23 dicembre 2009

Le posate

Ciao a tutti e bentornati su questo blog!
Oggi vorrei affrontare un argomento particolare e piuttosto inconsueto, ovvero quello delle posate.

Cosa c'entrano le posate con la cultura georgiana e vittoriana? Direte voi, ebbene, è proprio in quel periodo che questi strumenti prendono finalmente il loro posto sulla tavola così come lo conosciamo.
Non starai esagerando? Chiederà qualcuno.

Ebbene no, forchetta, cucchiaio, coltello e i vari mestoli, scolapasta e spiedi assumono la loro forma moderna solo verso la metà dell'Ottocento, quindi piuttosto tardi se si considera che il cibo alla fine è sempre lo stesso dalla notte dei tempi...

Cosa c'è di bello, confrontandosi coi secoli passati, è vedere come le cose di cui oggi non possiamo assolutamente fare a meno, fossero del tutto inutili.
Mangiare con le mani oggi è considerato uno dei peggiori sintomi di inciviltà culturale di una persona, oltre che altamente antigienico e poco fine: ebbene, i grandi e civilizzati romani mangiavano con le mani perchè la forchetta non aveva la sua funzione moderna, era come se non fosse stata ancora inventata. Nel Medioevo abbiamo tutti chiari in mente i quadretti cinematografici con il signorotto seduto alla sua tavola mentre addenta cosciotti di agnello e ali di pollo con le mani per poi gettare gli scarti sotto il tavolo...
Quando ero bambina trovavo alquanto difficile cimentarmi col coltello, è divertente vedere come un tempo non ce ne fosse bisogno e tutto quello che faceva alzare più di un cipiglioso sopracciglio ai miei genitori era considerato quotidiano se non NORMALE, l'esatto opposto di adesso. Scoprirlo è stata un po' la mia piccola rivincita nei confronti di quell'educazione insopportabile che si insegna ai ragazzini.

Ma passiamo ad analizzare le varie posate.

La forchetta
Ormai elemento indispensabile sulla nostra tavola, la forchetta, benchè abbia origini antiche è entrata relativamente tardi (proprio in epoca Georgiana) nella quotidianità e, ricordiamoci, per quotidianità si intende sempre quella dei più ricchi, i poveri continuavano a mangiare minestra...

Si dice che l'origine della forchetta sia orientale, presumibilmente cinese o giapponese, dove da tempo si litigano sulla paternità; è un fatto insolito che sia nata in quei paesi per essere poi soppiantata dalle bacchette (hashi, chackara, ecc).
Il suo utilizzo in Oriente, comunque, era prevalentemente dedicato alla pasta lunga, quella che oggigiorno viene chiamata noodles, ma che in Cina, Giappone e Corea si trova in pietanze come ramen o ramyeon.

La forchetta, comunque, a dispetto della sua origine antica, arrivò in Europa già ai tempi dei Romani nella variante a due rebbi anzichè tre o quattro come le forchette moderne. La sua funzione era quella di piccolo spiedo per infilzare la frutta come i datteri e sarà solo più avanti che muterà utilizzo, aggiungendo altri due rebbi a quelli esistenti. Insomma, era adoperata per gli stuzzichini come le forchettine da antipasto che conosciamo oggi, quelle con cui si (tenta) di infilzare le olive o i tramezzini mignon.

L'introduzione della forchetta sualla tavola dei ricchi è cosa assai recente, essa ha infatti incontrato notevoli difficoltà ad essere adoperata, specialmente per la sua rassomiglianza con lo strumento infernale utilizzato da Lucifero.
Sarà solo nel Settecento, con l'arrivo di molte pietanze solide che necessitavano di essere infilzate e l'introduzione della pasta lunga (tagliatelle, bucatini, spaghetti e così via) che la forchetta riassumerà il suo utilizzo originale.

Il primo personaggio famoso ad adoperare la forchetta sulla propria tavola (molto aristocratica, è il caso si dirlo) fu Enrico III di Valois, figlio di Caterina de Medici e Re di Francia. Correva il 1600 e ci vorrà quasi un secolo prima che l'oggetto venga accettato ed entri a tutti gli effetti nell'utilizzo quotidiano.

Ancora nell'Ottocento, tuttavia, benchè fosse considerato sconvenientissimo mangiare con le mani, si preferiva servire a tavola e agli ospiti una zuppa o un brodo piuttosto che un piatto solido per non metterli di fronte all'annoso problema: forchettà sì, forchetta no?
Una cosa da nulla, beh, proprio no: meglio sembrare poveri che eretici...


Il coltello
Senz'altro la posata più antica.
Dotato di un'impugnatura e di una lama affilata, il coltello presenta molte varietà nella forma, nell'impiego e nei materiali in cui è fabbricato.
E' anche l'unica posata ad avere chiara fin da subito la sua funzione e a non mutarla nel tempo: tagliare sarà sempre il suo obiettivo (tranne a quelli di casa mia che sono costantemente con la lama senza filo perchè nessuno si ricorda mai di affilarli...).

Il suo nome deriva da una parola latina che identificava il vomere dell'aratro ed è dalla stessa radice che arriva anche la parola moderna forcella, ma questo non c'entra... >_>

Di origine preistorica, il coltello sempre fu e sempre sarà sulla tavola, a meno che qualche computer ultramoderno non sia in grado di fare di meglio. Perfino nell nostra società di massa e consumista oltre ogni dire, le porzioni non vanno mai a pennello a chi mangia, l'utilizzo di questo attrezzo si rende quindi indispensabile per partizionare le vivande e questa fu la sua occupazione fin da quando fu introdotto sulle ricche tavole e tovaglie.

Per un breve periodo, nel Medioevo, esso fu sostituito dalla spada, i cavalieri avevano infatti l'orribile (a mio dire) abitudine di affettare il cibo con la lama con cui avevano infilzato i miscredenti arabi durante le Crociate e la stessa lama era stata precedentemente lisciata e pulita, oltre che lucidata con grasso di talpa e olio di topo, insomma, l'ideale per i deboli di stomaco...
Ma si sa (è un pregiudizio, non predetela per una verità), nel Medioevo c'erano solo incivili ed era un periodo "barbaro".


Il cucchiaio
Detto anche "la posata dei poveri", il cucchiaio sarà l'ultima delle tre posate a fare la sua comparsa, proprio per la sua bassa estrazione.
Era infatti adoperato fin dai tempi antichi per sorbire la minestra e le zuppe, piatti tipicamente povere mangiate dal popolino: quindi squallido che un tale arnese facesse la sua apparizione sulle tavol imbandite dei nobili, che mangiavano la minestra come gli altri, ma consideravano più fine sorbirla direttamente dalla scodella (!!!).

Il nome gli deriva dal latino cochlea (chiocciola) perché forse il primo rudimentale cucchiaio fu una conchiglia, da cui il nome usato ancora oggi.

Con il tempo il cucchiaio ha subito un'evoluzione: nel '600 il manico è stato progressivamente allungato, mentre nel '700 il cucchiaio ha assunto forme e dimensioni diversificate in base all'uso a cui era destinato.

Oltre che per cibarsi, il cucchiaio ha avuto (e ha) anche una funzione liturgica. Fino al '700 ne esistevano a fori sottilissimi per far passare il vino durante la messa. Esistono ancora nelle chiese di rito cattolico romano cucchiai da incenso, mentre nel rito greco, copto e siriaco esiste un cucchiaio da comunione.

Forte è la rassomiglianza tra il cucchiaio e il mestolo da cucina.

Entrambi possiedono pressappoco la stessa forma, diversificata per la lunghezza del manico, le dimensioni della "conchiglia" e il materiale.

Sebbene infatti il cucchiaio si sia evoluto dal legno alla porcellana e poi al metallo, il mestolo è rimasto di legno, con alcune incursioni dell'acciaio inox, ma solo nell'ultimo cinquantennio, quindi si tratta di un'introduzione decisamente moderna.

Il cucchiaio è inoltre un elemento comune tra molte culture: essendo dovunque, nel mondo, presente del cibo acquoso o di stato fisico liquido, si è creato un processo di "convergenza evolutiva", come viene chiamato in biologia, ovvero, per sopperire a problemi analoghi, specie diverse hanno adottato le stesse soluzioni.

In questo caso il problema era quello di mangiare i suddetti cibi liquidi, mentre le specie differenti (che mi si passi il paragone, non vuole assolutamente essere razzista) erano quelle orientali, europee, americane e australi.

Per fare degli esempi basta considerare il cucchiaio di porcellana finemente decorato utilizzato in Cina per sorbire le minestre o in particolri cerimonie del tè. Stesso discorso va fatto per il "cucchiaio" coreano, che in quel particolare paese, a differenza degli altri, è utilizzato per mangiare il riso e presenta un manico molto sottile e una spatola rotondeggiante e piuttosto larga.

Anche in America precolombiana si sono trovate posate del genere, utilizzate specialmente per un preparato fatto con intestini di animale che andavano bolliti e poi mangiati proprio attraverso questo utensile.

Per finire, in Europa il cucchiaio ha storia assai antica: importato probabilmente dalla Persia, ma potrebbe anche trattarsi di un'invenzione autoctona.

Curiosamente, nei paesi anglosassoni il cucchiaio identifica anche un'unità di misura.

L'introduzione ufficiale del cucchiaio sulla tavola benestante, comunque, è della fine del Settecento, sebbene alcuni non lo accettassero almeno fino alla metà dell'Ottocento.


L'etichetta in tavola


Naturalmente, dopo che furono entrati nell'ordinario, tutti questi arnesi e posate cominciarono ad essere ricoperti da una folta coltre di rigide norme e regole su come andavano impugnati, come dovevano essere portati alla bocca, come si doveva disporli sulla mensa e così via, ai Victorians piaceva molto fare delle regole per ogni cosa, forse neltentativo di mettere ordine in quel caotivo mondo in cui vivevano, ricco di contraddizioni e cambiamenti, ma (forse) nulla paragonato a quello moderno dove, per citare una vignetta dei fratelli Origone (noti fumettisti liguri), con Neb, il primo ministro egizio, parla con l'ambasciatore arabo:

Arabo: nel mio Paese ci sono troppi enti inutili
Neb: anche qui in Egitto
Arabo: sì, ma mai come da noi
Neb: questo lo dici tu. Voi ce l'avete l'ente per la protezione delle guardie del corpo?

Un ottimo riassunto del mondo moderno, credo.

Ecco quindi da dove nasce la disposizione dell posate che usiamo ancora oggi: Il coltello alla destra, la forchetta alla sinistra (forse perchè uno "istrumentum diabolicus", come lo chiamavano nel Seicento, ben si abbinava alla "mano del diavolo"), perchè i piatti andassero impilati in un certo ordine, quale fosse l'ordine delle salse e la disposizione delle saliere.

L'etichetta che regolava la disposizione delle pietanze sul tavolo non aveva nulla da invidiare a quella che mi hanno insegnato al corso di Coreano sulla disposizione dei piatti nella loro cultura. Esisteva una differenziazione a seconda della casta di appartenenza e nei vari casi il tutto era organizzato millimetricamente per dare l'idea di abbondanza e opulenza.

Paradossalmente noi mangiamo con posate di plastica, facendo poca attenzione a dove va messo il coltello, da che parte sta il bicchiere da vino. La pizza, non so se a voi è mai capitato, ma l'ho già mangiata direttamente nel cartone e la cosa non mi ha creato particolari problemi.
E bere dalla bottiglia non è considerata chissà quale forma di maleducazione. Le rigide norme vittoriane erano così poco adattabili che si sono perse per strada, incapaci di mutare anche quel minimo per essere adoperate anche ai nostri giorni. Dopotutto, insegna la scienza, questo è il destino di chi non si adatta, di chi è troppo rigido e fermo.

Beh, credo che sull'argomento per oggi si possa concludere qui.

Lascio due libri in inglese che ho trovato sulla rete e sono particolarmente interessanti.

Il primo, Victorian Kitchens & Baths è una monografia molto bella e con spiegazioni interessanti su queste due stanze e su come erano abitate due secoli fa.

Il secondo, Perfect Tables è un'ottima guida sulla preparazione della tavola, con una sezione su come era organizzata ai tempi della Regina Vittoria, ma, soprattutto, PER la Regina Vittoria ^_^

In italiano consiglio inoltre questo sito su come imbandire la tavola, però non ha molto a che fare con il tempo vittoriano, è solo una rassegna delle norme fondamentali, molte delle quali arrivano proprio da quel periodo, ma non sono stat in grado di trovarvi specifici riferimenti
Apparecchiare la tavola

A presto, baci!


Mauser

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