29 dicembre 2009

Il giorno del bucato

Ciao,rieccoci a scrivere ^_^
Inauguriamo una nuova rubrica di Economia Domestica, una materia che ormai non insegnano più, ma di cui ci sarebbe davvero molto bisogno... (e lo dice una che ha imparato a fare la lavatrice a... beh, comunque troppo tardi perchè sia un vanto).
Oggi vorrei parlare del bucato nell'epoca Vittoriana.

Vi siete mai soffermati a pensare a quanto sia facile, per noi uomini e donne moderni, fare il bucato? Abbiamo un sacco di facilitazioni! Escluso il tempo, che quella è la più grande mancanza dall'antichità fino ai tempi moderni, rispetto al passato noi siamo notevolmente avvantaggiati.
Quando la cesta del bucato si riempe fino a traboccare (come in casa mia >_>) un'anima buona si dedica all'opera di pulizia. Si dividono i bianchi, i capi scuri e quelli colorati e poi si fanno svariate macchinate.
In alcuni casi ci sono abiti che non possono essere lavati in lavatrice perchè troppo delicati o perchè prima necessitano di un ulteriore passaggio a mano, ma anche qui non si tratta di un grande problema: si fanno tante bacinelle separate con il sapone, si strofina un po' l'indumento ed ecco che il gioco è fatto perchè i nuovi saponi effervescenti con particelle di chissà cosa dentro fanno quasi tutto da soli.

Una volta invece la cosa non era così semplice, il bucato era un lavoro impegnativo sia per i poveri che per i re e, oltretutto, era anche una cosa lunga da fare che impiegava tutta una giornata e molte persone! Altro che lavanderia cinese dietro l'angolo...

Tra i nobili
Biancheria ed abiti erano sostituiti con una certa frequenza, più per un fatto estetico (le lenzuola stropicciate stavano male in letto =P) che per una questione di igiene e pulizia; almeno una volta a settimana si provvedeva al cambio di tutta la biancheria nella casa.

Nelle famiglie particolarmente facoltose, in special modo quelle che abitavano leggermente distaccate dalla capitale in case indipendenti, esisteva un vero e proprio locale lavanderia dove i panni sporchi venivano portati dalle cameriere o arrivavano attraverso particolari condotti del bucato sporco.
Qui erano ammucchiati in ceste a seconda del colore e della delicatezza e si procedeva quindi con il lavaggio vero e proprio.
Quest'idea di un locale dove lavare i panni, anzichè recarsi al truogolo, era stata copiata dalle grandi fattorie del nord, dove la quantità di persone che lavoravano e vivevano all'interno della proprietà rendeva più conveniente lavare tutto all'interno dell casa anzichè portarlo al paese.

Fare il bucato, un'operazione quasi esclusivamente femminile, era un lavoro duro e molto faticoso perchè bisognava sgobbare per ore con le mani immerse in acqua e detersivo o rimestare i panni con appositi strumenti, insomma, era un'impiego stancante e ben poco gratificate.

La prima parte difficoltosa era procurarsi l'acqua per lavare. L'acqua corrente, apannaggio di pochissimi fortunati, era comunque limitata al vano cucina.
Ma più spesso, nell'Ottocento e nel Settecento, l'acqua corrente era un'utopia, le case, anche quelle nobili, non possedevano condutture idrauliche che mandassero l'acqua direttamente dove se ne aveva la necessità.
Era quindi necessario recarsi al pozzo o alla pompa meccanica e, con due secchi, portare l'acqua alla lavanderia. Portare l'acqua era un lavoro faticosissimo, spesso bisognava fare molti viaggi e non sempre il pozzo era situato dietro l'angolo. Il compito ingrato era spesso svolto da ragazzine appena entrate a servizio: sguattere di cucina e di lavanderia che avevano la mansione di tuttofare ed erano mandate dove ce n'era bisogno.

Racimolta l'acqua necessaria, si poteva finalmente procedere.

Il bucato era fatto all'interno di conche, secchi o barili, questi venivano riempiti d'acqua per metà e ad essa erano aggiunti alcuni panni sporchi precedentemente bagnati e insaponati a mano, dopodichè si rimestava il tutto con un bastone, simile a quello impiegato per la polenta, per un'ora circa.
Terminato il giro del bastone, si procedeva attraverso uno strumento singolare detto "dolly", formato da un lungo manico a cui erano fissati un piattello di legno e, sotto questo, tre o più zampe di legno anch'esse. Questo strumento assai singolare aveva una duplice funzione: rimescolare per bene la stoffa con l'acqua e il sapone e ammorbidire il tutto, un'operazione che tra i poveri era fatta sbattendo con forza i panni sulla pietra del lavatoio.

Spesso, per facilitare l'operazione di pulizia, l'acqua di lavaggio veniva bollita: ecco quindi che le sguattere facevano un continuo viavai tra il pozzo e la cucina, dove era scaldata l'acqua nel grande focolare, e da lì fino alla lavanderia dove era utilizzata, con il risultato del doppio dei viaggi, ma un pulito sgargiante.

L'operazione di battitura dei panni durava diverse ore e teniamo conto che la biancheria di una casa era molta, quindi il giorno del bucato occupava buona parte della servitù per quasi tutta la giornata.

Verso la metà dell'Ottocento divennero popolari degli strumenti noti come "washing machinary", ovvero lavatrici formati da una conca di metallo dove si aggiungevano l'acqua calda, il sapone e i panni, si richiudeva il tutto e si agitava attraverso una manovella laterale che faceva ruotare il contenuto con foga in un modo molto simile a quello delle pesche di beneficienza.

Dopo che il panno era stato lavato accuratamente si doveva risciacquare il tutto accuratamente in modo che non rimanessero tracce di sapone che potevano danneggiare il tessuto e lasciare antiestetici aloni sui colorati.
Per eliminare l'acqua in eccesso si poteva procedere tramite uno "strizzatoio" o "asciugatoio", dryer in inglese, ovverossia una struttura composta da due rulli paralleli e fissati tramite ingranaggi ad una manovella laterale che, azionata, li faceva girare entrambi in maniera speculare.
In questo strumento, la cui altezza dei rulli era regolbile, si facevano passare lenzuola e vestiti perchè fossero strizzati, esso dava inoltre una prima grossolna stiratura.
Questo strumento, sebbene in dimensione ridotta, poteva anche essere incorporato nella lavatrice dove i panni erano passati appena usciti dalla centrifuga.

Se lo strizzatoio non era disponibile, si procedeva con i metodi antichi: i panni erano tenuti da due persone e strizzati facendoli girare in parti opposte.
In alternativa, questi erano sbattuti con violenza su lastre pulite di pietra per eliminare l'acqua in eccesso.
Entrambi i lavori erano duri e faticosi, in special moso se si stavano lavando tende o lenzuola; le cameriere, inoltre, erano costrette a lavorare in continuazione con le mani bagnate, rischiando di prendersi influenze o di rovinare la pelle, specialmente coi saponi (si diceva che una nobile la si riconoscesse dalle mani e avevano ragione ^_^).


A questo punto si procedeva con l'asciugatura vera e propria.
In estate, quando il tempo era buono, i panni erano stesi all'aperto o disposti sui prati perchè prendessero luce e calore. In questi due casi le cameriere dovevano fare molta attenzione perchè una prolungata esposizione ai raggi del sole poteva danneggiare il tessuto, ingiallendolo in maniera indelebile.
Sul prato si rischiavano inoltre orribili scherzi da parte dei ragazzini che si divertivano a sporcare nuovamente il bucato (cfr. Ferdinando e Carolina, film italiano con Sergio Assisi).


In alternativa, nelle case più grandi, i panni erano portati nella soffitta, dove erano predisposte assi e corde per stendere.
Perchè la soffitta? Perchè era il luogo più caldo della casa e riceveva molta luce anche durante le giornate di pioggia.
Lo dimostra anche il fatto che, nelle cartiere, i panni di carta erano sistemati ad aciugare proprio nelle soffitte delle case.
Lenzuola, federe e altre parti del bucato erano lasciate ad aciugare.
L'operazione era piuttosto lunga, specialmente se si trattava di capi di grandi dimensioni, ad esempio tende o tappeti.

In alcuni casi, donne e ragazze armate di battipanni si sistemavano ai lati e battevano contro la tela per accelerare il processo.
Era assolutamente improponibile sistemare i panni in una stanza dove ci fossero fuochi o camini poichè si sarebbero impregnati dell'odore di bruciato e avrebbero catturato aloni dalla cenere che volava.
Nelle case povere, comunque, la biancheria era spesso stesa ad aciugare sopra la stufa su apprositi trespoli.

Quando finalmente i panni erano aciutti, si procedeva alla piegatura.
Per federe, lenzuola e tende due cameriere di disponevano di fronte ad una certa distanza e piegavano le lenzuola nello stesso modo in cui si fa ancora oggi (io detesto piegare le lenzuola con gli angoli, è odioso, mi fanno venire un nervoso...!).

A questo punto bisognava stirare il tutto.
Non sottovalutate quest'operazione rispetto alle altre! Anche stirare era stancante perchè non erano ancora state inventate la stirella, la vaporella e tutte queste cose. Le piastre non erano in acciaio inox o ceramica.

I ferri da stiro erano strutture di ferro molto massicce e del peso di diversi chili. Per avere una temperatura adeguata venivano messi a scaldare sopra una stufa o riempiti di braci.
Dato che la loro durata era limitata, spesso si utilizzava un'intera batteria di ferri da stiro: quando il primo era esausto, veniva rimesso sulla stufa e preso il secondo e così via, altrimenti si riempiva nuovamente di carboni vivi.
L'intera stiratura, che oggigiorno avviene col calore, data la quasi mancanza di esso, in passato era sopperita da buon olio di gomito: le donne esercitavano una forte pressione per stirare, aiutate dalla pesantezza dello strumento.
Luogo di stiratura era il tavolo. Più largo era meglio era, solo successivamente si provvide all'invenzione dall'asse da stiro che, comunque, non fu mai pienamente accettata perchè instabil e debole rispetto alla forza che anadava applicata sui capi.

Tra i poveri
Se può consolarvi, lavare il bucato tra i poveri era cosa assai più semplice.
Nei paesi, nelle campagne e in alcune città, le donne portavano le ceste del bucato fino ai truogoli e li lavavano insieme tutti i panni, magari cantando canzoni popolari mentre si sbatteva la stoffa sulle pietre del lavatoio.
Probabilmente tutti avrete presente i vecchi lavatoi, sebbene in disuso da molto tempo: dalle mie parti ce ne sono moltissimi e mi pare quasi di vedere le vecchie matrone mentre cantavano canzoni genovesi come la Tomata de Babilonia strofinando con vigore il bucato.


Mia nonna mi ha insegnato a lavare come si usava una volta (e anche qualche canzone sebbene sia stonatissima =P) e per esperienza personal vi confermo che si tratta di un lavoro durissimo e massacrante, si sta curvi e con le mani nell'acqua e alla fine vengono tutte screpolate per l'acua gelida e il sapone. Strofinare è inoltre un lavoro che richiede dei buoni muscoli, le lavandaie, dopotutto, sono sempre state simbolo di grossolanità proprio per il loro fisico piuttosto robusto, ma non per questo disprezzabile.

Vi era poi il caso di chi non andava al lavatoio. Valeva anche per i capi delicati.
Si preparava una bacinella d'acqua fredda e si strofinava rigorosamente a mano la biancheria sporca. Per lavorare meglio si stava accucciati per terra o magari seduti su bassi sgabelli, in uqesto modo di poteva strofinare più energicamente i panni, come le fasce, i vestiti belli, i ricami particolarmente preziosi.


Saponi, detergenti e smacchiatori
L'utilizzo in maniera massiccia del sapone divenne tale solo dopo la metà dell'Ottocento, nel 1853, per l'esattezza, venne abolita una tassa molto esosa su questo componente che ne precludeva l'acquisto a molte persone. Da allora, soprattutto nei cosiddetti pani o nelle saponette si cominciò a vendere il sapone in maniera diffusa.

Il sapone era costituito da grasso animale, specialmente di mucca, o olio di oliva, comunque un emulsionante, a volte latte, cenere, sodio e, ma più raramente, alcool; erano parte della mistura anche sostanze naturali come la calce e il caolino.
La sua efficacia derivava dal fatto che fosse molto aggressivo e corrosivo.
Ai tempi della Regina Vittoria il metodo di saponificazione era ancora quello detto Leblanc, che prevedeva l'utilizzo della soda estratta dal sale marino, mentre dalla fine del diciannovesimo secolo prenderà campo il metodo Solvay, utilizzato ancora oggi.

Successivamente il borace divenne un ottimo sostituto per la sua azione, impiegato anche nei saponi in polvere e nei detersivi per la casa (ma questo sarà moooooolto dopo).

Ma già nei primi del Novecento, comparvero i primi saponi artificiali che tenderanno, nel corso di quel secolo, a soppiantare in maniera quasi definitiva i vecchi saponi naturali.

La cenere era considerata un ottimo sbiancante, soprattutto quella di legno, vi scriverò sopra un apposito post in modo da spiegarne il processo più chiaramente.

Anche calce e caolino, sbiancanti naturali per la loro azione aggressiva, erano impiegati, questo dimostra come mai le lavandaie avessero le mani così rovinate.

E naturalmente era già stata scoperta la candeggina, detta anche varechina o varichina.


Bene, credo di aver chiarito un pochettino l'argomento, almeno a me stessa e spero anche a voi.
A presto, baci!



Mauser

2 commenti:

  1. Salve vorrei porla una domanda, io sono un musicante e sono affascinato da un attrezzo che si usava per strofinare i panni dentro un secchio, quelo di legno rigato, che vorrei trasformarlo in strumento a percussione con le dita,,, ma non riesco a ricordare come si chiama tale attrezzo, e non saprei neanche se esiste ancora ed in commercio. Nella foto con su scritto "Tra i nobili" compare l'attrezzo sopra il lavebo in legno. Grazie e a presto

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  2. Salve vorrei porla una domanda, io sono un musicante e sono affascinato da un attrezzo che si usava per strofinare i panni dentro un secchio, quelo di legno rigato, che vorrei trasformarlo in strumento a percussione con le dita,,, ma non riesco a ricordare come si chiama tale attrezzo, e non saprei neanche se esiste ancora ed in commercio. Nella foto con su scritto "Tra i nobili" compare l'attrezzo sopra il lavebo in legno. Grazie e a presto

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