16 gennaio 2010

Vanity Fair ~ La fiera della vanità

So che il nome può trarre in inganno, me ne rendo conto.
Oggi non voglio parlare della rivista femminile che porta nella sua testata le lettere di cui sopra, tantomeno del capitolo di Piccole Donne intitolato proprio "La fiera della vanità", bensì mi voglio dedicare al film del 2004 con Reese Whiterspoon, Jonathan Rhys-Meyers e Jim Broadbent.

Stilisticamente perfetto ma che trova nella vanità il suo difetto, un titolo da consigliare solo a nostalgici (molto) convinti

Con queste parole inizia la critica del lungometraggio sul mio sito di recensioni preferito: myMovies.
Non posso che trovarmi d'accordissimo, ma dato che sono una nostalgica piuttosto incallita, oltre che appassionata di film in costume e classici della letteratura anglosassone (insomma, ce le ho tutte io), ho apprezzato molto questo film, esattamente come il libro originale.

Tendenzialmente si crede che l'epoca della Reggenza sia tutta fatta di personaggi come le sorelle Bennett della Austen o i correttissimi gentiluomini (e gentildonne) della famosa Georgette Heyer; come per ogni medaglia c'è il suo inverso e se da una parte si schierano gli ideali di nobiltà d'animo, elevatezza di principi e gesta grandiose, dall'altro autori come Thackeray hanno saputo descrivere fin troppo bene la caduta e il declino di quanto sopra in favore di una ascesa sociale, una vita lussuosa e un matrimonio d'interesse.

Benchè tutte le ragazze Bennett (mi sento di includere anche Mary, sebbene lei sia quella che meno delle altre sogna il matrimonio) aspirino ad una unione con un gentiluomo ricco e, possibilmente, titolato, che possa dare loro una vita agiata, carrozze, abiti e feste grandiose, nessuna arriva a fare quello che Becky Sharp fa nella Fiera della Vanità.
Becky Sharp, orfana e senza soldi, è cresciuta in un rigido collegio nella brughiera e da bambina sogna il riscatto nei confronti di quella vita.
Non ha né scrupoli né principi che la frenino, desidera solo lasciarsi alle spalle le privazioni, la povertà e gli stenti ed entrare in una vita lussuosa e affascinante.
Becky ha dalla sua la dialettica e la bellezza, con l'una e con l'altra fa via via colpo sulle persone che le occorrono, manipolandole e sfruttandole a suo piacimento per innalzarsi di un gradino ancora nella scala sola, ma nel fare questo perderà di vista le cose importanti della vita, valori e obiettivi, finendo per scendere a bassi compromessi e per perdere tutto ciò che aveva di caro.

Trama
Uscita dal collegio fa la conoscenza della famiglia della sua amica Amelia, che al confronto è una ragazza modesta e semplice, un po' priva di vita, non carina e non graziosa senza doti particolari.
Qui incontra il fratello di lei, Joseph, e il fidanzato di Amelia, George Osborne, un uomo arrogante e pieno di sè, innamorato solamente di se stesso. Incontra anche Dobbin che, come l'elfo domestico di Harry Potter con il nome simile, è prostrato ai piedi della dolce, ma cieca di cuore Amelia, innamorato senza speranze.
George, affascinato dalla bellezza di Becky, le chiede di fuggire, ma lei rifiuta, incantata dal fratello dell'amica che le aveva promesso di portarla in India con sè in uno dei suoi famosi viaggi.
Incassato l'affronto, George attua la sua vendetta, persuadendo Joseph Sedley che Becky sia affascinata solo dalla sue ricchezze piuttosto che dalle sue doti (egli infatti è grasso e bruttino), inducendolo ad abbandonarla.
Ma Becky non rimane con le mani in mano: si fa assumere come istitutrice e, successivamente, sposa un militare affascinante e giocatore d'azzardo, con cui comincia a viaggiare per l'Europa, dove infuria Napoleone Bonaparte.
Amelia nel frattempo si unisce a George contro la volontà della famiglia di lui, che lo disereda, ma lei non è al corrente della fuga che il marito aveva progettato con l'amica e Becky le nasconde la cosa per non ferirla, visto che adora il consorte.

A Bruxelles Becky è una delle donen più ammirate e qui reincontra Amelia e George, ma la guerra presto pota via il marito dell'amica e la famiglia di lui decide di perdonare la donna e di accogliere il bambino che porta in grembo. Becky e Amelia, rimaste in Francia, tornano a Londra tra mille avversità, donne sole. Ma se Amelia ha finalmente il sostegno della famiglia del marito, Becky è sempre più sola e per riuscire a pagare i debiti del marito e mantenere il lussuoso stile di vita, si concede ad alcuni uomini altolocati.
La sua relazione viene presto scoperta: deluso e amareggiato il consorte la lascia per un posto di Governatore oltremare, ma finisce per passare a miglior vita, lasciandola vedova e, per tirare avanti, lei si vede costretta a fare da crupier (e forse anche da prostituta) in un casinò.


E' proprio qui che le vite dei vari personaggi si reincontrano ancora una volta. Sola, senza il figlio che le è stato portato via, Becky è cinica e disillusa: il figlio di George e Amelia, sapendola conoscente della madre, la invita per un pomeriggio e vedendo la fedeltà con cui Dobbin segue ancora la cara Amelia nonostante questa lo tratti come un amico, si decide a rivelarle la verità su George, distruggendo l'ideale di uomo perfetto che ella aveva creato del consorte. Con gli occhi finalmente aperti, Amelia può adesso comprendere Dobbin e i due si sposano, mentre Becky, su invito di Joseph, riesce finalmente a partire per l'India come sognava di fare da ragazza insieme all'uomo che ammira e rispetta: non bello, non affascinante, ma interessante e curioso.


Opinioni
Benchè non sia una appassionata di Thackeray al punto da amare ogni sua opera (va contro il buonsenso, ma detesto Barry Lyndon), adoro La fiera della vanità e penso che mai titolo fu più azzeccato per un romanzo dove i protagonisti, più o meno inconsciamente, ricercano consacrazione social attraverso forme diverse derivanti dall'apparenza: bellezza, denaro, possedimenti. È quello che si possiede, che conta, non quello che si è: "È un po' tardi per discutere il prezzo della vostra bellezza" sono le dure parole di uno degli amanti di Becky quando ella si vede costretta a concedersi a lui per pagare alcuni debiti del marito. Sono i soldi che muovono la vicenda, che fanno girare il mondo di questi personaggi così duri e cinici, fragili.

Il film è una trasposizione molto fedele, a mio avviso, del libro.
Attori azzeccati nelle parti rappresentano con coerenza personaggi dalle molte sfaccettature, tormentati dalle azioni passate e da quelle presenti, che devono continuamente scendere a patti col proprio orgoglio, i propri principi, la propria moralità e le proprie scelte.
Mi sento di consigliare questo film come la miglior trasposizione cinematografica di questo capolavoro della letteratura e consiglio a tutti gli amanti dei film in costume di guardarlo almeno una volta, perchè la cura messa nella ricostruzione storica è fantastica e, confesso, Reese Whiterspoon è la prima donna che ho visto indossare un abito Regency e che sembrasse elegante (non amo la moda di allora).
Sicuramente affascinante, la storia è continuamente pervasa da colpi di scena, da personaggi che ritornano dal passato e lo spettatore non può fare a meno di chiedersi quando questo o quel personaggio dovrà fare a patti con questo o quell'altro avvenimento passato: quando, insomma, i nodi verranno al pettine.
Già perchè se nei libri della Austen alla fine tutto si aggiusta, fino all'ultima pagina de La fiera della vanità non si può essere certi che ci sia un futuro, non necessariamente un lieto fine.
E non solo! Dopo aver seguito per centinaia di pagine i dubbi di Becky e il suo desiderio di riscatto sociale, è quasi doloroso vederla al termine nel romanzo, nel casinò, come una qualsiasi prostituta, abbandonata da tutti mentre sola ripensa agli errori commessi in quel mondo che è tutta apparenza, dove ci si dimentica troppo in fretta degli amici, ma mai dei nemici.
Thackeray doveva essere uno scrittore che aveva compassione dei propri lettori, visto che ci concede un agognato lieto fine: Becky, finalmente redenta dalla vita, ricontra Joseph, sua prima fiamma, ricco e affascinante, ma non bello.
Certo è un happy ending amaro: Becky lo avrà sposato per le sue immense ricchezze o semplicemente perchè davvero attaccata a lui? Ciò non ci è dato sapere, ciascuno può formulare la tesi ce più l'aggrada.


Personaggi
Rebecca (Becky) Sharp: la protagonista della vicenda è una ragazza povera e cinica; dotata di fascino in abbondanza e una buona dialettica, sa farsi strada nella vita con queste sue doti, sfruttando i personaggi che le stanno attorno per elvarsi nella scala sociale e arrivare ad una vita lussuosa e comoda. Sua madre, cantante all'Opera, le ha anche dato una splendida voce con cui intrattiene i salotti di mezza Europa, riuscendo a farsi accettare dal bel mondo.
Becky è senza scrupoli e solo strada facendo il peso delle sue scelte e la sofferenza per le pene inflitte ad altri cominceranno a farsi sentire; non ci è dato sapere se, fatti i suoi conti, si redimerà davvero dalla vita che ha intrapreso.
Il suo personaggio, recitato dalla bella Reese Witherspoon che ha smesso i panni della Rivincita delle Bionde, è caratterizzato benissimo, l'attrice possiede quel fascino che si sposa bene con la donna che deve interpretare e la raffigura alla perfezione in ogni sua sfaccettatura senza quelle odiose mossettine che al giorno d'oggi sono così comuni nelle attrici.

Rawdon Crawley: marito di Becky, è follemente innamorato della moglie al punto da rinunciare ad una ricca eredità per poterla sposare.
Il suo amore appassionato è costantemente contrapposto con l'opportunismo di Becky, he invece persegue i propri obiettivi con lucido cinismo, scendendo addirittura a compromessi che vergognano lei stessa e, scopertolo, anche il marito.
Il vero carattere di Becky la porterà a perdere l'amore per il marito e il figlio che ha messo al mondo, caratterizzandola come una antieroine: infedele, svergognata e opportunista: neanche l'amore, arma di tutti i romanzi, riesce a mutarla e a farla diventare buona. Per lei non c'è speranza.
Sono rimasta estasiata dalla bellezza e fascino di James Purefoy, l'attore che recita nella parte di Crawley. Non mi capacitavo come Becky potesse avere tanta fortuna avendo un animo così misero...

Maggiore Dobbin: il suo spessore non è superiore all'elfo di Harry Potter (Dobby), totalmente sottomesso alla insignificante Amelia, questa vive invece nel ricordo di un altro, non accorgendosi neanche delle attenzioni del vecchio amico (un po' come la Marianne della Austen).
Quando tuttavia Dobbin si lascia scappare che per lei ha fatto molto, più di suo marito, la reazione della donna al toccarle l'odioso consorte è terribile e lui, senza spina dorsale, si sorbisce una predica che lo rimette definitivamente al suo posto. E non contento, quando Amelia finalmente si accorge di lui (allheluja!) se la sposa pure!
Essendo un personaggio insignificante è difficile odiarlo, ma di sicuro non mi piace per come non sa prendere il mano la sua vita.

Amelia Sedley: la migliore e unica amica di Becky. Amelia viene da una famiglia benestante, ma è una ragazza insignificante e remissiva. Totalmente sottomessa dal carattere forte e autoritario di suo marito, George Osborne, soffre di una specie di Sindrome di Stoccolma, arrivando quasi a idolatrarlo dopo la sua morte e continuando ostinatamente a non vedere tutti i suoi difetti, primo fra tutti il suo egoismo e il fatto che lui non l'amasse affatto. Amelia vive quasi vent'anni nel ricordo di George, assistita dal fedele Dobbin.
È un personaggio che detesto con tutta me stessa, da sola non è capace di fare nulla e deve continuamente appoggiarsi a caratteri forti come Becky o il marito, non ha luce propria e quel minimo di carattere lo esercita su chi non può dirle di no, ovvero Dobbin, che alla fine della vicenda viene praticamente insultato da lei. Ci vorrà l'ostinazione di Becky e la prova evidente del tradimento di George per aprirle gli occhi sulla realtà e Amelia correrà quindi da Dobbin decidendo di sposarlo, sfruttando il suo amore a piacimento senza neanche domandargli scusa. Un personggio del genere lo butterei dal terrazzo, la detesto molto più di qualsiasi altro nel libro, piagnucolosa e lagnosa, da sola non riesce proprio a combinare null a parte lamentarsi in continuazione con gesti e comportamenti.

George Osborne: marito di Amelia, la sposa per fare un torto a Dobbin, già innamorato di lei. In realtà George prova una grande attrazione per Becky che, tuttavia, lo respinge trattandosi del fidanzato della sua unica amica.
George non digerirà mai del tutto questo rifiuto, perpetrando la sua vendetta e andando a strappare a Becky l'uomo che ella voleva sposare: Joseph.
George, innamorato solo di se stesso e del suo orgoglio, non apprezzerà nè la moglie nè la loro vita. Morirà a Waterloo togliendosi dai piedi, ma lasciando più cose in sospeso in piedi dei fantasmi di Casper. La vedova vivrà nel ricordo del marito per vent'anni tra alterne vicende, idolatrandolo quasi fosse perfetto. Le malefatte di George vedranno la luce solo alla fine, quando Becky si deciderà a rivelare ad Amelia il vero carattere del consorte e i biglietti appassionati che le aveva spedito.
Interpretato nel film da Jonathan Rhys-Meyers (volgarmente detto: "il nanetto dei Tudor") l'attore rende alla perfezione il personaggio borioso e pieno di sè; forse addirittura più calzante che nel ruolo di Enrico VIII, Meyers ha dato vita ad un personaggio davvero ben ottenuto, che compensa con l'arroganza la bassa statura.


Insomma, a mio avviso questo film è proprio da vedere, scene e costumi meritano davvero, altrettanto la storia. Buoni i personaggi e gli attori.
Come detto nella recensione, è un film vanitoso, basato quasi tutto sull'apparenza, con poca introspezione, a parte questa standard trasmessa dalle scene, ma senz'altro un capolavoro d'immagine.

Ora scappo davvero, mi dispiace di aver aggiornato con tutto questo ritardo, ma tra trasferte e lavoro arretrato trovare il tempo di scrivere è sempre più difficile ^_^

Baci



Mauser

1 commento:

  1. penso che la tua recensione sia a dir poco stupenda! :)

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