nuovo neanche qua...


Spero che l'approfondimento sia stato interessante, ora scappo, baci




Mauser

25 ottobre 2010

Le scarpe

Forse una delle invenzioni più importanti della storia del costume, le scarpe tra Sette e Ottocento saranno al centro dell'approfondimento di questo post riguardante la Storia del costume.

Le scarpe in passato erano un accessorio molto diverso da come lo intendiamo noi, per questo dovremo fare lo sforzo di calarci in una mentalità differente, dove un paio di scarpe erano un bene di lusso. Difficile da credere, ma, ahimè, la maggior parte delle persone camminava scalza per strada, i piedi fasciati in bende di stoffa, oppure calzando i caratteristici zoccoli che sono diffusi in quasi tutte le culture e che, mi viene suggerito da chi li ha calzati, sono estremamente comodi.

Dal film Marie Antoinette di Sofia Coppola


Settecento
Il popolo
Le scarpe, come si è detto, erano un bene di lusso, esse quindi erano appannaggio esclusivamente di chi poteva permettersele.
Le scarpe dei poveri
I poveri, che di soldi da buttare non ne avevano, compivano grandissimi sacrifici per riuscire a comprarsi un paio di scarpe in tutta la vita, solitamente di fattura e materiali scadenti come pelle conciata male, di animali poco idonei alla realizzazione (leggere: cane, gatto o capra).
Le scarpe dei poveri erano scure, in modo che si sporcassero poco, ed erano indossate fino a prenderci la pelle, come si usa dire dalle mie parti, cioè fino a che erano portabili. Molto in voga erano le scarpe e gli stivali di pelle di cane che non raggiungevano le cifre esorbitanti di altri tipi di pellame.

Per le scapre non esisteva una taglia come si usa adesso, ma si creavano modelli di varie dimensioni sfruttando dei particolari supporti sagomati di grandezza standard, l'acquirente sceglieva poi il modello calzava meglio.
Dal film Oliver Twist, notate le condizioni dei piedi del bambino, la maggior parte delle persone camminava scalza perchè non poteva permettersi l'acquisto di un paio di scarpe.
Per le scarpe da poveri non aspettatevi chissà quale foggia, la forma era la classica a stivaletto che arriverà fino all'epoca vittoriana, la punta era piuttosto lunga e quadrata, la tomaia era cucita con filo molto forte e il tutto era fissato da lacci di corda o di cuoio che dovevano stringere saldamente all'altezza della caviglia perchè la scarpa non sfuggisse, il che era piuttosto normale visto che la dimensione non era mai ottimale o su misura, inotlre capitava assai frequentemente che le persone si passassero le scarpe di generazione in generazione, tra prenti, amici o dalle dame di carità finchè queste duravano, col risultato che erano sempre troppo grandi o troppo strette, con le cuciture che spellavano e irritavano la pelle e la suola che si staccava.
Il modello a stivaletto era unisex, indossato da uomini e da donne, sebbene nei paesi più meridionali d'Europa, quindi Italia, Francia del Sud, Spagna e bassa Germania, le donne portassero anche i sabot, zoccoletti a punta di legno e stoffa e con un po' di tacco che scimmiottavano nella foggia le scarpe dei nobili.

I nobili
Nell'aristocrazia, invece, le cose erano moooolto diverse.
Scarpa rococò in velluto con ricami in filo d'oro
Al giorno d'oggi le scarpe sono un bene di medio consumo, la loro qualità non sempre è eccellente e sono abbinabili, ovvero un paio di scarpe può essere portato con diversi vestiti: pantaloni, gonne estive e invernali, maglie grigie, maglie nere...
Una volta non era così.
Le scarpe era un accessorio del vestito come il cappello e la borsetta che, messi insieme, costitutivano il set indispensabile con cui uscire. È curioso vedere come tutti e tre questi oggetti in epoca moderna siano poi diventati creazioni a sé stanti, senza legami con l'abito indossato, mentre una volta erano realizzati nello stessa stoffa, oppure con colori che ne riprendessero motivi e rifiniture.
Le scarpe in particolare erano costosissime anche per l'applicazione di guarnizioni pregiate, pietre preziose, passamaneria e rifiniture di classe; realizzate in seta o damasco, velluto o altri tessuti carissimi, erano costituite da una suola rigida, una tomaia in stoffa decorata e un tacco di media altezza in legno, a sua volta rifinito con pitture e decorazioni oppure rifasciato dello stesso tessuto della stoffa.

Scarpa francese 1760 in broccato con fibbia preziosa
Un paio di scarpe si indossava solo con un vestito e veniva commissionato al calzolaio portandogli la stoffa esatta dell'abito, ecco quindi che ritroviamo calzature dai colori e dalle fantasie spettacolari e molto vivaci.
Le ricche classi nobiliari d'Europa spendevano fortune per scarpe estrose e particolarissime che dovevano far parlare di sé, (cfr. Perchè la Francia fu la passerella d'Europa) un po' come fanno ancora oggi certe maison di moda proponendo creazioni al limite dell'inverosimile e praticamente importabili per più di cinque minuti (vedi qui, qui, qui e qui)


Epoca Regency
Dettaglio del ritratto di Mary Lodge
by Joseph-Francois Ducq
Questo periodo fu di transizione per le amanti delle scarpe perchè i prodotti particolarmente di lusso cominciarono ad essere meno esagerati, mentre con il consolidamento del potere borghese iniziarono ad assumere tratti meno creativi, mentre le fogge divennero più orientate al pratico.
È il periodo dello stivaletto unisex per tutte le classi sociali medio-basse, da indossare sotto i caratteristici abiti da giorno stile impero in cotone, lino e lana.
Per i ricchi e per la sera, invece, era un discorso a parte: inizia l'ascesa della ballerina.
Dettaglio Imperatrice Giuseppina by François Gerard
La ballerina era una scarpa femminile di foggia simile a quella attuale, era costituita da una suola piatta e da una struttura in stoffa o retina, satin o seta per i modelli più costosi e raffinati, ma era una autentica maledizione.
Già perchè la ballerina dell'epoca non aveva suola o, se l'aveva, era sottilissa, si sporcava quindi facilmente, era scomoda per camminarci e ballare, non avendo protezione sotto la pianta del piede, e si rompeva di nulla.

Mentre il popolo continuava a indossare scarpe al limite della tortura, i ricchi avevano trovato un nuovo modo per dilapidare le loro fortune nelle scarpe, la ballerina fu una di queste scuse. Una scarpa stupida al 100% e inadatta all'epoca.
Peccato che rimase di moda fino agli anni '50 del XIX secolo.
Era l'usa e getta del momento, insomma.

Dettaglio di The First Quadrille at Almack's



Epoca Vittoriana
Tipico stivaletto vittoriano da bambini borghesi (vedi punta lucida)
L'epoca vittoriana fu un tripudio delle scarpe quasi al pari del Settecento, con qualcosa di differente, specie nella mentalità di costruzione.
Esisteva sempre la distinzione tra classi sociali, espressa dal tacco: il tacco era sinonimo di una scarpa mediamente costosa, i poveri continuavano a indossare gli stivaletti di riciclo di parenti e amici, ma anche il costo per l'acquisto stava calando e, bene o male, anche una famiglia operaia poteva permettersi, con qualche sacrificio, di mettere ai piedi dei suoi componenti un paio di scarpe.

Tipico stivaletto vittoriano da donna, pelle nera con lacci, tacco e sagoma della gamba
La calatura per eccellenza del periodo vittoriano fu lo stivaletto femminile, caratterizzato dalla classica foggià che inizia a discostarsi dalla classica caviglia dritta per avvicinarsi maggiormente a quella della gamba, con una sagomatura più raffinata.
Gli stivaletti vittoriani potevano essere chiusi sia coi lacci che coi bottoni, erano più comodi e morbidi dei loro predecessori, tinti in prevalenza di nero e venduti in appositi negozi di scarpe, non più dal sarto o dall'ambulante. Le scarpe, inoltre, diventano intercambiabili dai vestiti, un accessorio diverso e indipendente.

Mentre gli uomini avevano a disposizione tre tipi di scarpe in base all'altezza (stivali alti, stivaletti e mocassini), per le donne si distingueva solo tra due altezze, visto che solo di recente si vedono in giro signore con stivaloni chilometrici al limite del porno-soft.

Panoramica di scarpe vittoriane
La moda delle scarpe maschili non è cambiata molto nei secoli, salvo liberarsi della noiosa fibbia da scarpa in funzione di lacci e bottoni; gli stivali vengono relegati per la caccia e la figura delle calzature assume più o meno i connotati a cui siamo abituati, mutamento forzato anche dalle innovazioni in campo di vestiti: erano infatti ormai arrivati ai pantaloni lunghi anche i più retrogradi e tradizionalisti.

Nel 1894 nasce Bata, ilcalzaturificio che tutti conosciamo per esperienza personale, cartelloni pubblicitari e slogan.
Con Bata e con altre produzioni, nascono le scarpe in serie. Se fino ad un decennio prima si continuava a pensare che la produzione delle scarpe fosse una cosa fattibile solo a mano e su misura da artigiani, ci si deve presto ricredere.

Negozio di stivali a Manchester
La scarpa in serie comincerà il suo ingresso a inizio secolo e già dopo la Guerra sarà una cosa che avranno tutti, principalmente per la sua economicità, relegando il ruolo dei calzolai ad un business di lusso per i più esigenti o per chi necessita di scarpe particolari.
Ultimamente si sta cercando di riscoprire l'importanza dell'abbigliamento e delle calzature fatte a mano e su misura, anche per rilanciare la qualità dei prodotti che, nel mercato rivolto alle grandi masse, è sempre più discutibile.
Le sarte e le camiciaie così diffuse negli anni Cinquanta e che negli anni Ottanta hanno chiuso bottega, iniziano a riaprire con una clientela limitatissima, ma comunque dei coraggiosi: devo ancora trovare cei calzolai che abbiano riaperto l'attività, ma la mia città è piccola e poco a la page, quindi forse devo andare alla ricerca dalle parti di Torino, Roma e Milano.


Links e approfondimenti
Al seguente link troverete il making of di una scarpa della metà dell'Ottocento. Una scarpa da poveri semplicissima, ma il procedimento è davvero interessante
http://www.thegracefullady.com/1860sShoes/

Qui un altro link, il tipo di scarpa è differente (col tacco, foggia da uomo e provvista di fibbia) perchè parliamo del Settecento americano, quindi Padri Pellegrini, Mayflower ecc.
Crafting shoes for a 18th century lady

Al seguente link troverete un interessante approfondimento in inglese che spiega come venivano realizzate le scarpe e da chi
Jane Austen's World - Fashionable Shoes of the 18th and 19th Centuries and How They Were Made

The Costumer's Manifesto - 18th century shoes
Miss Shoes - Shoes in 18th century Europe (1700's)
Thoght Patterns - Shoes
Victorian Ladies shoes & boots


Ciao e a presto!




Mauser





Dal film Marie Antoinette di Sofia Coppola

Panoramica di scarpe tra Settecento e Ottocento

24 ottobre 2010

Petizione per gli ultimi volumi di Emma

Cari lettori,
scoperte le petizioni online, è proprio il caso di dirlo, non si riesce a farne a meno.
Così, spinta un po' dalla curiosità e un po' da un tarlo che mi rodeva da parecchio, ho deciso di aprire anche io la mia.

Il tema della mia petizione riguarda Emma il manga di Kaoru Mori pubblicato nel 2007 in Italia da Dynit.
Il manga, disegnato splendidamente dalla bravissima mangaka giapponese racconta le vicende della cameriera Emma, che si innamora ricambiata del giovane William Jones, appartenente ad una ricca famiglia di commercianti e parvenu che lo vorrebbero, invece, fidanzato con la ricca e viziata Eleanor, figlia di un nobile, per consolidare la loro posizione in società, ancora traballante a causa del loro passato da arrampicatori sociali.
Una serie di sfortunate circostanze porteranno Emma e William a separarsi, fino ad un rocambolescio nuovo incontro alla festa di fidanzamento di lui, quando l'intero meccanismo delle relazioni dei personaggi si metterà finalmente in moto per mostrarci questi due ragazzi alle prese con un difficile amore interclasse.
Il cinico e insopportabile padre di Eleanor tramerà nell'ombra per allontanare la cameriera, lei stessa si farà suggestionare dalla propria "ragione", credendo che cotale amore sia impossibile, oltre che delterio per l'amato, tutti remeranno contro, mentre la storia prosegue per 7 splendidi volumi che catapultano il lettore nella Londra vittoriana.

Se non l'avete ancora letto, Emma è una lettura imperdibile per gli appassionati di questo periodo storico, fatto testimoniato dall'enorme ricerca che l'autrice ha condotto per scriverlo ed illustrarlo a dovere, tanto che sulla scia di Emma è stata pubblicata anche una Guida all'età vittoriana illustrata e minuziosamente spiegata dalla Mori. Naturalmente mai giunta in Italia.

Già, l'Italia, il vero tasto dolente...
Perchè non solo non è arrivata la guida, ma neanche la conclusione del manga!
Dynit, la casa editrice che l'ha immesso sul mercato era partita alla grande, con copertina ed edizione di lusso, forse un po' troppo, ma adatta al tipo di prodotto; vista l'esiguo numero di lettori, perchè diciamocelo, si tratta comunque di un prodotto di nicchia e molti non l'hanno apprezzato, ha sospeso la pubblicazione al settimo tankobon (volumetto), punto più o meno al quale si conclude una parte della vicenda principale.
Ok... ma gli altri tre?

Già, la Mori ha pubblicato altri 3 volumetti sotto il titolo di Emma Bangahein e non solo riguardanti le vicende dei personaggi di contorno, quindi Grace, la sorella di William, suo fratello Arthur o le amiche cameriere di Emma, nossignore perchè, guardacaso, in quei tre volumi Emma e William si sposano!
E mo' non possono mica mollarmi al settimo volume quando so che nel decimo succede ancora qualcosa!

Per dare voce agli altri appassionati ed estimatori, così come per far conoscere questa serie eccellente sotto tutti i punti di vista ho creato anche io la petizione.
500 firme sono il target che mi sono posta, un considerevole numero perchè la Dynit decida di pubblicare, magari anche in numero limitato, la conclusione di questa vicenda.

Aiutatemi a realizzare questo impegno! Basta cliccare sull'immagine qui sotto e firmare la petizione alla quale sarete automaticamente reindirizzati.

Firmate anche voi per leggere come si conclude la splendida vicenda
di Emma e William!


Anche se non siete amanti di manga e fumetti, vi posso assicurare che Emma è un prodotto molto diverso e molto apprezzabile.

A mio avviso un ottimo mix tra Elizabeth Gaskell, Charlotte Bronte, Dickens, Schopenhauer e Beatrix Potter, più qualcosa tipico di Georgie e Lady Oscar.

Non tutti i manga sono belli e per questo molti non li apprezzano, niente di più vero, però non fanno tutti schifo e questo vi assicuro che è un capolavoro.
Se volete leggere qualche pagina, online se ne trovano parecchie, sul sito di Mangafox certamente rintraccerete ciò che cercate e vi dico già che l'autrice dà il meglio di sè nelle scene corali, con un'attenzione al dettaglio maniacale quanto affascinante per il lettore.

Alla prossima e spero nel vostro contributo!




Mauser

23 ottobre 2010

The Mad Pots of Tea

A volte si dice i casi della vita...
Qualche settimana fa avevo scritto un lungo post riguardo il tè, e oggi mi ritrovo a scoprire un'iniziativa davvero allettante.
Scrivere il post era stato molto piacevole, sia per le scoperte che avevo fatto, che avevano in parte saziato la mia curiosità riguardo questa bevanda, sia per i continui collegamenti che il tè ha con la storia, inglese in larga misura.

Alcuni assimilano il tè, divenuto nell'Ottocento la bevanda ufficiale della Gran Bretagna, agli orrori del colonialismo nel Sudest Asiatico, leggasi India, Thailandia, Bangladesh, Taiwan e quant'altro. Vero, ma in parte, indubbiamente la presenza dell'Impero in quei luoghi ha favorito esportazione, prove, creazione di nuove miscele ecc, ma in troppi si dimenticano che l'amore tutto british per il tè viene da ben prima del colonialismo selvaggio.
Certo il Boston Tea Party, il più famoso atto di protesta contro l'Inghilterra dove vennero gettate a mare intere casse di tè, è del 1773, ma, per esempio la fondazione della Twining's, ditta fornitrice ufficiale di tè della casa reale inglese, è precedente, 1760...
Insomma, prima ne è nata la passione e questo credo sia importante ricordarlo.

Ma non volevo fare della filosofia sul colonialismo, c'è tutto il tempo in futuro, è un argomento difficile e spinoso, non lo si può trattare superficialmente.
No, oggi volevo parlare di un'iniziativa prodotta dal Mad Pots of Tea.
Anche io sono arrivata per caso a questo sito, dove una solerte appassionata e conoscitrice di tè si diverte a creare particolari miscele ispirandosi ai caratteri e alle particolarità delle persone che si prestano all compilazione del questionario da lei messo a disposizione.

Il procedimento è piuttosto semplice, si va sul sito, si compila il questionario dando le garanzie necessarie e si richiede la preparazione di un tè o di una tisana che sia ispirata a noi; Madam Potts, l'abile maestra creatrice, si metterà all'opera con particolari ingredienti e ci fornirà il risultato finale.

Di seguito l'invitante slogan che mi ha portata al sito citato poc'anzi:

I create blends

based on and inspired by
your personality and preferences.

These unique blends
are what I call a


PersonaliTEA logo

If you want a tea blend
that NOBODY else has,
look no further....

Just go to...

www.MadPotsOfTea.com

Tea
by George Dunlop Leslie
Inutile dire che con una simile presentazione sono rimasta folgorata e smano dal desiderio di creare anche io il mio personalissimo blending, potrebbe essere una grustosa e innovativa idea per i regali di Natale prossimo, che si sta avvicinando a grandi balzi, oppure un pensiero particolare per la vostra dolce metà, di cui conoscere i gusti e le particolarità e volete donargli qualcosa di davvero unico e personale.

L'arte di Madam Potts è antica ed affascinante, in passato molti personaggi influenti e amanti del tè inglese si fecero creare le proprie, personalissime miscere, come è il caso dell'Earl Grey, il cui blending venne appositamente creato come dono per il Primo Ministro inglese Charles Grey nel 1830.

Altro caso famoso è quello del Prince of Wales, creato per l'allora Principe di Galles poi divenuto Re Edoardo VIII e caratterizzato da un gusto particolarmente deciso.

A farmi scoprire e smaniare per la magia di Madam Potts è stata una frase che ho letto per caso:
Quando ho incrociato casualmente i PersonaliTeas di Madam Potts l’idea mi è piaciuta talmente che non ho potuto fare a meno di contattarla: mi sono divertita a compilare il questionario da lei ideato al fine di carpire l’essenza di chi abbia voglia di prestarsi al gioco; le domande sono varie: quale momento del giorno preferisci?, quali colori e fragranze?, quali sono le sensazioni che vorresti ti comunicasse il tuo tè?, dove vorresti ti accompagnasse?, e così via.
Successivamente Madam Potts, chiusa nel suo laboratorio, lascia che alcune tra le parole contenute nelle risposte la ispirino nella creazione: seleziona, miscela, dosa, assaggia, fino a incantesimo concluso.
[...]
In tazza ha il colore del sole quando è l’ora di tornare verso casa, e il gusto morbido e pulito di un filo d’erba tra le labbra: naturalmente dolce, timidamente romantico e d’altri tempi, colmo di un incanto semplice e appena sussurrato.
L’ho sentito mio fin dal primo sorso: una piccola magia riuscita, dunque.

Selezionato dallo staff di Paperblog e portato alla mia attenzione.
Ho quindi deciso di sponsorizzare a mia volta l'iniziativa, fidandomi di parole tanto entusiata e della competenza di una persona che ha titolato il proprio blog Là dove fumano le tazze.
Tantissimi complimenti a chi tiene questa chicca sulla rete!


Insomma, non resta che provare questa Madam Potts e vedere se è davvero la strega del tè che si dice, capace di creare il blending apposito per ciascuno di noi.

I costi di spedizione delle miscele sono di 15$ per 3 once o 15 bustine e di 5$ nel caso si voglia solamente provare una delle miscele già esistenti.

Se qualcuno decidesse di sperimentare la cosa, fatemelo sapere, sono estremamente curiosa!


Baci





Mauser

22 ottobre 2010

Sherlock Holmes in salsa moderna

Che il mondo stia andando a rovescio, ormai, comincio a credere sia vero.
Mentre le persone smaniano nel ricordo del passato, idealizzandolo, evocandolo e adorandolo come se fosse stato perfetto (non cadiamo nell'errore degli stupidi, direbbe proprio Sherlock Holmes) qualcuno ci propone l'ennesima rivisitazione di Sherlock Holmes.
Sì, peccato che l'acuto investigatore di Baker Street sia stato trasposto in versione moderna in un tempo contemporaneo.

All'inizio non avevo afferrato bene la cosa, il mio inglese non è proprio Oxford e ogni tanto mi sfuggono certi significati, credevo di aver capito male ed ero già pronta ad un'invettiva contro le mie prof d'inglese (una delle quali, tanto per la cronaca, era assolutamente certa che cherry si pronunciasse kerri -.- e qui stendiamo un pietosissimo velo da lutto).
La triste verità è che invece avevo capito bene (e avrei preferito di no): PBS, nota emittente anglosassone ha infatti messo a palinsesto una serie su Sherlock Holmes moderno, in una ambientazione moderna, una Londra del Duemila e le avventure di un investigatore contemporaneo.


Ammetto la mia perplessità sotto diversi aspetti

1) Innanzi tutto con la smania di vecchio e antico che abbiamo, penso che sia quantomeno azzardato prendere uno dei personaggi a cui lo spettatore è più affezionato e metterlo in una società contemporanea. Avevi già l'ambientazione giusta: perchè tirarsi la zappa sui piedi?

2) Consentitemi di dire che proprio l'ambientazione di questa Londra buia e piena di segreti, dove veleni e pistole sono all'ordine del giorno rende Sherlock Holmes tanto interessante.
Tanto interessante che dove è l'ambientazione ad essere carente si ovvia con qualche viaggio nel tempo, come è il caso della Gaslight Justice League: supereroi nell'epoca vittoriana

3) Questa è una considerazione che potete non approvare del tutto, ma io sono fermamente convinta che la tempistica lasci un po' a desiderare: giusto l'anno scorso a Natale è uscito nei cinema Sherlock Holmes diretto da Guy Ritchie, che ha sbancato il botteghino offrendo al pubblico uno Sherlock diverso, più folle che snob, più bonaccione che altezzoso con un prodotto molto gidibile e che in molti hanno apprezzato, me compresa. Dunque riproporre lo stesso personaggio a distanza così ravvicinata, con caratteristiche diverse quando nello spettatore è ancora vivo il ricordo di Robert Downey Jr. e Jude Law nei panni del detective e del "cane fedele" Watson (per usare le parole di Lord Blackwood) penso sia azzardatissimo, dubito che il pubblico lo accoglierà festante, io mi rifiuterei di vederlo, ma visto che parliamo dell'Inghilterra il problema non si pone, difficilmente arriverà in Italia a meno che Rete4 non decida di sospendere con gli investigatori francesi della Gendarmerie e si dedichi a quelli d'oltre Manica...


Interpreti

Nei panni dell'acuto Sherlock Holmes i nostri intrepidi (è proprio il caso di dirlo) produttori hanno messo Benedict Cumberbatch.
Scelta discutibile, a mio avviso, anche per una fastidiosa somiglianza del protagonista con il Ridge dei Forrester di Beautiful, il che non credo conferisca fascino al personaggio del detective, sebbene Ridge abbia intrecciato relazioni sentimentali con ogni donna disponibile in Beautiful.
Giudizio: discutibile.


Il dottor John Watson ha avuto lo stesso trattamento ed ecco che prende il volto di Martin Freeman, ex Bilbo Baggins del film Lo Hobbit (che è tuto dire) e che dà al nostro dottore quell'aria da bonaccione che poco si confà al suo personaggio.
Speravo in qualcosa di meglio, dire che il dottor Watson nell'originale di Conan Doyle fu medico militare in India, non ce lo vedo uno hobbit a combattere contro i ribelli indipendentisti indiani...
Giudizio: slavato


Finiamo con una serie tutta in azzurro, il personaggio dell'ispettore di polizia Lestrade ha il viso e le movenze di Rupert Graves, già facente parte del cast della Saga dei Forsyte. Non per essere pignola, ma il ragazzo ha più l'aria del malfattore che quella dell'improbabile ispettore di polizia, non siamo a CSI dove i federali hanno la pistola facile, qui parliamo di Sherlock Holmes, dove dubito che Lestrade sappia usare un'arma da fuoco e come nella maggior parte dei casi di detective super intelligenti, l'ispettore al confronto del protagonista ci fa una ben magra figura (cfr. Poirot e l'ispettore Japp di Agatha Christie, per esempio è il caso più lampante, poi Kay Scarpetta e Pete Marino di Patricia Cornwell, trascuro momentaneamente Tempoerance Brennan e Andrew Ryan perchè sia nei libri che nella serie tv Bones il detective è meno tonno di quanto sembri ed è pure un bel quarto di manzo =] ); fortunatamente sembra che i produttori gli abbiano conferito il classico look da broker rampante con gessato scuro e capelli brizzolati per calarlo maggiormente nella parte.
Giudizio: criminale


Episodi e messa in onda
Per chi segue i canali britannici e per chi è appassionato, la messa in onda del telefilm è prevista per il 24 ottobre 2010 con il primo episodio, ecco la lista degli episodi rilasciata fino ad ora

Ep. 1 Uno studio in rosa (A study in pink) - 24/10/2010

Ep. 2 Il banchiere cieco (The Blind Banker) - 31/10/2010

Ep. 3 Il grande gioco (The Great Game) - 07/11/2010

Per il momento ci fermiamo qui, la casa di produzione PBS, nella sua pagina ufficiale non ha rilasciato ulteriori informazioni al riguardo, dovremo quindi accontentarci di questo.

Questo è il link della pagina ufficiale del telefilm
PBS Masterpiece | Sherlock

Qui trovate un'intervista a Benedict Cumberbatch

Per quanto mi riguarda... credo che ne farò a meno.
Non penso che soffrirò troppo per la mancanza di questa serie nella mia cineteca.
Per il momento, la sola idea di quello che hanno fatto all'antipatico Sherlock mi fa rabbrividire, il massimo del castigo.

Se qualcuno la volesse vedere o fosse interessato, comunque, sarei a mia volta curiosa di conoscere opinioni e impressioni, quindi bando alla timidezza e scrivetemi pure senza problemi dicendomi che di cinema non me ne capisco niente.


Saluti a tutti




Mauser




Non per essere cattiva...

19 ottobre 2010

Petizione per «Winter Rose» in Italia

Ai cari lettori del Georgiana's Garden, oggi sono a proporre una nuova petizione.
Visto il successo che la precedente ha riscosso tra il pubblico, mi accingo a proporne un altra per salvare dall'oblio un altro libro che rischia di finire nel dimenticatoio delle case editrici, troppo occupate a sfornare bestseller insipidi e libri pretenziosi altamente indigesti.

Il libro in questione è Winter Rose sequel del già più volte citato I giorni del tè e delle rose. L'autrice naturalmente è sempre lei: Jennifer Donnelly.

Ora, considerando che in Italia, nonostante il successo, fatichiamo a trovare il primo della serie (cfr. Braccando «I giorni del tè e delle rose»), con avventure al limite del surreale, io mi chiedo che fine farebbe questo secondo volume se qualche pio lettore non lo chiedesse esplicitamente e, allo stesso modo, mi chiedo perchè non abbiano ancora fatto una statua tutta d'oro a chi ha inventato il sistema delle petizioni online.

Anche se il primo è stato un libro andato a ruba, anche se in giro non se ne trovano più copie perchè chi lo ha se lo tiene stretto, nascosto tra gli altri e non in bella mostra, il secondo volume della serie dei Finnegan sembra destinato a ben triste fine.
Fortunatamente sembro non essere l'unica ad apprezzare la Donnelly (direi che le entusiastiche parole che gironzolano sui blog sono più che sufficienti) e, a quanto pare, qualcuno prima di me ha deciso di ribellarsi a questa dimenticanza più o meno voluta dei due romanzi.
Girovagando per la rete mi sono infatti imbattuta nella:

Petizione online

per la pubblicazione di

Winter Rose

(la locandina è opera mia, quindi prendetevela con me se fa schifo)

Lo slogan scelto per la Petizione è il seguente:
Dopo il bellissimo romanzo I Giorni del Tè e delle Rose non riusciamo a capire come mai la Sonzogno non traduca e pubblichi il seguito: Winter Rose.
Già non va bene lasciare in sospeso una serie, (le cose si iniziano e finscono, grazie!) deludere i lettori poi... speriamo di far sentire la nostra voce e di venire accontentati.


Per firmare e supportare l'iniziativa non è necessario registrarsi, basta fornire Nome, Cognome (da brava informatica io vi consiglio sempre di non mettere quelli veri), un indirizzo email valido e un CAP valido.

Questo è il link in chiaro della petizione
http://www.petitionspot.com/petitions/jenniferdonnelly

Ed ecco per voi un ottimo tool messo a disposizione da petition spot per monitorare il numero di voti e lo status della petizione seguita

Online Petition

Spero che supporterete in molti il romanzo della Donnelly, forse non la conoscerete in molti, più per pecca delle case editrici che per effettiva mancanza di cultura, ma anche questo inconveniente mi auguro che si risolva entro natale 2010, per quando è prevista la ristampa de I giorni del tè e delle rose.


Trama del libro:
Fine Ottocento.
India Selwyn Jones è appena diventata medico a tutti gli effetti e per coronare il proprio sogno di aiutare gli altri tramite il suo lavoro, si trasferisce in una clinica nei quartieri più poveri di Londra seguendo la sua vocazione contro il volere dell'ambiziosa madre, e dell'aristocratico fidanzato Freddie Lytton, che vorrebbero che India mettesse a tacere la sua vocazione di medico e il suo desiderio di aiutare i meno fortunati in favore di una vita da signora sposata, nel più rigido rispetto delle convenzioni vittoriane.
Ma India non è disposta a farsi ostacolare da nessuno e, sebbene lo squallore e la miseria dei sobborghi siano a suo avviso insopportabili, riesce comunque a mantenere il controllo su di sé e sulla sua vita, o almeno crede di riuscirci finchè Sid Malone non compare nel suo ambulatorio come paziente.
Peccato che Sid sia la sua nemesi, inizia come paziente e finisce come qualcosa di più...
Oltretutto Sid è in realtà Charlie Finnegan, il fratello di Fiona Bistrow, proprietaria di un'importante compagnia di tè e moglie di Joseph Bistrow, influente commerciante di Londra fatto "da sé" partendo dai vicoli più bui della capitale.
Ciò che però né India né Sid sanno è che Freddie, nel tentativo di distruggere il rivale, non si farà alcuno scrupolo a rubare, tradire e addirittura uccidere, incolpando poi Sid dell'omicidio.
Nel suo caratteristico stile, la Donnelly ci alterna le vicende di Charlie/Sid, India, Freddie, Fiona e Joseph, regalandoci una splendida visione del volgere del secolo in Inghilterra, rappresentandoci non solo case e palazzi, ma addirittura il Parlamento, per scendere poi sempre più in basso verso i vicoli più malfamati, nelle stradine buie tra ladruncoli e strozzini, bordelli e case chiuse.
Con la sua maestria, seguendo una vicenda difficile e complicata, Jennifer Donnelly ci regala la spettacolare vita di India Selwyn Jones e del boss della malavita che ama tra mille ostacoli.

Riferimenti:
Amazon - The Winter Rose
aNobii - The Winter Rose


Nel frattempo mi auguro sempre che mi crediate sulla fiducia e decidiate comunque di supportare la petizione per un'autrice emergente che merita davvero un po' di considerazione, che piaccia oppure no.
Il mio esempio di paragone preferito sono I promessi sposi di Alessandro Manzoni che quasi tutti siamo d'accordo nel definire un buon libro, oltre che un romanzo notevole, ma anche se convinti di ciò, sono io la prima a trovarlo insopportabile, con una Lucia piagnucolosa e un Renzo da latte alle ginocchia tanto è fesso.
Convinti comunque che sia un ottimo prodotto per storia della letteratura, cultura, analisi sociale e quant'altro penso che in pochi lo vorrebbero togliere dagli scaffali (anche se in molti brucerebbero la loro copia).
La Donnelly, posso assicurarvelo, non è il Manzoni e non è neanche tanto prolissima e i suoi personaggi non sono vittime di insulti da parte del lettore, almeno non per tutta la durata del volume.

Ma... per mia personalissima opinione posso dire che è un'ottima autrice, come non ce ne sono molte, e anche se può non piacere, cosa comprensibilissima, credo che tutti siano concordi nel dire che è almeno una validissima ricercatriche che ci ha regalato un saggio sociale interessante e completo, oltre che un romanzo (cancellando la parte romanzesca che sarebbe quella non gradita); l'ambientazione è ricostruita alla perfezione e se anche i suoi libri hanno dei difetti, come li hanno tutti, penso che meriti seriamente di essere pubblicata e di avere la possibilità di un posticino nelle nostre bistrattate scaffalature, librerie e biblioteche.





Mauser - Una lettrice compulsiva


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