come state?
Abbandono solo temporaneamente i miei approfondimenti per scrivere qualche recensione di libri ottocenteschi o di qualche ambientazione vittoriana/georgiana, giusto per non sbilanciare troppo il tipo di scrittura: ci tengo che questo sia un blog vario che tratta i periodi a cui siamo interessati con occhio critico e obiettivo attraverso tutti i punti di vista, quindi non solo quello enciclopedico della maestrina che scrive tante belle parole, ma anche attraverso il tratteggio che i romanzi contemporanei fanno dell'Ottocento e del Settecento e, cosa che mi piace moltissimo, confrontare tutto ciò con la raffigurazione che romanzi per l'epoca "contemporanei" facevano del loro periodo di svolgimento. Un po' come se scrivessimo un contemporaneo oggi, chessò, Follett prima versione...
Una caratteristica a cui sono affezionata e di cui mi piace vantarmi è parlare di libri che sono poco conosciuti al grande pubblico; tutti sappiamo chi fu Jane Austen e grossomodo tutti conosciamo le sorelle Bronte, in molti avranno letto Dickens [Ave, Maestro! A differenza di molte di voi la passione per questo periodo storico per me è nata con lui e non con la zia Jane...], ma, ho anche coscienza che non così fortunati sono stati altri autori: in pochi ricordano Thackeray oppure Eliot [rabbrividisco ancora al chiedermi quanti sappiano che George, non Clooney, fu una signora].
Eppure, in tutto questo mucchio di scrittori senza tregua e con le dita perennemente sporche d'inchiostro, di quello della peggior specie che per mandarlo via occoreva lavarsi a fondo le dita con il limone acido e il bicarbonato, so che in tanti si dimenticano di grandissimi artisti che invece potrebbero tenerci compagnia.
Mi prendo il merito di aver portato un po' più vicina alla scoperta la mia amata Elizabeth Gaskell, specialmente dopo aver trovato i suoi libri nelle wish list di alcuni di voi oppure negli scaffali delle librerie online, ho parlato in passato anche dell'odiato Thomas Hardy e oggi vi narrerò di un romanzo e di un'autrice che in pochi conoscono: Mary Elizabeth Braddon.
Alzi la mano chi l'ha sentita nominare.
...ma dopotutto meglio così, che non la conosca quasi nessuno intendo, siamo qui per questo; se tutti sapessero tutto sapete che noia! Vivere in un mondo senza il gusto della scoperta sarebbe davvero estenuante, una barba infinita, tutto che ti annoia e mentre qualcuno parla attacchi la solfa mentale del "sì, sì lo so già, sì qui le cose sono andate così e colà, no il dettaglio era diverso, il pizzo era blu e non color antracite, sì però si poteva dire meglio.." un po' come quando amici e colleghi ripetono all'infinito sempre le solite tre esperienze che dopo un anno conoscete a menadito. E in più tocca tacere per non offendere l'interlocutore.
Ok, passiamo oltre.
Il romanzo incriminato questa volta è Il segreto di Lady Audley e come si evince già dal titolo, i misteri la faranno da padroni per tutta la narrazione.
Frutto della collaborazione molto stretta tra l'autrice e Wilkie Collins, altro scrittore britannico estremamente prolifico e avvincente, Il segreto di Lady Audley è un vero e proprio mystery di ambientazione vittoriana, ma, a differenza di quelli che ci vengono propinati oggi sul mercato, è autentico, autenticamente scritto nell'Ottocento con obiettività e occhio "contemporaneo" e, si sa, se in un periodo ci si vive si hanno molte più possibilità di tratteggiarlo con accuratezza storica, soffermandosi anche sui dettagli meno noti che in una narrazione moderna tenderebbero ad essere dimenticati in favore dei clichè che tutti si aspettano da determinati prodotti.
Il segreto di Lady Audley si inserisce perfettamente nel filone letterario vittoriano dedicato alla risoluzione di misteri e fatti, antenato dei più famosi detective british del primo Novecento, e caratterizzato da un particolare tipo di narrazione con intreccio serrato e avvincente, spesso ricco di misteri irrisolti, segreti nascosti, parentele e indagini da parte di personaggi non precisamente impiegati nel campo dell'investigatore.
La struttura narrativa della Braddon si adatta perfettamente alle pubblicazioni periodiche del tempo su riviste e giornali, in ciascun episodio si faceva accadere qualcosa di inaspettato: scoperte, nuove persone, discussioni, ciò creava una suspance continua nel lettore e ciò spiega anche il numero esorbitante di avvenimenti di cui questo libro, così come altri della stessa autrice, è infarcito.
La Braddon, scrittrice estremamente prolifica, pubblicò per questo particolare sottogenere della narrativa buona parte dei suoi settanta romanzi [mica pizza e fici, eh!], quasi tutti editi a puntate sulla rivista Belgravia, di cui fu anche direttrice, che poi finì per dare il nome all'intero sottogenere letterario costituito dai seguenti canoni o punti fissi, cioè quelle caratteristiche imprescindibili che si ritrovano in ciascun libro così etichettato:
+ ambientazione vittoriana
+ mistero
+ indagine
+ segreti di famiglia
+ ambiguità
+ passato tormentato
----------------------------
= Belgravia
Nello stesso tipo di scritti si possono racchiudere anche alcune produzioni del già citato Wilkie Collins, una su tutte La pietra di luna, ma di lui e dei suoi romanzi avremo modo di parlare più approfonditamente in futuro, non abbiate fretta di conoscerlo, anche lui è uno di quei poveretti che troppo spesso viene dimenticato ^__^
Una nota doverosa: lo stile Belgravia della Braddon e di altri autori rappresentò per l'epoca vittoriana quello che il romanzo gotico fu per il primo Ottocento.
Esso infatti incarnava quello che la gente voleva trovare nei libri non troppo impegnati (lasciamo tempoaneamente Schopenhauer fuori dalla conversazione), che già fu nel romanzo gotico e che, via via, rimaneva inalterato tra cambi di moda e ambientazioni: se era l'occulto ad affascinare il primo Ottocento, non altrettanto si poteva affermare della metà, quando l'ingessata religiosità vittoriana non permetteva certo allusioni troppo liberali a peccati impuniti, anime vendute, monaci dall'anima nera.
Nella seconda metà dell'Ottocento ciò che la fa da padrone è il moralismo e il sogno di ricchezza che si nota anche in motlissimi scritti di Dickens; i lettori vogliono vedere persone comuni arrabattarsi per cercare la propria strada per scalare la società, sia nel bene che nelmale (Moll Flanders arriva ad un indicibile successo), Hardy, Eliot e Thackeray propongono i loro componimenti. Ecco, questa è l'ambientazione anche del nostro Segreto di Lady Audley, sebbene a far da sfondo non sia la caotica, puzzolente e discinta grande città, ma la campagnola villetta degli Audley, più consona al metodo d'indagine vittoriano.
Eppure rimane invariato quanto già faceva la fortuna del romanzo gotico, quello che Marty ha brillantemente riassunto nella Teoria delle tre S: ovvero Suspence, Sangue, Sesso.
Troverete tutti e tre, sebbene non nelle misure descritte in libri come Il monaco oppure Vathek.
Trama
Uscito a puntate tra il 1861 e il 1862 sulle pagine delle riviste letterarie del tempo, riscuotendo uno straordinario successo di pubblico, il racconto è caratterizzato dal meccanismo dell'indagine a ritroso. L'eroina del romanzo, abbandonata dal marito, riesce a rifarsi una vita inventandosi una nuova identità. La ritroviamo Lucy Audley, moglie di un rispettabile gentiluomo. Ma la sua nuova sicurezza rischia di andare in pezzi quando il giovane e sfaccendato rampollo di casa, Robert Audley, incontra un vecchio compagno di scuola che non vede da anni e che si rivela essere proprio George Talboys, il precedente marito della protagonista. D'un tratto George scompare misteriosamente. Sarà l'amico Robert a intraprendere le indagini...
Scheda aNobii - Il segreto di Lady Audley
Analisi e temi
Poichè la sezione di Santa Wikipedia al riguardo è molto precisa e interessante, ho deciso di ricopiaverla direttamente, non penso sarei riuscita ad esprimere meglio concetti e sottigliezze.
Il segreto di Lady Audley gioca sulle inquietudini vittoriane riguardanti la sfera domestica dove la casa è considerata essere un rifugio dai pericoli esterni. Tuttavia, in questo racconto, la donna apparentemente perfetta si rivela essere una violenta criminale che non solo ha cercato di commettere omicidio, ma ha anche commesso bigamia e abbandonato il suo bambino. I crimini di Lady Audley perturbano la sfera domestica e rimuovono la sicurezza della casa.
Inoltre, le crescenti preoccupazioni causate dall'urbanizzazione della Gran Bretagna sono evidenti: Lady Audley è in grado di cambiare la sua identità in una città, dove ognuno è effettivamente anonimo. La piccola cittadina di Audley non è più un rifugio dove ognuno conosce i suoi vicini. Gli abitanti di Audley devono accettare ciò che Lucy Graham racconta di se stessa, in quanto essi non hanno altro modo di identificarla. Altre inquietudini sulla sua identità instabile compaiono in tutto il romanzo.
Personaggi, ambientazione e stile
Se decidete di leggere la Braddon, scordate Arthur Conan Doyle e anche Agatha Christie, il genere investigativo che piaceva ai victorians era diverso dagli schemi poi approfonditi in seguito, giusto Sherlock Holmes, Ellery Queen o Poirot, i personaggi portati in scena dall'autrice sono spesso caratteri comuni che conducono un'esistenza ordinaria secondo i canoni sociali dell'epoca.
Questo può piacere come no, specialmente perchè a costoro manca la didattica dell'investigatore, cioè basano le loro indagini più sul sestro senso e sull'intuizione che sul reperimento meticoloso di prove e testimonianze, il loro puzzle, tutto combinato, assume la forma finale solo dopo due terzi del libro, non essendo costoro capaci di creare i collegamenti logici necessari a ricomporre la figura intera.
La loro incapacità, in senso buono, o forse sarebbe meglio definirla poca professionalità, allunga la narrazione, crea spesso dei falsi positivi, cioè delle piste da seguire che infine si rivelano errate e portano solo ad un minomo progresso e, in certi casi, esasperano il lettore.
Ma c'è un altro dettaglio non trascurabile: l'importanza che l'indagine ricopre per l'investigatore. Dico non trascurabile perchè a volte un detective troppo superficiale o troppo poco coinvolto suscita una certa irritazione nel lettore, che invece vorrebbe che il suddetto si impegnasse più a fondo e facesse progredire la trama e anche l'investigazione.
Qui accade proprio questo, l'indagine che il protagonista porta avanti è vissuta più come un passatempo, un'alternatima alla monotona routine campagnola che come un impegno morale, sebbene certo questi abbia sofferto per la perdita subita e soffra anche per la possibilità che non sia stata accidentale.
Ma insomma, da autodidatta si può dire che il nostro detective è coinvolto e spronato fino ad un certo punto, più dalla curiosità personale che dalla morale.
Risucite a tollerarlo?
Nonostante questo difettuccio voluto e benchè i personaggi non siano il punto di forza né di questo romanzo né degli altri targato Braddon (un po' il suo marchio di fabbrica), sacrificati in favore di un intreccio veramente articolato, è comunque piacevole trovare nel conduttore dell'indagine quel briciolo di umanità che, invece, manca sia al supergenio cocainomane Sherlock Holmes, che nella realtà letteraria ha davvero poco in comune con quello interpretato da Robert Downey Jr [per quanto io preferisca quest'ultimo] sia al perfettissimo, pedante, ficcanaso e snob Hercule Poirot.
Non proprio i primi che passano per strada, mettiamola così.
Se proprio volessimo fare un paragone, accosterei molto candidamente il presente Segreto di Lady Audley con un libro della Christie a mio avviso un po' anomalo: Perchè non l'hanno chiesto a Evans?.
Se forse personaggi e stile sono un po' carenti e un po' figli del loro tempo, il libro non è privo di lati positivi: un intreccio tanto complesso, fantasioso e denso di avvenimenti come questo, misteri e mezze verità è una finestra sull'epoca vittoriana che ho spalancato volentieri, ritrovandomi proiettata nella piena quotidianità d'epoca che nei romanzi moderni sembra sempre un po' affettata e fasulla, purtroppo per via degli eccessivi clichè che gli autori adoperano sapendo di far piacere alla fascia media di lettori [la scena della preparazione di un ballo è immancabile, peccato che solo in un caso su dieci sia coerentemente ritratta dalla penna di turno: inutile parlare di corsetti in epoca Regency].
Se vi può interessare, sul "caso Lady Audley" è stato girato anche un film, come per la maggior parte della letteratura classica inglese.
Beh, spero che questo approfondimento sia stato un po' meno ironico di quelli fatti in passato per la Saga dei Dillhorne oppure per Penny House, ma che sia stato ugualmente interessante o curioso.
Adesso scappo, ciao a tutti e a presto!
Mauser
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RispondiEliminarifo, io mi sono stampata il tuo post grazie my dearest
RispondiEliminabisou
Aldina
Sante parole: quanti vanno oltre una conoscenza (quando la conoscono), peraltro superficiale, di Jane Austen o di Dickens? Chi ha mai sentito nominare (la mia amata) Elizabeth Gaskell o George Eliot?... Ma fino qui, ci arrivo. Ecco, ammetto che Mary Elizabeth Braddon mi era del tutto sconosciuta - fino al tuo post. E ti ringrazio perché adesso scatta la curiosità e prima o poi metterò mani e occhi su questo libro (e magari sugli altri...).
RispondiEliminaHardy "odiato"? (non ho ancora letto i tuoi post in merito, quindi potrei dire una sciocchezza - ma tra poco recupererò) Ho sempre faticato a leggere i suoi romanzi ma Via dalla pazza folla mi è piaciuto molto, con quella protagonista (Bathsheba) che mi ha un po' riconciliato con questo scrittore...
Beh, non aspettatevi granchè, Lady Audley non è certo come La fiera della vanità di Thackerai e neanche Dickens, diciamo che è un surrogato dei due, risulta a volte insipido e un tantino superficiale nei personaggi, questo è da dirlo chiaramente... quidi il consiglio valido è: se avete di meglio da leggere, lasciatela a metà della lista.
RispondiEliminaIn effetti la Braddon non è molto conosciuta, anche io l'ho scoperta per caso (le liste "Potrebbe anche piacerti questo..." di Amazon e IBS tornano sempre utili), ma continuo a preferirle Wilkie Collins.
Hardy invece non è un autore che ho approfondito molto, Via dalla pazza folla non l'ho letto, ma Tess dei D'Ubberville mi è bastato per incrinare definitivamente i rapporti con lui e bandirlo dalle mie liste di lettura, quel libro è stato troppo straziante per la mia capacità di sopportazione. E Thackeray si avvicina paurosamente anche lui con quel maledetto Barry Lyndon.
Ottima recensione. Personalmente venni a sapere della Braddon perchè amica di Wilkie Collins (che adoro, è il mio salvagente nei momenti difficili), ma concordo nel affermare la superiorità di quest'ultimo. Anzi, a dirla tutta secondo me non c'è proprio paragone :)
RispondiEliminaSecondo me Thackery, la Eliot e Hardy non sono proprio così sconosciuti ai lettori italiani: La fiera delle vanità, Middlemarch, Il mulino sulla Floss, Tess dei d'Urbervilles e Barry Lyndon godono di una certa notorietà anche in Italia.
RispondiEliminaInizierà, poi, la pubblicazione della Gaskell, che non potrà che rendere 'popolare' la sua produzione letteraria anche qui da noi.
Quanto alla Braddon, riconosco che è poco conosciuta. Lessi Il segreto di Lady Audley parecchio tempo fa, in inglese, dopo averlo sentito nominare in un altro romanzo. La sua sfortuna è sempre stata quella (sì, anche nel suo tempo) di non riuscire a scrivere romanzi che fossero contemporaneamente avvincenti per il pubblico e stilisticamente complessi per la critica. La trovo un'autrice piacevolissima e intendo leggere altro, ma temo che il suo status di non-esattamente-classico renda la sua distribuzione sul mercato difficile al di fuori dei paesi non anglofoni. A ben vedere è la sorte toccata a molti autori del passato che pur scrivendo bene, non hanno scritto esattamente dei capolavori.
Concludo dicendo che ho scoperto il tuo blog da pochissimo, una questione di giorni, e lo trovo delizioso.
Ludo.
Purtroppo questi autori come Eliot, Hardy o Thackeray sono conosciuti solo da coloro che hanno intrapreso studi superiori di un certo livello, se uno ha fatto lo scientifico è facile che li conosca, così come se ha scelto facoltà di lingue o lettere, ma tra tutti gli altri no e posso parlare per esperienza perchè io ho fatto il tecnico e non si è mai parlato neanche di Dickens, figuriamoci degli altri! Se uno di questi li conosce è solo per passione personale, parenti che lo hanno spronato nella lettura o attività extra...
RispondiEliminaHo conosciuto davvero poche persone che Barry Lyndon l'hanno letto sul serio anche se tanti se ne riempiono la bocca.
Grazie dei complimenti, spero davvero che il blog continui a piacerti ^___^
@Mauser Capisco, in effetti, che cosa intendi. Penso, d'altro canto, che manchino tempo e risorse per affrontare certi autori nei programmi scolastici e spesso non vengono nemmeno accennati. Per il resto, ti confesso candidamente che, contrariamente agli altri libri che ho citato nel commento precedente, Barry Lyndon non l'ho mai letto... mi è sempre mancato il coraggio.
RispondiEliminaTra parentesi: dopo aver letto la tua recensione alla saga Penny House, mi sono ben guardata dal cercarla tra gli stand dell'edicola.
Ludo.
Penso che nessuno sia da biasimare per NON aver letto Barry Lyndon ed è mio personalissimo consiglio di starci alla larga, personalmente l'ho detestato perchè non si tratta semplicemente della storia del solito poverello che vuole innalzarsi anche a costo di sacrificare i suoi principi, l'ho odiato perchè fin dall'inizio il nostro protagonista è arrogante e saputo e se fosse stato per me l'avrei tramortito col volume nelle prime cinquanta pagine: la depravazione di spirito che ho visto in lui mi ha infastidita più di quella che si può leggere in Fanny Hill, più di Moll Flanders e sta alla pari quasi con De Sade (che a me non piace molto).
RispondiEliminaSono d'accordo sul fatto che manchino tempo e risorse, la scuola è davvero ad un livello minimo ormai e me ne dispiaccio perchè mia madre che ha fatto economia d'azienda ha studiato i "poeti romantici inglesi minori" e io neanche quelli maggiori, Keates che adoro l'ho scoperto per conto mio e sento tanto la mancanza delle nozioni di base, specie quando mi inoltro nel panorama poetico più che quello narrativo.
Hai fatto benissimo, stai alla larga da Penny House, yeah!
silvia: mi sento davvero intellettuale, in questo momento, perché non solo conosco e possiedo i titoli degli autori che hai citato (non tutti i libri, è ovvio, ma una buona parte sì!:D), ma conosco e ho letto l'unico romanzo di Mrs. Braddon tradotto nel nostro paese... e non posso che darti ragione in tutto.
RispondiEliminaNonostante possegga la saga di Sherlock Holmes non ho ancora avuto il tempo (o la voglia) di iniziare a leggerla, però se solo il film con Downey Jr. si avvicina un minimo a come venivano svolte le indagini del suddetto detective, non posso che darti ragione su Mr Audley, e dire che fa il detective a tempo perso ci sta tutta!XD
Lo ammetto, anch'io durante la lettura, seguendo le indagini di questo caro "giuggiolone" (lo è davvero) mi ritrovavo a roteare gli occhi esasperata, pensando "Che diavolo, hai la soluzione sotto gli occhi, cosa ti giri mezza Inghilterra a raccogliere informazioni!"
So benissimo che servivano a smascherare Lucy però... cavolo, se fossi stata io a scrivere il libro si sarebbe risolto tutto in meno pagine!XD
Che poi a me 'sta Lucy stava anche simpatica, in fondo cercava solo di rifarsi una vita e a cui stavano un po' stretti i panni da donna vittoriana... non si può neanche fargliene una colpa col marito che si ritrovava...
RispondiEliminaComunque posso assicurarti che la saga di Sherlock Holmes non ha davvero NIENTE in comune col film e lo stesso Sherlock è decisamente anni luce più antipatico, ho faticato tantissimo a leggere La valle della paura o Il segno dei quattro, l'investigazione si chiude in cinquanta pagine e il resto è tutto l'antefatto. Se cerchi una narrazione simile a quella del film allora potrebbe piacerti Bruce Alexander, io personalmente lo adoro *___*
*_* Ohmioddio, non riesco a credere che tu mi abbia citata. Sono lusingatissima! Ma sul serio! Era solo un commentuccio tanto per fare, mi sono accorta che per una felice coincidenza le tre parole magiche cominciavano tutte con la S e fine della storia... Sentirmi dire che ho "brillantemente riassunto" qualcosa, poi, per me è anomalo. Sono due termini che riferiti a me non possono stare nella stessa frase. Se ti dico che normalmente il mio dono della sintesi fa pena mi credi? XD
RispondiEliminasilvia: potrei consigliarti anche i libri di Anne Perry, gialli sempre ambientati in periodo vittoriano?
RispondiEliminaNon so se siano simili a quelli di Doyle o meno, e purtroppo questa scrittrice è poco famosa... però non so, facci un pensierino;)
@Marty: credimi so bene che significa perchè per me è lo stesso (basti vedere quanto scrivo per i miei post, metà della roba potrebbe essere facilmente tagliata) però in quella circostanza hai davvero colto nel segno
RispondiElimina@Silvia: conosco la Perry, anche se superficialmente e non mi dispiace affatto come scrive, soffre un po' come molte altre autrici contemporanee della sindrome da "metti scene che possano piacere al lettore", quindi sguazza nei clichè dell'epoca prescelta, ma i suoi gialli sono sempre intricati e avvincenti e non monotoni come Doyle.
Mauser, secondo me parli con un po' troppa saccenza, va bene essere appassionati, ma addirittura dire che i lettori italiani non conoscano Thackery, Hardy e Collins!! E poi scommetto che non ti sei letta veramente Sharlok Holmes, perchè altrimenti sapresti che l'originale del libro si avvicina decisamente alla versione con Robert Downey Jr (caratterialmente, se non altro) piuttosto che ai vecchi telefilm anni 60...Non mi piace il tono da maestrina che usi per 'illuminare' i tuoi lettori su fatti che sembri conoscere solo te, sii un po' più modesta...
RispondiEliminaLa supponenza è sicuramente un difetto di cui so di essere afflitta, cose che capitano, sentirlo dire una volta di più non mi cambierà la vita tantopiù che essendo io la prima a riderci sopra fin dal mio primo post, non mi sembra questa grande scoperta.
RispondiEliminaÈ quantomeno consolante leggere di non essere la sola a soffrire di questo male però, perchè da quello che leggo neppure tu ti sei degnata di leggere quello che invece ho scritto io perchè "pochi" a casa mia è molto diverso da "nessuno", che sia l'ennesima sottigliezza linguistica?
Benchè non dovrei, trattandosi di una mera provocazione, ci tengo però a precisare come lettrice e appassionata, che Arthur Conan Doyle l'ho letto tutto e non perchè mi obbligassero a scuola o chissà che, anche se Sherlock non mi piace come persona, indagini e metodi sono molto interessanti, ma direi decisamente differenti dall'ultimo lungometraggio, Sherlock non è un pazzoide dal cuore d'oro come ci viene fatto credere nè un artista incompreso in quanto è lo stesso Dr Watson è dirci che non conosce minimamente pittura e letteratura, ma solo trattati e testi scientifici. Inoltre lo Sherlock originale è spocchioso e arrogante, antipatico e decisamente saccente e non diceva "elementare Watson".
A mio modesto avviso, non sono io che ho bisogno di essere un po' più modesta, considerando che qualcuno si prende la briga di sapere meglio di me cosa ho fatto oppure no nella mia vita.
Ma se la modestia è virtù, la mancanza di educazione, quella non la posso scusare.
Un commento negativo lo si firma SEMPRE ed è una questione di rispetto. L'invito rimane valido: se il mio modo di scrivere o trattare argomenti non piace, la X in alto a destra è sempre lì, non sono solo io la maestrina e questo commento mi sembra solo un esercizio di codardia.
Tanto vi dovevo.
Mauser